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Autore: Wolt    24/07/2007    2 recensioni
Dot e May sono amiche per la pelle, amiche da sempre, amiche per sempre, la pensano così nei loro sedici anni. Non può neanche sfiorarle il pensiero che una di loro possa morire così presto. Purtroppo, è ciò che succede: una di loro muore, e solo l'altra può vederne lo spettro. Cosa significa tutto questo? Come è morta la ragazza, e perché quello strano tipo vuole che la ragazza-fantasma recuperi lo Scudo del Vento? Il dolore dell'una, la decisione dell'altra affinché venga risolto il mistero. Una storia d'amicizia. (La mia prima vera fanfiction.)
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                Dot si era quasi tranquillizzata, oramai. Era passata forse una mezz’oretta da quando la sua amica era entrata nel Portale, e qualche minuto da quando Howard l’aveva lasciata da sola nello spiazzo erboso. Quando l’uomo tornò da lei, le lacrime sul suo viso erano completamente scomparse. Fece ritorno con una particolare compagnia: a poca distanza alla sua sinistra, all’altezza del suo capo, levitava una sfera di vetro. « Ti va di dare un’occhiata a come se la sta cavando la tua compagna? » propose egli con una strizzata d’occhio. La sedicenne annuì piano, deglutendo, in silenzio. L’uomo si sedette vicino alla ragazza, mentre la sfera si poneva davanti a loro, cominciando a trasmettere delle immagini. Pochi istanti, ed eccola sintonizzata sulla giusta frequenza. May stava correndo, con lo scudo sotto il braccio.            Ce l’ha fatta!          Ciononostante, trovò strano il fatto che continuasse a voltarsi. E che apparisse così preoccupata, se non addirittura spaventata.           Cosa    « Sta scappando, è in fuga. » Spiegò Howard con eccezionale tranquillità. Dot si volse immediatamente a guardarlo. « Che cosa?! » Sbottò, prima di correggersi. « …Da cosa?! » Fu la sfera a risponderle, modificando l’immagine con un allargamento della visuale, in maniera tale da mostrare la ragazza da un punto di vista posto più in alto. Dot rimase a bocca aperta. Un enorme ammasso nero, una bestia terrificante, correva poco dietro rispetto a May, guadagnando terreno sempre più rapidamente. Infine spiccò un balzo. Dot non poté guardare. Pregò con tutto il cuore che non fosse successo davvero. Che la sfera fosse difettosa, o qualcosa del genere. Non anche questo, no…

                Una delle sue grosse zampe anteriori l’aveva afferrata, e ora la stringeva, ora la schiacciava contro il terreno, ora la stringeva di nuovo, in alto. Dalla bocca dell’essere, oltre un odore fetido, si potevano sentire orribili lamenti.      Perché mi sta succedendo questo? Porca puttana, sono morta! Non dovrebbe riuscire a… AAARRGH!        Fu trafitta, in quel momento, da una fitta acuta, e fu convinta di sentire il suo braccio spezzarsi, per quanto fosse surreale. Lo scudo cadde sul terreno, rivolto verso l’alto. E la salvò. Non seppe come, ma fu così. Lo Scudo del Vento, dotato di poteri magici, reagì al pericolo illuminandosi dapprima, richiamando il suo elemento poi. May si trovò a terra, mentre un forte vento gelido colpiva la Bestia sferzandole il viso senza pietà; e a quella seguì l’improvvisa apparizione di un piccolo tornado, che riuscì nell’apparentemente impossibile intento di sollevare da terra quel colosso. Fu una battaglia rapida, dopo pochi attimi il mostro si trovò a terra privo di sensi. L’atmosfera era tornata respirabile, lo Scudo del Vento si era disattivato, non tirava più un filo d’aria; e la Bestia più non correva, né ruggiva, o alitava. Era finita. May si rialzò cautamente. Lo sguardo si posò sul suo braccio, dove non sentiva più dolore, e che appariva ora sano; non una goccia di sangue su tutto il corpo. Dopo qualche istante, si chinò per prendere la Reliquia tra le sue braccia. Sospirò.     Grazie.

                Dopo minuti di ansietà e preoccupazione, Dot si era finalmente tranquillizzata nel vedere la sua amica sana e salva. « Bene. » Aveva mormorato il suo vicino, tra sé e sé. « Solo bene?! Magnifico! È tutta intera! » Esclamò la ragazza di rimando, quasi dimentica delle condizioni effettive di May e di tutto quello che era accaduto e che stava accadendo. Poté dunque rilassarsi. Ci volle del tempo prima che la ragazza spettro tornasse, poiché dopo ciò che aveva passato se la prese comoda. Ma finalmente, ecco che il Portale si riaprì. « Bene… Dot, puoi lasciarci soli? » Domandò cordialmente Howard, l’espressione calma, lo sguardo fisso su May. « Er… Certamente, signore. » Rispose, prima di tornare nel corridoio precedentemente percorso e raggiungere Horatio nel negozio. Lì, questi la accolse con i suoi modi gioviali e allegri.

 « Ehilà! Allora, la tua amichetta ce l’ha fatta? È tornata tutta intera? »

 « Certo! …Ne dubitavi? »

 « Chi, io? Naaa. Con lo Scudo dalla sua, non poteva fallire… E, diciamocela, non ce l’avrebbe fatta altrimenti. »

Dot fu costretta ad ammettere la veridicità di quelle parole.

 « Senti, però… Come mai il tuo, ehm, il tuo… Come mai Howard voleva quello Scudo? »

 « Perché è una delle magiche Reliquie, no? Non ci vuole un genio! »

 « Chiedo scusa, ma… Non ti seguo. »

 « Uff… Giusto, semplice umana. È la solita battaglia tra bene e male, no? Quella di cui parlano un po’ tutte le vostre fialette. Peccato che non sia solo una storiella… Insomma, capisci, le Reliquie in mano alla persona sbagliata potrebbero creare danni inimmaginabili! Hai visto il loro potere, no? Sarebbe terribile… Mi vengono i brividi solo a pensarci! Purtroppo quest’unica Reliquia – e per fortuna, solo questa! – era recuperabile solo in questo modo, da uno spettro… Capisci, no? Mastro Howard è stato costretto a sfruttare un umano! A quanto pare però il suo Sortilegio non è stato preciso preciso, penso per dimensioni e durata, e così tu puoi vedere la tua amica… »

A questo punto, si soffermò per qualche istante, lasciando Dot con le sopracciglia inarcate e la bocca semiaperta. Perché ebbe un lampo di genio, ecco perché.

 « Ma certo! Ecco perché tu puoi vederla! Per il vostro legame! È la tua migliore amica, no? Tu non dovresti percepirla nemmeno… E invece lo fai… La vedi con il Cuore, ecco come! »

                « Complimenti, ragazza, hai recuperato lo Scudo del Vento… Te ne sono riconoscente. »

 « Dovere. » Rispose, spiccia, May all’uomo da cui attendeva risposte. « Piuttosto… Non mi interessa sapere il perché ti servisse, o cose del genere, né voglio più immischiarmi in affari che non mi riguardano, se possibile. Dunque, posso tornare nel mondo reale? »

 « Purtroppo, ritengo ciò impossibile. Mi dispiace. »

 « Capisco. » Forte determinazione senza cui non avrebbe mai avuto luogo questa rassegnazione. « Come è successo? »

 « Utilizzando il vostro gergo, azzarderei a dire che è stata una vera cazzata. Una banda di sciocchi ladruncoli in fuga è uscita di strada con un furgoncino rubato, travolgendo te e i tuoi genitori. Sono sopravvissuti, non riporteranno danni permanenti. »

 « Mi fa piacere. » Disse, abbozzando un sorriso. « Mamma… Papà… Non potrò nemmeno salutarli, vero? »

 « Esattamente. »

 « Quando dovrò andarmene? »

 « Secondo le mie stime… » Lanciò un’occhiata all’orologio da taschino che aveva appena estratto e che teneva nella mano sinistra. « …Ti rimangono quattro minuti e ventisei secondi. Ritengo che sia l’ora dei saluti, in particolar modo con la tua amica. La farò venire qui, e vi lascerò questo tempo di intimità. » Sorrise dolcemente. « Addio, May Oswood. »

 

                La signorina Keegan e la signorina Oswood erano sedute sull’erba, fianco a fianco, a godersi gli ultimi minuti insieme. Dot piangeva a dirotto, e l’avrebbe fatto anche May, se solo avesse potuto. Fu lei stessa a prendere la parola.

 « Devi promettermi che non farai pazzie, e che porterai a termine tutte le nostre promesse. »

 « Lo farò. »

 « E ti troverai un ragazzo, dolce e che ti sia sempre vicino, come lo volevamo noi. »

 « Sicuro. »

 « Se avrai una figlia, si chiamerà May, allora. »

 « Già… »

 « Ho paura che il mio tempo sia giunto al limite… Dobbiamo dirci addio… »

 « Ti voglio bene, May. » Singhiozzò Dot.

 « Ti voglio bene anch’io Dot. Sii felice, e non abbatterti. Ricorda i nostri momenti felici, non questo addio. A quanto pare, sto andando all’Altro Mondo, quindi potrò vegliare sempre su di te… Se trascurerai anche uno solo dei nostri impegni, la pagherai, fidati. »

Dot non riuscì a rispondere. Se anche avesse voluto ridere, non ci sarebbe riuscita. La vista era offuscata dalle lacrime, così non vide sparire nel nulla, gradualmente, la sua amica. Si limitò a sentirne la voce, a sentire il suo ultimo addio. E nell’aria avvertì la sua presenza, sempre, così come la loro canzone, quella bella canzone d’amicizia, che in realtà si trovava solo nella sua testa. Perché il loro non era un addio, ma solo un arrivederci. Dot avrebbe vissuto, e non avrebbe mai dimenticato l’affetto che la legava a May.

  
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