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Autore: ryuzaki eru    03/01/2013    17 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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So di essere in tremendo ritardo. Sappiate solo che scrivere questo capitolo è stato un parto trigemellare… O_O
Grazie di essere ancora qui!

 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

36. I cubetti di ghiaccio e il silenzio

 
Emma iniziò a ragionare velocemente… «L’orologio… Il foglietto che ci hai trovato dentro… Io credevo che tu non…» corrugò la fronte, concentrandosi ancora di più nel tentativo di capire e raggiungere i passaggi che le mancavano.
«Hai paura di nominare gli Shinigami, Emma?» glielo disse come niente fosse...
Lei sgranò gli occhi.
Era la prima volta che Elle nominava gli Dei della Morte in sua presenza.
«Emma, ho già visto quello che dovevo vedere.»
La gelò…
 
Emma rimase in silenzio, ghiacciata dalla brevità e dal significato di quella risposta, mentre il tabacco della sua sigaretta continuava a bruciare, senza che lei pensasse minimamente di riaccostarla sulle labbra.
Un attimo. Era bastato un attimo e le prospettive che aveva avuto fino a quel momento si erano stravolte.
Elle aveva già visto.
E lei non aveva mai pensato a come si sarebbe sentita in quell’istante, a quali reazioni avrebbe avuto, a come avrebbe approcciato il discorso da quel momento in poi.
E ora invece, in un attimo, si ritrovava di fronte un Elle che aveva visto uno Shinigami, che aveva visto Rem, che lo aveva a quanto pare già metabolizzato e reso parte integrante delle indagini senza battere ciglio.
Spiazzante ed elettrizzante allo stesso tempo.
Una situazione che lei stessa aveva voluto e desiderato fortemente, ma che adesso non aveva la più pallida idea di come gestire, soprattutto perché non riusciva a capire come doveva sentirsi.
È innegabile che comunque, insieme alla sorpresa e alla curiosità di conoscere i pensieri del detective del secolo sulla questione, una delle sensazioni che la avvolsero fu un senso di liberazione unico…
Elle inclinò il capo «Ne deduco che non te lo aspettassi» ovviamente faceva riferimento al silenzio e allo sgomento palese di Emma «e che quindi, per quanto ne sai e secondo i tuoi piani, questo sarebbe dovuto avvenire parecchio più in là nel tempo.»
«Ovviamente è così.» rispose lei immediatamente, con un’intonazione pensierosa e poco chiara, perché poco chiari erano i suoi propositi in quel momento.
Elle si portò il pollice sul labbro con fare innocente «Ci sei rimasta male? Non era mia intenzione scombussolare i tuoi piani.»
Emma non sorvolò, naturalmente «I miei piani… Mi sento terribilmente “normo-dotata”, ma con quell’accezione fastidiosa che solo tu riesci ad attribuirgli. Smettila di divertirti con queste uscite candide e contrite.» ribatté diretta ma divertita, perché  ancora non sapeva da dove iniziare, ma non aveva perso la sua schiettezza né la sua capacità di lasciarsi trainare dai modi di Elle che, artificiosi o spontanei, candidi o presuntuosi, riuscivano incredibilmente a smorzare e alleggerire le situazioni delicate e serie.
Elle ribatté «Divertirmi. Be’ sì, in effetti temo di non poter negare che ci sia qualcosa che mi diverte.» e si avvicinò curiosamente al volto di Emma, pacato, protendendo il lungo collo e continuando a tenere il pollice appena poggiato sulle proprie labbra candide.
Lei non si spostò, ma assottigliò gli occhi diffidente, continuando a guardarlo.
Elle allora, con calma e con una faccetta tutta interessata e infantile, scostò la mano dalla propria bocca e poggiò l’indice sulle labbra di Emma, premendocelo appena. Ce lo lasciò qualche istante, senza muoverlo, come se avesse voluto controllare qualcosa, con gli occhi nerissimi e sgranati.
Lei continuò a non spostarsi, ma lo osservò sempre più perplessa e pensierosa, anche se iniziava a percepire un lieve formicolio nella pancia e lungo la schiena…
«Uhm.» mugugnò Elle riportando placidamente la mano affusolata sulle ginocchia «Sei fredda.» sentenziò.
E poi si avvicinò ancora, come niente fosse, e poggiò le proprie labbra su quelle della povera Emma che, pur continuando ad essere sospettosa, non poté fare altro che aumentare la tensione delle proprie spalle avvolte nell’asciugamano e chiudere spontaneamente gli occhi…
Già… Questa volta li chiuse, gli occhi. Forse perché era tutta la giornata che Elle si comportava in quel modo strano e condiscendente. Forse perché era in vacanza. Forse perché la rivelazione che lui le aveva fatto l’aveva liberata a priori da quell’imposizione delle informazioni in pillole che l’aveva attanagliata fin dal primo istante in cui tutta quella vicenda era iniziata. Forse perché era assurdo che, dopo quello che lui le aveva detto, le cose stessero andando in quel modo leggero e così poco “adatto” alla situazione. Forse perché, ancora una volta, Elle era assolutamente imprevedibile e proprio per questo non c’erano armi per controbattere. Perché l’imprevedibilità lascia spazio alla libertà e all’istinto, senza gli orpelli della logica e del pensiero.
Ma magari Emma chiuse gli occhi semplicemente perché non esiste un perché di determinati gesti ed è inutile questionare.
Ryuzaki lasciò per un istante la proprie labbra poggiate su quelle della ragazza, gliele inumidì appena, come se avesse voluto assaggiarle delicatamente. E lei non si mosse, si lasciò sfiorare la bocca senza fare nulla…
E dopo quel fugace “assaggio” lui si allontanò appena un po’. Emma sospirando riaprì gli occhi e si ritrovò ad osservare quelle pupille nere che la scrutavano curiosamente da vicino. Se lo avessero fatto anche nel brevissimo momento precedente, Emma non lo avrebbe mai saputo.
Elle inumidì le proprie labbra rumorosamente, come assaporando ciò che vi era rimasto sopra e spostò lo sguardo infantile e pensieroso verso l’alto «Sì, fredda. Fredda e salata.» disse infine placido e minimamente a disagio.
Emma scosse appena il capo, abbozzando un sorriso, perché nelle parole di Elle non c’era alcuna malizia, ma solo la semplice e secca verità di una costatazione, l’asettica  risposta ad un esperimento di scarsa importanza. Ma non sarebbe potuto essere altrimenti… Il problema era che questo a Emma piaceva moltissimo.
«Già… La risposta al test dice: “salata”» ribatté allora lei ironicamente, continuando a rimuginare.
«Test?» riprese lui con quella buffa espressione pensierosa «Uhm. Temo che, indipendente dall’acqua di mare, la risposta all’ “esperimento” non potrebbe comunque essere  diversa.»
Che strana conversazione…
«Uhm… E io invece “temo” - calcò appena la parola rifacendo il verso a Ryuzaki - che potrei infatti banalmente confermarti di non essere mai stata “zuccherosa”, sotto molti aspetti, e che non lo sarò mai. Ma questa sarebbe, per l’appunto e a modo suo, una risposta “zuccherosa”…» e si avvicinò al volto di lui con aria di sfida «…Tutto questo è decisamente alquanto incomprensibile per me e per quanto mi sforzi di non pensarci non posso non fartelo notare. Io non capisco.»
Elle ascoltò in silenzio e poi riportò candidamente lo sguardo su di lei «Uhm. Credevo sarebbe stato più semplice. Ma in effetti è interessante che non lo sia.»
Che?!!
Ma “cosa” doveva essere più semplice??!!!

Elle proseguì «E noto ancora una volta che c’è qualcosa che non “conosci” di me e che quindi non riesci a identificare. E questa è un’anomalia, visto tutto ciò che sai…» perse quell’aria infantile e assunse un’espressione indecifrabile, una sorta di sorriso appena accennato che era impossibile stabilire se fosse sincero o vagamente beffardo e provocatorio «…quindi sono decisamente curioso di capire il perché di questa anomalia.»
Entrambi volevano capire qualcosa. Con fini, modi, intenzioni e motivi differenti, ma volevano capire.
E poi il cellulare di Elle squillò, come era accaduto tantissime altre volte durante le loro conversazioni più criptiche.
Lui non allontanò minimamente lo sguardo dagli occhi di Emma, mentre sfilava svogliatamente il proprio telefono dalla tasca e lo portava all’altezza del volto. Solo allora ruotò le pupille scure per osservare il display ed in esse Emma riconobbe lo sguardo del detective del secolo. Lo sguardo delle indagini del caso Kira.
E poi lui ritornò ad osservare lei, senza parlare e senza ancora rispondere al telefono. Ed Emma gli disse semplicemente, seria e combattiva «Io vado a fare una doccia. Tu non provare a sparire dopo questa telefonata. Dopo questa giornata assurda, non pensarci nemmeno. Non aspetterò settimane o mesi prima di poterti rivedere e di sapere, questa volta non lo farò, dovessi anche ritornare a Tokyo a piedi! E ora rispondi al telefono perché non sopporto sentirlo squillare.»
«Non ho dubbi sul fatto che potresti farlo, Emma. Ma l’ho già detto, sarò qui almeno fino a domani. Se rimarrò di più dipende solo da te. E il telefono smetterà di squillare, senza bisogno che io risponda, è solo un avviso. Era previsto che io avrei potuto non rispondere e che avrei quindi richiamato. Ma a questo punto credo di essere ancora completamente libero di fare questa conversazione adesso. A dopo, Emma.» e il telefono smise squillare.
Elle svogliatamente si osservò i piedi, ne mosse le dita, e poi li fece scivolare dal divanetto, li affondò nella sabbia, a terra. Si alzò, aprì lo sportellino del cellulare e ricompose il numero, se lo accostò all’orecchio, e iniziò a camminare in modo annoiato, allontanandosi dal gazebo e da Emma.
Vince sempre lui! Non lascia cadere nulla, controbatte a tutto! È snervante. Uhm… Ma forse sono un po’ così anche io…
Mi potrò fidare? O questa è stata solo una delle sue bieche menzogne?
Be’, non è che io gli abbia ancora detto chissà che e già so che è qui perché ha in mente qualcosa, in quella sua maledetta testa… Anzi, è proprio questo “qualcosa” che mi spaventa… Cosa diavolo è venuto a fare fin qui?!

Lo osservò allontanarsi a piedi nudi sulla sabbia, curvo e annoiato, e lo vide sparire nell’oscurità della sera.
Elle a piedi nudi sulla sabbia… Ok… Posso aspettarmi di tutto… Anzi, con questi presupposti, è meglio che non mi aspetti proprio nulla! Sì… Sembra facile…
Osservò la sigaretta che teneva ancora tra le dita. Era rimasto solo il filtro, se l’era fumata il vento. La gettò nel portacenere sul tavolo che aveva davanti, sovrappensiero.
E poi perché si comporta così? Perché indossa la maschera dell’ “Elle infantile” e ingenuo?
Si alzò, raccolse il suo zaino e le infradito e si incamminò verso le stanze dell’albergo, affondando i piedi nella sabbia scura, ma ancora tiepida del sole che l’aveva scaldata per tutto il giorno.
È una maschera poi, oppure no? Perché mi avrebbe baciata? Cosa accidenti c’entra una manifestazione di questo tipo col caso Kira? Assolutamente nulla!!
La spiaggia era completamente deserta. Emma superò il grande capannone centrale e raggiunse la pedana adagiata sulla sabbia che, come un corridoio, si inoltrava tra gli alberi di una sorta di boschetto che costeggiava tutta la spiaggia e nascondeva in parte le stanze dell’albergo, che non erano altro che una serie di curatissimi bungalow identici, immersi nel verde e rivolti verso la battigia, uno affianco all’altro.
Un esperimento anche questa volta, solo che adesso non c’è Watari a farmi almeno tentare di capire cosa significhi!
Emma continuava a camminare, superava i piccoli giardinetti illuminati che, circondati da alte siepi,  precedevano ciascun bungalow.
Il vociare caotico degli occupanti e le luci accese nelle stanze rivelavano che erano tutti presi nel prepararsi per la serata.
Emma superò il cancelletto del giardino della stanza di Misao e Kei e raggiunse la propria, che era adiacente.
E poi non riesco proprio a far combaciare questo gesto del bacio con il fatto che Elle abbia visto Rem! Mi stona così tanto! Non riesco nemmeno a pensarle insieme, queste due cose! Accidenti, sarei la prima a storcere il naso disgustata se nella trama di Death Note avvenisse una cosa del genere! E quello che mi fa più arrabbiare è che mi è piaciuto, maledizione…
Emma mollò l’asciugamano insabbiato sulla veranda che precedeva la grande porta finestra scorrevole di accesso alla stanza e continuando a rimuginare si infilò sotto la doccia.
In meno di un quarto d’ora era pronta. Lanciò un avviso ai suoi vicini, per sapere a che punto fossero e poi si accoccolò a pensare su una delle poltroncine della veranda.
Già lo so che questa serata non mi passerà mai finché non ci capirò qualcosa… dannazione! Non riesco a pensare a niente senza farmi salire l'ansia o senza emozionarmi in qualche modo…
Se Emma pensava al fatto che Elle aveva visto Rem, le prendeva una specie di singolare esaltazione, collegata alla trama che lei conosceva… Se però andava avanti e rimuginava su cosa lui avrebbe fatto in seguito a questo, la assaliva una paura terribile delle conseguenze, di Light, dei risvolti sconosciuti e del destino che non sapeva se esistesse o meno… E quindi arrivava a figurarsi nella mente la scena della morte di Elle… Morte che infatti lui le aveva chiesto di raccontarle proprio adesso. Se, per sfuggire a questo, si soffermava sul significato del comportamento di Elle, finiva inevitabilmente ad ingarbugliarsi la mente con ipotesi assolutamente inconcludenti e si ritrovava a immaginarselo davanti con il formicolio nello stomaco. E poi c’era quella brutta sensazione… Questa volta aspettare la stava distruggendo più delle altre…
Misao si affacciò al cancelletto, ma Emma non se ne accorse, presa dai suoi pensieri, tanto che la ragazza la dovette chiamare e solo allora Emma sollevò lo sguardo e le sorrise, alzandosi e andandole incontro.
E allora Misao la osservò, da capo a piedi…
Una canottiera bianca e solo appena aderente le fasciava il seno ed il busto sottile e le faceva risaltare il lieve colorito dell’abbronzatura, sulla pelle morbida e profumata di crema doposole. Un paio di pantaloni verdi militare le si appoggiavano mollemente scesi sui fianchi sottili, lasciavano appena intravedere sotto le pieghe della canotta l’addome piatto e le ossa sporgenti del bacino e con grossi tasconi laterali si risvoltavano più volte appena sotto al ginocchio, lasciando così scoperti gli stinchi e le caviglie minute fino ai piedi che calzavano delle semplici infradito di gomma scura, senza alcuna traccia di smalto. I lunghissimi capelli neri le si adagiavano sciolti lungo la schiena e fin oltre il punto vita, umidi, perché potessero asciugarsi all’aria senza bisogno del phon, che Misao era certa che Emma non avesse nemmeno portato.
«Emma…» iniziò l’amica «… se Ryuga non ci accompagnerà durante la serata credo che in parecchi ti romperanno le scatole…» chiuse ridendo.
Emma sollevò le sopracciglia e si guardò confusa «…Che? Ma mi sono messa le prima cose che mi sono capitate tra le mani… A dire il vero non mi sono nemmeno specchiata…»
«Non ho dubbi in proposito.» rise Misao «Ma ti assicuro che non hai bisogno di farlo e che non potresti essere più bella. La semplicità e l’estate ti rendono più giustizia di quanto non lo possa fare qualunque altra cosa. Quando Kei sarà pronto chiederò un parere anche a lui…»
Emma era perplessa, ma lasciò che l’amica si crogiolasse in quel pensiero, che a lei in quel momento non interessava in nessun modo e che in generale non le interessava praticamente mai. La sua fortuna era quella di essere naturalmente e stranamente bella, per nulla appariscente magari, ma di certo bella, senza bisogno di orpelli, trucco, abiti sofisticati o attenzioni. Questa era una fortuna immensa e lei non lo sapeva e non le importava. Tantomeno in quel momento e in quel mondo…
E la serata trascorse, senza che Emma riuscisse a mollare i pensieri che l’avevano attanagliata e senza che Elle naturalmente comparisse all’improvviso da qualche parte.
Sotto il capannone centrale della spiaggia la musica vibrava, mentre Misao e Kei si erano tuffati nella bolgia del ballo.
Una serata passata ad arrovellarmi… Cosa diavolo ci sono venuta a fare in vacanza?! Cosa diavolo ci sono venuta a fare a Tokyo?! Perché mi è venuto in mente di salvare Elle?! E poi perché sono in questo maledetto mondo??!!!
Le erano addirittura risalite le ansie primordiali… Era decisamente al limite.
Poggiò con decisione il drink che stava bevendo sul primo tavolo libero che trovò e lo abbandonò.
Il ghiaccio tintinnò all’interno del bicchiere mentre lei iniziava a camminare decisa verso i bungalow.
Si allontanò dalla folla, si addentrò nella chiara oscurità della spiaggia deserta e illuminata dalla luce argentina della luna e poi nelle ombre degli alberi e delle siepi dei piccoli giardinetti che precedevano le stanze e si stagliavano scure in quel chiarore.
… E la musica assordante della notte e della vacanza era sempre più distante da lei. E lì, lontano, un cubetto di ghiaccio del suo drink abbandonato scivolò lentamente, disincastrandosi dagli altri…
Emma aumentò il passo.
L’aria umida e frizzante del mare la fece rabbrividire appena e si afferrò le braccia nude con le mani, continuando a procedere.
Quale sarà…
Tutte le stanze erano al buio, i loro occupanti dormivano o più probabilmente erano ancora in giro a divertirsi.
Sbirciò i giardinetti e la finestra di tutti bungalow che superava.
Passò davanti a quello di Kei e Misao.
E davanti al proprio…
E…
Avrebbe dovuto aspettarselo…
Dall’interno della stanza subito dopo la sua scorse una fioca luce bianca… Il chiarore asettico dello schermo di una televisione… o del monitor di un computer.
Sì. Avrebbe dovuto aspettarselo che il bungalow di Elle fosse vicino al suo.
… Il ghiaccio si assestò ancora nel bicchiere di quel drink abbandonato su quel tavolo lontano…
Emma fece un grosso respiro e aprì il cancelletto, che cigolò.
Elle sollevò lo sguardo.
Era nella penombra, appollaiato sul pavimento, come suo solito, davanti al suo inseparabile portatile bianco che gli illuminava il volto candido, proprio sul limitare della grande porta finestra scorrevole che affacciava sulla veranda. Un asciugamano gli copriva in modo disordinato il capo.
… Il ghiaccio nel bicchiere iniziava ad assumere un aspetto liscio e più trasparente, con gli spigoli arrotondati e non più aguzzi come quando era stato appena tuffato nel cocktail…
Emma si avvicinò. Lui la seguì attentamente con gli occhi, senza parlare.
E lei gli si fermò in piedi, davanti, e lo guardò dall’alto, mentre lui aveva il mento sollevato e gli occhi profondi continuavano a scrutarla accuratamente.
Ciocche scure di capelli sbucavano dall’asciugamano e gli si adagiavano sul collo, sulla fronte e parzialmente davanti agli occhi.
… I cubetti di ghiaccio galleggiavano nel bicchiere, liberi uno dall’altro…
Vederlo così era… era una calamita per gli occhi di Emma. Osservare quel volto candido così apparentemente spaesato in un momento semplice e quotidiano, la fece vacillare.
Così spostò lo sguardo altrove, nella penombra della stanza.
Sul pavimento, qua e là, erano disseminati e ammucchiati un paio di jeans, una t-shirt bianca, dei boxer e degli asciugamani. Una consistente scia di gocce usciva dalla vicina porta del bagno, sulle cui mattonelle c’era un lago d’acqua.
Il detective del secolo aveva tentato di farsi una doccia. Aveva tentato di farsi una doccia senza l’aiuto del signor Wammy che evidentemente doveva sempre seguirlo passo passo, raccogliendo gli abiti sporchi che il genio si toglieva distrattamente e asciugando l’acqua che lui incurante lasciava colare a terra.
Un bambino…
Un bambino che però in quell’occasione si era abbassato a cavarsela da solo. Un bambino che non si era minimamente preoccupato di imparare dal suo Watari come si facesse a sistemare quello che lui aveva “usato”. No, di certo aveva imparato semplicemente osservando distrattamente, ma, come tutti i geni, non aveva ripetuto ciò che aveva osservato perché in quel caso non era importante.
Fare queste brevissime considerazioni ridiede immediatamente ad Emma la sua grinta e la sua freddezza «Mi sono stufata.» esordì chiaramente e con una certa calma, mentre riportava lo sguardo su Ryuzaki «Allora. Sei venuto  fin qui. Mi hai detto che hai visto Rem come se avessi bevuto un bicchiere di acqua fresca. Poi hai fatto i tuoi soliti discorsi criptici. Mi hai baciata come un bambino che stacca freddamente la coda alle lucertole, per gioco ed esperimento. Ah, dimenticavo che in questo contesto assurdo io devo raccontarti i dettagli della tua morte come la favola di Pollicino!»
Elle continuava a guardarsela assolutamente inespressivo.
Ma Emma continuò senza remore «Ma naturalmente il problema non è nessuna di queste cose, che a modo loro sono assolutamente in linea con te ed i tuoi insondabili propositi e fanno parte del “gioco”. Il problema sono io, che mi sto annientando, che non faccio che pensare a cosa diavolo significhi tutto questo e da quando ti ho visto stamattina non riesco a scrollarmi di dosso una pessima sensazione!»
«Una lucertola. Uhm.» rispose lui serio «Comunque direi che anche questo tuo comportamento di adesso è assolutamente in linea con la tua indole. Era ovvio che mi saresti venuta a cercare e del resto me lo hai anche detto che lo avresti fatto, né io ti ho detto di non farlo. Quindi non vedo dove sia il problema.»
Questa volta e per un fugace istante Emma ebbe l’istinto di strozzarlo.
Ma si limitò a un ampio respiro e gli sedette al fianco, sul pavimento.
E lui abbassò lo schermo del portatile… Non voleva mostrarle qualcosa o perlomeno non voleva mostrargliela in quel momento.
E poi Ryuzaki continuò candidamente «Non ho mai staccato la coda alle lucertole. Tu sì?»
Proseguiva quello stillicidio incomprensibile.
Le si avvicinò appena e tirò su col naso, quasi annusandola, ma sempre come avrebbe fatto un bambino, senza malizia «Le lucertole non profumano di shampoo e di crema dopo sole.» constatò in modo asettico. Forse la provocava?
Le sollevò una ciocca di capelli dalle spalle, tenendola tra pollice e indice «È insolito che tu abbia i capelli sciolti.» sentenziò ancora senza colore e poi lasciò ricadere la ciocca.
Emma era alquanto perplessa «Vorresti farmi credere che noti questo genere di cose?!»
«Io noto tutto, Emma. Semmai il punto è quali cose io ritenga importanti tra tutte quelle che noto.»
Emma rimase in silenzio… Cosa sta cercando di provocare dicendomi questo…?
E poi ripartì «Ryuzaki, ho la sensazione che tu mi abbia detto questo solo per farti chiedere qualcosa di tremendamente scontato… Ma io in questo momento non ti domanderò mai se sia importante per te che io abbia o meno i capelli sciolti. Mi rifiuto. Ti chiederò invece perché diavolo volevi che io te lo domandassi e cosa c’entra questo col caso Kira!»
Elle abbozzò quell’espressione soddisfatta che altre volte aveva accennato con Emma e disse pensieroso «Sì, decisamente più difficile del previsto… E, come sempre, ragioni indiscutibilmente molto, in ogni momento.»
E solo allora lei, guardandolo negli occhi, intuì qualcosa da quelle parole e percepì immediatamente una nota sensazione nell’addome e gli disse, incredula, senza veli… «Tu… Tu ti aspetti che io ti baci…»
«Immagino che l’esperienza maturata finora mi abbia insegnato che tu potresti indubbiamente farlo. Diciamo che però devo ammettere che non mi sia ancora chiara la causa scatenante che ogni volta ti ha portato a farlo.»
C’era un limite alla solidità di Emma…
Non c’era modo di ribattere con fermezza alla razionalità e alla sincerità disarmanti di una risposta del genere. Non c’era modo di continuare a ragionare lucidamente su quelle parole. O perlomeno non c’era modo per Emma, in quel particolare momento, in quel particolare mondo e con il ragazzo di cui era innamorata davanti… Ci aveva provato e ci era riuscita fino a quell’istante, ma adesso, improvvisamente, aveva superato il limite labile della freddezza e percepiva con tutta se stessa quella tensione latente che sempre aleggiava quando lei e Ryuzaki erano insieme.
Lentamente sollevò la mano, afferrò un lembo dell’asciugamano che lui aveva sul capo e lo fece scivolare a terra. Una ciocca di capelli scuri scivolò davanti allo sguardo profondo di Elle.
Ed Emma lo osservò con altri occhi… con gli occhi con cui aveva cercato di non guardarlo prima.
I capelli umidi e scuri gli si adagiavano disordinati e più lunghi sul capo e gli si accostavano all’ovale magro del volto appuntito…
…Il primo cubetto di ghiaccio perse consistenza nel liquido colorato di quel drink abbandonato solo, su quel tavolo, in mezzo alla folla…
Emma sospirò appena e volse di nuovo lo sguardo altrove, cercando di reprimere quella piena che si avvicinava rovinosamente agli argini… E si ritrovò di nuovo ad osservare la stanza nella penombra.
Notò gli stessi dettagli che aveva notato poco prima. Gli abiti ammucchiati, l’acqua a terra… Elle semplicemente non si era curato di tutto ciò che lo circondava. Come lui stesso aveva appena detto, notava il resto del mondo, ma se e quanto esso contasse, questo poteva saperlo solo la sua mente inviolata…
Lo spostare brevemente l’attenzione da quel volto così incredibilmente seducente in quel momento non la allontanò da quella condizione poco lucida, come era accaduto poco prima e come lei aveva sperato, ma contribuì a gettarcela ancora di più.
Elle aveva ragione ancora una volta. Era difficile stabilire una causa scatenante…
Così Emma riportò lo sguardo su di lui.
Un uccellino, appollaiato e rinchiuso in se stesso sul pavimento di una stanza…
Un uccellino bagnato, che aveva però lo sguardo profondo, granitico e sicuro dell’uomo più enigmatico che lei avesse mai conosciuto.
Ed Emma vacillò «…Non… Non credo di conoscerla nemmeno io la causa scatenante…» le sue parole uscirono incerte, sebbene il loro significato, se fosse stato espresso magari con un’intonazione ed una verve combattiva, sarebbe potuto risultare anche agguerrito. Ma non risultò così.
«…E anche se la conoscessi, si tratterebbe sempre e comunque di un fuori programma…» continuò Emma ricordando parole che già erano state pronunciate da entrambi in un altro momento.
Gli sfiorò una ciocca di capelli «Sono ancora bagnati…»
Lui continuava a fissarla incessantemente con quello sguardo impossibile da comprendere.
«Sto per commettere uno sbaglio enorme, Ryuzaki… E tu non mi stai dicendo niente… Potresti parlarmi degli Shinigami, di Light, della Yotsuba… Potresti riportarmi improvvisamente coi piedi per terra, come hai fatto altre volte, ed evitarmi di apparire la solita sciocca…» le emozioni si affastellavano, si mischiavano, si azzuffavano nella testa di Emma «Perché non lo fai, accidenti?!» aggiunse alla fine con veemenza.
«Credi che la cosa ti inibirebbe?» le chiese lui pacatamente.
No…
E lasciò che tutti i perché si disperdessero… Lasciò che lo facessero silenziosamente, senza capire, senza pensare, semplicemente riempiendosi di qualcos’altro…
Senza parlare sollevò la mano e poggiò delicatamente il palmo sul torace di Elle.
Lo sentì respirare sotto il cotone della maglietta, sentì il suo petto che si ingrossava e si sgonfiava, a cadenze regolari.
E rimanendo così si protese in avanti, quasi toccandogli col seno le gambe rannicchiate e gli si avvicinò al volto. Ma non lo baciò.
Gli si accostò alle labbra. Ma non le sfiorò.
Si mantenne a quella minima distanza necessaria che le permettesse di continuare a guardarlo fermamente negli occhi, senza che l’immagine si sfocasse…
E quando gli fu così vicina, mentre il palmo della sua mano continuava ad assecondargli delicatamente il respiro, lui contrasse le dita sottili sulla stoffa dei suoi jeans, di poco sotto al ginocchio, ma lei continuava a scrutare quegli occhi profondi e inoppugnabili.
E lentamente portò anche l’altra mano sul suo torace. Rimase così per qualche istante e poi fece scorrere i palmi più in alto. E sorrise dolcemente sentendo che da lì iniziavano a incurvarglisi le ampie spalle. Sorrise perché riconobbe il suo corpo e la sua postura percependola al tatto, senza bisogno di guardare…
E lui la osservava, candidamente ed irresistibilmente inesperto, mentre continuava a stringere le pieghe dei suoi pantaloni sotto al ginocchio.    
Emma fece scivolare le proprie mani fino ai bordi della maglietta che gli si adagiava morbida sui fianchi, e li strinse, come tante altre volte aveva fatto e lo guardò appena intimorita, come chiedendo il permesso di qualcosa, continuando a non rompere quel silenzio che li avvolgeva.
E lui lasciò la stoffa dei propri jeans e semplicemente distendendo la mano arrivò a sfiorare la bretellina della canottiera di Emma e con delicatezza la strinse appena tra due dita, senza fare altro.
E lei sentì una scossa lungo la schiena ed ebbe la sua muta risposta.
Lentamente gli sfilò la maglietta, facendola scivolare sul busto sottile e sulle braccia, che lui sollevò mollemente, lasciandosi guidare e riportandole poi lungo i fianchi, abbandonate. Abbandonate e in attesa di qualcosa che stava conoscendo per la prima volta.
Quasi tremante Emma riportò i palmi delle mani sul torace nudo di Elle. Sentiva il suo cuore battere. Quanto velocemente battesse non le riuscì di percepirlo, tanto violento e rapido era il martellare del proprio nelle sue orecchie ovattate.
Sentiva la sua pelle liscia sotto le dita. Gli sfiorò la sporgenza dell’osso della clavicola e l’incavo dello sterno alla base del collo. Era magrissimo. Lo era anche senza guardarlo…
E solo allora poggiò le proprie labbra su quelle di lui e lo baciò, lasciando che si sgranasse l’immagine delle profonde occhiaie e di quegli occhi scuri che la osservavano grandi, imperscrutabili nel profondo, ma impreparati e curiosi di conoscere fino in fondo quell’esperienza nuova. Quell’esperienza nuova e umana. Perché, in fondo, anche Elle era umano, come lui stesso aveva detto una volta a Light Yagami, in un altro mondo, in un altro momento…
“Ryuzaki… Sei assolutamente certo che questa volta quello che vuoi fare non avrà alcuna ripercussione su di te…?”
… L’ultimo sottile cubetto di ghiaccio si dissolse nel drink abbandonato su quel tavolo lontano… E solo allora, mentre la bolgia della notte lentamente scemava, una cameriera lo notò e lo portò via.
 
No. Non vi dirò altro, non rimarrò ancora in quella stanza. Lascerò che la vostra immaginazione prosegua e crei tanti mondi in cui tante Emma diverse si comporteranno in modo differente. Ma su ciò che veramente è accaduto lì e sul come è accaduto, non dirò altro. Tanto lo sapete benissimo… Eh eh eh… Sappiate solo che il silenzio ha regnato sempre e che non avete perso altro, se non quello che vi aspettate sia accaduto…
Per quanto riguarda invece il vostro amato detective del secolo?
Vi dirò soltanto una cosa: non dimenticate mai che stiamo parlando di Elle.
Eh eh eh…

 
 


Ammetto che a volte io stessa ucciderei il cantastorie… o.O
So che questo capitolo non vi avrà minimamente soddisfatto. Ed il poema che segue mostra il mio tentativo di giustificarmi. L’ho scritto, riscritto, ho appuntato dialoghi che mi venivano in mente nei momenti più impensabili delle giornate di questi due mesi. Ho riletto quello che avevo abbozzato, l’ho eliminato e ho ricominciato da capo, presa da altri scioglimenti… e ogni volta scrivevo un po’, presa da chissà cosa, e poi per mancanza di tempo non riuscivo a proseguire quel filo iniziato e quando dopo giorni rileggevo, ero delusa. Questo è accaduto tante volte. Fino ad oggi, in cui sono potuta arrivare senza soste fino alla fine, che non avrei voluto fosse questa. Ci sono tante cose da dire ancora, cose che non ho potuto dipanare tutte in un momento, per la precisione altre 7 pagine di appunti solo sul seguito di questa fase che avrebbe dovuto essere un capitolo soltanto e che invece già sono diventati due…
Molti di voi saranno rimasti malissimo. Chi voleva scene più hard sarà rimasto con un palmo di naso. Altri avranno odiato questo risvolto pseudo-romantico della storia. Ne sono certa. Posso solo dire che andando avanti sarà tutto più chiaro… Avevo anche pensato di mollare questa mia scelta, intimorita dal giudizio negativo che ne sarebbe inevitabilmente scaturito. Questo capitolo è stato il più difficile che io abbia affrontato, quello che fin dall’inizio ho temuto più di tutti… Perché in un capitolo come questo, per quanto io mi sia sforzata, L non potrà mai risultare L, ed io devo arrendermi di fronte alle mie capacità. Ma nonostante queste paure non ho potuto eliminare questo passo. Questa serie di capitoli e questo in particolare sono nati insieme a questa storia. Quello che vi accade fa parte delle mie prime decisioni, così come quello che ne seguirà. Quindi ho stretto i denti e sono andata avanti. E ora sono qui. Mi basta che i pochi rimasti mi perdonino.
Un ultimo commento sul capitolo, per non deludervi o farmi attaccare anche su questo: sul DN 13 c’è un piccolo sketch con L, Light e Misa al mare, ho guardato bene le vignette e… L è a piedi nudi “veramente” sulla sabbia!! :D
Vi faccio in ritardo tanti auguri per il Natale che è passato e per l’anno che è appena iniziato!!!
Ringrazio chi ha e avrà ancora la pazienza di seguirmi e chi mi ha seguito finora!!!  Ringrazio ancora chi mi ha recensito! Risponderò a tutte le recensioni arretrate, perché sapete che lo faccio SEMPRE. Grazie a tutti, anche soltanto di leggermi!!
A questo punto non faccio previsioni sui tempi di pubblicazione del prossimo capitolo, perché tanto, anche quando credo di poterle fare, non ci prendo mai e mi succede di tutto… casa, lavoro, altre cose decisamente meno gratificanti da scrivere e da consegnare con scadenze… :( Sappiate che il rpossimo è parzialmente abbozzato e che sono consapevole che ci sono troppe cose in sospeso, cose grosse e piccoli dettagli, e che una pubblicazione ritardata andrebbe a discapito della comprensione e quindi della storia stessa e la cosa mi spaventa e non mi piace! Ribadisco che questa storia dovrebbe essere letta tutta insieme, sigh…
La finisco e vado a nanna, tardissimo come sempre... vi lascio con uno schizzo fatto al volo dalla tenerissima Eiji Niizuma che ringrazio sempre: il laboratorio di Emma, Misao e Kei è esattamente come l’ho sempre immaginato io ^^,
Grazie e a presto (non due mesi!!!)
 

Eru

 

 

   
 
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