CAPITOLO
1
Quella
mattina Harry fu svegliato da assordanti colpii alla porta. Stancamente realizzò
che non era altri che suo cugino Dudley che faceva casino per fargli dispetto.
-hei,
scherzo della natura! – lo chiamò urlando- mamma non c’è e ha detto che
devi prepararmi la colazione!-
-ho
sonno! Preparatela tu- mugugnò Harry nel sonno.
-
scendi sotto immediatamente! Ho fame!- urlò.
Harry
guardando l’orologio che segnava solo le nove di mattina e comprendendo che
così non si concludeva nulla, di malavoglia si alzò dal letto e andò ad
aprire la porta con molta poca grazia.
-
stammi bene a sentire- esordì con la sua voce più calma che riuscì a
sfoggiare al momento- sono stanco, non ho dormito tutta la notte per il caldo e
ho un incredibile voglia di prendere a pugni qualcuno. Se non vuoi farmi da
pungball personale ti consiglio di alzare quel tuo culone penzolante e sloggiare
alla velocità della luce- lo minacciò.
Dudley
lo guardò un attimo pietrificato, spaventato soprattutto dal taglio
sull’occhio che donava al ragazzo un aria ancora più minacciosa, e
vigliaccamente scappò giù per le scale.
Una
volta arrivato in salvo in cucina urlò –stai sicuro che questa me la paghi!-
Però
la minaccia non arrivò mai al destinatario perché Harry, non appena il cugino
aveva girato la schiena, si era fiondato sul letto riaddormentandosi
all’istante.
Si
svegliò solo verso le due, quando il suo stomaco stava iniziando a fare i capricci reclamando sostentamento.
Sbadigliando
decise di scendere in cucina per prepararsi qualche cosa sicuro che gli zii e il
cugino avevano già mangiato senza lasciargli nulla. Come volevasi dimostrare
quando scese trovò la zia che stava lavando i piatti e lo zio che guardava il
telegiornale comodamente spaparanzato sul divano. Appena vide il ragazzo Vernon
iniziò la solita predica.
-
ragazzo qui non siamo mica in un albergo! Non puoi alzarti quando ti pare e
piace e poi scomparire per tutta la giornata! Ci sono dei lavori da fare! Devi
falciare il prato e lavare la macchina prima di cena. Mi sono spiegato?-
-
non credo zio- rispose mellifluo Harry aprendo il frigorifero
-come
non credi! Chi pensi di essere? Prima di andare a bighellonare con quei tuoi
strani amici teppisti devi finire i lavori o ti chiudo in camera per una
settimana!-
-
ma non sparare cretinate!- urlò sbattendo una bottiglia di succo sul tavolo
esasperato – alle quattro mi vengono a prendere perché a quanto pare è morto
mio nonno e devo essere presente all’apertura del testamento!-
-
che nonno? Che testamento?- chiese a quel punto Petunia
-
mi nonno: il padre di mio padre! Sai è così che si chiama.-
-
lo so piccolo ingrato. Volevo sapere del testamento-
-
non so niente e anche dopo che avrò scoperto qualcosa dubito fortemente che lo
verrò a dire a voi-
-
come osi rivolgerti così a tua zia!- esplose Vernon rosso di rabbia- fila
subito in camera tua e non farti più vedere per un bel po’ o giuro che non
rispondo più di me!-
-
sai che paura- disse Harry serafico prendendo qualcosa da mangiare dal frigo e
dirigendosi in camera.
Restò
li un oretta, allungato sul letto a fissare il soffitto.
A
quanto pareva fino a qualche giorno prima aveva avuto un nonno e nessuno si era
ricordato di dirgli niente. Sicuramente Silente lo sapeva e lo aveva tenuto
all’oscuro di tutto come al solito.
Che
rabbia che gli faceva!
Pensare
che aveva una famiglia da qualche parte nel mondo magico e scoprirlo solo quando
era troppo tardi. Quanto gli sarebbe piaciuto avere un nonno a cui raccontare i
problemi, le vittorie, le sconfitte, i dolori e le gioie o anche limitarsi a
sentire le sue storie.
Da
piccolo quando andava al parco e vedeva i bambini accompagnati dai nonni gli
veniva un magone dentro e si nascondeva dietro qualche cespuglio a piangere
silenziosamente.
Lui,
l’unico bimbo senza famiglia.
Voltò
lo sguardo verso la radiosveglia e vide che erano già le tre e mezza.
Doveva
muoversi o avrebbe fatto tardi.
Aprì
l’armadio e tirò un paio di jeans chiari e una maglietta nera, si infilò un
paio di All Stars anch’esse nere e si passò una mano tra i capelli
consapevole che tanto, meglio di così, non potevano stare. Prima di scendere
agguantò dei piccoli bracciali di cuoio e si fiondò giù per le scale.
Appena
posò piede sull’ultimo gradino si sentì il campanello suonare.
-
è per me- urlò agli zii in soggiorno- torno sta sera…credo!- ed andò ad
aprire la porta.
Di
fronte a lui c’era un uomo sulla quarantina che indossava una divisa da
autista.
-il
signor Potter?- chiese educatamente
-
si, sono io-
-
prego mi segua. Mi hanno mandato a prenderla-
Ad
attenderlo sul marciapiede c’era una lunga e scintillante limousine nera.
Harry la guardò dubbioso notando anche i numerosi vicini e gli zii che da
dietro le finestre lo osservavano dubbiosi. Mica tutti i giorni sui vedevano
limousine parcheggiate in Privet Drive!
L’autista
si affrettò ad aprirgli la portiera e dopo averlo fatto salire mise in moto la
macchina e partì silenziosamente, così come era venuto.
Harry
si chiedeva dove stessero andando. Guardando fuori dal finestrino oscurato si
rese conto che erano diretti verso la periferia di Londra in una zona dove era
andato solo un paio di volete mentre faceva dei giri in moto. Quel posto non
aveva una grande fama ed era pieno di piccoli locali che si diceva fossero
gestiti dalla malavita organizzata. A quanto pare però non erano diretti lì,
infatti l’auto si addentrò nella città fino a fermarsi di fronte a
una palazzina a tre piani in stile elisabettiano.
L’autista
venne ad aprire la porta e Harry si soffermò un attimo ad osservare
l’ambiente circostante.
Era
un sobborgo londinese abitato dall’alta borghesia, con tutti i vialetti
ordinati, le auto costose, i giardini puliti e colorati. Il suo sguardo si
soffermò sul cancello della palazzina dove però non c’erano targhe di studi
notarili o legali.
Ma
siamo sicuri che è proprio questo il posto?
Il
dubbio gli fu tolto da un signore di mezz’età che apparve alla porta. Appena
lo vide un sorriso gli comparì sul volto e disse:
-signor
Potter siamo onorati di averla qui. Prego entri, si accomodi- continuò
facendogli strada all’interno.
Harry
varcò dubbioso la porta e si ritrovò in un caldo ambiente rivestito di mogano
che trasmetteva tutto quello che l’esterno mostrava: soldi, ricchezza e
potere.
L’uomo
lo guidò verso una stanza alla sua destra dove c’era un ampia scrivania di
legno, delle sedie con lo schienale alto e le pareti tappezzate di libri
dall’aria antica.
Seduto
dietro la scrivania c’era un uomo di circa cinquant’anni che stava
conversando con qualcuno seduto di fronte a lui che però non era riconoscibile
perché nascosto dietro l’alto schienale della sedia. Appena notò la sua
presenza l’uomo con un sorriso a 876592 denti lo invitò ad entrare.
-
oh signor Potter, che piacere vederla. La stavamo giusto aspettando prima
dell’apertura del testamento.-
harry
sempre più stranito dalla felicità che provavano quelle persone a vederlo,
felicità sicuramente non legata al fatto che era il-bambino-sopravvissuto e
meglio il-ragazzo-che-uccise-colui-che-non-deve-essere-nominato, di questo ne
era sicuro, avanzò silenziosamente.
-io
sono Peter Parker. Immagino che voi già vi conosciate- fece riferendosi alla
persona con cui stava parlando.
-salve
Potter, che piacere rivederti!- disse una voce stranamente familiare quando
l’uomo si alzò mostrando il suo volto.
Harry
rimase un attimo paralizzato.
Non
credeva ai suoi occhi.
Che
ci faceva lui lì? E soprattutto perché?
Volevo
ringraziare per aver lasciato una recensione: