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Autore: Moiraine    08/01/2013    1 recensioni
Salve a tutti :)
La protagonista, Estel, è una ragazza dal passato oscuro e misterioso del quale apparentemente non ricorda nulla. Vive una vita difficile o, almeno, vive una vita difficile fino all'incontro con un ragazzo speciale.
Questa è la prima storia che pubblico; quindi non fatevi scrupoli e commentatemi o criticatemi.
Buona lettura :) Spera che la storia vi piaccia :)
Genere: Fantasy, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La scia continua

 
«Come stai?» chiese Estel dolcemente all’amica spaventata.
«Quello.. quello.. voleva uccidermi!» urlò, scoppiando in lacrime a abbracciando l’amica che le stava accanto. Estel l’abbracciò e rimase in silenzio. Magari avrebbe potuto dirle che ormai era finito tutto e che poteva stare tranquilla, ma c’era qualcosa che non la convinceva. Non era sicura che il peggio fosse passato.
Anar si avvicinò al coniglio ormai distrutto e lo prese in mano, dopo avergli staccato la siringa dalle dita. Lo osservò attentamente e spalancò gli occhi incredulo.
Quello non era Vortha! Era un piccolo coniglio robotico! Chi aveva potuto costruire una simile macchina omicida, all’apparenza tanto innocente?! E per quale motivo poi se la prendeva con delle ragazze indifese? Chiunque fosse l’organizzatore di tutto quanto, per quale motivo lo stava facendo? Cosa aveva contro quelle ragazze?
Ci fu un rumore di passi che percorrevano il corridoio e dopo qualche minuto entrò Mahtar.
«Cos’è successo?» chiese preoccupato, avvicinandosi al rosato. Il ragazzo lo guardò arrabbiato. Dov’era stato fino a quel momento?! Poi alle sue spalle sentii i passi di altre persone e, quando nella stanza entrarono altri due adulti, capì che era andato ad aspettare i genitori di Shaza per avvertirli di ciò che stava accadendo.
«Il coniglio ha attaccato Shaza, ma siamo intervenuti presto» gli rispose impassibile.
«Vortha?» gli chiese l’uomo stupito.
«No.. uno stupido robot!» urlò, gettando con forza il coniglio contro il pavimento. Il suo gesto fece sussultare entrambe le ragazze. Shaza alzò il viso e incontrò lo sguardo di due persone che ben conosceva e amava.
«Mamma.. papà..» urlò saltando tra le braccia dei genitori. Quelli, contenti che la figlia stesse bene, sospirarono e si rilassarono.
Erano stati spaventati tutta la notte. Erano stati chiamati dal commissario per un caso urgente e avevano dovuto lasciare la propria figlia. Credevano che non le fosse successo niente, ma c’era qualcosa che li preoccupata e che li aveva spinti a tornare a casa il più presto possibile. Il loro timore era stato realizzato.
«Calmati» sussurrò Estel, alzandosi e raggiungendo Anar.
«Calmarmi? Non capisci, Estel, tu non puoi capire!» le urlò con uno sguardo furioso. Lei arretrò spaventata e abbassò lo sguardo.
«Che cosa?» gli chiese in un sussurro. Il ragazzo la guardò per qualche istante in silenzio; gli occhi scintillanti e spalancati dalla rabbia. Sapere di averla attaccata in quel modo lo faceva sentire un verme, anche perché lei non c’entrava niente ed era stupido prendersela con lei.
«Scusami» le sussurrò pentito, muovendosi verso di lei. Estel alzò lo sguardo e lo guardò dritto negli occhi.
«Scusato..» gli sussurrò accennando un sorriso. Lui le sorrise stanco e sospirò. Mahtar gli diede una pacca sulla spalla.
«Riusciremo a risolvere tutto» gli disse. Il ragazzo annuì e lo guardò come se nel suo sguardo potesse trovare la conferma che ciò che aveva appena detto fosse vero. Però, sapeva benissimo che il rosso parlava soltanto per confortarlo; alla fine, la pista che avevano seguito fino a quel momento si era rivelata sbagliata e dovevano cominciare tutto da capo. Il coniglio che avevano rintracciato era quello sbagliato e di Vortha non c’era ancora traccia. Trovarlo sarebbe stato difficile, ma l’avrebbero acciuffato.. dovevano farlo per lei..
Estel li guardò e si lasciò sfuggire un sospiro.
«Dovremmo chiamare la polizia» sussurrò.
«Sta arrivando» le disse il padre di Shaza. Tutti restarono in silenzio.
«Andiamo in cucina: credo che sia necessaria una bella tazza di caldo caffè fumante» disse la poliziotta. Nessuno parlò, ma in silenzio tutti quanti abbandonarono quella camera. Raggiunsero la cucina e si sedettero intorno al tavolo.
«Lei è il famoso Mahtar, dico bene?» chiese l’uomo al rosso, improvvisamente. Questo annuì con un sorriso.
«Posso chiedervi qual è stata l’urgenza che vi ha costretti ad uscire stanotte?» gli chiese. L’uomo guardò sua moglie e, ad un suo cenno del capo, sospirò.
«Vede.. è stato ritrovato il corpo di una ragazza con stampato sulla fronte il nome Vortha. A quanto ne so, è il terzo cadavere ritrovato, e mia figlia sarebbe dovuto essere il quarto» gli rispose, rabbrividendo.
«Un’altra ragazza?» gli chiese Anar disgustato. La donna annuì.
«Il commissario crede che sia tutta opera di qualche maniaco della leggenda di Ainur» disse, versando il caffè nelle tazze. Il ragazzo la guardò stizzito.
«Hanno qualche idea di chi possa essere il colpevole?» chiese Estel curiosa.
«Nessuna..» sussurrò il poliziotto amareggiato.
«Tu hai qualche idea?» chiese la donna a Mahtar. Il rosso la guardò e sospirò.
«Fino a poco tempo fa ero convinto si trattasse di Vortha, ma adesso che ho scoperto che il coniglio assassino è un robot non so da che parte sbattere la testa» sussurrò prendendo con un sorriso la tazza che la donna gli stava offrendo.
«Quelle sono soltanto baggianate» sussurrò la poliziotta, sedendosi accanto al marito. Anar sotto il tavolo, strinse i pugni dalla rabbia, ma cercò di non far notare a nessuno la sua reazione. Però, Estel se ne accorse e, automaticamente, gli strinse la mano per farlo calmare. Il ragazzo la guardo incredulo, e lei, seppur rossa in viso, manteneva un’espressione seria senza avere però il coraggio di guardarlo negli occhi.
Sospirarono entrambi e Anar rilassò i muscoli contratti delle sue dita che, al leggero toccò della ragazza, si era automaticamente rilassati. Stiracchiò le dita e le portò a chiudersi intorno alla mano della ragazza che era corsa subito in suo aiuto.
Voleva ringraziarla e sorriderle. Era strano, ma, anche se si conoscevano da pochissimo tempo, lui si sentiva particolarmente legato a lei, così strana e particolare e che, come lui, aveva le orecchie appuntite.
La guardò e in quel momento accadde qualcosa di strano. Estel si accasciò contro il tavolo e rimase immobile. I vari presenti si accorsero del suo malessere soltanto dopo aver sentito il tonfo sordo della sua testa che sbatteva contro la superficie di legno.
«Estel?» le chiese Anar, preoccupato, alzandole il viso. Si aspettava chissà quale tipo di risposta pur sospettando che quella non gli avrebbe risposto. I suoi sospetti erano giusti, poiché Estel era priva di sensi e non riusciva neanche ad ascoltare le parole del suo giovane amico che, disperate, imploravano che lei si risvegliasse.
 

  
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