Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Take_Me_ Home    07/01/2013    3 recensioni
Amanda è stata trasformata in un vampiro all'età di 16 anni da un vampiro di nome Michael, per motivi a lei sconosciuti. Dopo la sua trasformazione ha pochi ricordi della sua vita da umana, ma un giorno incontrerà una persona che rappresenta il legame tra lei e la sua vita passata: Liam.
Se vi ho incuriosito entrate.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap 2- Pain, Darkness, Screams. It's all I remember.



Dopo aver finito con l’uomo tornai a casa, pronta a subire una ramanzina da Michael per essere tornata tardi. A volte mi chiedevo perché si preoccupasse così tanto, non era mica mio padre!
“Finalmente! Ma cosa diavolo  hai combinato?” Mi chiese furibondo appena varcai la soglia di casa.
“Non molto furbo menzionarti da solo in una frase, direi”, risposi io. Il nostro rapporto era sempre stato così: su un filo di un rasoio, ma era l’unica persona che potesse capirmi.
“Smettila di scherzare e rispondi. Perché ci hai messo così tanto?”, Mi si avvicinò pericolosamente. Bene, oggi non era aria.
“Ho avuto un piccolo imprevisto, ma non è successo niente. Mi sono nutrita e sono tornata a casa, punto.” Detto questo corsi in camera mia. Non gli avrei mai raccontato di Liam. Ogni volta che provavo a ricordare qualcosa del mio passato lui mi diceva che era solo una perdita di tempo e faceva in modo che io mi dedicassi ad altro. A volte mi chiedo se lui non voglia che io ricordi il passato, ma non ci sarebbe motivo, no? All’improvviso mi ricordai di una cosa: avevo lasciato la giacca di Liam di sotto. Scesi piano, sperando che fosse impegnato così da non sentirmi, ma era un vampiro più vecchio di me, quindi...
“Cosa stai combinando?” Mi chiese senza distogliere lo sguardo dal suo libro.
“Niente, mi sono dimenticata di prendere una cosa”, corsi verso la poltrona dove avevo lasciato la giacca e tornai in camera mia. Chiusi la porta a chiave, pur sapendo che se Michael sarebbe voluto entrare, sarebbe entrato. In questi 4 anni mi ero trovata uno spazietto tutto mio, dove mettevo degli oggetti che per me avevano un valore. Di questo spazio Michael non è mai venuto a conoscenza, e speravo che continuasse così. Si trovava nel mio armadio, nel quale avevo costruito un doppio fondo. Beh, non è che l’avevo costruito proprio io che con i lavori manuali faccio proprio schifo, ma quando si ha la possibilità di soggiogare un buon falegname... Aprii l’armadio e controllando che Michael fosse ancora impegnato con il suo libro tastai il fondo per cercare quella microscopica fessura dove avrei dovuto inserire la chiave per aprire il fondo. La trovai e girai la chiave 4 volte. Sempre controllando che Michael fosse impegnato estrassi la tavola di legno che divideva l’armadio dai miei segreti. In 4 anni ci avevo messo una lettera, una chiave e un quadernino. La lettera l’avevo trovata nella soffitta della casa dove mi ero svegliata, per la prima volta, come vampira. Presuppongo che fosse la mia casa, ma non ho nessun ricordo di quell’edificio, seppure bellissimo. Essendomi svegliata sola avevo cominciato a gironzolare, cercando di ignorare tutti i dolori, per me nuovi e camminando ero finita in soffitta, dove avevo trovato questa lettera:
Cara Amanda,
Lo so, avevo promesso che sarei tornata per il tuo compleanno, ma abbiamo appena scoperto una possibile tomba qui in Egitto e non posso proprio andarmene. Ti ho già inviato il tuo regalo, che dovrebbe arrivare fra circa una settimana. Mi dispiace tanto sorellina, avrei davvero voluto essere lì con te. Sedici anni, eh? Sei cresciuta in fretta! Spero di ritornare per la fine del mese, anche solo per un salutino veloce. Ti mando un bacione e mi raccomando, fa’ la brava!
Ti voglio bene,
Samantha.
Samantha. Ecco chi era allora! Possibile che mi fossi dimenticata dell’esistenza di mia sorella? Beh, prima che Michael me lo ricordasse mi ero dimenticata persino il mio nome! Avevo una sorella, da qualche parte nel mondo. Forse avrei dovuto cercarla, ma a che scopo? Non avrei mai potuto conoscerla bene perché non mi sarei potuta avvicinare a lei senza la paura di ucciderla. Ripiegai la vecchia lettera e la rimisi nell’armadio. Chissà cosa aveva trovato Samantha quando era tornata, un mese dopo. La chiave l’avevo trovata sempre quel giorno, in casa. Dopo la soffitta decisi di continuare il giro della casa e camminando mi ritrovai in salone. Non’appena varcai la porta che divideva il soggiorno dalla cucina un odore invitante mi investì. La gola cominciò a bruciare e lo stomaco a brontolare, come se avessi fame. Ma io non avevo fame, io avevosete. L’odore proveniva da due corpi morti, sdraiati a terra in una pozza di liquido rosso. Non mi pareva di averli mai visti in vita mia, ma allora non mi ricordavo niente. Stavo per seguire l’istinto di nutrirmi di loro quando il mio sguardo cadde sullo specchio del salone. Vidi una ragazza che non conoscevo ricambiare il mio sguardo. Aveva i capelli davanti al volto, che scostò con una mano. Mi avvicinai curiosa e vidi che la ragazza faceva lo stesso, dunque ero io? Supposi di sì. Mi guardai un po’ meglio cercando di riconoscere qualche tratto del mio viso. Nulla. Poi notai gli occhi, che erano inspiegabilmente rossi. Mi spaventai a mi allontanai dallo specchio, tornando vicino ai corpi. Ne guardai uno, quello del maschio. Aveva il mio stesso colore di capelli e riconobbi anche il mio taglio degli occhi. Papà? Pensai. Mi spostai verso l’altro corpo a terra, quello della donna. Il mio stesso nasino all’insù, le mie stesse labbra. Mamma? Erano davvero i miei genitori quelli morti per terra, in una pozza di sangue? Era il loro sangue quello che stavo per bere. Volevo scappare da lì, sparire, ma qualcosa sul petto della donna attirò la mia attenzione. Era una piccola chiave, legata ad un cordoncino che fungeva da collana. Non so perché la presi, forse per lo stesso motivo per cui accettai la giacca di Liam. Fatto sta che la presi e corsi via, ma non riuscii a fare molta strada che mi scontrai con qualcuno, un uomo: Michael. Il quadernino lo avevo trovato per strada, una notte, quando ero uscita per placare la mia sete. Era lercio, ma non mi importava. Lo presi e lo aprii: era completamente bianco. Lo portai a casa e cominciai a scriverci qualcosa ogni sera. Dopo un po’ divenne una specie di diario segreto, dove scrivevo tutto ciò che mi passava per la testa. Questo non lo rimisi dentro, ma lo portai sul letto. Poi tornai all’armadio e agli oggetti che avevo già riposto aggiunsi anche la giacca di Liam. Chiusi tutto e mi dedicai al “diario”. Scrissi del mio incontro con Liam, di quello che avevo provato e del fatto che ero riuscita a ricordare un altro pezzo del mio passato. Scrissi i miei sentimenti, i miei pensieri, fin quando non venni interrotta da due colpi sulla porta.
“Amanda, fammi entrare”. Michael. Chiusi il quadernino e lo nascosi in uno dei cassetti della mia scrivania, stando attenta a non fare troppo rumore e, una volta assicuratami che l’armadio fosse chiuso bene, aprii la porta a Michael.
“Ma che stavi facendo?” Mi chiese.
“Pensavo”, risposi io vaga.
“E perché ci hai messo tanto ad aprirmi la porta?”
“Non mi andava di alzarmi dal letto, ero stanca”, mi ero fregata da sola.
“Stanca? Ma se ti sei appena nutrita! Non raccontarmi balle Amanda! Che stavi facendo?”
“Niente Michael! Ma di che ti preoccupi?” Dissi spostandolo per scendere giù in salotto. Lui mi seguì ma per fortuna non fece altre domande. Presi anch’io un libro dalla nostra libreria e passai tutta la notte a leggerlo, stando ben attenta però ad ogni movimento di Michael. Ah, quanto avrei preferito passare il tempo a dormire, come facevano gli umani, ma purtroppo noi non dormiamo. Finalmente il sole si decise a sorgere ed io tornai in camera mia per lavarmi e vestirmi. Non è come nei film, a noi il sole non fa proprio niente. Non brilliamo, non bruciamo e non ci trasformiamo in animali strani. Dopo aver fatto una bella doccia rilassante lasciai l’acqua aperta e chiusi la porta per coprire quanto possibile i rumori e misi il quadernino a posto nell’armadio. Come al solito scelsi i vestiti senza preoccuparmi di avere freddo e uscii di casa. Avevo optato per una cosa semplice: jeans, maglietta, felpa e converse. Quando sei un vampiro te ne freghi altamente di come sei vestita. Decisi di tornare al parco della sera prima, tanto per fare qualcosa e... beh sì, speravo di rivedere Liam. Ma perché Liam sarebbe dovuto venire in quel parco alle 7 di mattina? In effetti il parco era deserto. Beh, meglio per me. Mi sedetti su una panchina e indossai le cuffiette. Anche se ero un vampiro non avevo perso la passione per la musica. Sapevo anche suonare la chitarra e il pianoforte, e spesso utilizzavo le nottate ad esercitarmi, o a scrivere canzoni e Michael mi aiutava. Aveva davvero una bella voce e devo dire che quando parlavamo di musica riuscivamo ad avere una conversazione perlomeno normale, come due amici. Ora stavo ascoltando Hurt, di Christina Aguilera. Quella canzone mi piaceva particolarmente, anche perché un po’ mi rispecchiavo nel testo. Spesso mi chiedevo se i miei genitori, da dove si trovavano ora, mi stessero osservando e cosa pensassero di me. Ma cosa potevano pensare di una che quasi tutte le notti uccide delle persone per bere il loro sangue? Ero immersa nei miei pensieri quando ad  un certo punto sentii qualcosa toccarmi la spalla. Mi girai velocemente, forse troppo velocemente.
“Wow! Che riflessi!” Era Liam. Cavolo!
“Ehm... che ci fai qui?” Chiesi io imbarazzata cercando di mantenere la calma.
“Passeggiavo e cercavo di stare alla larga dai ragazzi per un po’. Oggi abbiamo dovuto svegliarci presto e la mattina sono tutti particolarmente irritabili.” Disse sorridendo. Quel sorriso...
“Tu invece che ci facevi qui così presto?” Continuò Liam.
“Ascoltavo un po’ di musica”, risposi per la prima volta dando una risposta sincera.
“Posso?” Chiese Liam allungando la mano verso le cuffie. Gliele passai stando attenta a non toccarlo. Ascoltò per un po’ e poi sorrise.
“Hurt. Ho sempre amato questa canzone”.
“Sì, anch’io”. Ci guardammo per un po’ senza dire niente e io sentivo di avere un’espressione da completa idiota, ma non mi importava. Per una volta non mi importava di mantenere la maschera che mi ero creata per non farmi scoprire. Dopo 4 anni ero semplicemente me stessa con qualcuno che non fosse Michael.
“Ora devo andare ma mi daresti il tuo numero?” Chiese Liam. Liam Payne mi stava chiedendo il numero?! Quella semplice domanda diede uno scossone al mio cuore ormai fermo da un po’. Liam Payne, uno dei ragazzi che più amavo 4 anni fa, mi stava chiedendo il numero.
“Ok...” dissi sorridendo e scrivendogli il mio numero su un pezzo di carta.
“Ok, ora vado. Ciao Amanda”, si avvicinò come per volervi abbracciare. No, questo non potevo assolutamente farlo! Già stargli vicino senza ucciderlo era difficile, ma avere la sua carotide proprio sotto il naso e cercare di trattenermi sarebbe stato impossibile. Con uno scatto mi allontanai, proprio mentre le sue braccia stavano per chiudermisi attorno.
“Ciao”, dissi per poi scappare via. Che razza di figura avevo fatto?! Ero scappata via! Va be’, non penso che una ragazza sia mai scappata da un abbraccio di Liam Payne, perlomeno l’avevo sorpreso. Continuai a passeggiare nel parco, pensando un po’. Era strano come con Liam riuscissi quasi a sentirmi normale, umana. Non avevo mai dato il mio numero a nessun ragazzo, neanche prima della mia trasformazione. Diciamo che non ero il tipo di ragazza a cui i ragazzi andavano dietro, questo me lo ricordo. In quel momento mi ritornò alla mente un episodio umano:

Ero seduta sulla panchina davanti alla mia scuola, aspettando mio padre che mi sarebbe dovuto venire a prendere. La gente mi passava accanto senza nemmeno degnarmi di uno sguardo e, se lo faceva, in esso riuscivo a leggerci solo disprezzo. Perché? Beh, perché ero diversa. Non ero come le altre ragazze che si vestivano tutte carine per far in modo che i ragazzi gli sbavassero dietro. A me non importava un bel niente di come mi vestivo. La gente mi disprezzava anche per i miei gusti musicali. Sono l’unica nella scuola ad ascoltare quei “5 froci”. Non capivo proprio perché la gente dovesse insultarli così, insomma, non gli avevano fatto niente, no? Eppure gli insulti c’erano, ovunque io andassi, e così mi ritrovavo la sera davanti alla finestra, seduta sul davanzale, con le cuffiette nelle orecchie a piangere e a desiderare di sparire per sempre, di cambiare vita, città, amici...

Mentre rivivevo quella scena si aggiunse un dettaglio nuovo, qualcosa che non ero mai riuscita a ricordare...

Un uomo mi spiava da sopra l’albero davanti a casa mia, quasi alla stessa altezza della finestra della mia camera. Una notte me ne accorsi e cercai di scappare, ma una voce mi aveva bloccata, una voce che non ero in grado di sentire con le orecchie, ma che risuonava nella mia testa: “Non scappare, torna a sederti qui”. Allora mi sedetti di nuovo sul davanzale, guardandolo mentre entrava nella mia stanza. “E così vuoi sparire, è? Ti accontento subito”.
Dolore, buio, urla. E’ tutto ciò che ricordo. Riuscii a dare un volto a quell’uomo: Michael.



Yo Pelle Pimpe!! (?)
Sì lo so, avevo promesso di aggiornare ieri ma i miei mi hanno tolto il computer :(
Anyway, cosa ne pensate? A me piace la piega che sta prendendo questa storia.
Vi prego però, RECENSITE!!!!
Ringrazio quelle due bellissimissimissime recensioni per lo scorso capitolo, per me è davvero importante che voi recensiate quindi vi prego: FATELO!
Ok vi saluto che il libro di latino ha bisogno di un abbraccio (?).
Ciaoooooooo!

                                             
                                                                                     
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Take_Me_ Home