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Autore: sara_sessho    11/01/2013    2 recensioni
Dal prologo:
La scritta “Tanti Auguri Ailera” brillava leggermente sotto la flebile luce delle candeline.
“Dai su, ci sarà pure qualcosa che desideri” dissi a me stessa. Pensierosa alzai un secondo lo sguardo e vidi il mio libro preferito “Il Signore Degli Anelli” appoggiato sulla mensola. Sorrisi leggermente e riabbassai di nuovo lo sguardo.
“Voglio vivere l’avventura scritta da Tolkien” pensai prima di spegnere le candeline con un energico soffio.
[...]
«No... Questo è... impossibile... Non può... essere... Gran Burrone» dissi incredula, guardando ciò che era di fronte a me.
Perché Ailera si ritroverà nel mondo creato da Tolkien? Si intreccerà ai destini di chi? E soprattutto, che ruolo avrà?
Lo scopriremo solo vivendo.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                                               ~ GREEN AND GOLD ~

 

Stavo tornando nella mia stanza, quando Gandalf mi chiamò.

«Ditemi» dissi, voltandomi e trovandomi di fronte tutta la Compagnia.

«Avrei una domanda riguardo alla profezia» rispose lo stregone «non capisco in che senso dice “nel corso della storia non potrà interferire”».

«Oh giusto» affermai «dovete sapere che, dal mondo dal quale provengo, si conosce già questa storia e di conseguenza so come andrà a finire».

«Allora diccelo» esclamò all’improvviso uno dei piccoli hobbit dall’aria allegra, Pipino molto probabilmente.

Feci per rispondere ma una voce parlò senza che potessi aprire bocca «Non può, non può interferire e quindi non potrà mai rivelare nulla». La voce apparteneva a Legolas senza ombra di dubbio, me lo ero sempre immaginata così e, inoltre, le sue orecchie leggermente a punta e i suoi capelli di un biondo quasi innaturale erano inconfondibili.

Non mi accorsi di fissarlo finché non incrociai i suoi e, sobbalzando, riportai lo sguardo sull’hobbit.

«Ha ragione Legolas, dovrò essere muta come una tomba» sospirai leggermente «ora, se volete scusarmi, vorrei recarmi nella mia stanza».

Senza aggiungere altro, girai i tacchi e con passo sostenuto me ne andai.

Appena mi sedetti sull’enorme letto, mi resi conto che non avevo idea di che cosa fare. Mi sdraiai completamente sopra le lenzuola e fissai il soffitto candido.

Non sarebbe stato facile l’incarico che mi accingevo ad affrontare, non poter cambiare nulla e stare impotente a guardare, sarebbe stato impegnativo e direi anche doloroso, proprio come diceva la profezia. Ma avrei affrontato il mio destino perché volevo dimostrare di essere all’altezza.

In quel momento qualcuno entrò, distogliendomi dai miei pensieri. Era Elrond.

«Ti ho portato degli abiti da portare durante il viaggio» disse.

«Sono in stile elfico, diciamo?» chiesi un po’ timorosa, non che non fossero belli i loro vestiti, ma su di me, mi avrebbero fatta apparire come una perfetta idiota.

L’elfo annuì «Tranquilla Ailera, non sono ingombranti, sono stati fatti apposta per viaggiare e per combattere» rispose, forse vedendo la mia faccia sconsolata.

Sospirai «Mi adatterò».

«Ti ho portato anche delle armi, è meglio che viaggi armata anche se sei una donna» continuò Elrond appoggiando sul letto varie tipologie di spade e archi «Scegli pure».

Il mio occhio cade su un paio di sciabole gemelle e, sorridendo, ne presi una in mano; la estrassi dall’elsa e la feci roteare di lato, con un leggero movimento di polso. Elrond mi guardò leggermente accigliato.

«Sai capace di usarle?».

Annuii «Nel mio tempo mio padre insegnava, come dire, l’arte del combattimento, che includeva anche l’utilizzo di armi, io fui sua allieva sin da quando imparai a camminare».

«Ora non lo fa più?» domandò l’elfo, non notando che il mio sguardo si era rabbuiato.

«No» risposi fredda «Userò queste due sciabole, sono le mie armi preferite».

«Bene, ora ti lascio sola» disse Elrond, prima di  tornare da dove era venuto.

Uscii anch’io dalla stanza e mi ritrovai in un piccolo giardino piuttosto nascosto, e mi sedetti. Parlare di mio padre mi aveva stretto lo stomaco e avevo bisogno di calmarmi.

«C’è qualcosa che non va?» sobbalzando, mi voltai alla mia sinistra e, alzando un po’ lo sguardo, e mi ritrovai davanti Legolas.

«Nulla d’importante» risposi.

«Non mi sembra visto il tuo sguardo» continuò l’elfo.

«Solo il mio passato che si fa sentire».

«Vuoi parlarne o vuoi tacere anche se questo?».

Lo guardai titubante mentre si sedeva sull’erba accanto a me «Ho perso i miei genitori meno di un anno fa, per colpa mia, non ti dirò altro».

«Scusa, non immaginavo, non intendevo mettere il dito nella piaga» si scusò Legolas.

«Tranquillo, non potevi saperlo» gli risposi «comunque posso farti una domanda?».

L’elfo annuì.

«Il colore dei tuoi capelli è così naturalmente?».

Legolas mi guardò leggermente sorpreso «Sì, cosa c’è di strano nei miei capelli?» chiese prendendosi in mano una ciocca.

«Nulla di strano, ma sono di un biondo molto chiaro, però mi piacciono» dissi convinta.

L’elfo, dal canto suo, spostò lo sguardo dai suoi capelli a me «Davvero?».

«Sì» risposi quasi sussurrando, a causa del suo sguardo intenso.

Legolas non rispose, ma alzò la mano destra e, avvicinandola al mio viso, spostò il ciuffo di capelli che copriva il mio occhio sinistro.

«A me piace il tuo occhio verde e oro, non dovresti coprirlo» mi disse, continuando a guardarmi intensamente.

Arrossii leggermente e distolsi lo sguardo «Da dove vengo io, le persone che la pensano come te si possono contare sulle dita di una mano».

«Chi non lo fa ha torto, promettimi che d’ora in poi non lo nasconderai più».

«Posso prometterti che ci proverò, ma non ci contare troppo».

«Ci conto invece» mi rispose sorridendo. Aveva un sorriso così bello che non riuscii a trattenermi e sorrisi anch’io. Il primo sorriso sincero dopo mesi.

Il sole cominciò a calare e decisi di tornare nella mia stanza. Legolas mi accompagnò per un pezzo, poi si diresse anche lui alla sua.

Mi sdraiai immediatamente sul letto, la stanchezza si faceva di nuovo sentire e, senza accorgermene, mi addormentai.

 

Mi sveglio il sole, che batteva insistentemente contro la mia faccia. Sbadigliando mi alzai, e mi spogliai. Tra i vari abiti che Elrond mi aveva dato il giorno prima, indossai dei pantaloni scuri elastici che mi fasciavano morbidamente la gamba e una maglia, sempre scura,  a maniche lunghe. L’elfo aveva ragione, erano comodissimi, l’unico problema era che la maglia era un po’ stretta attorno al petto e mi metteva troppo in risalto il mio seno abbondante per la mia taglia minuta.

Selezionai altri vestiti, che misi in una piccola sacca, appoggiata al muro e che non avevo mai notato, poi presi le due sciabole e me le legai sulla schiena in modo da estrarle facilmente in caso di necessità.

Dopo aver finito di sistemarmi, lasciai la stanza per incontrarmi con il resto della Compagnia.

Quando arrivai, vidi Legolas indicare con il dito il suo occhio sinistro. Capii cosa volle dirmi così, seppur un po’ titubante spostai il ciuffo di capelli dietro l’orecchio, guadagnandomi un suo sorriso.

Arrossii per l’ennesima volta “Maledizione Ailera, da quando basta un sorriso per farti capitolare?”.

«Le ragazzine non dovrebbero giocare con le armi» disse improvvisamente Boromir osservando le sciabole sulla mia schiena.

«Chi ti dice che ci voglio giocare?».

«Le donne non sanno combattere» continuò lui.

«Sfidami quando vuoi allora, ma poi non piangere se ti ritroverai con il sedere per terra».

«Lo vedremo» esclamò quasi ringhiando.

«Eccome se lo vedremo» gli risposi di rimando piccata.

 

Detto questo la Compagnia partì, un lungo viaggio pieno di pericoli li attendeva.

 

 

Angolo Autrice:

Eccomi con un nuovo capitolo. Finalmente è apparso Legolas, meraviglioso come sempre.

Spero che vi sia piaciuto questo capitolo. Ringrazio chi ha commentato, chi ha aggiunto la mia storia nelle preferite/ricodate/seguite e anche a chi legge soltanto.

Alla prossima, sara_sessho.

   
 
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