Allora… Scrivere questa
storia diventa sempre più difficile, non so perché D= Ho in mente quello che
deve succedere, in linea di massima, ma non riesco ad esprimerlo. Forse è anche
a causa degli esami che mi mettono pressione… Però non ce la faccio, mannaggia
a me è.é Spero di non aver scritto troppe schifezze… Vi avviso che fino a fine
gennaio, purtroppo, sarò impegnata con gli esami, quindi, a meno che non mi
venga un’ispirazione improvvisa, non so quando potrò aggiornare. Mi scuso immensamente
>..<
Nel frattempo vi lascio
questo capitolo… Fatemi sapere che ne pensate =)
Buona lettura =)
Sfogo
Appena
arrivarono ad Hogwarts, Tom corse verso il castello. Eva si trattenne giusto il
tempo per ringraziare frettolosamente il professor Silente, poi andò a cercarlo.
L’aveva perso di vista e non capiva dove potesse essere: provò nella loro
stanza ma niente, cercò di forzare l’apertura della Sala Comune dei Serpeverde
ma niente… Poi le venne in mente. Girò i tacchi e ripercorse tutti i
sotterranei per cominciare a salire, una rampa di scala dopo l’altra.
Arrivò
al settimo piano con i polmoni che scoppiavano e si appoggiò per un attimo alla
parete che la separava da Tom, per riprendere fiato. Quando si fu ripresa
chiuse gli occhi e si concentrò: apparve una porta, che Eva aprì senza
esitazione.
Tom
era là, disteso sul letto color arcobaleno, che guardava la stoffa del
baldacchino con espressione vacua.
“Tom.”
sussurrò Eva, sdraiandosi vicino a lui “Come… Come va?”
Lui
si riscosse e si girò a guardarla: aveva un’espressione preoccupata, era rossa
in faccia per via della corsa fatta e aspettava una risposta. Senza neppure
rendersi conto di quel che faceva, le afferrò il viso e si mise a baciarla in
modo irruento, passionale.
Eva
si tranquillizzò un attimo: sapeva che era il suo modo di sfogarsi, l’aveva
adottato anche dopo l’apertura della Camera dei Segreti. Cercò di prepararsi
psicologicamente a quello che sarebbe accaduto e non si stupì quindi quando
Tom, in preda ormai alla passione, le strappò letteralmente la gonna e la
maglietta.
Fecero
l’amore così, in modo rude, quando Eva ancora non era del tutto pronta.
Pazientò perché sapeva che quello non era il vero Tom, che il dolore che stava
provando lei non era nulla in confronto a quello che il suo ragazzo si sentiva
dentro.
Una
volta che Tom fu soddisfatto si staccò da lei e si ributtò sul letto. Eva si
girò di nuovo verso di lui e gli carezzò una guancia.
“Tom.”
sussurrò, perché il ragazzo sembrava essersi di nuovo perso nella stoffa del
baldacchino.
Due
gocce apparvero negli occhi di Tom, trasformandosi in scie salate sulle sue
guancie.
“Oh,
Tom.” disse di nuovo Eva.
Lui
si girò e la strinse a sé, iniziando a singhiozzare.
“Scusa.”
sussurrò “Scusa…”
Lei
lo abbracciò e cercò di trasmettergli tutto il suo calore e il suo conforto.
“Ssssh…
Non ti preoccupare… Va tutto bene… Ssssh…”
Eva
riuscì a sciogliersi per un secondo dal suo abbraccio e lo strinse lei,
facendogli poggiare la testa sul suo petto.
“Va
tutto bene, Tom…”
Il
ragazzo continuava a singhiozzare, mentre Eva lo cullava e cercava di
rassicurarlo.
Dopo
un bel po’ di tempo Tom smise. Si asciugò il viso con una manica e alzò lo
sguardo, incrociando quello della sua ragazza.
Eva
si sentì stringere il cuore alla vista di quegli occhi arrossati. Lui l’attirò
a sé e la baciò, stavolta con dolcezza.
“Grazie.”
le disse, con la voce un po’ roca.
“Per
cosa?”
“Perché
sei con me.”
“Oh,
Tom.” Eva lo strinse di nuovo a sé, cullandolo “Ma io ci sono sempre.”
Lo
sentì sorridere, sul suo seno.
“Lo
so. E’… Una bella sensazione.”
Si
staccarono, pur continuando a toccarsi. Lui le accarezzava i capelli e lei
aveva le mani sul suo petto.
“Che
hai intenzione di fare?”
Tom
sospirò.
“Che
dovrei fare? Non posso fare assolutamente niente…”
“Tua
nonna vorrebbe conoscerti, hai sentito.”
Un
altro sospiro.
“Secondo
te dovrei scriverle?”
“La
decisione è solo tua, Tom. Comunque, in linea di massima, io direi di non far
pagare a lei colpe che sono di tuo padre.”
Tom
la lasciò andare e si mise a sedere, poggiando la schiena sui cuscini del
letto.
“Mi
chiedo…” iniziò a dire, senza terminare la frase.
Anche
Eva si alzò, e gli poggiò il capo sul petto.
“Cosa?”
“Coma
mai mia madre l’ha dovuto incantare?”
La
ragazza sospirò.
“Forse
venivano da realtà troppo diverse per potersi amare normalmente.”
“…
Da quello che ha detto Orfin, lui non la voleva.”
“Ah,
e così era Orfin? Comunque… Hai visto dove viveva. Non biasimarla… Secondo me è
solo voluta fuggire. Probabilmente la sua condizione, sommata a quella di un
amore non corrisposto… Non so, potrebbe essere stata davvero disperata.”
“Già.
Forse hai ragione.”
“Tom.”
disse improvvisamente Eva, come se le fosse venuta in mente una rivelazione.
Alzò la testa e lo fissò dritto negli occhi, con sguardo deciso “In ogni caso
ricorda sempre che non sei colpevole degli sbagli dei tuoi genitori. Lei ha
sbagliato a incantarlo, lui ha sbagliato a lasciare anche te, oltre a lei. Ma
tu non c’entri niente, lo sai vero?”
“Io…”
“Devi
saperlo. Non c’è esitazione che tenga. Tuo padre era arrabbiato, molto
arrabbiato, ma ha sbagliato. Forse perché eri ancora dentro la pancia di tua
madre, però… Non è riuscito a scinderti da lei. Anche lei ha sbagliato, vero,
ma in ogni caso sono sicura che ti abbia anche amato tantissimo, così come
amava lui. Non è colpa tua se è morta, se sei finito in un orfanotrofio, se tuo
padre non si è più fatto vivo.”
Un’altra
lacrima sfuggì al controllo di Tom, e scese solitaria sulla guancia. Eva
l’asciugò con un bacio.
“Sì…
Hai ragione…”
La
ragazza sorrise, incredibilmente sollevata. Non voleva che Tom si addossasse
responsabilità che non aveva. Lo strinse a sé.
“Va
meglio, adesso?”
Lui
l’abbracciò.
“Certo.
Va molto meglio.”