Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: MadeleineDeCrecy    12/01/2013    2 recensioni
Hermione, ormai donna, alla stazione di King's Cross si trova faccia a faccia con il suo incubo peggiore: Draco Malfoy. Nella sua memoria riemerge il ricordo ancora scottante di un episodio che li ha visti protagonisti molti anni prima. Hermione non l'ha ancora dimenticato.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti! So che questa avrebbe dovuto essere una One Shot, ma visto che me l’hanno chiesto in tanti, e visto che mi sono divertita un sacco a scriverla, ho voluto continuarla per un altro capitolo ed ho in mente di continuarla ulteriormente, se dovesse piacere! In realtà, potrebbe anche finire in questo modo, ma ho una mezza idea su come continuare ancora!
Mi farebbe piacere, dunque, sapere cosa ne pensate. Con i vostri commenti, mi avete convinta a continuare una storia che credevo terminata, e quindi sono molto curiosa di sapere se avete preferito l’aggiunta di questo capitolo, o avevate apprezzato di più il finale precedente.
Per il seguito, chissà!
Buona lettura
Maggie
 
Whisky Incendiario
 
Hermione era ferma sul ciglio della porta della propria abitazione. Da quella posizione riusciva ad osservare tutta la cucina: l’acqua del lavandino che, copiosa, sciacquava i piatti, la scopa che spazzava negli angoli più reconditi della casa, lo spolverino che lavorava ininterrottamente, da quando era uscita insieme alla sua famiglia, lasciando i suoi utensili da lavoro in azione. Se c’era una cosa che odiava, era fare le faccende domestiche. A cosa serviva impegnarsi tanto, se c’era la magia?
Quel giorno, poi, c’era qualcos’altro a tenerle i pensieri occupati, qualcosa a cui Hermione avrebbe tanto sperato di non pensare. Qualcosa di oscuro e sinistro. O, per meglio dire, qualcuno.
Quel qualcuno che, contro ogni aspettativa, dopo tanti anni la teneva in pugno e le aveva scombussolato ogni organo, ogni sensazione, e persino il sistema nervoso. Hermione odiava lasciarsi andare a sensazioni del genere, tanto più che queste, inspiegabilmente, non riguardavano Ron.
Draco Malfoy, dopo tutti questi anni, era sempre il solito insopportabile menefreghista. Era ancora tanto difficile leggergli negli occhi i pensieri, ed era altrettanto complicato farsi un’idea di cosa stesse pensando, ed Hermione non sapeva come interpretare il suo atteggiamento fuori dal normale.
Perché provocarla per poi respingerla?
In un secondo, la verità si fece strada nella sua mente, anche se lei stessa avrebbe preferito non conoscerla.
Era per vendetta.
Draco Malfoy voleva vendicarsi per essere stato respinto: ne era stato terribilmente offeso, e non era disposto a passarci sopra. Certamente, tipico di Malfoy.
Dopo tanti anni era giunto al suo scopo, era riuscito a pareggiare i conti. Nulla era più straordinario della sua coerenza, che lo relegava all’immagine che Hermione aveva sempre avuto di lui. Si trattava pur sempre di Malfoy che, per quanto ormai adulto, non sarebbe stato mai maturo.
Più stanca che mai la donna sospirò, cercando di cacciare via i pensieri che la rendevano terribilmente vulnerabile e, soprattutto, in difetto nei confronti di Ron che, naturalmente, non avrebbe apprezzato il modo in cui le labbra di sua moglie avevano quasi sfiorato quelle di Draco Malfoy.
Eppure, nonostante si rendesse conto di quanto era stupido e difficile da comprendere, sapeva di non aver avuto altra scelta che quella di cedergli.
Non l’aveva mai avuta.
Neppure per un istante la sua mente avrebbe potuto partorire l’idea di distanziarsi da lui, di lasciar correre quelle sensazioni sulla pelle e non abbracciarle, di occludere il canale attraverso cui passavano le sue emozioni. Sempre così controllata, sempre così precisa in tutto, Hermione non era mai riuscita ad essere altrettanto rigorosa nei sentimenti, neppure da bambina, quando del rigore faceva la sua ragione di vita.
Si era sempre ingarbugliata nelle sue stesse emozioni, aveva sempre fatto pasticci, persino con Ron.
Era convinta che avrebbe continuato a pensare a ciò che era accaduto poco prima ancora per molto tempo, ma il passo di Ron interruppe le sue riflessioni, ed Hermione si costrinse a ritrovare il suo consueto contegno.
 
 
Tre mesi dopo
 
Una brezza leggera accarezzava lentamente il pavimento sdruccioloso, lievemente ricoperto dalla neve.
Tutte le abitazioni e i negozi avevano il tetto completamente innevato, come di consueto, a Dicembre, in un luogo freddo come Hogsmeade.
Hermione aveva appena fatto compere da MondoMago, e stava per tornare a casa.
Inspirò l’aria gelida e nevosa. Aveva un odore particolare, pungente, un odore che Hermione riusciva a sentire soltanto lì, nei pressi di Hogwarts, uno dei luoghi della sua vita.
Hogwarts, per cui provava un sentimento d’amore. Hogwarts, quasi una mamma. Hogwarts come il ricordo più dolce della sua infanzia, o della sua adolescenza. Hogwarts, le amicizie, gli amori. Hogwarts come casa sua.
Un moto di gioia le riempì l’animo, ed lei sentì di appartenere a quel posto. Una lacrima, furtiva, scappò via dai suoi occhi facendosi strada sul suo volto, tra le sue labbra. La malinconia, la più tremenda tra le sensazioni umane, si era stanziata nel cuore della ragazza in un modo cruento e improvviso, lasciandola priva di qualsiasi difesa. Hermione si lasciò andare. Non lo faceva da un po’.
Quell’aria così familiare fu salutare, per lei, quasi come una panacea non solo gradevole, ma vitale. Ne aveva proprio bisogno, in quel momento.
Si diresse con risolutezza verso i Tre manici di scopa, decisa a gustarsi una buona Burrobirra e, magari, fare due chiacchiere con qualcuno che conosceva. Il locale era sempre così affollato, e certamente Hermione avrebbe incontrato qualche volto noto.
Camminava senza più pensieri, c’era solo lei. Hermione a Hogsmeade, la sua bella Hogsmeade, e tutto il resto poteva essere riposto via, da qualche parte, in fondo a qualche cassetto interno che per un po’ non avrebbe aperto.
Giunta a destinazione, Hermione impugnò la maniglia e fece per aprire la porta e compiere così il suo ingresso trionfale: come sempre, l’avrebbero accolta festosamente: essere amica di Harry Potter comportava vantaggi come svantaggi, ed Hermione non aveva ancora stabilito a quale ambito rientrasse essere conosciuta da tutti. Tuttavia, nell’attimo stesso in cui stava per farlo, osservando dal vetro della porta, notò che tra la folla emergeva un ciuffo di capelli rossi, in lontananza. Ebbe un tuffo al cuore, credendo che si trattasse di suo marito, ma nell’istante successivo si rese conto che quello nel locale non era Ron. Si trattava di suo fratello Percy che, in compagnia di sua moglie Audrey, stava sorseggiando una bevanda calda. Hermione notò che i due ridevano in modo complice, e le venne in mente che, un tempo, avveniva lo stesso tra lei e Ron. Per quanto fosse lontano, Hermione riusciva a ricordarlo con esattezza. Tuttavia, quei momenti erano passati da un pezzo, volati via come una piuma in balia del forte vento autunnale.
Hermione sospirò, lasciando andare la maniglia della porta, ed affrettandosi ad allontanarsi dai Tre manici di scopa. Per quanto fosse sempre felice di vedere i fratelli di Ron, sapeva che in quel momento tra lei e Percy non ci sarebbe stato un incontro lieto. Di certo l’uomo era a conoscenza della delicata situazione che lei e Ron stavano attraversando, e le avrebbe chiesto spiegazioni e parlare di Ron, specie se con suo fratello, non le sarebbe stato d’aiuto.
Camminando passò in rassegna tutti i luoghi in cui avrebbe potuto consumare una bevanda. Escluse Madama Piediburro, che non faceva proprio al caso suo, e che le avrebbe soltanto ricordato le sue pene amorose. Si rese conto che le restava un’unica alternativa: la Testa di Porco.
Per quanto non amasse trascorrere lì il suo tempo, e preferisse di gran lunga i Tre manici di scopa, in quel momento sarebbe andata in qualsiasi bettola pur di evitare una conversazione con i Weasley.
Di certo alla Testa di Porco non avrebbe incontrato nessuno dei familiari di Ron, e probabilmente nessuna tra le persone di sua conoscenza. Un’ora di silenzio, di fronte ad una Burrobirra, le avrebbe giovato. Avanzando a ritmo più serrato, raggiunse in poco la locanda e, senza pensarci ulteriormente, spalancò la porta in modo deciso.
All’istante un’aria fetida le aggredì il volto, ed Hermione evitò di respirarla a pieni polmoni, entrando nel locale. Mosse dei passi incerti verso il bancone, e prese posizione su uno sgabello, poggiandosi appena sull’orlo, per evitare quanto più possibile il contatto con gli oggetti unti e sudici che la circondavano.
Si guardò intorno con aria spaesata, osservando meglio il locale. Da quando non c’era Aberforth non sembrava cambiato poi molto. Come ricordava, il lerciume dominava in modo incontrastato, come se nessuno gli desse mai una ripulita.
Infine, Hermione si soffermò sui volti che popolavano quel locale. Tutti volti sinistri, sconosciuti. Sperò ardentemente che nessuno le rivolgesse la parola, perché avrebbe volentieri evitato la conversazione con qualsiasi di quei tipi poco raccomandabili, ma non fece neppure in tempo a pensarlo che si sentì chiamare.
“Hey, Granger!”
Sussultò un istante, ma la sensazione negativa che avvertì durò non più di pochi istanti. Infatti la voce che l’aveva chiamata non risultava né scontrosa né inaffidabile, ma addirittura familiare. Quando si voltò ne seppe la ragione.
Lì, di fronte a lei, nel luogo più improbabile del mondo, c’era Draco Malfoy.
Il tempo di guardarlo negli occhi, e il suo cuore impazzì nuovamente, come durante il loro ultimo incontro, e in quell’attimo Hermione seppe che ciò che stava provando fosse insano.
Quante volte, durante gli ultimi tre mesi, aveva passeggiato – del tutto casualmente, s’intende – nei pressi della villa di Malfoy! Quante volte era andata, sempre per puro caso, nei luoghi che sapeva lui frequentasse!
Eppure non si erano mai incontrati.
E, nonostante Hermione non avesse mai saputo se sperare o meno in un incontro, in quel momento il suo cuore si stava comportando come se non avesse desiderato altro da mesi.
“Malfoy! Cosa ci fai qui?”, si costrinse a dire.
“Cosa ci faccio? Non lo vedi, Granger?”, chiede retoricamente, mostrando il suo bicchiere, pieno per metà di Whisky Incendiario.
“Bevi un tè nel luogo più accogliente di Hogsmeade, a quanto pare.”
Malfoy non trattenne una risata, e per un attimo il suo sguardo s’illuminò, lasciando intravedere qualcosa di umano. Ed era decisamente più bello, quando rideva.
Sedeva ad un tavolo, da solo, e soltanto allora Hermione si accorse che davanti a lui c’era già un altro bicchiere, già svuotato.
“T’inviterei a sedere con me, se non risultassi tremendamente falso, e se non fosse l’ultima cosa che vorrei al mondo, Granger.”
Una piccola fitta di dolore contrasse il petto di Hermione, e tutto intorno a lei si fece improvvisamente più buio e solitario. Del resto, non era tremendamente sola anche lei?
“Figurati, Malfoy. Sto benissimo dove sono! Grazie tante…”, disse voltandosi con un movimento brusco nella direzione opposta a quella che aveva assunto pochi secondi prima per fronteggiare Malfoy.
Ora che gli dava le spalle, non aveva paura che lui potesse leggere nei suoi occhi chissà quale assurdo sentimento celato. Sentimento che non esisteva, o che non doveva esistere.
“Mi scusi… posso avere una Burrobirra?”, chiese la donna al barista - vestito con un dei bizzarri abiti ed un grembiule lercio quanto il locale stesso - che era poggiato dietro al bancone con aria annoiata.
“Una Burrobirra?”, chiese interdetto.
“Sì. Non ne avete?”
L’uomo la guardò ancora per qualche istante.
“Nessuno ci chiede mai una Burrobirra. Comunque, ce l’abbiamo. Noi qui facciamo tutto.”
Non dovette aspettare molto prima che l’uomo le porgesse un boccale colmo di Burrobirra. Aveva persino un aspetto invitante!
 Hermione ne sorseggiò un po’, e scoprì con grande stupore che era davvero buona.
“Devo complimentarmi!”
Sorrise all’uomo, e prese a bere con più avidità.
Tuttavia sentì una presenza, al suo fianco, che la rendeva inquieta e nervosa, e dopo pochi attimi si accorse che qualcuno era giunto a farle compagnia, al bancone, sedendole accanto.
Si costrinse a non voltarsi, mentre nel suo petto martellava forse il solito organo che le disobbediva. Sperava che si trattasse di Malfoy che, preso dal senso di colpa per averla trattata male, fosse andato a scusarsi. E lei, naturalmente, non gli avrebbe concesso le sue scuse.
Pochi istanti dopo quella flebile speranza si spense, quando sentì una voce del tutto sconosciuta appellarla in modo insolito.
“Ehi bella donna, cosa ci fai qui tutta sola?” Quella voce era talmente disgustosa che Hermione pensò potesse appartenere a qualsiasi essere abietto. Persino ad un Mangiamorte.
Poi pensò a Malfoy, e al fatto che anche lui era stato un Mangiamorte, eppure la sua voce era calda e sensuale, e i suoi tratti belli e distesi.
“Sono affari miei!”, disse, ancora senza voltarsi.
Nonostante nel momento in cui pronunciò quelle parole si fosse sentita fiera, un istante dopo si pentì amaramente di averlo fatto. L’uomo sconosciuto le aveva afferrato un braccio e l’aveva stretto, con fare possessivo.
“Si risponde così ad un uomo gentile che ti fa una domanda?”
Finalmente la donna si voltò verso di lui, osservandolo mentre cercava di divincolarsi da quella stretta, e poté vedere l’uomo in volto. Il suo aspetto era turpe e sporco, e le sue grandi mani avevano una consistenza ruvida e callosa. Hermione non poté fare a meno di provare un senso di nausea.
“Mi lasci stare!”, esclamò a voce alta, continuando a tirare verso di sé il braccio preso in ostaggio dal malintenzionato.
Per qualche secondo provò un moto di panico, ma, inaspettatamente, qualcuno intervenne.
“L’ha sentita? La lasci stare!”, la voce di Draco, dura, sicura, aveva riempito completamente il locale al punto che tutti, intorno, si erano girati per guardare cosa stesse accadendo.
Draco, in piedi vicino al bancone, strinse con forza il braccio di Hermione, respingendo l’uomo sconosciuto che, borbottando delle scuse, si defilò.
Il sollievo di Hermione fu tale che, in quel momento, avrebbe abbracciato Malfoy con slancio, se solo lui gliel’avesse concesso.
“Grazie…”, sussurrò flebilmente.
“Granger, non sai badare neppure a te stessa!”, la rimbeccò lui. Ma il suo volto sorrideva, ed Hermione sapeva che non avrebbe mai potuto pretendere più di quello, da Malfoy.
“Però c’eri tu. Mi sembra strano dirlo, ma sono in debito con te!”
“Pare proprio di sì. Sei in debito con me, e questa situazione provoca in me un particolare piacere…”, disse in un sussurro, prendendo posto dove poco prima era seduto l’uomo che aveva importunato Hermione. 
“E perché mai, Malfoy?”, gli chiese curiosa, cercando di mantenere un contegno seppur totalmente scombussolata da quella vicinanza inaspettata.
“Beh, perché adesso posso chiederti qualcosa a mia volta. E tu dovrai accontentarmi, Granger.”
Chissà per quale ragione, ma quella frase sembrava una minaccia bella e buona. Come al solito, Draco Malfoy non faceva niente per nulla.
“Non se ne parla! Sapevo che in qualche modo questa situazione mi si sarebbe ritorta contro!”, si lamentò la donna, consapevole che, da quelle parole, non avrebbe potuto aspettarsi nulla di buono.
“Ma se non ti ho ancora esposto la mia richiesta! Come fai a rifiutarla prima ancora di conoscerla?”, chiese innocente. “Scusi, vorrei un altro Whisky Incendiario”, ordinò poi, rivolto all’uomo al bancone.
“Ancora, Malfoy? Quanti ne hai già bevuti, prima?”
“Ne ho bevuti tre, Granger, e con questo?” La sua solita spavalderia non faceva altro che irritare la donna, così come il suo volto sicuro e fiero.
“Quanti altri Whisky hai intenzione di bere, prima di perdere completamente il controllo delle tue azioni, e finire dritto disteso per terra?”, gli chiese saccente.
Il Whisky destinato a Draco arrivò sul bancone, e l’uomo lo prese, avvicinandolo a sé.
“Nonostante sia ben lungi dal perdere il controllo delle mie azioni, e potrei bere ancora, questo non è per me.”
Le porse il Whisky guardandola sornione.
“Non se ne parla! Malfoy, spero tu stia scherzando!”
“Niente affatto, questa è la mia richiesta!”
“Ma ho ancora da finire la Burrobirra! E poi non sono affatto incline all’alcool!”, protestò Hermione, ma nel momento stesso in cui lo faceva, sapeva che non ci sarebbe stato modo di evitare quella promessa. Se Draco aveva deciso così, non avrebbe avuto mezzo alcuno per dissuaderlo da quell’idea.
“E’ una cosa che ricordo bene, Granger. Difatti, la mia scelta non è casuale. Credi che ci sarebbe un qualche divertimento, se tu reggessi bene l’alcool?”
“Malfoy, tu vuoi farmi ubriacare così che io perda cognizione della realtà, per poter ridere di me!”
“Esattamente, Hermione Granger!”, la provocò lui, avvicinando ancor più il bicchiere a lei.
“Bene, Draco Malfoy. E così sia!”
Bevve il Whisky tutto d’un sorso, senza pensarci ancora, e soprattutto senza pensare alle conseguenze che ciò avrebbe comportato. Non avrebbe dato a Malfoy la soddisfazione di credere che non ne sarebbe stata capace, non gli avrebbe permesso di crederla ancora una ragazzina vulnerabile.
In fondo, cosa poteva farle un bicchiere di Whisky Incendiario?
Una sensazione bruciante la aggredì la gola che parve improvvisamente andare in fiamme.
Qualcosa arse, poi, in fondo al suo stomaco.
In quell’istante, ricordò l’esatto effetto che quel Whisky, già provato in passato, le provocava.
 
Era tarda sera, e Hogwarts già dormiva da un po’.
Hermione era appena uscita dalla biblioteca e, stremata, stava tornando nel suo dormitorio per riposarsi e trovare finalmente un po’ di tranquillità. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di riuscire a riposare per tutta la notte. Tuttavia, nonostante la stanchezza, era sicura che non sarebbe riuscita ad addormentarsi subito, né tantomeno a fare un sonno continuo per tutta la notte.        Qualcosa l’avrebbe tenuta sveglia, la teneva sveglia tutte le notti.
L’angoscia, la paura di riprovare tutto ciò che l’anno precedente – o, per meglio dire, gli anni precedenti – erano stati costretti a vivere, a sentire sulla loro stessa pelle, a perdere, non la faceva dormire mai.
Anche nelle sere più tranquille, quando riusciva a prender sonno, non si riposava. Il riposo a cui  il suo corpo, ormai per abitudine, si lasciava andare la notte non permetteva anche alla mente di staccare ogni pensiero, di perdere la cognizione della realtà, di vivere in  sogno almeno di notte. Tutto era così reale, tutto tornava sempre. E poi, c’erano gli incubi. A volte, nel dormitorio, sentiva qualcuna delle sue compagne di Casa parlare nel sonno, lamentarsi, gemere, temere che potesse capitare nuovamente qualcosa di terribile, ma nessuno soffriva quanto lei, Harry e Ron. Loro, dilaniati dalla sofferenza provata, loro che avevano visto morire i loro cari, che se ne erano sentiti responsabili, che avevano persino pensato di poter cambiare il tempo, con un qualsiasi incantesimo, una giratempo, o qualunque cosa potesse farli tornare, non erano più gli stessi ragazzi spensierati di qualche anno prima. Non sarebbero stati spensierati mai più, nemmeno negli anni a venire. Quel volto così serpentino, così malvagio, così perfido che ancora stanziava nella loro mente senza dare tregua alcuna ai loro sogni, sarebbe stato il prezzo da pagare per essersi presi la briga e l’ardire di provare a salvare i loro amici, i loro cari. C’era qualcosa di sbagliato in tutto quello.
Voldermort non sarebbe tornato, no.
Ma il male? Il male poteva dirsi sconfitto?
Mentre tornava nella Sala Comune dei Grifondoro, Hermione si rese conto che non le restava più nulla. Soltanto Harry e Ron.
Ron, lo stesso ragazzino dal volto simpatico di cui si era innamorata quando aveva appena undici anni, ma che adesso le sembrava così lontano. Ron, che non pareva essere più lo stesso, dopo la guerra. Ron che l’amava, forse, ma che non glielo dimostrava mai.
Era tutto così diverso, così cambiato. Anche il loro rapporto.
Hermione aveva sperato che, una volta finito tutto, loro due avrebbero potuto stare insieme in modo sereno, nonostante tutto, e vivere il resto della loro vita in pace, insieme.
Ma da quando era finita la guerra, oltre agli incubi, alle torture imposte loro dai loro stessi pensieri, c’era anche il loro legame ad avere qualcosa di sbagliato, qualche ingranaggio fuori uso, arrugginito. Qualcosa li aveva cambiati. Tutto quel dolore li aveva scalfiti nel profondo, spezzati, disorientati. Ed Hermione e Ron non erano più Hermione e Ron.
Provare a non pensarci sarebbe stata un’impresa molto più che ardua, ed i problemi con lui, sommandosi ai suoi terribili pensieri, contribuivano a trasmetterle una sensazione di perenne angoscia.
Mentre attraversava uno dei corridoi del castello, con una pila di libri sulle braccia, vide in lontananza due sagome allontanarsi furtivamente con passo felpato. Insospettita, prese a seguirli. Come Prefetto, Hermione era davvero rigida, arrivando a sfiorare – o addirittura a superare – la precisione di Percy Weasley.
Di chiunque si trattasse, quelle due figure in lontananza, che dall’altezza parevano essere studenti, non avrebbero trascorso una bella serata!
Percorrendo la strada che loro stessi le indicavano tracciandola, Hermione si rese conto che dovevano, probabilmente, essere dei Serpeverde. Infatti si stavano dirigendo verso i sotterranei, nei pressi della loro Sala Comune.
Dopo poco, infatti, Hermione si trovò di fronte al tratto di pietra umido che costituiva l’ingresso nella Sala Comune dei Serpeverde. Purtroppo, però, le due giovani figure che la precedevano erano già sparite, probabilmente oltre quel muro, e lei dovette rassegnarsi. Pur rasserenata all’idea che i due non gironzolassero ancor oltre fuori orario consentito, Hermione non era del tutto soddisfatta. Cosa avrebbe dato per punirli, per sottrarre loro dei punti, tanto più che si trattava di due Serpeverde! Ma, consapevole che non potesse attraversare il muro della loro Sala Comune, si voltò per andarsene. Arrivò a percorrere soltanto un breve tratto, quando, al di là del muro, sentì un rumore sospetto, come qualcosa che si schianta sul pavimento rompendosi in mille pezzi. Che fosse vetro?
Il rumore era stato, poi, seguito da un boato che aveva fatto quasi tremare le pareti. Infine, delle risate.
La ragazza tornò indietro, avvicinando l’orecchio al muro umido. Da quella posizione, riusciva a distinguere con più chiarezza i rumori. Seppur ovattate, si sentivano chiaramente delle voci. Qualcuno, in quella stanza, stava parlando, e non solo. Ridevano e gracchiavano come se fossero appena le otto di sera. A quell’ora, mezzanotte inoltrata, secondo le regole della scuola avrebbero dovuto stare tutti a letto.
Mentre rifletteva sul da farsi, Hermione notò qualcosa di strano: uno spigolo di carta emergeva, tra una pietra e l’altra del muro, rivelando la presenza di un foglio arrotolato. La ragazza lo tirò fuori e lo srotolò. Vi era scritta soltanto una parola: “Whisky Incendiario”.
Senza pensarci due volte  la pronunciò, e in men che non si dica la porta scorrevole di pietra, nascosta dietro al muro, si aprì.
Davanti agli occhi le si presentò uno spettacolo non troppo inaspettato: un sotterraneo tetro,lungo e col soffitto basso, poco illuminato, ma completamente sovraffollato.
Ragazzi dalle divise verdi, blu, gialle, e perfino pochi vestiti di scarlatto sedevano sui divani neri della Sala Comune.
Delle lampade rotonde che emanavano luce verde pendevano dal soffitto, rette da catene. L’atmosfera, dopotutto, era stranamente suggestiva.
Le persone, inoltre, oltre a parlottare fra loro, ridere e scherzare, stavano mangiando e bevendo in allegria. Una forte puzza di alcool si avvertiva, nell’immediato, non appena si metteva piede in quella stanza.
Nessuno parve accorgersi di lei per diversi secondi, ognuno intento nell’attività in cui era occupato.
Poi, qualcuno la chiamò.
“Hermione Granger alla mia festa di compleanno! Non posso crederci…”, un Malfoy rosso in viso, accorato e sorridente, la stava osservando.
“Malfoy! Dovevo immaginare che ci fossi tu, dietro tutto questo.”
“Qualcosa non mi torna, infatti… ma non so cosa”, disse, fingendo di pensare. “Ah, giusto, non ti avevo affatto invitata. Così come non ho invitato i tuoi amichetti. Che ci fai qui?”
Hermione guardò in cielo, mordendosi la lingua per non rispondere in modo troppo irruento.
“Malfoy, io sono un Prefetto. È mio dovere controllare che tutto sia a posto. E per la verità saresti un prefetto anche tu!”, constatò, acida. “E tuttavia, invece di fare come me, ti metti a dare feste di compleanno, riunendo sotto lo stesso tetto mezza scolaresca di Hogwarts! Sei veramente un incosciente!”
Draco si guardò un’unghia, annoiato, ostentando il proprio disinteresse nei confronti di quanto Hermione stava dicendo. “Hai finito?”, chiese retorico. “Rilassati, Granger. Guarda che non succede niente, se per una volta non fai la bacchettona!”
Hermione sbuffò, esasperata. “Non sto facendo la bacchettona!”, protestò.
“Sì che lo stai facendo!”, disse, prendendole una mano e trascinandola verso uno dei divani della Sala Grande. “Su, siediti qui e prendi un pasticcino!”
“Un pasticcino? Da te? No, grazie. Non vorrei morire avvelenata, domani ho dei programmi piuttosto interessanti.”
“Devi passeggiare mano nella mano con Weasleyuccio nel parco, qui fuori?”, la punzecchiò con uno sguardo malizioso, come a voler lasciar intendere altre mille cose che, tuttavia, non osava pronunciare.
“Come ti permetti! Malfoy io… io…”, tentò senza riuscire a continuare oltre.
“Ti ho lasciata senza parole, eh?”, le chiese retoricamente, allungandosi verso un tavolo e versando un liquido sconosciuto in un bicchiere, anch’esso verde come buona parte dell’arredamento.
“Che fai?”, gli chiese lei, osservandolo allibita.
“Ti verso qualcosa da bere, Granger. Sono ospitale.”
“Ti ho detto che sono a posto. E se credi di corrompermi, ti sbagli! Io domani dirò tutto a Silente, o a chi di dovere!”, disse sicura, incrociando le braccia sul petto, gesto che la contraddistingueva, tipicamente hermionesco.
“Su, Granger, per una piccola festicciola. Non c’è niente di male.”
“Niente di male? Malfoy, ma ti rendi conto che stai infrangendo almeno una decina di regole!”
Malfoy la guardò intensamente, con un’espressione che Hermione stentò a decifrare. Per la prima volta si chiese a cosa stesse pensando.
“Ogni tanto ti farebbe bene infrangere una regola, Granger.”
Le porse il bicchiere pieno per metà di un liquido trasparente.
“Che cosa sarebbe?”
“Un succo…”, disse lui, vago, guardandola con fare sornione.
Hermione accettò il bicchiere dalle sue mani e, senza pensare ad altro, inghiottì una buona parte della bevanda.
Nell’immediato un bruciore forte s’impossessò della sua gola. “Hey! Ma che diavolo…”
La gola continuava a bruciare, e per diversi secondi Hermione fu incapace di proferire parola.
Malfoy, intanto, sghignazzava soddisfatto.
“Malfoy, cosa diavolo mi hai fatto bere?”
“Whisky Incendiario, Granger. Buono?”
“Un succo…eh? E io, cretina, che ti ho anche assecondato. Altro che buono, è terribile!”
“E io che pensavo ti sarebbe piaciuto! Troppo forte, per te?”, le chiese, sfiorandole lievemente la gola con i polpastrelli.
Hermione, stupita per quell’improvviso ed inaspettato contatto, lo guardò corrucciata, fingendo un’espressione offesa. In realtà, non lo era davvero. “Sì. Se sei soddisfatto, buon per te!”
Malfoy sorrise, a quelle parole, ma non aggiunse nulla.
“Adesso, se permetti, devo tornare nel mio dormitorio. A dormire! Perché questo si fa, a quest’ora della notte.”
“Va pure, Granger, non ti trattengo oltre”, accondiscese Malfoy.
“Ci vediamo!”, disse lei voltandosi ed affrettandosi verso l’uscita, senza osservare ancora l’interno della sala.
Poi, improvvisamente, sentì una stretta intorno al suo polso, e venne tirata nuovamente al punto in cui si trovava pochi istanti prima.
“Granger…”, Malfoy le stringeva ancora il polso, e la guardava serio “non dirai nulla, vero?”
Hermione alzò le sopracciglia, altra espressione tipicamente hermionesca.
 “Solo per questa volta, Malfoy!”, concesse titubante.
Il ragazzo lasciò la presa intorno al suo braccio, ed lei attese invano un ringraziamento che già sapeva non sarebbe arrivato.
“Ci vediamo…”, disse solo, per poi voltarsi e dirigersi verso il gruppo di persone più cospicuo, al centro della sala.
Improvvisamente, ad Hermione passò per la mente un’idea.
“Hey, Malfoy…” gli urlò dietro, e lo vide voltarsi verso di lei con sguardo interrogativo. Notò, osservandolo da lontano, che fosse veramente molto bello. Per quanto lo fosse sempre stato, quella sera sembrava diverso, splendente.
“Ma il tuo compleanno non è a Giugno?”, gli chiese, curiosa.
“Sì, e con questo?”Malfoy alzò le spalle.
“Ma siamo a Novembre!”
“Compleanno anticipato. Chi vuoi che ci sia ad Hogwarts in Giugno!”
“Malfoy, tu mi hai presa in giro, questo non è il tuo compleanno, questo è… è un…”
“Festino.”, concluse lui, semplicemente.
“Beh, complimenti!”, gli disse sprezzante, guardando il suo volto soddisfatto. “Spero che ti diverta, perché domani…”
Non continuò la frase, che Draco era già sparito tra la folla.
Hermione non andò mai a denunciare quell’infrazione al preside, né a nessun altro.
Non sapeva spiegarsi il motivo, ma non lo fece.
 
 
 
“Allora, Granger, è un buon Whisky?”, chiese Malfoy ridendo, ed osservando il volto della ragazza.
“Malfoy, sei l’unica persona in grado di farmi bere il Whisky Incendiario. È la seconda volta, in tutta la mia vita, che lo bevo. E sempre per causa tua!”, si lasciò sfuggire, prima di rendersi conto che quell’affermazione avrebbe potuto risultare più forte di quel che era. In realtà, Hermione pensava sul serio ciò che aveva detto. Se non fosse stato Malfoy ad insistere così tanto, non avrebbe mai accettato. Non l’avrebbe fatto per nessuno, neppure per Ron.
Il motivo  era semplice: Hermione aveva sempre timore, al cospetto di Malfoy. Timore di non essere abbastanza, timore che lui la potesse reputare noiosa, diversa, o una persona troppo monotona. Perché le importasse così tanto di Malfoy, e di quello che lui pensava di lei, non se lo spiegava ancora.
“Sai che sei più bella, quando sei accaldata?”, disse improvvisamente Malfoy, guardandola negli occhi sicuro, deciso. Hermione sussultò, sconcertata.
“Co..come?”
Non ci sarebbe stato bisogno di ripeterlo. Hermione aveva sentito, e non riusciva ad ignorare il battito del suo cuore che, a quelle parole, aveva preso ad accelerare, forsennato, maldestro, stupido.
Quello stupido cuore che la tradiva. Quello stupido cuore che provava qualcosa per Malfoy – Dio solo sapeva cosa. Quello stupido cuore che non poteva essere suo.
“Sei più bella, accaldata, sorridente. Sei più sciolta, meno… controllata.”, si spiegò, allungando la mano verso di lei e sfiorandole la gota.
La mano fredda di Draco, a contatto con la sua pelle, le provocò un brivido lungo la schiena, che Hermione non fu sicura di poter attribuire realmente alla temperatura corporea dell’uomo.
“Draco”, tentò di dire mentre lui le si avvicinava pericolosamente, chiedendosi quali fossero le sue intenzioni. Non era molto difficile intuirle, ma ad Hermione pareva una situazione così surreale, tanto spesso immaginata, a volte agognata, altre volte rifiutata persino nella sua mente, che non riusciva a considerare l’idea che stesse accadendo sul serio. Non ne era preparata. Una nebbia fitta si era addensata nel suo cervello, tanto da renderle impossibile pensare lucidamente.  
Anzi, erano i suoi stessi pensieri a lasciarla ancor più stordita.  Non riusciva a far altro che ricordare qualche momento passato e mai vissuto, mentre con lo sguardo indugiava su quel viso.
E su quegli occhi.
E su quelle labbra.
Labbra che, d’improvviso e senza preavviso si scontrarono con le sue.
Una lotta senza armi pari ebbe inizio. Lotta di labbra, lotta di mani che si cercavano, si stringevano, lotta di lingue che si scontravano, danzavano.
Draco giocava in vantaggio, troppo sicuro, troppo bello, troppo esperto.
Un pioniere dei baci, dell’amore.
Draco Malfoy, quel maledettissimo ghigno, quelle mani sicure e forti, quella sensazione di fresco sulla pelle.
Le sue mani vagavano sul corpo di Hermione, sempre più sicure, carezzandole la schiena. Nonostante la consistenza del cappotto, Hermione riusciva a sentirle come se stessero vagando sulla sua epidermide, come se stessero toccando la sua schiena nuda.
Draco Malfoy, e gli insulti che sin da quando avevano undici anni le aveva rivolto, con sprezzo, con disgusto, avversione, accanimento. E che ora la guardava con occhi diversi.
Quelle mani continuavano a vagare, toccando poi il suo volto accaldato, mentre le labbra continuavano a saggiare territori già una volta sondati, molti anni prima. Eppure pareva che tutto stesse accadendo per la prima volta.
Draco Malfoy di sempre. Quello burbero, intransigente, a volte anche crudele. Ma vivo, irruento, passionale.
L’uomo parve muoversi con estrema cautela, mentre affondava le mani nei capelli di Hermione, che senza capire come stesse accadendo, non si era ritratta.
In quel momento non poteva pensare a Ron, non poteva pensare ai suoi figli, non poteva pensare ad altro che a quello che stava avvenendo, così sconvolgente, troppo più grande di ciò che aveva provato in precedenza, negli anni addietro, per lui. Sembrava tutto nuovo, scoperto per la prima volta. Non c’era null’altro a cui potesse pensare. Nella sua mente riusciva a stento a trattenere quell’istante, mentre le sue labbra assaporavano il dolceamaro gusto di Draco Malfoy. 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: MadeleineDeCrecy