Dot si era quasi
tranquillizzata, oramai. Era passata forse una mezz’oretta da quando la sua
amica era entrata nel Portale, e qualche minuto da quando Howard l’aveva
lasciata da sola nello spiazzo erboso. Quando l’uomo tornò
da lei, le lacrime sul suo viso erano completamente scomparse. Fece ritorno con
una particolare compagnia: a poca distanza alla sua sinistra, all’altezza del
suo capo, levitava una sfera di vetro. « Ti va di dare
un’occhiata a come se la sta cavando la tua compagna? » propose egli con
una strizzata d’occhio. La sedicenne annuì piano, deglutendo, in silenzio.
L’uomo si sedette vicino alla ragazza, mentre la sfera si poneva davanti a
loro, cominciando a trasmettere delle immagini. Pochi
istanti, ed eccola sintonizzata sulla giusta frequenza. May stava
correndo, con lo scudo sotto il braccio. Ce l’ha fatta! Ciononostante,
trovò strano il fatto che continuasse a voltarsi. E che
apparisse così preoccupata, se non addirittura spaventata. Cosa… « Sta scappando, è in
fuga. » Spiegò Howard con eccezionale tranquillità. Dot si volse immediatamente
a guardarlo. « Che cosa?! » Sbottò, prima di
correggersi. « …Da cosa?! » Fu la sfera a risponderle, modificando l’immagine
con un allargamento della visuale, in maniera tale da mostrare la ragazza da un
punto di vista posto più in alto. Dot rimase a bocca aperta. Un enorme ammasso
nero, una bestia terrificante, correva poco dietro rispetto a May, guadagnando
terreno sempre più rapidamente. Infine spiccò un balzo. Dot non poté guardare.
Pregò con tutto il cuore che non fosse successo
davvero. Che la sfera fosse difettosa, o qualcosa del genere.
Non anche questo, no…
Una delle sue grosse zampe anteriori l’aveva afferrata,
e ora la stringeva, ora la schiacciava contro il terreno, ora la stringeva di
nuovo, in alto. Dalla bocca dell’essere, oltre un odore fetido, si potevano
sentire orribili lamenti. Perché mi sta
succedendo questo? Porca puttana, sono morta! Non dovrebbe riuscire a… AAARRGH! Fu trafitta,
in quel momento, da una fitta acuta, e fu convinta di sentire il suo braccio
spezzarsi, per quanto fosse surreale. Lo scudo cadde sul terreno, rivolto verso
l’alto. E la salvò. Non seppe come, ma fu così. Lo
Scudo del Vento, dotato di poteri magici, reagì al pericolo illuminandosi
dapprima, richiamando il suo elemento poi. May si trovò a terra, mentre un
forte vento gelido colpiva la Bestia sferzandole il viso senza pietà; e a
quella seguì l’improvvisa apparizione di un piccolo tornado, che riuscì
nell’apparentemente impossibile intento di sollevare da terra quel colosso. Fu una battaglia rapida, dopo pochi attimi il mostro si trovò
a terra privo di sensi. L’atmosfera era tornata respirabile, lo Scudo del Vento
si era disattivato, non tirava più un filo d’aria; e la Bestia più non correva,
né ruggiva, o alitava. Era finita. May si rialzò cautamente. Lo sguardo si posò
sul suo braccio, dove non sentiva più dolore, e che appariva ora sano; non una
goccia di sangue su tutto il corpo. Dopo qualche istante, si chinò per prendere
la Reliquia tra le sue braccia. Sospirò. Grazie.
Dopo minuti di
ansietà e preoccupazione, Dot si era finalmente tranquillizzata nel
vedere la sua amica sana e salva. « Bene. » Aveva mormorato il suo vicino, tra
sé e sé. « Solo bene?! Magnifico! È tutta intera! » Esclamò la ragazza di
rimando, quasi dimentica delle condizioni effettive di May e di tutto quello
che era accaduto e che stava accadendo. Poté dunque rilassarsi. Ci volle del tempo prima che la ragazza spettro tornasse, poiché dopo
ciò che aveva passato se la prese comoda. Ma finalmente, ecco
che il Portale si riaprì. « Bene… Dot, puoi lasciarci soli? » Domandò
cordialmente Howard, l’espressione calma, lo sguardo fisso su May. « Er… Certamente, signore. » Rispose, prima di tornare nel
corridoio precedentemente percorso e raggiungere
Horatio nel negozio. Lì, questi la accolse con i suoi
modi gioviali e allegri.
« Ehilà! Allora, la tua amichetta ce l’ha fatta? È tornata tutta intera? »
« Certo! …Ne dubitavi? »
« Chi, io? Naaa. Con
lo Scudo dalla sua, non poteva fallire… E, diciamocela, non ce
l’avrebbe fatta altrimenti. »
Dot
fu costretta ad ammettere la veridicità di quelle parole.
« Senti, però… Come mai il tuo, ehm, il tuo…
Come mai Howard voleva quello Scudo? »
« Perché è una delle
magiche Reliquie, no? Non ci vuole un genio! »
« Chiedo scusa, ma… Non ti seguo. »
« Uff… Giusto, semplice umana. È la solita battaglia tra bene e male, no? Quella di cui parlano un po’ tutte le vostre fialette.
Peccato che non sia solo una storiella… Insomma, capisci, le Reliquie in mano
alla persona sbagliata potrebbero creare danni
inimmaginabili! Hai visto il loro potere, no? Sarebbe
terribile… Mi vengono i brividi solo a pensarci! Purtroppo quest’unica
Reliquia – e per fortuna, solo questa! – era recuperabile
solo in questo modo, da uno spettro… Capisci, no? Mastro Howard è stato costretto a sfruttare un umano! A quanto pare però il suo Sortilegio non è stato preciso preciso, penso per dimensioni e durata, e così tu puoi
vedere la tua amica… »
A
questo punto, si soffermò per qualche istante, lasciando Dot con le
sopracciglia inarcate e la bocca semiaperta. Perché ebbe un
lampo di genio, ecco perché.
« Ma certo! Ecco perché tu puoi vederla! Per il vostro
legame! È la tua migliore amica, no? Tu non dovresti percepirla nemmeno…
E invece lo fai… La vedi con il Cuore, ecco come! »
« Complimenti, ragazza, hai recuperato lo Scudo del Vento… Te ne sono riconoscente.
»
« Dovere. » Rispose, spiccia, May all’uomo da
cui attendeva risposte. « Piuttosto… Non mi interessa
sapere il perché ti servisse, o cose del genere, né voglio più immischiarmi in
affari che non mi riguardano, se possibile. Dunque,
posso tornare nel mondo reale? »
« Purtroppo, ritengo ciò impossibile. Mi dispiace.
»
« Capisco. » Forte determinazione senza cui non avrebbe mai avuto luogo questa rassegnazione. « Come è successo? »
« Utilizzando il vostro gergo, azzarderei a
dire che è stata una vera cazzata.
Una banda di sciocchi ladruncoli in fuga è uscita di strada con un furgoncino
rubato, travolgendo te e i tuoi genitori. Sono sopravvissuti,
non riporteranno danni permanenti. »
« Mi fa piacere. » Disse, abbozzando un
sorriso. « Mamma… Papà… Non potrò nemmeno salutarli, vero? »
« Esattamente. »
« Quando dovrò
andarmene? »
« Secondo le mie stime… » Lanciò un’occhiata
all’orologio da taschino che aveva appena estratto e che teneva nella mano
sinistra. « …Ti rimangono quattro minuti e ventisei secondi. Ritengo che sia
l’ora dei saluti, in particolar modo con la tua amica. La farò venire qui, e vi lascerò questo tempo di intimità. » Sorrise
dolcemente. « Addio, May Oswood. »
La signorina Keegan e la
signorina Oswood erano sedute sull’erba, fianco a
fianco, a godersi gli ultimi minuti insieme. Dot piangeva a dirotto, e
l’avrebbe fatto anche May, se solo avesse potuto. Fu
lei stessa a prendere la parola.
« Devi promettermi che non farai pazzie, e che
porterai a termine tutte le nostre promesse. »
« Lo farò. »
« E ti troverai un ragazzo, dolce e che ti sia
sempre vicino, come lo volevamo noi. »
« Sicuro. »
« Se avrai una
figlia, si chiamerà May, allora. »
« Già… »
« Ho paura che il mio tempo sia giunto al
limite… Dobbiamo dirci addio… »
« Ti voglio bene, May. » Singhiozzò Dot.
« Ti voglio bene anch’io Dot. Sii felice, e
non abbatterti. Ricorda i nostri momenti felici, non questo addio.
A quanto pare, sto andando all’Altro Mondo, quindi
potrò vegliare sempre su di te… Se trascurerai anche uno solo dei nostri
impegni, la pagherai, fidati. »
Dot
non riuscì a rispondere. Se anche avesse voluto
ridere, non ci sarebbe riuscita. La vista era offuscata dalle
lacrime, così non vide sparire nel nulla, gradualmente, la sua amica. Si
limitò a sentirne la voce, a sentire il suo ultimo addio. E
nell’aria avvertì la sua presenza, sempre, così come la loro canzone, quella
bella canzone d’amicizia, che in realtà si trovava solo nella sua testa. Perché
il loro non era un addio, ma solo un arrivederci. Dot
avrebbe vissuto, e non avrebbe mai dimenticato l’affetto che la legava a May.