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Autore: goldenfish    08/01/2013    0 recensioni
"Se un giorno dovessi morire, tutto ciò che mi appartiene sarà tuo David, tutto, tranne il mio cuore."
Un pacco arriva nella dimora di David, è un pacco fatto di carta da giornale, è piccolo e morbido.
Ma David sa bene a chi appartengono quei pochi vestiti e quella collana di topazio, appartengono a lei, l'unica donna che avrebbe mai amato, così crudele da spezzargli il cuore.
Il pacchetto contiene un foglio scritto a mano: una firma "Dita di cristallo".
L'ossessione per la misteriosa figura che gli ha annunciato la morte della sua amata, lo perseguiterà costringendolo ad una frenetica caccia all'uomo. O in questo caso, alla Morte.
Genere: Malinconico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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2.Invisibile


L'aveva vista per la prima volta in una carrozza del treno, doveva avere circa quindici anni, la faccia era livida e cinerea, e una profonda ferita fresca sullo zigomo destro era stata cucita da una mano inesperta, perché l'infezione era visibile anche un ignorante.

I morbidi capelli le rimbalzavano sulla schiena ad ogni passo.

Aveva un cappotto verde troppo largo e le lunghe gambe nude. Non trovando un posto in cui sedersi si era sistemata a pochi passi da lui, che la fissava incuriosito; aveva lo sguardo stanco e colmo di tristezza, ma si ostinava ad apparire fredda e distaccata.

Era notte fonda eppure il treno era pieno di persone. Un caso più unico che raro.

Lui, però, aveva occhi solo per lei e la guardava, eccome se la guardava, sicuro che non si sarebbe accorta di lui. Nessuna donna si accorgeva mai di lui,oppure gli lanciavano occhiate derisorie e poi si giravano. In vent'anni di età, non aveva mai avuto il piacere di tenere tra le braccia una ragazza, a parte le prostitute del bordello in cui si recava quando il desiderio si faceva incontenibile.

E come dare torto a tutte quelle ragazze? Aveva il viso insipido, asciutto e i lineamenti fragili come quelli di un ragazzino, gli occhi non trasmettevano alcuna sensazione e il sorriso era troppo banale per confondere quel volto vuoto e anonimo. Come la sua esistenza. Nella pensione in cui abitava, il proprietario neanche si ricordava di chiedergli l'affitto. Così il giovane ragazzo dall'infelice nome di Atrèe Garcìa aveva cominciato ad essere anonimo anche nell'anima e nei propri ricordi che brutalmente deformava, per dimenticare la pace e la serenità della casa paterna che si era tanto ostinato a lasciare,per fuggire alla ricerca di una vita fatta di divertimento e vizi, che si era inaspettatamente trasformata in un abisso di solitudine e di amarezza che gli corrosero la giovinezza prematuramente, fino a ridurlo nel reietto e patetico uomo che era diventato. Non aveva nient'altro da provare, e la noia e la povertà l'avevano reso patetico anche a se stesso. Atrèe Garcìa si faceva schifo da solo, e pensava di meritare appieno quel cuore gonfio di rimorsi e tristezza che si portava dietro, come un macigno da ormai troppo tempo.

Erano questi i sentimenti che lo animavano mentre guardava quella ragazza a pochi passi da lui, se solo non si fosse sentito così inutile le avrebbe sorriso, invece di limitarsi a fissarla con un volto privo di espressione.

Ad un certo punto però, lei si girò di scatto, come se sentisse i suoi occhi che la studiavano con interesse. Non si arrabbiò e non si spostò. Gli sorrise, semplicemente. Atrèe sentì un veloce calore pervadergli le guance, e una bomba esplodergli nello stomaco. Quella ragazza lo aveva stregato e di punto in bianco decise che sarebbe stata sua. Dopo tanti anni grigi e passati in solitudine, nei quali era l'unico a conoscere il proprio nome, gli sembrava che quel sorriso fosse la cosa più preziosa e più bella della sua vita, e la ragazza che lo portava doveva essere sicuramente un angelo, inviatogli da Dio, come segno che non l'aveva abbandonato e che non sarebbe morto nell'ombra e dimenticato da tutti, come aveva sempre creduto.

La ragazza scese la stazione dopo,a Parigi. Esattamente dove doveva scendere anche lui. Un altro segno del destino.

Si ravvivò i capelli biondi e seguì il suo angelo.

La ragazza si mise a fissare il vuoto, come se non sapesse dove fosse, ma poi sorrise passandosi la lingua sul labbro superiore e s'incamminò con passo spedito verso un luogo ignoto. Atrèe si sentì in dovere di seguirla, le stava appena dietro camminando con passi impercettibili, ma lei si accorse e si voltò.

Non trapelava nessun sentimento da quel viso tumefatto.

Mi segui?”

Si” ammise.

Perché?”

Non lo so”

Sei quello del treno, come ti chiami?”

Atrèe Garcìa”

Conoscevo un' Isabel Garcìa, è tua parente?”

No, io non ho più una famiglia...”

Io sono Elèonore Bonnet, e ora ti prego di non seguirmi più” e fece per incamminarsi, ma lui non voleva lasciarsela sfuggire e cercò di prendere del tempo.

Aspetta” lei si girò con la stessa inespressività di prima.

Dove stai andando a quest'ora della notte? E' pericoloso, i tuoi genitori saranno sicuramente preoccupati”

Se mia madre si fosse preoccupata per me, non mi avrebbe mai mandato in convento a farmi picchiare tutti i giorni. Vivo bene da sola, e comunque so dove andare. Ci si rivede, allora.” sorrise amara, e svanì dietro l'angolo della via.

Atrèe la lasciò così, immobile, aspettando che svanisse.

Gli aveva parlato. E gli aveva pure detto che si sarebbero rivisti. Non c'era dubbio, era proprio un angelo. “Non posso lasciarla scappare così” si disse, e trasgredendo all'ordine della ragazza, la raggiunse e la convinse a farsi accompagnare, nonostante tutte le preghiere di lei di lasciarla in pace.

Dopo qualche minuto raggiunsero un locale malfamato e male illuminato. Era un bordello.

Ecco io abito qui. Grazie per avermi accompagnato con la forza”

Rimase allibito. Un bordello. Il suo angelo non era altro che una vile prostituta?

Sei una puttana!”

No.” rispose lei indignata.

So leggere, scrivere,suonare il violino e rammendare, mi procuro da vivere così; vado dove servo e basta. Abito qui solo perché non ho altro posto in cui stare.” concluse dopo avergli chiuso la porta in faccia.

 

Atrèe quella sera tornò a casa e si masturbò pensando a quella giovane donna che gli aveva rapito il cuore e la mente, ridandogli di nuovo un senso per vivere.

  
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