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Autore: Fog_    11/01/2013    3 recensioni
Seth è una angelo custode, ma odia fare il "baby sitter agli umani".
Bliss è la sua protetta, ma preferirebbe spararsi piuttosto che avere quel ragazzo intorno.
Ma una delle cose che entrambi dovrebbero imparare è che niente è come sembra.
Perchè Seth in realtà non è l'angelo spavaldo che finge di essere, no. Lui convive ogni giorno con la convinzione di aver ucciso l'unica persona a cui voleva bene; lui a Bliss ci tiene davvero; lui vorrebbe solo essere salvato.
Perchè Bliss in realtà è più forte di quello che sembra, eppure ha ancora della debolezze che non riesce a combattere e Seth è una di queste. Lei non è solo l'anoressica a cui è scomparso il fratello, no, lei è la miccia per far esplodere una guerra che si teme da troppo tempo.
Cosa faresti se il mondo che hai sempre creduto reale ti voltasse le spalle? Cosa saresti disposto a sacrificare per salvare la persona che ami? Cosa sceglieresti tra angeli e demoni, tra bene e male?
Seth avrebbe risposto il male.
Bliss il bene.
Ma le cose possono sempre cambiare.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4
Problemi, adrenalina e giardinaggio

 

 
SETH

Quella notte non avevo chiuso occhio.
Non c’ero riuscito, preso com’ero dal cercare di capire qualcosa di più sulla mia protetta.
Verso le sei avevo deciso di andarmene, lasciando un biglietto ad Allyson tra le lenzuola, e avevo camminato lentamente fino ad arrivare a scuola. Costeggiare tutto il lungomare mi aveva sempre fatto bene, avevo preso le mie scelte più importanti con i piedi immersi in quella sabbia fine e con il rumore delle onde come sfondo. Era uno di quei posti che mi ricordava di quand’ero umano, di quando la vita non era altro che un gioco, di quando ero riuscito ad uccidere la persona a cui più tenevo al mondo.
Una volta tra le mura scolastiche decisi che se proprio dovevo fare il malinconico, dovevo farlo per bene. Salii quasi di corsa le due rampe di scale che portavano i biblioteca e poi, improvvisamente agitato, raggiunsi gli scalini di legno ormai praticamente nascosti da una tenda di velluto rosso che portavano a quello che un tempo potevo considerare il mio rifugio speciale.
Dopo la mia morte mi era stato pesino dedicato.
La stanzetta sopra la biblioteca era esattamente come la ricordavo, il divanetto in velluto sulla parete di fronte all’entrata, la finestrella con la panca incavata che si affacciava sul cortile della scuola, la scrivania al centro e tutto il resto dello spazio occupato da libri ormai dimenticati da tutti.
Nessuno ci andava mai lì.
«L’assassino torna sempre sul luogo del delitto» esclamò una voce familiare seguita da un fruscio d’ali e subito dopo la figura esile di Benjamin comparve sul divanetto. Arrivare di soppiatto era la sua passione.
«Peccato però che io non sia l’assassino, bensì la vittima. Almeno qui» controbattei girandomi a guardarlo. Era un bel po’ che non lo sentivo, non mi ero accorto di quanto effettivamente mi mancassero le sue ramanzine.
«Smettila, lo sappiamo entrambi che non sei stato tu ad ucciderlo, altrimenti marciresti all’inferno»
«Infatti è proprio lì che dovrei essere, tra i lussuriosi forse, o…come si chiama quel girone per chi uccide i propri migliori amici?»
«Sono passati quasi diciassette anni, va’ avanti Seth»
Io e Ben avevamo fatto quel discorso così tante volte che ci aveva portato alla nausea. Sempre le stesse domande, sempre le stesse risposte. Non puoi cambiare il passato, non è colpa tua, bla bla bla.
In realtà cosa pensava lui non importava, la colpa era mia e la pura verità era che mi ero ritrovato quelle ali sulla schiena solo perché discendevo da un Arcangelo.
«Perché sei qui? Non credo di star facendo troppi casini. Sto solo cercando di sbrogliare l’incasinatissima situazione di quella Bliss.» domandai schietto, giocherellando con un libro poggiato sulla scrivania. Una vecchia edizione di Amleto stranamente non impolverata, qualcuno doveva essere stato lì negli ultimi giorni.
«Sta succedendo qualcosa Seth, lì su sono tutti preoccupati, persino Alaric si sta comportando in modo strano» spiegò Benjamin, tormentandosi tra le dita la sua maglietta celeste chiaro. Incrociai il suo sguardo e capii che era una cosa seria, non il solito gruppetto di demoni che cercava di rivoluzionare la situazione. «Dicono che è vicino, ma non so a cosa si riferiscano» continuò precedendo la mia domanda.
Aggrottai la fronte per qualche secondo, cercando qualcosa che avrebbe potuto fare riferimento al discorso di Ben, ma non mi venne in mente niente. Era da un mese che non avevo notizie di ciò che accadeva lassù.
«Tienimi aggiornato, ok? Io intanto chiedo informazioni qui in giro»
«Sta attento Seth, se per avere informazioni devi evocare un demone preferisco aspettare e vedere cosa succede»
«Tranquillo paparino, ho dei cari e buoni amici che mi diranno tutto ciò che voglio sapere» dissi ironico, con una mezza smorfia. Avevo davvero qualcuno che mi avrebbe potuto informare, ma quegli aggettivi non erano esattamente adatti a ritrarli. Anche solo pensarlo sarebbe stato eresia.
Ben mi lanciò un ultimo sorriso e mi mimò con le labbra l’ennesimo “stai attento”, poi si alzò la manica della maglia e premette le dita sulla cicatrice sul polso, scomparendo dalla mia vista con un battito d’ali.
Prima di lasciare a mia volta la stanza mi avvicinai alla finestra che dava sul cortile d’ingresso e lasciai che le parole di Ben mi vagassero nel cervello, in cerca di una risposta che però non conoscevo. Cosa stava succedendo?
Poggiai la testa contro il vetro freddo e tenni gli occhi chiusi, aprendo completamente la mente, ma non trovai ciò che stavo cercando. Piuttosto con l’udito avanzato intercettai una voce tra le altre, quella di Cher, che si stava lamentando di Logan con Zach. Perché aveva qualcosa contro di lui? Non che c’era da sorprendersi molto, lei aveva da ridire su tutti.
Le mille voci tra le pareti scolastiche si accavallavano l’una sull’altra, eppure due parole ricorrevano in quasi tutti i discorsi. Il gossip del momento, due nomi che venivano sussurrati da un orecchio all’altro perché si aveva quasi paura di pronunciarli.
Logan e Bliss. Logan e Bliss. Logan e Bliss. Logan e Bliss.
Cosa?
Restai a bocca aperta, dovevo essermi perso qualcosa.
Un altro suono, ancora più forte delle voci, prese a martellare nelle mie orecchie, distraendomi. Un cuore arrabbiato, un cuore frustrato, un cuore che non avrebbe dovuto battere così veloce.
Nel momento in cui realizzai a chi appartenesse, corsi via da quella stanza per andare a cercarlo.
Anzi, cercarla.
 
BLISS

Andare a piedi da casa a scuola, quella mattina, mi aveva fatto bene.
Nonostante la nottataccia, l’aria fresca di Brighton all’alba mi aveva svegliato completamente e in quel modo avevo anche posticipato il fatidico momento in cui Allyson mi avrebbe assalito con le sue dettagliatissime descrizioni della nottata passata con Seth. Lei non era mai stata una tipa facile, una di quelle che te la davano al primo appuntamento, però quella notte lui aveva dormito da lei. Non avevo idea di che razza di incantesimo le aveva fatto per prenderla in quel modo in così poco tempo, ma potevo sempre continuare a sperare che non avessero fatto niente di… compromettente.
Quando superai il portone di scuola mancavano più di dieci minuti all’inizio delle lezioni, così mi diedi tutto il tempo di raggiungere l’armadietto senza dover correre per le scale o affannarmi verso l’aula della prima ora. Non feci neanche due passi, però, che mi resi conto di qualcosa di strano. Una sensazione sulla nuca, un formicolio strano, che un tempo conoscevo bene.
Lì nel corridoio mi fissavano tutti.
E credevo di sapere anche perché.
«Buongiorno» la voce di Logan mi arrivò all’orecchio nel momento esatto in cui riuscii ad aprire l’armadietto. Sussultai esageratamente, richiudendo di botto lo sportello con un rumore metallico, e incenerii il ragazzo con lo sguardo. Lui fece la sua risata cristallina, poi si appoggio agli armadietti sul fianco, cercando di sembrare sexy. Non che non lo fosse, certo, ma non era il primo aggettivo che ti veniva pensando a lui. Logan era più bellissimo, carino, dolce e perfetto che sexy. Seth era sexy.
Non crebbi possibile aver pensato una cosa del genere.
«Che c’è?  Stai cercando di far aumentare la voglia di fare gossip agli studenti di questa città?» borbottai scrutandomi intorno e maledicendo tutte quelle stupide ragazzine che si fermavano a guardarci ad occhi spalancati, come se il fatto che io e Logan stessimo parlando fosse un chissà quale peccato capitale.
«Non è una novità per noi, no?» ribattè lui, avvicinandosi ancora di più proprio per vedere come reagivano gli altri. Un tipo lanciò un mezzo urlo. Logan si faceva amare da tutti.
«Logan, non so se te ne sei accorto, ma sto cercando di scomparire dalla faccia della terra. La tua bellezza, la tua popolarità e il tuo essere dolce non mi aiutano»
Riaprii l’armadietto e presi ciò che mi serviva poi, con le mani forse un po’ tremanti, lo richiusi e feci per andarmene. Ero riuscita a resistere un anno senza parlargli, perché doveva ripresentarsi da me? Non lo volevo di nuovo nella mia vita, non potevo. Mi avrebbe continuamente ricordato Josh.
«Ok, scusa, non volevo rovinare il tuo piano per diventare invisibile» Logan mi raggiunse facendo neanche due passi e mi afferrò il polso, costringendomi a guardarlo. «volevo solo darti questo, te l’avrei lasciato nell’armadietto, ma tu eri lì e ne ho approfittato»
Il biondino mi allungò un sacchetto di carta con la mano libera, accompagnando il gesto con uno di quei sorrisi della Logan-special-and-limited-edition che ti scaldavano il cuore. Non potevo che accettare.
«Me ne vado prima che ti incazzi, buona giornata» le sue parole si accavallarono l’una sull’altra e prima che potessi anche solo reagire si sporse a darmi un bacio sulla guancia e corse via, sempre sorridendo sornione.
Sconsolata, aprii il sacchetto senza aspettarmi chissà che cosa. Conteneva un cupcake al cioccolato con la scritta “eat me” di glassa blu e aveva un profumo che si avvicinava a come credevo fosse il paradiso. Mi si chiuse lo stomaco.
Non mangiavo più cose di quel genere, lo sapeva. Era stato proprio per colpa sua che avevo smesso di mangiarle. Quello era un colpo basso. Inoltre era sabato, il giorno dopo le iniezioni di ferro, e se mangiavo qualcosa al novantanove per cento vomitavo. Lo sapeva, dannazione.
Sbattei con forza quell’orrore calorico nel bidone più vicino e gridai contro a due ragazzine che non facevano altro che fissarmi di smetterla e di farsi una vita. Mi sentivo molto Cher in quel momento, o semplicemente molto incazzata, non che le due cose fossero molto diverse.
Sentivo una strana adrenalina scorrermi nelle braccia, come se avessi potuto tirare un pugno al primo che passava e stenderlo all’istante. Forse non me ne sarei neanche pentita.
 Non era la prima volta che mi capitava, ma non era mai stato così forte.
E mi faceva male l’incavo del gomito.
Il familiare profumo di Allyson raggiunse le mie narici prima che i miei occhi potessero catturare la sua figura stravagante attraversare di corsa il corridoio e fu come una specie di calmante. Riuscì almeno a fermare il tremolio alle mani.
«ieri sei andata a letto con Logan?» domandò investendomi e afferrandomi dalle spalle, cominciando a scuotermi. Quindi era quello che la gente andava a dire in giro? Che avevamo fatto sesso?
«Buongiorno anche a te, Ally»  le risposi seccata, improvvisando un mezzo sorriso. Allyson mi mise un braccio intorno alle spalle e mi trascinò con se al suo armadietto, contagiandomi con la sua aria rilassata. Sembrava felice.
«Andiamo, rispondi, quale delle versioni è vera? Dopo che avete lasciato insieme il crush ti ha portato al molo per una passeggiata romantica, siete andati a casa tua o non ci siete neanche arrivati a casa e avete utilizzato la sua limousine per le vostre sconcerie?»
Non sapevo se ridere, piangere o apprezzare la fantasia altrui, forse un po’ di tutti e tre sarebbe andato bene. Mi ero scordata come la gente riuscisse a distorcere gli eventi e quello, beh, era un particolare della mia vecchia vita che non mi mancava affatto.
«Da chi hai sentito queste storie?» le chiesi mentre apriva l’armadietto. Distesi le braccia per darle una mano a prendere i libri.
«Ho incontrato Jonny Tresh  che ha saputo da Lerry Crow della squadra di lacrosse di Logan la versione della limousine; un gruppetto di ragazzine cotte di Logan dicevano che era troppo buono per scoparti così, quindi sostenevano la questione del molo e Caroline Lanou delle cheerleader ha fatto una foto di voi due che entravate nella limousine fuori dal Crush e poi di lui che ti apre la portiera davanti a casa tua, quindi ha messo in giro la voce della sveltina lì. Ma Caroline non è attendibile, sai, è stata con Logan qualche mese fa ma lui l’ha scaricata dopo neanche tre giorni e a lei è rimasto sullo stomaco» Allyson mi guardava divertita, lo era sera sempre stata dalle questioni come la popolarità o i pettegolezzi, solo che non ci dava importanza.  Ci avviammo verso le scale e più sentivamo la gente parlottare più ci veniva da ridere.
«Non è successo niente Ally, Logan mi ha riaccompagnato a casa dopo che mi hai scaricato per Seth e basta. Piuttosto tu devi raccontarmi qualcosa o sbaglio?»
Probabilmente Ally non aspettava altro che le ponessi quella domanda perché le si illuminò il viso e poco ci mancò che si mettesse a saltare dalla gioia.
«Al crush mi ha baciato»
Bene.
«Mi ha detto che ero la sua ragazza ideale»
Puzzava di cazzata.
«Siamo rimasti lì a ballare per un’infinità di tempo e lui era così bello sotto quelle luci, così sexy, e mi guardava come se fossi l’unica persona in quella stanza»
La situazione peggiorava.
«Gli ho proposto di andare da me perché l’aria si era fatta troppo…calda per stare tra tutte quelle persone»
Il mio cuore cominciò ad accelerare i battiti. Mi stavo agitando per niente, ma non riuscivo a smettere.
«Bliss, è stato così eccitante»
Ecco che ricominciavano a tremarmi le mani.
«Credo che sia stati il sesso migliore della mia vita.»
L’avevano fatto.
L’adrenalina riprese a scorrermi nel corpo. Mi sentivo di nuovo incazzata, elettrica, inquieta.
Non capivo come mai mi stessi arrabbiando in quel modo, era Ally, aveva diciotto anni, poteva fare quello che voleva. Eppure c’era qualcosa, come un martelletto nel cervello, che mi spingeva ad essere aggressiva.
«Ally, lo conoscevi si e no da qualche ora e te lo sei portato a letto? Cosa succede alla dolce e innocente Allyson?» le feci la predica con un tono più rude di quanto avrei voluto, tanto che lei mi guardò come se fossi pazza. Non ero io la pazza, ma lei, lei che si scopava uno al primo mezzo appuntamento. No? Seth poi, cosa ci trovava in lui? Era un ragazzo terrificante.
«Bliss non hai ancora sedici anni, è presto per capire» ribattè mantenendo la calma, nel frattempo mi guardava e cercava di capire cosa mi stesse succedendo. Come poteva se non lo sapevo neanche io?
Avevo voglia di sfogare la mia rabbia su qualcosa.
«Andiamo Ally, cosa c’è da capire? Sei andata a letto con il primo che passava»
A quel punto la faccia di Ally diventò rossa come i suoi capelli.
«Non puoi capire, non lo hai mai provato» ripetè per la seconda volta, facendo traboccare il vaso.
Una miriade di “non puoi capire” mi tornarono in mente tutti nello stesso momento, spiazzandomi.
Tesoro, è mio figlio ed è scomparso, non puoi capire quello che sento.
Si mamma, ti capivo, era mio fratello e stavo provando tutto quello che provavi anche tu.
Non puoi capire quanto ti amo.
Si Logan, lo potevo capire, ti amavo allo stesso modo.
Non puoi capire, non lo hai mai provato.
E invece ti sbagliavi Ally, lo sapevo cosa significava fare l’amore, ma era diverso da quello che avevi fatto con Seth.
Perché tutti pensavano che non fossi all’altezza di capire?
Non riuscii più a trattenermi.
Dovevo colpire qualcosa o sarei potuta impazzire. Non Ally, non un qualche povero studente che passava da quelle parti. Il muro.
Mi girai e troppo incazzata per potermi rendere davvero conto di ciò che stavo facendo, feci per lanciare la mia mano contro il muro del corridoio del secondo piano con una forza uscita da chissà dove.
Le mie nocche, però, non raggiunsero mai quel ripiano duro.
Erano intrappolate nel palmo di un’altra mano.
«Calma i tuoi istinti da Rocky Balboa, piccola Bliss. Il fight club si riunisce in palestra»
Seth, ci mancava solo lui. Quando era arrivato?
Il fatto che fosse lì, a bloccare il mio unico modo di sfogarmi con il suo solito ghigno in faccia, non fece altro che amplificare tutto ciò che avevo dentro, qualsiasi cosa fosse.
Almeno finchè non sentii come una calma improvvisa persuadermi da testa a piedi, partendo dalle dita di Seth strette intorno al dorso della mia mano.
Lui sorrise, come se sapesse ciò che stavo provando in quel momento.
Cosa stava facendo?
«Ciao bellissima» disse qualche secondo dopo, riferendosi ad Allyson. Si sporse verso di lei e le diede un bacio veloce mentre lasciava andare la mia mano. Mi venne da vomitare.
Ero spossata, le braccia che prima raccoglievano fin troppa energia al momento ciondolavano dalle mie spalle senza la minima intenzione di fare ulteriori sforzi, le mani tremavano essenzialmente, la mia testa era vuota.
«Bliss, ma che ti ha preso? Chiamami quando ti calmi» la mia migliore amica mi girò le spalle per la prima volta da quando la conoscevo, lanciandomi un ultimo sguardo scioccato prima di sparire dietro l’angolo che l’avrebbe portata in classe. Seth fece per seguirla, ma una volta che incontrò i miei occhi qualcosa gli fece cambiare idea. Sembrava preoccupato.
«Dai Bliss, se proprio vuoi sfogare la tua rabbia, ti ci accompagno io alla riunione del fight club» avevo sperato che dicesse qualcosa di sensato, ma quella fu l’ennesima prova che Seth non avesse un briciolo di cervello. Prima di andarsene mi sfiorò la spalla con le dita, facendolo passare come un gesto involontario mentre si aggiustava la cartella. Sapevo che l’aveva fatto a posta, lo sapevo perché subito dopo mi sentii ancora più stordita e più calma. Era strano che il suo tocco mi provocasse una tale sensazione.
Averi voluto mandarlo a quel paese, dirgli che non si doveva neanche permettere di toccare me e tantomeno Ally, ma sparì prima che riuscissi ad aprire bocca. Restò solo il suo profumo nell’aria, profumo di aria fresca, di mare e di qualcosa di dolce senza però essere stucchevole che non riuscii a riconoscere. Era il primo punto a favore che gli davo, aveva un profumo paradisiaco. Anzi, il secondo, perché nonostante me ne fossi pentita, pochi minuti prima avevo pensato che fosse sexy.
Lui e quei dannati occhi color ghiaccio.
Era entrato nella mia vita da pochi giorni e già lo odiavo.
 
Una volta suonata l’ultima campanella della giornata l’unica cosa che avrei voluto fare era andare a casa e gettarmi sul divano a vedere film finchè i miei sensi non si fossero completamente assopiti e il sonno avrebbe preso il sopravvento, così da poter dormire tutto il tempo e non essere neanche tentata dal mangiare qualcosa.
Vomitare non era esattamente la mia materia preferita.
Non ero ancora pronta a chiedere scusa ad Ally, così cercai di evitarla quando una volta fuori dal portone attraversai il parcheggio per poter raggiungere la strada. Mi nascosi sotto il cappuccio del felpone di Josh anche perché, se Logan mi avesse visto, non avrebbe esitato a chiedermi se volevo un passaggio a casa sulla sua vespa da bravo ragazzo e io davvero non avevo voglia di creare altri pettegolezzi. L’unica persona che non avevo pensato di sviare, però, fu proprio quella che interruppe la mia tranquilla passeggiata attraverso le stradine animate della città per raggiungere casa.
«Sali» un macchinone argentato inchiodò davanti a me prima che potessi attraversare l’incrocio tra la Lexton e la Vegar. La voce del guidatore giunse forte e chiara nonostante i finestrini fossero completamente alzati.
Suonò come un ordine, un ordine a cui non potevo sottrarmi, e anche se avessi voluto, mi sentivo troppo debole per dire di no.
Sapevo anche da chi proveniva, così non mi sorpresi quando una volta sul sedile del passeggero vidi i soliti capelli neri spettinati e le labbra increspate che lo caratterizzavano. Seth.
«Ma quanta gentilezza» borbottai mentre mi allacciavo la cintura, lui si girò a guardarmi sorridendo.
«La gentilezza è la mia vocazione» rispose sarcastico poi, senza neanche guardare per strada, accelerò di botto facendo stridere le ruote sull’asfalto. Non scherzerei se dicessi che arrivammo a casa mia in un minuto, tra semafori presi al volo prima che diventassero rossi e slalom tra i poveri pedoni che attraversavano. Non feci in tempo ad abituarmi al suo buonissimo profumo che si espandeva per tutto l’abitacolo che già dovetti lasciarlo.
«Come fai a sapere che abito qui?» gli domandai rendendomi conto che non glie l’avevo mai detto.
L’avevo detto che era un tipo inquietante.
Naturalmente Seth non rispose, piuttosto si parcheggiò davanti al cancello d’entrata e scese dalla macchina per raggiungerlo a piedi. Suonò al citofono. Che diavolo stava facendo?
Lo raggiunsi frettolosamente, ma non abbastanza per sentire cosa aveva detto a mia madre per farsi aprire.
«Seth che diavolo stai facendo?» il suo silenzio mi fece innervosire ancora di più, eppure non abbastanza per farmi tornare la sensazione di quella mattina. Anzi, stargli accanto mi faceva da calmante più di qualsiasi altra cosa.
Attraversai il sentiero di ciottoli quasi correndo per potergli stare al passo e una volta che raggiungemmo il patio, mia madre ci aprì sorridente la porta.
«Oh tesoro, tu devi essere Seth?» gli chiese gentile, rendendomi ancora più confusa.
Forse il mondo si era capovolto e non me ne ero accorta, forse ero finita in uno pseudo universo parallelo, forse il profumo di Seth era in realtà una qualche droga e quello era solo un viaggio mentale. Tutto sarebbe stato più facile che credere a quella scena.
«Si, salve signora Strathmore, sono Seth Porter» fece il brunetto allungandole la mano, lei rispose ammiccando. COSA?
«Chiamami pure Stella, tesoro. Trevor ti sta aspettando in giardino» Trevor? Cosa centrava il giardiniere? «Bliss, puoi mostrare a Seth il bagno degli ospiti così può cambiarsi?»
Annuii senza avere la forza di rispondere. Quella doveva essere un’illusione. Per forza.
Seth mi sorrideva divertito, in attesa che lo portassi dove mi aveva chiesto mamma, così lo accontentai afferrandolo per il gomito e trascinandolo con me.
«Cosa ci fai qui? E rispondi sta volta» probabilmente quello fu il tono più minaccioso che avevo usato in tutta la mia vita. Ed era frustrante il fatto che non riuscissi ad andare su tutte le furie. Non riuscivo a raggiungere quell’adrenalina che, per una volta, mi sarebbe stata utile. Perché? Perché a me?
«Ehi mi serviva un lavoro, Trevor aveva bisogno di un aiutante, ho saputo solo ieri che era questa la casa in cui lavorava»
Ci fu qualcosa, nel suo sguardo, che mi convinse che non stava assolutamente dicendo la verità, ma fu sopraffatta da un pensiero più importante.
Trevor veniva a curare l’immenso giardino di casa tre volte a settimana.
Seth doveva lavorare con Trevor.
Seth sarebbe stato a casa mia, per tutto il pomeriggio, tre volte a settimana.
Seth aveva deciso di rovinarmi la vita.
 

 


 

   
 
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