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Autore: Alexiel_Slicer    03/01/2013    8 recensioni
Aveva solo 17 anni e già sentiva che parte della sua vita era stata gettata al vento, sentiva che la stava sprecando.
Le sue coetanee avevano fatto tante di quelle esperienze e lei? Lei no. Si diceva che un giorno, quando sarebbe stata più grande e soprattutto lontano da quella casa lei avrebbe fatto tutte quelle cose che nella giovinezza aveva perso, se lo diceva, ma non ci credeva poi così tanto.
La vita era imprevedibile, la vita era così breve. Sarebbe davvero riuscita a recuperare tutti quegli anni andati perduti? Ne avrebbe avuto l'opportunità? Tutto quello era un grosso ed asfissiante punto interrogativo. Poteva succedere una disgrazia in qualsiasi momento, poteva andare a dormire e l'indomani non svegliarsi più e lei non avrebbe mai visto il mondo, tutto quello che per lei c'era.
Chiuse gli occhi e le lacrime iniziarono a scendere da sole: era la frustrazione. A volte desiderava davvero semplicemente morire. Chiudere gli occhi per sempre e lasciarsi alle spalle ogni problema, tutta la tristezza. Voleva, ma non ci riusciva. Più volte aveva tentato in momenti al culmine della disperazione di strapparsi quella vita di catene, senza riuscirci. Troppo vigliacca anche per quello.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XIII


Erano passati tre giorni da quando l'aveva piantato in asso davanti alla scuola. Per l'esatezza tre giorni, nove ore e ventiquattro minuti.
Si, forse era uscita di senno. Lo pensava anche lei.
Contare l'inesorabile trascorrere del tempo dal proprio annientamento era da schizzati. Un cadavere avrebbe mai contato il passare dei giorni dal proprio decesso? No, anche perchè volendo non avrebbe potuto. Ma lei non era proprio un cadavere, uno zombie, invece si.
Seduta nel suo insignificante banco avevo l'insano istinto di alzarsi di botto ed iniziare a mangiare i cervelli dei suoi compagni. Chissà se facendolo veramente si sarebbe nutrita anche dei loro ricordi, delle loro vite...
Sospirò e chiuse gli occhi.
Voleva essere tra le sue braccia, poter inspirare il suo profumo. Ecco, se lo sentiva sotto il naso: intenso e delicato al contempo, dolce e fresco.
Era davvero pazzesco il modo in cui la sua mente lo aveva impresso alla perfezione nella sua testa. Poteva percepirlo e distinguerlo in ogni sua sfumatura. Tanto da sentirlo vicino.
La campana trillò disintegrando quell'illusione.
Aprì di scatto gli occhi. I suoi compagni stavano prendendo in fretta i loro zaini e come una mandria imbufalita si erano fiondati alla porta pronti a scappare.
Scosse la testa ed uscì anche lei.
Doveva smetterla. Non doveva più pensarlo. Dopo quelle parole era finita. Boom, scoppiata, polverizzata, la loro storia. E lei doveva lasciare che il vento spazzasse via le ceneri.
Varcò la soglia dell'uscita, quando una mano le passò attorno alle spalle. Era Amber, una sua compagna di classe.
"Era da un pò che non si vedeva. Lo nascondevi, eh?".
Roxenne boccheggiò confusa "Cosa intendi?".
La ragazza le fece segno con la mano indicando un muretto lì vicino.
Lei guardò nella direzione mostratale vedendo Bill.
Sbattè le palpebre. Che ci faceva lì? Non era stata abbastanza chiara quel giorno?
Gli passò accanto tenendo la testa bassa. Quando lo superò tirò un respiro di sollievo. Si aspettava di essere fermata, ma invece niente.
Camminò un pò allontanandosi dalla scuola, poi sentì di non essere sola. Si voltò: Bill la stava seguendo.
Accelerò il passo.
"Roxenne aspetta!".
"Lasciami in pace".
"Roxenne!" la sua voce improvvisamente si fece vicina, troppo vicina.
Una sua mano l'aveva afferrata facendola voltare e costringendola a fermarsi.
"Che vuoi? Sbaglio o ti avevo detto che non volevo più vederti?".
"Si, me l'hai detto..." disse Bill amaramente "Ma pensavo che dovessi sapere una cosa...".
"E cosa?".
"Gli sponsor mi hanno offerto un contratto. L'ho firmato. Domani partirò".
Quelle parole le rimbombarono nelle orecchie. Anche se erano lontani il semplice fatto di sapere che lui calpestava lo stesso suolo in cui passava lei la consolava, ma adesso...adesso se fosse partito neanche quello sarebbe servito a farla sentire vicina a lui.
"D-davvero?" mormorò incredula.
"Si".
Sentì gli occhi inumidirsi. Stava cedendo, stava per crollare davanti a lui. Non poteva. Si ricompose subito.
"Ah, congratulazioni. Sono contenta per te" disse con naturalezza.
"Tutto qui?" fece il ragazzo sorpreso.
"Si, tutto qui. Perchè che ti aspettavi?".
"Non cerchi di fermarmi? Non mi chiedi di venire con me?".
"E perchè dovrei? Tra noi è finita. Non capisco neanche il perchè sei venuto a dirmelo".
Bill scosse la testa sospirando "Hai ragione. Tanto tra noi è finita...hai ragione su tutto devo dire. Non siamo fatti per stare insieme, siamo troppo diversi. Tu sei una bambina...una bambina immatura e a me non va di far da babysitter. Addio Roxenne. Ti auguro tutta la fortuna di questo mondo".
Lo vide andar via.
Adesso lui l'odiava, adesso sapeva che la sua mente non c'entrava. Era il suo cuore che aveva impresso il suo profumo ed ora che lui partiva, che le aveva detto quell'addio definitivo il suo cuore si era infranto una volta per tutte e con esso anche il suo profumo.

***

-Un anno più tardi-
Un anno era trascorso ormai dalla sua partenza. Un anno da quando tutto era finito.
Roxenne si era concentrata su se stessa. Aveva finito la scuola e si era diplomata, inoltre si era trovata un lavoretto come commessa in un negozio e ne aveva approfittato per lasciar casa e andare a vivere da sola in un modesto monolocale. Anche una topaia le sarebbe andata più che bene pur di stare lontana dal padre.
Nonostante si fossero lasciati lei aveva continuato a nutrire un certo interesse per la boxe, tanto da portarla a frequentare la palestra di Michael in cui si recava tre volte alla settimana.
Stare lì le ricordava i bei vecchi tempi, quando l'accompagnava a vederlo allenarsi, quando aveva organizzato quella splendida serata in cui lei si era ubriacata; adesso ricordando quell'episodio rideva. A volte aveva la sensazione di sentire persino la sua voce dirle "Forza, tira più forte!" quando era ai sacchi.
La boxe era un modo per sentirselo accanto.
In quell'anno non si era dedicata solo alla boxe, ma anche alla scrittura. Aveva ripreso a scrivere di nascosto dal giorno dopo della sua partenza. Aveva scritto un intero libro che parlava di loro e della loro storia. Il finale l'aveva lasciato aperto, senza nessun vissero per sempre felici e contenti, senza un "fine" piazzato in un contesto triste.
Dal tronde la loro storia non aveva avuto un lieto fine, ma neanche una fine drastica in tutto e per tutto. Lei era convinta che prima o poi, un giorno l'avrebbe rivisto.
Aveva anche inviato vari testi a decine di case editrici. Le sue storie fantasy e la storia del loro amore.
Erano sempre ritornate indietro affiancate da una lettera che le diceva che non era il genere di materiale che cercavano. Era andata avanti così per un pò, fin quando una mattina aveva trovato nella cassetta della posta una lettera da un editore che le comunicava di essere disposto a pubblicare una delle sue storia. Non un fantasy, ma bensì la sua storia con Bill.
Quella notizia le fece scoppiare il cuore di gioia. Chissà mai se lui l'avrebbe letto. Chissà se gli avrebbe fatto piacere leggere di loro. Chissà se la ricordava con un nostalgico sorriso sulle labbra, come lei faceva con lui.
Poi alla sua mente ritornavano le parole che le aveva detto l'ultima volta che si erano visti e si sentiva un'idiota nel pensare che lui le riservasse ancora un posto, anche piccolo, nella tua testa.
Quella mattina stava uscendo di casa per andare in palestra. Passò davanti alla parete dell'androne in cui vi erano appese tutte le cassette della posta di ogni inquilino del palazzo.
In quel mentre notò che la sua era piena. Dalla tasca della giacca tirò fuori le chiavi di casa e prese la chiave più piccola del mazzo, per poi aprire la cassetta.
All'interno c'era una busta color senape contenente qualcosa di duro, spesso e voluminoso. Sull'etichetta all'angolo in alto a destra lesse il nome della sua casa editrice.
Strappò velocemente la busta scoprendo un libro, il suo libro.
Sulla copertina lucida vi erano raffigurati un paio di guantoni per la boxe rossi, ai quali era legato con un nastro, anch'esso rosso, una rosa bianca. Sopra all'immagine vi era scritto in bianco a caratteri vistosi ed eleganti il titolo: "Ricordi agrodolci". Il tutto in uno sfondo nero.
Roxenne lo sfogliò alla svelta con le lacrime agli occhi. Era la prima stampa del suo primo libro e non un libro qualunque. Quelle pagine raccontavano la parte più bella della sua vita.
E presto, a distanza di un mese, in tutto il Paese avrebbero potuto leggerla e chissà, forse anche tutto il mondo.
Chiuse la cassetta e ripose il libro dentro al borsone, poi si diresse verso la palestra con il sorriso sulle labbra.
Quando arrivò Michael era già lì che l'aspettava.
Posò le sue cose sulla panca che un tempo era stata il suo sostegno. Si spogliò della giacca e della maglietta, rimanendo in un top sportivo grigio.
Stava per andavero verso i sacchi quando, improvvisamente, Michael disse qualcosa che le mozzò il fiato.
"Sai, ho saputo che Bill è in città" disse.
Quelle parole furono un pugno in pieno stomaco. Con Michael non parlava mai di lui, era lo stesso uomo che di tanto in tanto le riportava notizie su di lui senza che lei gliele chiedesse.
Le diceva delle vittorie, delle sconfitte, dei suoi spostamenti e se partecipava a tornei. L'ultima volta che le aveva dato notizia di Bill le aveva detto che si trovava in Francia e che aveva vinto un importante titolo.
"Davvero? E come mai è tornato?".
"Si è preso una piccola pausa. Proprio un paio di minuti prima del tuo arrivo mi ha chiamato. Oggi pomeriggio ci incontriamo in un bar per fare due chiacchiere".
"Capisco...".
Ebbe qualche attimo di esitazione.
"Senti Michael, quando lo vedi potresti dargli questo da parte mia?" e così dicendo prese il suo libro dal borsone e lo porse all'uomo "Credo che anche lui abbia il diritto di leggerlo" disse con un lieve sorriso.
Michael annuì accettando il libro che mise sotto braccio.
"Grazie" mormorò Roxenne per poi mettersi al lavoro.

Erano passati due giorni da quando aveva dato il libro a Michael e si chiedeva se mai lui l'avesse letto, almeno una pagina, almeno una riga.
Quel giorno, come d'abitudine, era il giorno in cui doveva recarsi in palestra.
Quando si accorse dell'orario uscì subito di casa correndo. Era maledettamente tardi.
Andò verso la fermata dell'autobus, ma proprio mentre stava per raggiungerla vide il mezzo andar via senza di lei. Gli corse dietro agitando le mani, ma questo non si fermò.
"Dannazione!" esclamò affaticata.
Decise di andare a piedi. La palestra era dall'altra parte della città e non era neanche sicuro se ci sarebbe arrivata in tempo, ma decise lo stesso di andare.
Alternò la corsa al camminare a passo svelto e così via, fino ad arrivare finalmente davanti all'edificio.
Tirò un lungo respiro ed entrò.
Percorse il corridoio e una volta dentro la sala della boxe vedendo un'ombra disse "Michael scusa il ritardo, ma ho perso l'auto e sono dovuta venire a piedi".
"Non dovresti giustificarti con me. Io non sono Michael".
Quella voce l'avrebbe riconosciuta tra un milione. Quella voce non l'aveva mai dimenticata. Quella voce le tagliò di netto il respiro. Quella voce così calda e dolce le trafisse teneramente le orecchie.
Sbattè le palpebre per mettere ulteriormente a fuoco la vista. Quella figura immersa nella penombra e intenta ad togliersi i guantoni non era certamente di Michael: troppo slanciata, alta, snella e muscolosa. Troppo perfetta.
Questa mosse un passo mettendosi sotto la luce.
"Bill" mormorò lei con un filo di voce.
"Roxenne" disse lui con un sorriso accennato "Non sei cambiata per niente in questo anno. Sempre piccolina, sempre tu...solo più bella".
Arrossì. Possibile che ogni volta che gli stava di fronte diventava rossa come un pomodoro? Possibile che nonostante la lontananza, nonostante il tempo passato le faceva ancora sentire tutto sottosopra? Possibile che si sentiva ancora la diciassette inesperta sull'amore, che ad ogni sua parola si scioglieva come neve al sole?
"Michael aveva detto che eri tornato...mi fa piacere rivederti" disse lei cercando di nascondere il suo disagio.
"Ti sei data alla boxe?".
"E' da un pò...quando posso vengo ad allenarmi".
La ragazza andò a posare il borsone sforzandosi di apparire naturale. Perchè non le aveva ancora detto del libro? Forse non l'aveva neanche letto, ma l'aveva gettato via.
Che stupida. Perchè aveva detto a Michael di darglielo? Era passato più di un anno. Un anno in cui lui era stato in giro per il mondo, un anno in cui la sua vita era continuata. Chissà quante ragazze aveva conosciuto! Doveva preoccuparsi proprio di lei, la ragazzina che un giorno aveva incontrato quando ancora combatteva in quel posto di merda.
Aprì la borsa in cerca dei guantoni. Li aveva davanti agli occhi, ma lei continuava a frugare perchè non li vedeva. I suoi occhi improvvisamente si erano fatti ricolmi di lacrime che stavano per rigarle il viso.
"Maledizione! Dove sono andati a finire i guantoni? Possibile che li abbia dimenticati?" disse con la voce tremante accompagnandosi da un risolino che apparve quasi isterico per alleviare quella tensione che l'opprimeva, per non fargli accorgere delle lacrime.
Si sentì afferrare per un braccio e prima che se ne potesse rendere conto si trovò faccia a faccia con Bill. Una sua mano la teneva ancora per il braccio, mentre l'altra era dietro la sua schiena.
Non poteva più nascondere quegli occhi lucidi.
"Perchè piangi adesso?".
"Io...non lo so" mormorò lei scuotendo la testa.
Il ragazzo avvicinò il suo viso, le sue labbra erano leggermente dischiuse.
Roxenne le fissò accorciare quella distanza come stregata.
Da quanto tempo non le sentiva più sulla sua pelle, sulla sua bocca. Ma ad un certo punto lui si allontanò.
Lei rimase lì, attonita, confusa. La stava prendendo in giro.
Lo vide chinarsi sul suo borsone in cerca di qualcosa, poi ritornò da lei con il suo libro in mano.
"L'ho letto, sai?".
La ragazza abbassò lo sguardo annaspando. Che significava tutto quello?
"Devo dire che non mi è piaciuto...".
Roxenne si sentì morire.
"M-mi dispiace...se l'avessi saputo non avrei mai scritto di te..." mormorò balbettando ormai con il cuore in frantumi.
Bill lasciò cadere il libro a terra che si aprì a metà, poi con un braccio la cinse per un fianco e l'attirò a sè "Fammi finire: non mi piace il finale".
La baciò. Catturò le sue labbra nelle sue in una mobida morsa senza che lei se lo aspettasse.
Prima fu un bacio sofferto, tremante, ma durò ben poco perchè andò a trasformarsi in un bacio bramato, appassionato.
Bill l'afferrò per le cosce sollevandola e facendole avvinghiare attorno al  suo bacino, mentre Roxenne teneva le mani sul suo viso.
Il ragazzo camminò alla cieca in direzione del muro contro il quale fece aderire la schiena di lei.
Le loro lingue si abbandonarono e le loro labbra si staccarono.
Restarono a guardarsi entrambi negli occhi languidi, con i respiri marcati che si infrangevano sui loro visi e che si fondevano in uno solo.
Roxenne accarezzò i suoi capelli, mentre lui la fissava dolcemente con le sue meravigliose iridi fuse in un'elisir di desiderio. Non era cambiato neanche lui.
Di nuovo così, lei avvinghiata a lui contro una parete, proprio come quando si diedero il loro primo bacio.
Adesso poteva mettere un lieto fine alla sua storia.
 


FINE 

  
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