Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Trillo Sbadiglio    02/01/2013    1 recensioni
"«Dimmelo un'altra volta, ti prego» gli chiese con le lacrime agli occhi. «Non è affatto divertente Scorp. Ed è già abbastanza umiliante senza che ti ci metta anche tu» rispose l'altro con voce seccata, ma con gli angoli della bocca impercettibilmente sollevati. «Certo che è divertente, non dire scemenze. Dovevi vedere la tua faccia, quando ti sei accorto di essere vestito da coniglio pasquale»
[...]
Arrivata al suo palazzo si promise che la casa dove sarebbe andata a vivere con sua sorella non sarebbe stata quella. Sicuramente non sarebbe stata al quarto piano senza ascensore. 'Fossi atletica, almeno'. Al primo piano si ritrovò sbuffante per il disappunto; al quarto ansimante per la fatica. Si trascinò fino alla porta, maledicendo tutti quelli che avevano contribuito alla costruzione di un edificio con più di due piani senza nemmeno uno straccio di montacarichi. 'La cosa più triste è che anche quell'obeso di Anacleto è più veloce di me'."
 
Una nuova generazione alle prese con amicizie e avventure. Una ragazza dal passato misterioso. Potter, Weasley e Malfoy ancora una volta alle prese con un pericolo sconosciuto. Mescolate il tutto e aggiungete cantanti stonati, amiche curiose e gatti davvero antipatici: "Dietro lo specchio" è servito!
Sbadiglio
Genere: Avventura, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2

Well baby, baby, why don't ya want a man like me?

 

Well baby, baby, why don't ya want a man like me?
Whoah baby, baby, I'm just as sweet as anybody could be.
Whoah baby, baby, I wanna look into your eyes of blue,
Whoah baby, baby, it's more than anybody else could do

Led Zeppelin Candy Store Rock 

 

A qualche decina di miglia dalla Tana, dove i Weasley, i Potter e tutti i loro amici festeggiavano la fine della scuola, in un piccolo pub nella periferia di Londra la serata sembrava andare meglio delle altre per Clara. La band era decente e le recenti modifiche poste al locale avevano davvero facilitato il servizio ai tavoli. I clienti erano stati tutti cortesi e avevano lasciato mance generose. La sua figura aggraziata aveva attirato diversi sguardi nella sala, e più di una volta aveva notato qualcuno a fissarla con aria poco intelligente, quasi non avesse mai visto una ragazza bella come lei. Cosa che probabilmente è vera pensò senza cattiveria. Infatti, anche se probabilmente non era la ragazza più bella dell'universo, Clara era di sicuro ai primi posti della classifica di Londra: carnagione scura, fisico armonioso e lineamenti regolari le conferivano già di per sé un aspetto meraviglioso. I capelli mogano, lisci e setosi, e gli occhi grandi e blu scuro completavano l'opera, concedendole un fascino ed una simpatia non comuni. Ad un giudizio superficiale il suo comportamento un po' altezzoso e vanitoso poteva essere solo il risultato di una vita passata a ricevere ammirazione e complimenti. Un esame più attento, però, rivelava che dietro quella maschera abilmente costruita si nascondevano sofferenza e delusione. Tali sentimenti non potevano di certo appartenere alla ragazza che sembrava voler dimostrare di essere. E anche se forse, in passato, era stata davvero viziata e coccolata, quei tempi dovevano essere ormai lontani. Volteggiando tra i tavoli, Clara si distrasse un momento e quasi si scontrò con un'altra cameriera. «Sta attenta, o rovesceremo tutto» borbottò quella, fissandola un attimo, per poi ripartire veloce alla volta della cucina. Strana ragazza rifletté riprendendo a camminare. Lavoravano insieme da più di cinque mesi, e non le aveva concesso un briciolo di confidenza, per nulla impressionata dai suoi modi accattivanti. Nonostante poi Alexandra avesse dichiarato di essere maggiorenne, non dimostrava più di sedici anni e non era stata certo la sua bravura a farla assumere. La promessa di lavorare sei giorni su sette, dalle sei del pomeriggio all'una e mezza di notte doveva esser stato giudicato un curriculum più che sufficiente. Sicuramente non dorme molto rifletté ancora, notando le pesanti occhiaie sul volto pallido della ragazza che sfrecciava su e giù per il locale, carica di piatti. C'era qualcosa che la incuriosiva in lei e spesso si era chiesta cosa fosse. Forse è la determinazione che le si legge negli occhi. Insomma non è certo brutta, ma è talmente magra! E di certo non posso trovarla simpatica visto che avremo scambiato sì e no una decina di frasi da quando è qui. La sua attenzione fu presto catturata dai clienti del pub, e Alexandra scivolò via dai suoi pensieri. Verso mezzanotte filava ancora tutto liscio e, nei giorni successivi, Clara si diede della stupida per aver pensato che la serata potesse concludersi bene come era trascorsa. Un uomo molto alto, sulla trentina, entrò nel locale e si sedette ad uno dei tavoli di sua competenza, vicini all'entrata. Iniziò a sfogliare un menù. Probabilmente, se non fosse stato venerdì e non fosse stata così stanca, Clara avrebbe riconosciuto subito la sua brutta faccia, ma era troppo impegnata a pensare quanto sarebbe stato comodo il proprio letto quella sera per accorgersene. Si mosse tra i tavoli, canticchiando il famoso motivo che la voce del cantante intonava in quel momento, e arrivo a quello dell'uomo. «Buonasera, posso portarle qualcosa da bere? O ha già deciso cosa ordinare?» chiese con il solito sorriso cortese. Quello non rispose, e la canzone finì. Gli spettatori rivolsero tutti l'attenzione al palco e iniziarono ad applaudire. D'improvviso l'uomo l'afferrò saldamente per la vita e iniziò a trascinarla verso l'uscita. «Ti ho riconosciuta subito, sai? Hai gli occhi tali e quali a quelli del tuo caro genitore» le disse con un sorriso cattivo mentre lei cercava senza successo di liberarsi e di chiedere aiuto. «Non preoccuparti, non ti sentirà nessuno, e quando si accorgeranno della tua scomparsa saremo già lontani». Rise senza allegria, guardandola, mentre il panico si impossessava di lei nel momento in cui l'aveva finalmente riconosciuto. «Se tuo padre non può saldare i suoi debiti direi che puoi farlo comodamente tu, non sei d'accordo? E io ho anche un paio di idee sulle modalità di pagamento» continuò lanciandole un'occhiata vorace. Clara si concentrò per non scoppiare a piangere, al pensiero di ciò che stava per succederle, e rifletté velocemente sulle proprie possibilità di fuga. Ma una voce interruppe il loro cammino e qualcuno si materializzò davanti la porta d'ingresso, esclamando deciso: «Lasciala stare!». Il gigante si bloccò, stupito che qualcuno di così insignificante osasse parlargli in quel modo. Allentò la presa su Clara quel tanto che bastava per renderle possibile fuggire e nascondersi dietro il suo salvatore. O meglio, la sua salvatrice. L'uomo si riprese in fretta e disse minaccioso: «Fammi passare ragazzina o stasera finisce male per te. E tu tesoruccio, torna qui. Non abbiamo ancora finito la nostra interessante conversazione». «Ti sbagli» rispose Alexandra squadrandolo con disgusto . «Sei tu che finisci male se non te ne vai. A meno che non voglia spiegare agli agenti di polizia perché stavi portando via da qui, contro la sua volontà, questa ragazza». «E se osi portare qui un'altra volta il tuo brutto muso, giuro che ti caccerò personalmente a calci nel sedere» disse un uomo corpulento, arrivato sulla scena in quel momento. Dopo quest'ultima battuta l'uomo, forse per l'attenzione che tutto il pub gli stava riservando, forse per lo sguardo che gli stava rivolgendo il massiccio proprietario o per le sirene in rapido avvicinamento, sputò a terra e, dopo aver rivolto loro un' occhiata vendicativa, prese velocemente la porta e uscì. Alexandra si voltò subito verso Clara, che era bianca come un cencio, e la spinse rapida dietro il bancone dove servivano da bere. La fece sedere, le diede una bibita zuccherata e iniziò a parlarle lentamente mentre lei, con lo sguardo perso nel vuoto, iniziava a bere. «Clara se n'è andato, hai capito? Ci sono qui io. John sta alla porta e controlla che quel tipo non torni. Clara, mi ascolti? Clara! » e accompagnò queste ultime parole con dei colpetti sulla sua spalla. La ragazza sembrò realizzare all'improvviso cosa fosse appena successo ed ebbe solo la forza di posare il bicchiere, prima di scoppiare a piangere. Alexandra, a quel punto, la prese per mano e la condusse nello stanzino del retro del locale, dove a terra c'era il divanetto dove John si rifugiava nelle giornate più gelide. La fece stendere, sussurrandole qualche parola di conforto e asciugandole le lacrime che le scendevano sul viso. Le rimase accanto fino a quando non smise di piangere. Ancora scossa, si guardava intorno come un animale in trappola. «È andato via veramente?» chiese tremante. L'altra annuì, tranquillizzandola. «Mio padre ha un sacco di debiti con quell'uomo» le disse, come a giustificarsi. «Non devi spiegarmi nulla se non vuoi» la rassicurò Alexandra coprendola con una tovaglia che era lì vicino, a mo' di coperta. Clara sembrò non averla quasi sentita: «È per questo che lavoro qui. Per aiutarlo». La sua espressione sembrava quella di una bambina che spiega alla maestra perché non ha potuto studiare il giorno prima dell'interrogazione. Continuò a borbottare e farfugliare, finché la stanchezza non ebbe la meglio e la fece addormentare. Alexandra ritornò in sala, dove i pochi clienti rimasti stavano ancora parlottando dell'accaduto. Vide John muoversi tra i tavoli e lo raggiunse. «Va’ pure ora, ci penso io» gli disse togliendogli i piatti sporchi dalle mani. Lui, passandoglieli, le chiese preoccupato: «Come sta?». «Si è addormentata adesso. Tra un' ora chiudiamo, così posso accompagnarla a casa. Credo abiti a una decina di fermate d'autobus da qui e non vorrei le facesse da sola» replicò stancamente. Il silenzio si dilatò per qualche secondo tra di loro, prima che John le rivolgesse ancora la parola: «Sei stata coraggiosa. Sono poche persone che l'avrebbero fatto, considerando la notevole differenza di stazza ». Lei si volto, arrossendo leggermente: «Se non fossi arrivato, non so cosa sarebbe successo». «Già l'abbiamo scampata grossa. Ma tu probabilmente l'avresti steso con un pugno. Avevi una tale fermezza negli occhi» dichiarò con un sorriso, alleggerendo la tensione che ancora serpeggiava nell'aria e dirigendosi verso il bancone. Già pensò la ragazza. L'abbiamo scampata proprio grossa.

 

 

 

N.d.A.

Salve a tutti e a tutte,

innanzitutto vorrei ringraziare Flaqui che ha aggiunto “Dietro lo specchio” tra le preferite, Romione_love, _Elly e Sandyblack94 che l’hanno messa nelle seguite e i quaranta che hanno letto…siete mitiche e mitici! Spero vi piaccia anche il secondo capitolo. Qui sotto c’è la traduzione della strofa iniziale:

Bene baby, non vuoi un uomo come me?
Whoah baby, baby, sono in forma come gli altri.
Whoah baby, voglio guardare dentro i tuoi occhi blu
Whoah baby, molto più di quello che gli altri sanno fare.

 

Grazie mille ancora a tutti,

Sbadiglio

 

P.S. Per il prossimo capitolo credo dovrete aspettare un po' di più rispetto a questo...scusate!

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Trillo Sbadiglio