Eccoci alla
fine della storia.
Finalmente.
Come tutte le
storie lunghe è stata un po’ difficoltosa, da scrivere, da postare e (spero di
no, in realtà) da leggere.
Il capitolo 16 comprende anche l’Epilogo.
Spero che il tutto vi sia piaciuto.
Buona lettura.
Evenstar
Capitolo 16: Casa Tonks
La foto ritraeva una donna giovane con in
braccio una bimbetta, la quale svicolava sempre dall’abbraccio materno per
correre in giro per la stanza. La donna era seduta su una sedia dall’aria
comoda, circondata da James, Sirius,
Peter e Remus; quest’ultimo era riuscito a
intrappolare Dora in un abbraccio e tenerla ferma il tempo necessario per
scattare la foto.
- Tua madre ha sempre avuto un debole per Sirius, era l’unica persona della famiglia Black con cui
ancora parlasse dopo aver lasciato la famiglia per
sposare tuo padre. Mi ricordo il giorno in cui gli mandò un gufo per avvertirlo
della tua nascita. Era scritta su una pergamena rosa: quando i compagni lo
videro comparire nella Sala Grande, durante la colazione, scoppiarono tutti a
ridere e poi lo presero in giro per settimane intere, ma lui non ci fece caso,
sorrideva alle battute e li guardava con compassione, come se fosse
assolutamente convinto che nessuno di loro fosse in grado di capire. Nella
lettera c’era anche una tua foto in braccio Ted: eri
minuscola, rossa come un pomodoro, tutta grinzosa e urlante.
- Ehi! – gli disse dandogli uno spintone, offesa dalla
descrizione poco carina che aveva appena fatto.
- Guada che è vero! Comunque Sirius era entusiasta della tua nascita, contava molto di
te per avere un’altra parente “ normale ”, come si divertiva a dire.- Dopo
quella volta ci parlò spesso di voi, tenendoci anche informati dei tuoi piccoli
successi.
- Tipo? – chiese lei, sospettosa.
- Quelle sciocchezze che fanno sciogliere di commozione i
genitori di ogni neonato, che quindi prontamente lo
comunicano a tutti i famigliari. Tua mamma non poteva fare molto conto sulla
sua famiglia, e quindi mandava le notizie a Sirius,
che al contrario di quando credevamo tutti le prime volte
che questo succedeva, accoglieva le lettere con vera gioia. Il
tuo primo dente, il tuo primo passo, con relativa prima caduta a terra, la tua
prima parola.
- Non ci posso credere, - mormorò Dora sprofondando nel
divano, rossa per la vergogna.
- Oh sì, abbiamo assistito quasi in diretta alla tua
crescita nei primi anni. Devo dire che la tua prima parola fu l’evento
maggiormente festeggiato.
- Come mai?,- chiese con voce
attutita. Lupin si chinò in avanti per vedere cosa stesse facendo e vide che Tonks
aveva nascosto il volto tra le mani, terrorizzata da quello che avrebbe
rivelato. La sua, già precaria, reputazione stava per avere il colpo di grazia.
- Perché fu “ Sirius
”. Era venuto da voi a passare qualche giorno a Pasqua, per conoscerti
soprattutto; deve aver passato tutto il tempo a ripeterti il suo nome per
convincerti a parlare. Quando infine ti decidesti a dire “ Sirius
“ lui si affrettò a mandaci un gufo a scuola,
raccontandoci il suo/tuo successo in quella piccola, grande impresa. Disse che
tua madre era scoppiata a urlare, ma non seppe mai se
di gioia per la tua prima parola, o se di rabbia perché questa fu il nome di
tuo cugino, e non il classico mamma o papà. Naturalmente venimmo
informati anche di quando imparasti ad andare in bicicletta, al tuo primo volo
su una scopa, della tua prima partita a Quidditch e della
tua prima notte passata con 40° di febbre. Anche
quella volta in tempo reale, un gufo picchiettò sulla finestra del nostro
dormitorio a notte fonda, fino a quando James non si
svegliò per aprirgli.
- Che vergogna.
- Perché? Alla fine ti
consideravamo quasi come una cugina anche noi, eravamo così ansiosi di
conoscerti che Andromeda ci invitò
a passare una settimana nelle nostre vacanze estive del 6 anno da voi. Ci
divertimmo molto, tu eri scatenatissima, non ho mai
visto una bambina così agitata come lo eri tu. Non stavi ferma due secondi, non
so come facessero i tuoi genitori a tenerti sotto controllo, eppure non li ho mai sentiti lamentarsi una volta del fatto che eri così
esuberante, anzi ne erano molto fieri.
- Mi… mi ricordo di qualcuno, un ragazzo, è tutto molto
sfocato, ma mi sembra che mi abbia curato una sbucciatura su un ginocchio con
la bacchetta.
- Fu James. Stavi giocando in
giardino con la tua scopa, cadesti per terra e ti sbucciasti un ginocchio.
Nulla di grave ma scoppiasti a piangere lo stesso; James
ti aiutò ad alzarti e poi ti medicò il ginocchio, mentre Sirius
ti distraeva. Dieci secondi dopo eri di nuovo
sorridente e stavi correndo in giro per il cortile.
- Mi stanno tornando in mente delle immagini adesso che me
ne parli. In realtà sono più delle sensazioni… Mi ricordo…
mi ricordo… di te.
- Cosa ti ricordi?
- Non so, è tutto molto indistinto, risento la tua voce ma
non riesco a ricordarmi del tuo volto.
- E’ comprensibile.
- Perché?
- Perché probabilmente ti stai
ricordando di una sera, i tuoi genitori avevano approfittato della nostra
presenza per uscire, chiedendoci di badare a te.
- Pazzi, - sentenziò la ragazza, seria.
- E’ quello che pensammo anche noi ma visto che ce lo avevano chiesto, accettammo. Se farti mangiare fu una impresa, metterti a letto mise a dura prova il coraggio,
la forza e l’astuzia dei Malandrini. Peter crollò
addormentato sul divano molto prima di te, James e Sirius non sapevano più
cosa fare, cercavano di farti correre il più possibile per stancarti, ma più correvi
e più ti svegliavi. Alla fine, mentre mi passavi vicino, ti presi al volo e ti
portai a letto, sedendomi poi su una sedia di fianco a te con un libro di fiabe
Babbane. Crollasti a metà di Cenerentola, dopo avermi
fatto leggere tutta Biancaneve e la Bella Addormentata
nel bosco.
- Mi ricordo quel libro, me lo regalò mio padre, lo consumai a forza di farmelo leggere.
- Per concludere in bellezza, il
giorno di Pasqua tu e Peter faceste indigestione di
uova di cioccolato, passaste la notte a vomitare.
- Non dirmelo! – disse lei nascondendo il volto questa volta
contro il torace di Remus, i capelli diventati
improvvisamente rosso fuoco.
- Non fu il massimo come conclusione di vacanza, ma tutto sommato fu una delle Pasque migliori che abbia mai passato.
- E ne verranno altre come quella… magari cercando di evitare l’indigestione finale, - gli disse lei sorridendo e dandogli un bacio sulla guancia.
- Dopo quella volta non ci vedemmo più, avevamo in programma di venirvi a trovare ancora, ma Lily rimase incinta di Harry, così decidemmo di aspettare. Poi non ci furono altre occasioni.
- Quando ti ho rivisto, al mio arrivo nell’Ordine della Fenice, non mi ricordavo di te; sapevo chi eri perché avevo sentito parlare mia mamma di voi, ma non mi ricordavo di averti già conosciuto. Come mai non mantenesti i contatti con la nostra famiglia? - chiese Dora, esitante.
- Sono sempre stato una persona molto chiusa in me stesso. Loro erano la famiglia di Sirius, non la mia, per quanto mi fossero simpatici non mi è mai passato per la mente che avrei potuto avere una conoscenza più profonda con loro. Inoltre…
- Cosa?
- Mi sono sempre considerato in parte responsabile di quello che è successo quella notte.
- Responsabile?
- A quel tempo credevamo che Sirius avesse tradito, pensavo che stando sempre con lui avrei dovuto accorgermi della sua natura, come adesso sono convinto che avrei dovuto accorgermi di tutta una serie di segni che forse mi avrebbero condotto, se ben interpretati, a capire meglio Peter.
- Non fu colpa tua. James o Sirius sospettarono nulla, non avresti potuto farlo neanche tu.
Lupin annuì ma Dora si rese conto che, nonostante le sue parole, non sarebbe mai stata in grado di convincerlo totalmente. In una piccola porzione nascosta della sua mente Remus si sarebbe sempre considerato responsabile della morte dei suoi amici.
Tonks voltò la pagina ma quella successiva non aveva nessuna foto, il foglio
di pergamena vuoto la colpì come un pugno.
- Ma come? Sono già finite? –
chiese, sentendo che la sua voce tremava.
Lupin prese l’album e fece scorrere le pagine rimanenti. – Sì. Ci furono
altre foto, in quegli anni, ma chissà dove sono finite, in parte sono andate
distrutte a Godric Hallow,
credo. In parte saranno in qualche scatolone ammuffito
nella soffitta di casa Black, a meno che non siano state trovate e distrutte.
- Che peccato, - mormorò Tonks.
Si girò verso Remus, in modo da poterlo guardare
negli occhi. – Andiamo a cercarle?
- Cosa?
- Nei prossimi giorni, con calma, chiediamo a Harry
se possiamo andare a dare un’occhiata e cerchiamo
altre vostre foto.
- Se ti fa piacere lo possiamo fare. Queste
sono quelle a cui ho sempre tenuto di più, quelle che in qualche modo
rappresentano i miei 7 anni a Hogwarts, ma ce ne sono
altre che rappresentano semplici momenti passati insieme. Anche se temo che la
maggior parte siano andate perse.
- Proviamo, le metteremo qui, tutte insieme, -
mormorò lei passando a sua volta le dita sulla carta vuota delle pagine rimaste
bianche. – Come ti senti? – chiese poi.
Lui la guardò serio, poi fece un timido sorriso.
– Meglio, molto meglio. Grazie per essere rimasta ad
ascoltarmi tutta la notte, Dora.
- L’ho fatto volentieri. Questo viaggio nel passato non è servito solo
a te. Sono contenta di essere riuscita a conoscerti, a conoscervi, attraverso
queste vecchie foto.
- Era necessario che chiudessi con loro, - disse Remus
più a sé stesso che a lei, indicando l’ultima foto. – Prima di poter andare
avanti con la mia vita.
- Lo so.
- Aspetta, ho un’idea, - disse Remus, alzandosi dal divano.
- Ma dove…?
- Aspetta! – le ripeté, uscendo uscendo
dalla stanza, diretto verso la camera da letto. Tornò qualche attimo dopo,
reggendo una foto nella mano.
- Che cos’hai lì?
Lupin le mostrò la foto che avevano fatto al
matrimonio di Fleur e Bill.
Mostrava una raggiante Tonks che indossava una veste
azzurra, in vivace contrasto con i capelli rosa acceso, mano nella mano con un Remus imbarazzato, ma altrettanto felice.
- Che cosa vuoi fare?
- Voglio finire l’album con il mio nuovo inizio. Con le nostre foto.
- Sul serio vuoi mettere qui anche le nostre foto?- chiese Tonks, commossa.
- Alcune se per te va bene, quelle più
importanti, come ho fatto con quelle di Hogwarts.
- Certo che mi va bene, amore.
Lupin prese il magiscoth incollando la foto alla
pagina vuota e fissandola poi compiaciuto, infine chiuse il
libro e prese la mano di Dora, tirandola in piedi.
- Vieni, è tardissimo, andiamo a letto.
Lei si fece tirare in piedi con uno sbadiglio, lanciò un ultimo malinconico sguardo all’album per poi tornare a fissare Remus con un sorriso malizioso, seguendolo in camera da letto.
- Signor Lupin, per caso ci sta provando con
me? – gli chiese non riuscendo a trattenere una risata.
Lui si voltò verso di lei, continuando a tirarla su per le scale. – Ci
può scommettere, signora Lupin.
Tonks trattenne il fiato e si bloccò a metà scalino, costringendo anche lui
a fermarsi e facendo quasi perdere l’equilibrio ad entrambi.
- Che ne dici? – chiese Lupin.
– Vuoi? – mormorò.
Tonks rimase ancora qualche secondo senza fiato, poi un sorriso si aprì sul
suo volto, sorriso che ben presto divenne una vera e propria risata per
trasformarsi in un ghigno. – Vedremo, - rispose.
- Vedremo? – chiese Remus sbigottito.
Lei annuì.
- In base a cosa?
- Alla tua capacità di persuadermi, - rispose lei riprendendo a salire,
sorpassandolo e cominciando a tirarselo dietro verso la camera dal letto.
Fine.