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Autore: Cida    06/01/2013    3 recensioni
"Tick-tock, tick-tock, merrily sings the clock. It's time for change, it's time for stay, so it sings
throughout the day. Tick-tock, tick-tock, merrily sings the clock."

La prima stagione vista con gli occhi di un nuovo personaggio.
Seconda classificata al contest C'era una volta un personaggio di cui ci siamo scordati di Trick.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Nuovo personaggio, Ruby/Cappuccetto Rosso, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Enchanted Forest – Grief


  Il padrone di casa si alzò, non dormiva mai molto o, quantomeno, mai troppo a lungo. Bastarono, infatti, una leggera stirata, uno sbadiglio e una strofinata agli occhi per essere già bello che pronto. Andò all’armadio della sua stanza e l’aprì, puntando direttamente sulla parte destra dove recuperò un panciotto, una giacca lunga e un foulard: tutti e tre rigorosamente neri. Posò tutto sul letto e cominciò a vestirsi: iniziò dal panciotto, facendo attenzione mentre inseriva nelle asole i preziosi e ricamati bottoni dorati; continuò, poi, con il foulard che legò attorno al collo con precisione ed, infine, indossò la giacca decidendo di lasciarla aperta, in modo che non gli intralciasse troppo i movimenti.
  Si guardò allo specchio e sbuffò quasi dispiaciuto perché, oltre ai suoi vestiti, non avrebbe avuto nient’altro per simboleggiare il lutto. Certo, il suo dolore era autentico ed era sicuro che la principessa avrebbe capito ma voleva fare di più, voleva che sapesse quanto le fosse vicino in quel momento e ricambiare quello che aveva fatto per lui quando, tempo prima, si era ritrovato nella sua stessa situazione.
  Fu per questo che la sua attenzione venne catturata dal piccolo ritratto posato sul comò lì accanto. Anche suo padre se n’era andato, da mesi ormai: era un vecchio scorbutico, poco incline ad interessarsi del prossimo, fissato all’estremo con il suo lavoro e tanto altezzoso coi suoi servi quanto strisciante coi suoi superiori. Non era esattamente il genitore migliore che si potesse desiderare ma era anche l’unico che avesse mai conosciuto perciò, anche se non andavano d’accordo, aveva imparato a volergli bene. Si ritrovò a sorridere ricordandosi di come andava in giro sbraitando per casa, prendendosela quasi sempre con la cameriera che, poverina, raramente aveva colpa.
  Scosse il capo, quello non era il momento di lasciarsi andare a sentimentalismi, avrebbe dovuto essere forte. Aprì il primo cassetto che aveva di fronte e prese il prezioso orologio in esso contenuto, lo agganciò con cura ad uno dei bottoni del panciotto e lo fece sparire nel taschino. Era pronto per scendere.

  Arrivato in salotto, fu subito accolto dalla cameriera, una signora ormai in là con l’età dai lunghi capelli bianchi ed occhi azzurri che da giovane doveva essere stata una ragazza veramente graziosa «Signore, la colazione è pronta: tè caldo assieme ai vostri muffin preferiti»
  «Mi dispiace, Mary Ann...» le rispose lui desolato «Ma, questa mattina, non mi va proprio di mangiare»
  La donna comprese e non insistette oltre. Erano davvero cambiate le cose in quella casa da quando il figlio era diventato il nuovo padrone. Non che odiasse quello precedente, sia chiaro, tuttavia era innegabile che la portasse spesso all’esasperazione e, difatti, più di una volta si era trovata ad avere l’impulso di spaccargli qualche piatto sulla testa... cosa che, fortunatamente, non era mai accaduta. «Andate al castello?»
  Lui si limitò ad annuire mentre dava un’ultima sistemata al colletto della giacca.
  «Allora, se posso permettermi...» azzardò l’altra «Vi chiederei di portare alla principessa le mie condoglianze e quelle di Pat» concluse rimanendo col fiato sospeso, mai prima di allora aveva osato fare una richiesta simile: i suoi padroni portavano messaggi reali, non si erano mai abbassati a recapitare quelli dei servi. Per questo trasalì quando lui voltò di scatto il capo verso di lei, fissandola con quel suo sguardo attento e violetto, si era spinta troppo oltre?
  «Perché non lo fate voi di persona? Venite con me» le rispose, invece, lasciandola di stucco.
  «Signore, non potrei mai...» si affrettò a ricomporsi «Sono solo una domestica e Pat un giardiniere, non sono sicura che la nostra presenza sia gradita a palazzo»
  Questa volta toccò al più giovane comprendere, in fin dei conti al castello non abitava solo la principessa. «Le porterò le vostre condoglianze allora, sono sicuro che ne trarrà conforto» le assicurò, poi mise mano alla catenella e recuperò l’orologio: spaccava il secondo come al solito. Quindi lo risistemò, salutò la cameriera ed uscì, in perfetto orario.


  Il viaggio verso il castello fu abbastanza lungo ma non faticoso, gran parte del suo mestiere consisteva nel camminare o correre da una parte all’altra del regno e, di conseguenza, era molto allenato. La giornata era limpida ma, già vedendolo da lontano, si capiva quanto il palazzo fosse chiuso nel suo dolore: il re era stato assassinato mentre il principale sospettato era, misteriosamente, sparito nel nulla. Salì le ampie scale di marmo con agilità e, una volta arrivato in cima, le guardie lo lasciarono passare senza problemi: d’altra parte aveva varcato quella soglia innumerevoli volte. Imboccato il grosso corridoio, si costrinse a cercare la moglie del re perché, sebbene i suoi desideri fossero differenti, lei era pur sempre la regina e lui l’araldo del defunto sovrano, la politica voleva che fosse lei la prima a ricevere le condoglianze. Si lasciò guidare dalle sue capacità e la trovò alla balconata che dava proprio sulla grande sala adibita a camera ardente. «Vostra maestà...» disse per attirarne l’attenzione.
  La donna si voltò nella sua direzione e lui si prodigò a farle un profondo inchino come l’etichetta richiedeva.
  «Alzate il capo, fidato araldo» lo invitò la regina «E’ un vero peccato che il nostro primo incontro avvenga in una così triste occasione»
  Quella era, infatti, la prima volta che s’incontravano faccia a faccia. Da che aveva preso il posto del padre, lui aveva sempre e soltanto avuto contatti con il re: erano i suoi atti che rendeva pubblici, erano i suoi messaggi che portava alle corti straniere. Le poche volte che l’aveva vista era sempre stato da lontano. Non poté fare a meno che essere d’accordo con lei. «Sono molto addolorato per la vostra perdita, il re era davvero un uomo molto buono» affermò con convinzione «Per quanto possano valere, vi porgo le mie più sincere condoglianze»
  Sul viso triste della giovane vedova si dipinse un leggero sorriso, quasi dolce «Non dite così, non sminuite le vostre parole. Non potranno riportarlo in vita, è vero, ma fa piacere sapere che gli amici condividano il nostro dolore. Perché voi siete un buon amico»
  L’araldo piegò la testa, confuso da quelle parole… sembrava quasi che fosse lei a consolarlo, non il contrario. Tuttavia, non riuscì ad aprir bocca che lei continuò «E da buon amico quale siete, capirete quanto sto per dirvi» mosse qualche passo nella sua direzione «So che alla morte di vostro padre, mio marito era restio a farvi prendere il suo posto, come dargli torto? Eravate, e siete ancora, così giovane. Snow, però, aveva capito le vostre potenzialità e, per darvi una possibilità, si è battuta con tutte le sue forze. Ovviamente non avete deluso le aspettative, tanto che mio marito ha imparato a fidarsi di voi ciecamente» sospirò «Capirete che questi ricordi sono troppo per me. Perciò ho deciso di rinunciare ai vostri servigi: vedervi, per quanto voi non ne abbiate colpa, me lo ricorderebbe in continuazione e non potrei sopportarlo» concluse guardandolo con una strana espressione, dall’alto verso il basso.
  Lui sgranò gli occhi mentre un fremito incontrollato scuoteva il suo naso… lo stava licenziando? «Co-come desiderate, vostra maestà» si ritrovò a balbettare con un inchino, completamente schiacciato dallo sguardo altezzoso della donna che l’aveva decisamente preso alla sprovvista «Col vostro permesso, adesso, andrei a dare l’ultimo saluto al mio re» riuscì a dire, poi, riprendendo la propria dignità.
  Regina lo congedò con un cenno del capo e, quando lui si voltò, un altro sorriso nacque sul suo volto ma, a differenza di poco prima, non aveva nulla di dolce: questo era di pura soddisfazione.

  L’araldo, ormai ex, si trascinò addolorato e confuso verso la bara, ricoperta di rose rosse, posta su di un grosso altare di marmo al centro della camera ardente. S’inginocchiò e rimase in silenzio, con la mente in balia di un mare in tempesta. Mentre rischiava di perdervisi senza possibilità di salvezza, due parole vennero in suo aiuto «Sei qui!»
  Riaprì di colpo gli occhi e si rialzò, voltandosi verso quella voce «Principessa…»
  «Snow…» lo corresse lei, aveva le lacrime agli occhi ma stava sorridendo.
  «Snow» ripeté lui sforzandosi, troppo difficile da combattere l’abitudine «Vi... ti porto le mie condoglianze, assieme a quelle di Mary Ann e Pat»
  «Grazie…» rispose la ragazza con dolcezza, abbassandosi di poco in modo che i loro visi fossero alla stessa altezza e poi l’abbracciò, traendo conforto dal suo calore. «Dopo tutto questo nero, il tuo pelo candido mi riscalda il cuore, White»
  Lui scosse il capo e il movimento fece dondolare le sue lunghe orecchie, era stato davvero uno stupido a farsi tutti quei problemi. Rimasero così, l’una fra le zampe dell’altro, traendo conforto dalla reciproca presenza.

  Regina guardò, per qualche minuto, la scena con espressione impassibile, poi decise di scendere. A differenza del padre, vecchio ossequioso e manipolabile, il giovane era piuttosto sveglio ed, inoltre, il legame con Snow poteva risultare un grosso ostacolo per i suoi piani: era giunta l’ora di liberarsi di messer Rabbit.

  White avvertì il suo spostamento: percepì il rumore dei tacchi grazie al suo udito fine, sentì il suo profumo col naso. Sciolse l’abbraccio. «Devo andare, Princ… Snow» si corresse, non le avrebbe dato altro dolore facendole sapere ciò che aveva deciso la sua matrigna «Sappi che di qualsiasi cosa tu avrai bisogno, io ci sarò sempre per te»
  L’altra annuì, passandogli una carezza sul muso «Lo so, grazie»
  Così si congedarono e lui si allontanò. Non era esattamente un ottimo modo per iniziare a sdebitarsi con lei, lo sapeva, per questo si voltò nella sua direzione ancora una volta e, così, la vide posare sulla bara una rosa bianca a stelo lungo, in un letto di petali rossi. Quando la sentì dare l’addio a suo padre fra i singhiozzi, le diede nuovamente le spalle mentre nel suo animo iniziava a farsi largo un pesante senso di colpa. Per quanto desiderasse stare accanto alla principessa, era sicuro che non sarebbe riuscito a sopportare nuovamente lo sguardo altero della regina che, sebbene le sue ragioni sembrassero valide anche se estremamente egoistiche, non aveva esitato a cancellare con poche parole tutto ciò che, da quando era nato, aveva imparato a fare.
  Fu abbattuto e sconfitto che attraversò per l’ultima volta il lungo corridoio del castello: persino le sue orecchie, di solito sempre ritte e attente, erano scivolate meste lungo il capo mentre, ad ogni passo, il peso del suo essere si faceva sempre più pressante. In fin dei conti, lui non era un guerriero, non era un eroe... non era neanche un uomo: lui era semplicemente un coniglio.




Eccoci arrivati alla fine del capitolo due: ebbene sì, il mio OC è proprio il Bianconiglio ;) Spero vi piaccia come ho deciso di renderlo.
Il capitolo è ambientato nell'episodio 1x07 e, come avrete notato, ho deciso di mantenere i nomi originali.
Ringrazio infinitamente Capinera ed _Eterea_ per avermi lasciato una recensione ed aver messo, rispettivamente, la mia storia fra le preferite e le seguite assieme a Ginevra Gwen White e chica KM.
Chiunque voglia lasciarmi un suo pensiero sarà ben accetto ;)
Grazie per aver letto e alla prossima.
  
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