Piece II ~ Strawberries
Era una mattina grigia, proprio come il suo umore. Quella notte, aveva dormito
poco e male per prendere quella decisione, ed ancora non era del tutto sicuro di ciò
che stava facendo. Ma ormai era tardi per cambiare idea.
Mentre camminava per uno stretto viale secondario del cortile dell'università,
L sentì delle gocce d'acqua bagnargli i capelli ribelli. Dopotutto,
avrebbe dovuto chiedere a Watari di accompagnarlo in limousine fino all'entrata:
avrebbe attirato di più l'attenzione, ma avrebbe evitato di cacciarsi nei guai. Sperava
almeno di raggiungere un luogo coperto prima che scoppiasse la tempesta, ma era
alquanto improbabile: era la seconda volta che vedeva alla sua destra la facoltà
di Lettere.
Cavolo, si era perso.
Le facoltà dell'università di Tokyo erano sparse in un mucchio di edifici
riuniti in un unico campus, ma lui non sapeva né quale fosse quello in cui doveva
andare né come
arrivarci. Per di più, in giro non c'era nessuno a cui chiedere informazioni. Brutta cosa.
Il giovane si
fermò un attimo per pensare: dietro di lui, sentì un rumore di passi
interrompersi bruscamente, ma non se ne curò. Ragionò sul fatto che prima aveva
sbagliato strada perché aveva raggiunto Lettere e poi girato a destra; a
questo punto, chiunque al suo posto avrebbe pensato che, una volta raggiunta di
nuovo la facoltà, svoltando a sinistra si sarebbe ritrovato sul viale
principale. Sospirò annoiato, rimettendosi le mani nelle tasche, chiedendosi se
davvero la sua non fosse paranoia.
Non gli piaceva uscire e mostrarsi così, in pubblico. Anche se nessuno era a
conoscenza della sia vera identità, provava una strana impressione ogni volta
che lo faceva. Fastidio, forse. Pur essendo il famoso
L, paladino della legge e
della giustizia, non sopportava tutte quelle ordinarie piccole leggi che il
cittadino medio è costretto a seguire: devi apparire sempre in ordine, essere
ben vestito, essere amichevole, camminare dritto, sederti composto etc etc etc.
Se non lo fai, vieni isolato ed additato come anormale. Non che a lui fosse mai
importato, ma non sa farsi i fatti suoi, la gente? La gente non sa cosa
significhi passare intere notti, sveglio, solo, ad analizzare dettagli su
dettagli di crimini terribili o a leggere interminabili e sanguinose biografie di
efferati serial killer alla sola luce del monitor di un computer.
"...".
No, non lo sa, ma è proprio questo ciò che voleva lui: cancellare
silenziosamente il male, per garantire a queste persone la serenità di una vita
tranquilla. Senza omicidi, senza sangue, senza dolore.
Felice.
Raggiunta la facoltà di Lettere, L girò nuovamente a destra, ritrovandosi
di nuovo a percorrere il vialetto che, si era appena reso conto, girava intorno
alla biblioteca e quindi ritornava su sé stesso. Finse di guardare
distrattamente l'orologio sul suo cellulare per lanciare una rapida occhiata
dietro di lui, nonostante sapesse che il test d'ammissione sarebbe iniziato fra un quarto
d'ora,
e che probabilmente Yagami non era ancora arrivato, dato che lui odiava aspettare.
"Light
Yagami", pensò L. Le possibilità che lui fosse Kira erano di poche unità percentuali, ma
il suo istinto gli diceva che quel ragazzo perfetto stava nascondendo qualcosa.
Ed il suo istinto non si era mai sbagliato. Era solo per scoprire il segreto di
Light che L aveva deciso di iscriversi sotto falso nome alla sua stessa
università e di presentarsi, con una scusa, a lui. Ma il suo piano ammetteva grossi rischi... fra
cui anche quello che lui stava
correndo adesso, dato che aveva appena avuto la conferma al suo sospetto di essere pedinato.
***
Light, con Ryuk al seguito, scese dal bus che l'aveva lasciato proprio di fronte
all'università. Il cielo era plumbeo, ma il suo sorriso era radioso: non doveva
preoccuparsi, stava andando tutto come previsto. La sua fedina era
pulita, nessuno avrebbe più sospettato di lui. La sera precedente, prima di
andare a dormire, aveva programmato la morte di altri criminali per il giorno
dopo, per
sicurezza, ma sapeva che non ce ne era reale bisogno.
Light era Kira, l'assassino dei
criminali; aveva ucciso a sangue freddo 12 agenti dell'FBI, ingannato L
ed il
suo stesso padre, condannato a morte Naomi Misora; ma, una volta passato questo
test, Light Yagami sarebbe stato considerato da tutti un normalissimo, brillante, studente
universitario.
***
Altro che paranoia, ormai L ne era certo:
qualcuno lo stava seguendo da
quando era sceso dalla sua limousine. All'inizio, aveva pensato che si trattasse di un'impressione; ma
aveva scelto apposta due volte di seguito la stessa strada
sbagliata, e per due volte di seguito aveva sentito gli stessi passi sottili
muoversi dietro di lui. Non era affatto un'impressione.
Continuò a camminare con noncuranza, fingendo di non essersi accorto di
nulla. Era inutile andare in panico adesso: cercò piuttosto di ragionare. Il suo
inseguitore di certo non doveva essere un professionista dato che, anche se lo
seguiva a larga distanza, si era lasciato scoprire così facilmente; ed inoltre,
non voleva fargli del male, perchè se avesse voluto, l'avrebbe già ucciso, dato
che si trovavano in un posto isolato e senza testimoni. D'altra parte, nessuno
sapeva che lui era
L; e se anche qualcuno dei suoi nemici ne fosse venuto a
conoscenza, di certo non gli avrebbe messo alle costole un tipo così imbranato.
Per lo stesso motivo, non poteva neanche trattarsi di Kira, anche perché lui,
per uccidere, aveva bisogno di un nome, oltre che di un volto.
E, per quanto potesse tentare, Kira non sarebbe mai riuscito a scoprire il suo
vero nome.
Leggermente rassicurato da questi pensieri, L smise di chiedersi chi fosse il suo
inseguitore: chiunque fosse stato, lo avrebbe conosciuto fra poco. Il viale che
stava percorrendo svoltava dopo due metri ad angolo verso l'altro lato della
biblioteca: con uno scatto improvviso, li percorse correndo, fermandosi proprio dietro
l'angolo. Si voltò
indietro, in attesa. Dall'altra parte si sentirono passi di corsa. L
strinse i pugni, pronto al peggio, ma, di colpo, dall'angolo sbucò una
ragazzina: interdetto, il detective sbarrò gli occhi, ma non riuscì ad evitare che lei gli
rovinasse addosso.
Fortunatamente era abbastanza forte da non perdere l'equilibrio, così la ragazza finì per sbattere
la testa contro il suo petto.
"Kyah! Ahia..!" mugolò quella, strofinandosi con una mano la fronte
dolorante. "Ehi, ma ti sembra il modo di...?! AH!"
L la afferrò di colpo per le spalle, allontanandola da sé per guardarla meglio:
sembrava una comunissima ragazza.
"...".
Che, dopotutto, si fosse sbagliato?
No....
La fissò con i suoi grandi occhi neri, così seri e penetranti che quella
si spaventò.
"M-Mi scusi!" esclamò, la voce dolce che tremava. "Io... non volevo,
è che... devo fare il test, ma... mi sono persa... così, stavo correndo e...e...".
L parve annoiarsi: "Non farneticare," sbottò.
"Wah? Io non sto farneticando! E' la verità! Lo giuro!" protestò la
ragazza,
agitando le braccia nell'inutile tentativo di liberarsi da quella presa forte.
Era più bassa di lui di almeno tutta la testa, aveva un fisico minuto e dei capelli
bizzarri,
lunghi e di un colore violetto chiaro. Aveva la pelle era bianca e liscia. E
continuava a farneticare.
L le scostò la frangia dal viso per osservarla meglio in faccia: era
carina, vestita in modo carino, ma a lui non interessava. Le sollevò il mento
con una mano per fissarla profondamente negli
occhi rosati, riuscendo in un colpo solo a farla stare zitta e a farla arrossire
in modo assurdo. Per un attimo, rimase colpito: quella ragazzina era strana. Aveva
degli occhi che brillavano. E poi...
Chiuse gli occhi, avvicinando lentamente il viso al suo collo, annusando piano.
...profumava di fragole.
La lasciò andare con uno scatto, facendole quasi perdere l'equilibrio. Poi,
datole le spalle, ricominciò a camminare, infilando le mani nelle tasche dei
jeans.
Non aveva tempo da perdere...
La ragazza, ancora rossa in volto, lo sguardo perso, barcollò qualche secondo come se
stese per svenire. Il minuscolo zaino a spalla marrone le ricadde sul braccio.
Sospirò forte per riprendersi, ed un attimo dopo trotterellava accanto ad L.
Lui la stava aspettando: "Perché mi seguivi?" chiese a bruciapelo.
La ragazza abbassò la testa. "Mi dispiace. Mi sono persa," ripeté per l'ennesima
volta.
L si accigliò: era sicuro, al 90%, che quella fosse una balla. Anche se, a
pensarci bene, era abbastanza normale che una persona insicura che si perde in
un luogo solitario si metta a seguire il primo che capita, se non altro per non
restare da sola. E poi, in fondo si trovava in un'università, non in un campo
minato. Nessuno conosceva la sua identità, e se quella ragazzina era un agente
segreto, un pericoloso avversario o un killer pluriomicida, allora Kira si
sarebbe presto rivelato essere un funambolo su corda.
"Capisco" annuì pensieroso, gli occhi al cielo, l'indice sulle labbra. In
silenzio, i due ripercorsero di nuovo la strada verso la facoltà di Lettere,
quindi svoltarono a sinistra: come aveva previsto L, in breve si ritrovarono nel
viale principale, gremito, nonostante il tempo minaccioso, di gruppetti di
ragazzi ben vestiti e pettinati che si dirigevano ordinatamente verso il grande
ingresso di un edificio universitario preceduto da bellissimi scaloni di marmo.
L, camminando, lanciò uno sguardo furtivo alla
ragazza che continuava a camminargli accanto, sempre a testa bassa, quindi
riportò lo sguardo in avanti e ricominciò a mordicchiarsi il dito. Kira, la tensione, la pioggia, aule che non si trovano, ragazzine che
ti piombano addosso. Quel profumo era stato troppo. Non ce la faceva più. Aveva una voglia immensa di...
"I-Ichigo! (*)"
"U-Uh?!?!" saltò L, sgomento, paralizzandosi.
"Il mio nome è Ichigo" ripeté la ragazza, che aveva sollevato di botto
il viso verso di lui. "Piacere..!!" si inchinò lievemente.
L impiegò qualche secondo per riprendersi. "Ryuga...Hideki,"
scandì alla fine.
Ryuga Hideki, come quel famoso idol tanto in voga fra le ragazzine negli ultimi
tempi.
Quel nome falso non era una scelta casuale, bensì una precauzione contro Kira.
Come una qualsiasi ragazzina che avesse scoperto che l'omonimo del suo attore
preferito è l'esatto suo contrario, Ichigo lo fissò stranita. Fin qua, tutto
come previsto. Ma, invece di esclamare qualcosa tipo: "Ehy, ti chiami come
il mio idol preferito", dopo un momento di pausa imbarazzata lei gli domandò innocente,
imitando il suo indice alle labbra:
"Allora...devo chiamarti così?"
L rimase a bocca aperta:
"Cosa..?!"
"Voi due là in fondo!" li chiamò la voce nervosa di un professore. "Sbrigatevi! Il test sta per iniziare!"
"Uhm!" annuì Ichigo, staccandosi dal fianco di L per correre
verso l'entrata. "Allora ciao, Hideki-san," gli disse prima di sparire
nell'ingresso, voltandosi un attimo per salutarlo con la mano.
"...". L, immobile, si passò una mano fra i capelli disordinati. Sapeva
che non l'avrebbe più rivista, ed in fondo era meglio così. Anche se ci aveva
parlato per meno di cinque minuti, poteva affermare che quella Ichigo era
la cosa peggiore che gli fosse mai capitata: era in un momento di grande
tensione, doveva concentrarsi su Yagami e su Kira, ed invece...
...ed invece, gli era venuta una voglia matta di fragole.
***
***
(*) "Ichigo" significa letteralmente
"Fragola"...
Ed infatti l'ispirazione per questo capitolo viene da questa perla di pucciosità che ho
tradotto qui. ç***ç;
click!
Anansy, ti ringrazio di nuovo per il commento!^**^;; E grazie anche a chi legge
solo e non commenta (tanto vi vedo, dalla pagina dell'account =PPP). Visto,
aggiorno alla velocità della luce!*ò*; Spero che questo capitolo non ti abbia
deluso. Grazie anche per il parere sullo stile: sono da poco uscita da un grosso
blocco dello scrittore, e mi fa piacere sentire che finalmente ho ricominciato a
scrivere cose comprensibili. ^^°
Ah, il font per la scrittura di
si chiama "ManuskriptGotisch", e lo si trova facilmente cercando con Google. ^.-