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Autore: PennarelliScarichi    08/01/2013    1 recensioni
Colei che ultimamente ha il viso scavato,logorato e stanco dalla vita in quella città.
O forse da qualcosa di più grave? Non si sa. O meglio,non vuole dirlo.
Tiene tutto dentro il suo fragile corpo.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*anglo d'autore*

Questa,come sempre,va alla mia rondine.
Chiedo scusa se ho tardato a pubblicare il capitolo, ma con le feste e tutto il resto non ho mai avuto tempo di mettermi a sedere e scrivere.
Recensite in tanti!

Baci,
PennarelliScarichi















Rumore assordante, cocci che si schiantarono a terra, nel silenzio della stanza.

Schegge di vetro,paura,sogni infranti.

Pezzi che non si incolleranno mai più, pezzi da buttare.

Distrutti.

-

<< Alessia,ma cosa fai? >>
<< Scusi,signora Grey, pulisco subito. Mi ero un attimo..distratta,ecco. >>
Le finestre illuminavano la stanza: i cocci per terra erano di un colore rossastro, e il terriccio era sparso per tutto il pavimento.
Si era distratta pensando ad altre cose, e non aveva fatto attenzione a quello che aveva in mano,cioè il vaso di tulipani appena comprato.

<< Tranquilla, ti aiuto..>> la donna anziana con i capelli grigi si alzò dalla poltrona e con molta fatica, si diresse verso la ragazza.
<< Signora Grey,stia a sedere,faccio da sola! Non riesce a piegarsi sulle gambe,ormai ha una certa età. >> sorrise Alessia,paziente,riportando la donna a sedere
sulla poltrona.

Era l'unica figura che ricordava della sua infanzia: la signora Grey,conosciuta comunemente come Anne,era l'infermiera che lavorava nell'ospedale dove Alessia era nata. Sola,fin dalla nascita.
Sua madre, una ragazza molto giovane,l'aveva abbandonata lì, in quel luogo la notte del 31 Dicembre, convinta di non poter donare a quella bambina tutto l'amore che una madre avrebbe dovuto dare.
Così l'infermiera in servizio,proprio la donna anziana seduta su quella poltrona,l'aveva presa con sè,consapevole di non poterle garantire l'amore di una madre,ma le cure e l'istruzione che ogni bambino merita.

<< Alessia,siediti qua con me. Parliamo un po',ti va? >>
<< Certo... >> la ragazza si sistemò ai piedi della donna, voltando il suo viso verso di lei.
<< Sei sparita. Non mi sei più venuta a trovare. >> disse la vecchia, con un tono grave.
<< Sì,ho avuto da fare. >>
<< Da fare cosa? >>
<< Sopravvivere. >> sbuffò la ragazza puntando lo sguardo sulle sue mani.
Era come una rondine: ogni tanto aveva bisogno di scappare. E così aveva fatto, non si era fatta vedere per mesi e mesi. Ma,come le rondini, ad un certo punto era voluta tornare al suo nido: i suoi piedi,dopo mesi e mesi, volevano ripercorrere la strada di casa.

<<  Che sono quelle cicatrici,scusa? >> chiese Anne preoccupata,fissando il braccio della ragazza.
<< Ehm...sono ferite di battaglia. >> rispose Alessia, cercando di scacciare i brutti ricordi che le portavano quei tagli irregolari,ma precisi, sui polsi.
<< ferite di battaglia,dici? >> sospirò << e cosa stavi combattendo,se posso sapere? >>
<< Semplice. Me stessa. >> di questa risposta Alessia ne era sicura.
<< Ma Anne, tranquilla,fa parte del passato. Adesso mi sfogo con la musica. >> sorrise.
<< Oh,brava. >> sfiorò le cicatrici,ma la ragazza ritirò il braccio nella manica del maglione e sorrise.

Le persone si convincono sempre,quando sorridi.
Basta far vedere i denti, avere un'aria un po' felice, e tutti si convincono che stai bene.
Ma Alessia stava bene? Non lo sapeva neppure lei.

<< Vuoi che ti dia un passaggio per andare a casa? Non mi piace vedere il tuo bel faccino in mezzo a quella gentaccia,sulla metro. >> affermò preoccupata Anne, cercando di alzarsi.
Erano le cinque,e come sempre, la donna andava al cimitero a sistemare i fiori per il marito ormai defunto.
Spesso la ragazza la accompagnava,ma in quel preciso momento il suo unico desiderio era ritrovare quel ragazzo-senza nome.
Era diventata un'ossessione, i suoi occhi erano stampati nel cervello di Alessia.
<< Tranquilla,Anne. Ho bisogno di vedere...un amico.>> sorrise,pensando che forse sarebbero diventati amici,un giorno o l'altro.
<< Oh, va bene. Ci vediamo dom..>>  << Quando i tuoi piedi vorranno tornare a casa.>> si corresse Anne, conoscendo le abitudini e la testa della ragazza.







 

La ragazza era di nuovo nella metro, pronta per tornare a casa.
Non era sicura di incontrarlo,ma il suo cuore le diceva che da un momento all'altro, gli occhi verdi che tanto amava sarebbero saliti ad illuminare il vagone.
C'era un sacco di gente, nel viaggio di ritorno verso casa: chi tornava dal lavoro,chi aveva paura di tornare da una moglie troppo esigente, o chi da una ragazza molto più giovane,pronta a soddisfare ogni desiderio. Occhi stanchi,occhi pieni di una giornata troppo faticosa.
Alessia,invece,negli occhi aveva la speranza e la voglia di rivedere il ragazzo senza-nome.

Infatti,dopo pochi minuti, quegli occhi illuminarono il vagone, e come la mattina,il ragazzo trovò un posto proprio davanti ad Alessia.
Presa dall'euforia, il suo viso si accaldò, animando le gote di un colore rosso acceso: timidamente prese un libro dalla sua borsa e cominciò a leggere.
Ogni tanto, spiava il ragazzo davanti a lei: aveva le cuffiette alle orecchie e stava imitando un batterista molto fogato. Era buffo,ma tremendamente sexy.
In quel momento i freni fecero un rumore assordante,simbolo dell'arrivo alla stazione successiva. Le porte si aprirono, e una folla si scaraventò all'interno del vagone.

<< Signore, COSA STA FACENDO?! >> a parlare fu un ragazzo sulla ventina, ciuffo laccato, sopracciglia ben curate e vestiario molto effemminato.
<< È logico, mi sto appoggiando alla sua borsa. >> un anziano signore, leggermente gobbo e sdentato,sorrise al ragazzo,poggiando ben bene le sue mani unte alla tracolla costosissima.
<< No,no e poi no. Il sottoscritto e il signor Louis Vuitton, la preghiamo di togliere le sue mani sporche dalla MIA borsa. Che oltraggio! >> esclamò stridulo il ventenne, spostando il suo ciuffo e sistemandosi il cappotto costoso.
<< Lei e il signor..che? Comunque, lei e questo Luigi siete proprio scortesi.>>
<< LOUIS. L-o-u-i-s, non Luigi. E sì,siamo scortesi. Si immagina quanto costa questa borsa?! >> il ragazzo stava partendo con una filippica degna di nota,quando il senza-nome dagli occhi verdi intervenne, con grande stupore di Alessia.
<< Signore,si sieda qua. Io rimango in piedi. >>La sua voce era così perfetta: rauca, profonda,ma bella.
Bella.
Alessia non sapeva attribuire altro aggettivo.

Lui 
sorrise, prima all'anziano signore ormai spaparanzato,e poi ( con un po' più di sorpresa nel vederla) ad Alessia. La salutò timido con un cenno, ricordando lo scambio di sguardi della mattina.
Le gote della ragazza diventarono rosse,ma poco importava: lui l'aveva notata,e questo era molto più importante di qualsiasi borsa, di qualsiasi Louis Vuitton e di qualsiasi altro ragazzo.
In quel vagone,c'era solamente lui.

  
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