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Autore: Roxar    08/01/2013    11 recensioni
Lui sa che lei non sa.
«Orsù, compari, dovrete convenire con me che gli scrittori avevano un certo culo nelle faccende amorose».
Lei non sa che lui sa.
«Chi mai potrebbe mandarti questi telegrafici post-it anonimi, Lily? Sicura che non sia una trovata di “Vanity Witch”?»
Lui sa e non ci sta.
«Violeresti la legge numero 15: Uso improprio dei gufi».
Lui sa ma non ce la fa.
«Compare, tu stai cercando di dirmi che tenterai di conquistare la Bertuccia con biglietti anonimi? Ti prego, ti prego, lasciami qui a morire dal ridere fino a che non mi si torceranno le budella in gola».
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Dal capitolo 2: PS: La tua fantasia è come te: imbarazzante.
Dal capitolo 4: «Il prezzo. Ho scordato di staccare il cartellino col prezzo dal regalo per Evans».
Dal capitolo 5: Da quel giorno, la sessualità di Sirius Black venne ampiamente messa in discussione.
Dal capitolo 8: «Puoi evitare di svenire? Ho bisogno di conforto».
Dal capitolo 9: «Vuoi complimentarti per la mia ragazza-procione?»
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wolfstar'
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5. Capitolo IV.

Quando lustrare le segrete di Hogwarts ti cambia la vita. O quasi.

 

 

 

 

I giorni si trascinarono nel tempo, tra compiti, interrogazioni e una singolare corrispondenza.

Da quando Lily Evans aveva accettato di intraprendere questa nuova, eccitante e misteriosa strada il numero dei biglietti era progressivamente aumentato, così come si era rinsaldato l’evanescente legame tra lei e Anonymous.

In quel paio di mesi – settembre e ottobre – avevano discusso su tutto: guerra, politica, Ministero, Colui-che-non-deve-essere-nominato, amicizie finite, amori improbabili e addirittura di letteratura inglese – cosa che a Lily piacque moltissimo e che la portò a stabilire che Anonymous era un bravo ragazzo.

Eppure, quando novembre fece il suo ingresso in un martedì temporalesco, la bolla di ilarità e leggerezza scoppiò all’improvviso e a Lily non restarono che sputi di gioia qua e là.

Strani fatti accaddero a Hogwarts. Studenti Babbani vittime di inspiegabili incidenti, bestie magiche che impazzivano, Hagrid che si era messo in ghingheri e che portava un fiore all’occhiello.

Il mondo fuori, poi, era un vero casino.

Mangiamorte ovunque e ovunque morti, Anatemi, traditori e truffatori, subdoli ladri che svaligiavano i piccoli negozi di Diagon Alley nel cuore della notte, commercianti sull’orlo della bancarotta, costretti a chiudere la bottega e ritirarsi in casa, delusi e amareggiati.

Lily ne aveva parlato con Anonymous e dai biglietti di lui era emersa una certa rabbia appena repressa. Si era espresso a più riprese sulla salvaguardia dei Nati Babbani, di come i Purosangue affiliati di Vold— ehm, lui, andassero appesi per la gola ad un ramo e lì lasciati a morire, di come Silente dovesse rinsaldare la severità delle punizioni.

Di come la McGranitt doveva piantarla di indossare quei suoi orrendi guanti di pelle di drago azzurri (ma questo, ad onor del vero, non c’entrava nulla).

 

Di biglietto in biglietto, l’ammirazione di Lily per il ragazzo cresceva e pareva destinata a non esaurirsi più.

Quel ragazzo pareva fatto su misura per lei e dalle sue parole traspariva una sincerità autentica.

 

A metà novembre le recapitò un biglietto che la fece addirittura commuovere.

 

 

 

Sei una bella persona, il lato migliore di questo mondo coglione.


A.

 

 

 

Occorre precisare ai lettori che, tuttavia, Lily provò una strana sensazione.

Aveva la netta idea d’aver già sentito quelle parole, d’averle colte da qualche parte, qualche tempo fa.

Piegò la mente e la costrinse a viaggiare indietro, indietro, senza tuttavia portare nulla di utile.

Poco importava. Le aveva indubbiamente lette da qualche parte o si trattava di quel fenomeno mentale chiamato deja-vù.

Chiuse la questione con un sorriso imbarazzato e lusingato, ripromettendosi di rispondere al galante Corvonero non appena fossero finite le lezioni quotidiane.

 

Eppure, se la giovane Lily avesse insistito, avrebbe certamente ricordato che quelle stesse parole lei le aveva colte di nascosto, quasi per caso, in una sera in cui James Potter e Remus Lupin erano di ronda al pian terreno.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

La McGranitt fu particolarmente impietosa quel giorno.

Sottopose i suoi studenti più anziani alla trasfigurazione umana, estremamente pericolosa e instabile, soprattutto se praticata da giovani streghe e giovani maghi.

 

«Forse qualcuno vuole offrirsi volontario?»

La domanda galleggiò tra i presenti e occorsero parecchi secondi prima che essa facesse presa nei loro animi.

Tutti si ritrassero impercettibilmente dietro i loro banchi e le bacchette, fino ad un attimo prima esposte in bella vista sui banchi, scivolarono accidentalmente in grembo ai loro proprietari.

 

«Signor...» i suoi occhialetti tondi rifletterono il viso di molti ragazzi – improvvisamente molto affaccendati – fino a posarsi senza più muoversi. «... Potter».

 

«Cosa?»

Molti risero, altri pensarono che Sirius, al suo fianco, lo avesse appena colpito tra le gambe.

 

«Venga, venga. I suoi compagni necessitano di una dimostrazione pratica».

 

In quel momento, la McGranitt probabilmente ricordò tutte le volte in cui Potter le aveva apertamente disubbidito o mancato di rispetto o messa in ridicolo con i direttori delle altre Casa.

James, altrimenti, non avrebbe saputo spiegarsi perché la donna invitò Lily Evans ad eseguire l’incantesimo su di lui.

 

Le spiegò con esattezza a cosa pensare e a come formulare l’incantesimo, nonché il movimento oscillatorio del polso.

 

«In cosa devo trasformarlo, professoressa?»

 

Uhm, il tono della sua voce era troppo gaio.

 

«Mi stupisca» replicò l’altra, facendo un passo indietro.

 

Potter avrebbe voluto dirle che era una piccola bertuccia stronza, che nei biglietti era tutt’altro che vendicativa o sadica, che era un’ingenua e una credulona, che il suo piano era andato talmente bene da superare ogni aspettativa (perfino le più catastrofiche che, guarda caso, erano quelle di Remus).

Che... che... che era una piccola bertuccia stronza, insomma.

 

E James avrebbe volentieri formulato altri gentilissimi pensieri se non fosse stato per quel formicolio bruciante che risalì dai piedi, attorcigliandosi intorno al fegato, che gli strinse lo stomaco e gli avviluppò il cervello intero.

 

Fece appena tempo ad esalare un rancoroso “Stronza!”, poi, là dove c’era stata la sua figura snella e longilinea, ci fu solo il pelo rossiccio e vaporoso di un graziosissimo Volpino della Pomerania.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Ovviamente Potter finì in punizione.

Essendo il suo filtro bocca-cervello spesso otturato di impulsività, dopo essere ritornato umano – qualche ciuffo di pelo rossiccio ancora incastrato tra i capelli neri – diede inizio ad un’invettiva contro Lily Evans che oh, quanto amore!, oh, quanta civiltà!.

Ovviamente anche Lily finì in punizione, giacché, per una femminista tenace come lei, era stato impossibile accettare passivamente tali belle parole.

 

La McGranitt li cacciò (al fine della collettiva comprensione, è bene specificare ai lettori che la docente li cacciò personalmente, una volta artigliate le loro braccia) dall’aula, intimando loro di non muoversi, di non parlare, di non guardarsi e, se riusciva loro, di non fiatare.

 

Due ore dopo l’intero corpo studentesco di Hogwarts aveva appreso del gesto della McGranitt che, ad onor del vero, molti, da quel momento in poi, guardarono con cauta ammirazione (Potter non era poi così benvoluto).

 

James e Lily, comunque, furono costretti a scendere nelle segrete del castello – luoghi rimasti inesplorati da almeno un secolo, dai tempi in cui Gazza soleva trascinare laggiù gli studenti più indisciplinati – e, muniti solo di secchio e spazzolone, fu ordinato loro di tirare a lucido le prigioni, i pavimenti, le sbarre delle celle, i catini arrugginiti e perfino i candelabri incrostati di polvere, terra e cose morte.

 

«Non ci posso credere, non ci posso credere!» disse Lily per la cinquantottesima volta – o la sessantesima?, si domandò distrattamente il ragazzo – sbalordita, sgomenta e indignata come poche volte l’aveva vista.

 

«Credici» rispose per la cinquantasettesima volta – o la cinquantanovesima? – e impugnò la scopa di legno vecchio e marcio, iniziando a fregare con forza sul pavimento lercio.

 

Lily afferrò la sua, di scopa, e rimase immobile.

Fissava insistentemente il ragazzo, provando la medesima sensazione di come quando si dimentica qualcosa ma non si sa cosa.

Notò che più volte si scansava i capelli dalla fronte o che spingeva gli occhiali sul naso o che le sue guance si gonfiavano subito prima di svuotarsi in uno sbuffo nervoso.

 

Lily non lo avrebbe mai ammesso, ma quello fu il primo giorno in cui guardando Potter le si bloccò la saliva in gola e avvertì l’esigenza di non guardarlo.

Fu un fenomeno strano, in fondo. Intrappolato tra l’astio e il piacere, tra il dire e il fare, tra il divertimento e il biasimo, tra tante altre cose senza troppo senso.

 

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Quella punizione durò ben tre settimane, giacché fu categoricamente vietato loro di ricorrere anche alla più piccola magia. Venivano scortati da un nostalgico Gazza (oh, quanto mi mancava quest’odore di paura!) dopo le lezioni e riemergevano al pian terreno prima di cena.

 

Non parlavano mai troppo.  Lily si riempiva la testa delle parole di Anonymous e immaginava i paesaggi italiani da lui descritti con tanta cura (Dovresti proprio visitarla, l’Italia), le catene montuose, i boschi rigogliosi spezzati dai ruscelli azzurri, le campagne incolte del sud e le città moderne del nord.

 

James pensava ai prossimi biglietti da vergare (devo farmi venire delle buone idee, cazzo) e ai luoghi di cui parlarle (mi serve un atlante, cazzo), nonché alle giornate meravigliose degne di un diligente Corvonero (per questo ho bisogno di Remus, cazzo).

Però, talvolta, la guardava di sottecchi.

I capelli rossi rilucevano alla luce delle candele e l’elastico con li teneva insieme cadeva sempre.

La guardava con le palpebre immobili quando si chinava a prendere l’elastico e la gonna si tirava un po’ su, scoprendo una fetta di pelle pallida (ho bisogno di un bagno e un calzino, cazzo).

 

Solo una volta Lily lo aveva colto in fallo e l’attimo dopo James era zuppo d’acqua sporca.

 

Comunque, dopo le prime ore, iniziarono a parlarsi. Dapprima furono solo insulti.

 

«Che imbecille. Che idiota».

«Sta’ zitta, bertuccia».

«Smettila di chiamarmi così!»

«Colpa di Sirius, mi ha contagiato».

«Bruciate all’inferno, tu e lui!»

«Sai che se continuerai a piegarti in quel modo delizioso avrò il più meraviglioso orgasmo della mia vita?»

«Sei un maiale».

«No, sono un Volpino della Pomerania».

Lily a quel punto doveva girarsi altrove per reprimere un sorriso.

 

Poi i dialoghi cambiarono e si tinsero di rosso, con grande riprovazione di lei.

 

«L’hai mai fatto, Evans?»

«Questo non ti riguarda».

«Vuoi provare?»

«Non sono incline ad ottemperare alla tua proposta».

«Sai che quella lingua potresti usarla diversamente?»

«Per mandarti a fanculo, intendi?»

«Sono prontissimo. Sapevi che vaffanculo letteralmente indica vai ad avere un rapporto sessuale anale?»

«Maiale».

«Volpino della Pomerania, prego».

E le labbra di Lily tremavano e quelle di James ridevano.

 

Una settimana dopo avevano stipulato un’alleanza contro il nemico comune.

 

«Dovremmo parlare con la Belkins, sai?»

«Hai ragione. Sono stanco di dover difendere in continuazione i miei testicoli».

«Sono io a doverlo fare, mentre tu urli come una ragazzina in calore».

«Sciocchezze. Quella donna dovrebbe essere buttata fuori da Hogwarts».

«Già».

«Come, come?»

«Ho detto: già».

«Ehi, siamo d’accordo su qualcosa».

«Evidentemente».

 

Due settimane dopo James aveva sgraffignato qualche dolce in esubero dalle cucine (Tutto quello che desidera, signor Potter signore; possiamo prepararle tutto, ogni cosa!) e a metà punizione gettarono le scope da parte e seduti sul pavimento lindo e splendente, schiena contro schiena, mangiarono muffin, plumcake al cacao e toast al prosciutto ancora tiepidi, complimentandosi con gli elfi che, ehi, sapevano il fatto loro.

 

Quando la punizione terminò, però, tornarono a comportarsi come di consuetudine.

E mentre l’esperienza con Potter scivolava sempre più nel baratro delle cose inutili e perditempo, il legame con Anonymous diventava più tangibile e concreto.

 

Di quando in quando, Lily ripensava a quella punizione, alle segrete che ora luccicavano di rinnovata pulizia, ai dolci e alla voce di Potter.

Ripensò a quei capelli che le avevano solleticato la nuca scoperta e alla sua guancia che una volta aveva sfregato contro la sua, quando Potter si era voltato per chiederle se le banane al cioccolato fossero di suo gradimento (Lily lo aveva schiaffeggiato sull’altra guancia senza aver notato la mano di Potter che le offriva il citato dolce. Fu una brutta figura, in effetti).

 

Poi venne dicembre.

Prima delle vacanze, Anonymous le spedì un pacco.

 

 

 

Carissima,

permettimi di augurarti un buon Natale. Spero che le divergenze con la tua famiglia possano appianarsi e non badare troppo a tua sorella. Lei non capisce, lei è solo spaventata dalla tua magia.

Io non ho fratelli né sorelle, ma se ne avessi non potrei mai odiarli. È difficile odiare il proprio sangue.

Sono sicurissimo – ci metterei la bacchetta sul fuoco – che lei ti vuole ancora un gran bene. Dalle tempo, falle un bel regalo.

E a proposito di regali, io ti allego qui il mio. Ho appreso abbastanza sui tuoi gusti per essere certo che questo ti piacerà. Spero li indosserai e che quando lo farai, il tuo pensiero andrà al tuo amico di Corvonero.

Infine, fai attenzione. Fuori c’è la guerra e se non tenessi così tanto alla mia identità mi apposterei sotto casa tua solo per proteggerti e per far sì che alla mia amica di piuma non accada nulla di male.

Perdona la lunghezza del messaggio, ma non ho potuto tagliare nulla.

Buon Natale, dolce ragazza.

Affettuosamente tuo,

 

Anonymous.

 

 

Lily sorrise scioccamente al biglietto e scartò la carta dorata del pacco.

La sciarpa, il berretto e i guanti erano di morbidissima lana azzurra – il suo colore favorito – e, notò, al berretto era rimasto attaccato il cartellino di un noto negozio di Diagon Alley, con il prezzo e tutto quanto.

Non poté fare a meno di ridere. Che Corvonero sbadato, quel Nicholas.

Tuttavia non poté non apprezzare il regalo.

Il giorno in cui i bagagli furono tutti ammassati nella Sala d’Ingresso, Lily Evans indossava la sciarpa azzurra, il cappello azzurro e i guanti azzurri.

 

James, qualche metro più indietro, sorrise dolcemente senza neppure rendersene conto.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Biglietto dopo biglietto, Lily si era aperta.

Come il fiore di cui portava il nome.

Aveva confessato al suo misterioso confidente ogni piccola cosa, dal suo colore preferito, ai suoi cibi prediletti, i problemi con sua sorella e la sua passione per i fiori, la sensazione di sentirsi talvolta tagliata fuori dal suo stesso sangue (non aveva avuto il coraggio di scrivergli apertamente del suo stato di sangue), di come Potter l’avesse perseguitata e di come adesso si parlavano appena, della punizione che avevano condiviso.

Gli raccontò perfino del suo sorriso, di quello che tante volte aveva osservato di nascosto, dopo quella punizione.

Lily lo aveva notato solo dopo, ma dopo quella confessione, Anonymous s’era fatto più cupo e telegrafico.

Gli aveva perfino domandato se avesse detto qualcosa di male e lui aveva negato, sostenendo che era un periodo poco felice e che aveva certi problemi personali di cui preferiva non discorrere.

Lily allora aveva adottato la sua tattica del fai-finta-di-niente-e-vai-avanti.

Pochi biglietti dopo, Anonymous era tornato quello di sempre, solare e dolce.

 

Lily non aveva mai avuto un’affinità tanto intensa con nessuno.

Ma la verità era un’altra: aprirsi con un estraneo, qualcuno di cui non si conosce il viso o la voce, era molto più facile.

L’estraneo non avrebbe potuto guardarla negli occhi o ridere di lei e, forse ipocrita o forse no, l’avrebbe consolata e sostenuta.

 

Per questo, mentre l’Espresso viaggiava a tutta forza, covò per la prima volta il desiderio di incontrarlo, di conoscere quell’amico di penna, di dargli un volto e una voce.

Lily sospirò contro il finestrino, notando che solo allora lei non gli aveva regalato nulla.

Rimediò alla prima fermata del carrello.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

«Cazzo!» gridò e si prese le mani tra i capelli.

 

«Cos’hai?»

 

«Il prezzo. Ho scordato di staccare il cartellino col prezzo dal regalo per Evans».

 

Remus e Peter risero, Sirius lo schiaffeggiò sulla guancia.

 

«Sei un coglione. Sai cosa succede ad un Black se dimentica di rimuovere il prezzo da un regalo?»

 

«Non lo voglio sapere» sospirò malinconico, passandosi la mano sul viso arrossato.

 

Remus si schiarì la gola, con quella sua tipica arietta da sto-per-comunicarti-qualcosa-che-potrebbe-non-essere-di-tuo-gradimento.

 

«Non hai pensato al fatto che lei adesso potrebbe andare in quel negozio e chiedere chi le ha recapitato quel completo?»

 

James perse colore e Sirius tese le braccia, pronto a sorreggerlo (non senza essersi accertato che il ragazzo non era in procinto di vomitare).

 

«Cazzo» ribadì, come se prima non fosse stato abbastanza chiaro.

 

«Spera solo che Lily ormai sia convinta che tu sei estraneo a tutto ciò» replicò l’altro, tornando poi a mangiucchiare la tavoletta di cioccolato che Sirius gli sottrasse abilmente e ingurgitò tutto d’un fiato (fu uno spettacolo disgustoso).

 

«Io stavo pensando di troncare» annunciò d’un tratto e il cielo, oltre il finestrino, si tinse di grigio.

 

«Cosa?» fece eco Peter. «Ma come, ora che il tuo piano andava così bene?»

 

James spiegò con la padronanza di linguaggio di un bambino di quattro anni che Lily stava sviluppando un sincero legame con Anonymous e che non voleva darle una delusione quando lei gli avrebbe domandato di vedersi.

 

«Perché accadrà, me lo sento».

 

Contrariamente alle sue aspettative, nessuno parlò più.

E James rimase a crogiolarsi nell’incertezza.

 

 

 

 

 


 

 

NdA: Orbene, settimana nuova, capitolo nuovo.

Non credo di avere particolari note a riguardo del capitolo (probabilmente lievemente più demente dei precedenti), ma se qualcosa non fosse chiaro non esitate a farmelo sapere, tramite, uhm, un recensione o un MP.

Ciò detto, io mi sento in dovere di condividere con il mondo i bellissimi quanto inattesi banner che le splendide March Hare e June hanno creato appositamente per Anonymos. Qui quello di March e qui quello di June. Sono bellerrimi, nevvero? :3

Grazie ragazze, vi amo.

E grazie anche a chi ha recensito lo scorso capitolo (♥), a chi ha inserito la storia tra le seguite (siete davvero taaanti!), preferite e ricordate. Vi amo tutti quanti.

Come al solito, se volete farmi sapere cosa pensate della storia, sentitevi pure liberi di recensire. :3

Alla prossima!

 

 

 

Passo e chiudo.

   
 
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