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Autore: The Shadow of the Sun    07/01/2013    0 recensioni
'Le sfumature del vento' parla delle varie sfumature della vita. Ogni personaggio ha una storia diversa dalle altre, chi vive fin da piccolo nel lusso e chi per vivere deve rubare. Chi ha una famiglia numerosa e chi invece non ha conosciuto neanche i propri genitori. In ogni modo tutte queste vite diverse, si uniranno, come ogni anima, una volta libera, si unisce al vento che viaggia in ogni luogo, per portare conforto.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SEI
 
Lungo il tragitto, pensai solamente a Juliette Volpe. Pensai che nonostante l’avessi trattata nel peggiore dei modi, non mi aveva negato l’aiuto.
‘Puoi prendere in giro molte persone con quest’aria da dura, Jane. Ma non me.’ Risi e scossi la testa ripensando a quelle parole. Aveva colpito nel segno, aveva capito tutto.
“Ehi Jane, tutto ok?” chiese il ragazzo dagli occhi di ghiaccio. Sorrisi annuendo e tornai nuovamente nel mondo dei miei pensieri.
Squillò il telefono.
“Dove l’ho messo?! Ma dov’è? Oh, eccolo. Pronto, David?” risposi. Una voce infuriata mi assalì. “Oh .. l’intervista! L’avevo dimenticata! Ma … dov’è precisamente?” chiesi subendo ancora le urla di David. “Ah … in Spagna. Capito. Arrivo subito! Cinque minuti e sono lì!” chiusi la chiamata con le urla e le minacce di David. “Kurt, tanto per sapere … dov’è che siamo?” chiesi sperando in una risposta confortante. “Mah, piuttosto vicini direi .. siamo solo in SICILIA!” affermò per poi ridere. “Oh cazzo. Ma se ieri eravamo a Milano!” dissi dubbiosa. “Sai, quella ragazza coi capelli viola, la ricordi?” si volto per un attimo a guardarmi. “Vagamente.” Mentii. “Ecco, è la figlia di … non ricordo di chi, ma è un pezzo grosso!” affermò. “e ieri ci ha portati nella casetta a mare, con l’elicottero.” Continuò. “Oh, perfetto! E io adesso come ci arrivo in Spagna?” cominciai a disperarmi. “Sei Jane Cooper! Diamine! Avrai qualche aggancio!” lo guardai stupefatta. “Kurt, ma allora sei intelligente!” affermai per poi prendere il cellulare e fare alcune chiamate mentre Kurt imprecava contro di me.
“Ehiii grandissimo! Ascolta …” cominciai a chiedere favori a destra e a manca, ma senza David, l’impresa divenne ardua. Kurt mi disse di lasciar perdere e con una chiamata, sistemò tutto.
 
“Io ti amo.” Affermai salendo sull’elicottero. “Lo so.” Alzò il colletto. “ma ti odio … perché mi hai tenuto nascosta la ragazza di cui ti sei innamorato …” lo guardai con sguardo malizioso. “come fai a saperlo?” mi chiese stupefatto. “Jane, aiutami! Non mi si alza più, va sull’attenti solo con quella ragazza … Come si chiamava .. lo ricordo, aspetta … Roxanne!” risi. Kurt divenne rosso in viso e abbassò lo sguardo. “Non eri tenuta a saperlo” affermò. “Quando me la fai conoscere?” chiesi eccitata. “Mai.” Affermò deciso. “Ma di dov’è?” continuai. Mi rispose che la ragazza viveva in Sicilia e che ieri ne aveva approfittato per andare a trovarla, ma non l’aveva più trovata.
“Forse si è trasferita con i suoi genitori.” Dissi. “No, è orfana ..” mi spiegò ancora che la ragazza orfana di entrambi i genitori dalla nascita, era stata affidata ad una famiglia nobile. “Dove lavora. .” Continuò Kurt. “E’ una schiava in pratica!” affermai sconvolta. “Praticamente ..” continuò affranto.
La colpa era di Kurt, mi spiegò ancora, perché a causa del ritardo di quella sera, Madre Cristina l’aveva mandata via, senza farle finire l’estate in orfanotrofio. Kurt era distrutto, ma come sempre, fingeva di stare bene. “Gli occhi non mentono, Kurt.” Dissi guardandolo. “Non posso fare niente.”
Per il resto del viaggio, nessuno dei due parlò. Fin quando arrivammo in studio.
 
“Jane, eccoti qui! Oh meno male! Le mie preghiere sono state ascoltate!” iniziò David con la sua ramanzina.  Il solito omino entrò per informarmi dei soliti cinque minuti prima dell’inizio.
Mi toccai il capo  ricordandomi del forte mal di testa che si fece risentire improvvisamente, poi di colpo, mi buttarono in scena.
Mi avvicinai alla poltroncina arancione accanto a quella sanguisuga dell’intervistatore. Accavallai le gambe e cominciai l’intervista con un falso sorriso.
“Ed eccoci qui in studio, con la signorina Jane L. Bond!” disse l’intervistatore seguito dagli applausi del pubblico. “Salve a tutti” sorrisi in camera. “Cominciamo con una domanda che assilla molte persone, il suo nome. Si fai chiamare Jane L. Bond, ma il suo vero nome è Jane Cooper. Spiegaci tutto, Jane.” Chiese l’intervistatore. “Si, allora. Il mio vero nome è Jane Lovisa Cooper!” iniziai. “Bond, perché da piccola ripetevo sempre: ‘Mi chiamo Bond, Jane Bond!’ e quindi mi è rimasto questo nomignolo.” Risi. “L. sta per Lovisa, per via della mia parentela con la Garbo! Credo conosciate tutti la magnifica Greta Garbo” sorrisi rivolgendomi al pubblico. “Si certo! E devo dire, che ne sei la riproduzione perfetta.” Continuò l’intervistatore. “Sappiamo anche che ti chiamano La Garbo moderna.” Mi disse. Annuii per poi sorridere.  
Pensai che l’intervistatore aveva dimenticato qualche ruga sul viso, probabilmente era ancora in lista di attesa dopo Madonna.  Notai gli orrendi mocassini blu che ogni uomo si ostinava ad indossare perché “di moda.”, poi vidi dietro le quinte, una chioma viola, sgranai gli occhi, pensavo fosse Juliette, mi alzai mentre la donna si voltava verso di me, ma non era lei e tra le facce sconvolte del pubblico, mi risedetti su quella comoda poltroncina arancione.
“Signorina Cooper?” chiese stranito l’intervistatore, mentre io tornai coi piedi per terra. “Si?” risposi. “E’ tutto ok?” domandò ancora preoccupato. Feci cenno di si con la testa e continuai l’intervista.
 
Finalmente l’intervista finì ed esausta mi gettai su una delle poltroncine verdi del camerino.
“Spero tu sia in forze, perché adesso …” cominciò David guardando l’agenda con tutti gli appuntamenti. “Adesso niente! Ho fame!”  esclamai. “Infatti hai un pranzo con …” venne di nuovo interrotto. “con me!” esclamò Kurt entrando nel camerino. “Oh, andate al diavolo!” David imprecò gettando in aria l’agenda e uscì dalla stanza.
“Sei la mia salvezza!” buttai un sospiro di sollievo. “Non ti rilassare, dobbiamo parlare di lavoro.” Esclamò Kurt. “No, parliamo della tua amata Siciliana!” risi. Kurt divenne rosso in viso “parliamo di Juliette Volpe invece eh?” mi zittì. “E’ una stupida fan.” Risposi prendendo la giacca e uscendo dal camerino. Kurt mi segui e ci dirigemmo verso il ristorante nella nostra lussuosa limousine nera.
 
Osservai le case lungo la strada, era tutto grigio e triste.
Scesi dalla macchina e subito l’autista mi coprì con l’ombrello. Notai invece una madre, con quattro bambini che si riparavano sotto un balcone in mancanza di un ombrello. “Dammi un altro ombrello!” ordinai. “E’ l’unico signorina Cooper.” Ribatté educatamente l’autista. “Kurt, dammi il tuo!” porsi la mano verso di lui. “Non ci penso nemmeno!” esclamò superandomi. “Possibile che non ci sia un ombrello?” Guardai sulla mia testa. “Ecco! Non conosco il suo nome, ma mi dia quest’ombrello.” Annuii. “Devo dissentire, signorina Cooper. Non posso rischiare che prenda un malanno!” esclamò sempre in modo cordiale. “Ma le sto ordinando di darmi l’ombrello!” ordinai ancora. “Mi spiace, signorina Cooper.” L’autista non batté ciglio.
Non voleva ascoltami? Beh, avrei fatto di testa mia! Mi misi a correre ed andai in un negozietto vicino, dove in precedenza avevo intravisto qualche ombrello. Ne presi cinque e dopo aver pagato uscii di corsa verso la donna con i quattro bambini. “Salve.” Dissi sorridente. “Le ho comprato degli ombrelli..” la donna non mi lasciò finire “Le sembro una morta di fame? Ho abbastanza soldi per comprarmelo da sola!” esclamò infuriata.
Me ne andai con i cinque ombrelli tra le mani, i capelli ormai ricci, il trucco sbavato su tutto il viso e i vestiti ormai fradici.
L’autista mi guardò, ma non disse nulla. Non ce n’era bisogno, avevo già intuito tutto. “E’ stato comunque un nobile gesto” sussurrò. Lo guardai e gli sorrisi, poi velocemente corsi in bagno, mi risistemai il trucco e cambiai gli abiti zuppi d’acqua.
Tornata al tavolo buttai un sospiro e come una tigre a digiuno da mesi, cominciai a mangiare tutto ciò che capitava sotto le mie fauci.
“Gli altri ragazzi?” chiesi con la bocca piena. Kurt mi guardò e scoppiò a ridere “Oggi non verranno.” Disse tra le lacrime “era troppo tempo che non ti vedevo mangiare così!” iniziò a battere i piedi. L’intera sala si voltò a guardarci e pian piano le risate di Kurt, contagiarono tutti i presenti. “Kurt, Kurt, Kurt!” cominciai, ma lui non smetteva di ridere.  “Kurt, se non la smetti, urlo davanti a tutti che il tuo amichetto laggiù ha fatto cilecca.” Kurt divenne serio di colpo. “Ecco, così va bene. Comunque ..” cominciai. “per quanto riguarda Juliette.. è stata solo molto gentile. Non mi importa nulla di lei.” Affermai. “Ma io non ti ho chiesto nulla.” Ridacchiò. “Il fatto è che non so che mi prende, è stato di colpo. Quando l’ho guardata negli occhi, ho sentito come un pugno nello stomaco, una mano che stritolava il mio cuore, una orribile sensazione.” Scossi la testa. “Si chiama INNAMORARSI, Jane.” Sorrise. “Ho provato la stessa cosa per Roxanne …” abbassò lo sguardo. “Ma io sono innamorata di Taylor Momsen!” affermai decisa. “Evidentemente no, anche io credevo di essere innamorato di te.” Mi guardò negli occhi. Calò il silenzio per qualche istante. “Cosa?” dissi balbettando. “No tranquilla, sbagliavo! Mi son reso conto poi che le sensazioni son diverse. Ho capito che la mia gelosia nei tuoi confronti è come se ti sentissi sangue del mio sangue. Come se tu fossi mia sorella.” Mi sorrise. “Ah .. quindi non ti piaccio?” chiesi con lo sguardo basso e un tono malinconico. “Desideravi fosse il contrario?” cercò il mio sguardo. Scrollai la testa e gli sorrisi. “Ma ti pare! Sei come un fratello per me! Yo brò!” gli tirai un pugno sulla spalla.
Lui sorrise.
In realtà, non avevo mai pensato a Kurt come qualcosa di più di un amico e probabilmente non lo desideravo neanche, ma sapere che c’era qualcuna, a cui poteva volere più bene che a me, mi uccideva.  L’avrei conosciuta, osservata e solo se l’avessi ritenuta degna e non una possibile minaccia, l’avrei accettata e l’avrei fatta entrare nella vita di Kurt, questo era poco ma sicuro. 
  
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