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Autore: LiberTea    12/01/2013    4 recensioni
Tante cose possono succedere in un'estiva notte londinese. Amicizie di sempre, amori vecchi e nuovi, storie che si intrecciano tra le strade della city, accompagnate dalle note di rock band immortali.
"Streetlight people livin just to find emotion, hidin somewhere in the night..."
[Gerita; Spamano; Prungary; Usuk]
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Streetlight People

10. Don’t Stop Believing #2

 

“Working hard to get my fill
Everybody wants a thrill
Payn’ anything to roll the dice
Just one more time”

Feliciano sentì vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni, e dopo averlo afferrato osservò lo schermo ora illuminato a indicare una chiamata in arrivo. Il nome sul display era quello di suo fratello.

“Ehi, Lovi! Non indovinerai mai dove sono!”

Non fece nemmeno in tempo a terminare quelle parole che l’altro stava già urlando nella cornetta.

“Esatto idiota, non ho la più pallida idea di dove tu sia! E’ proprio questo il problema! Ho provato a telefonarti a casa ma tu non c’eri!”

“Infatti non sono a casa.”

“L’ho notato! Adesso potresti cortesemente dirmi dove sei?!”

“Alla National Gallery.”

“Cos- Alla National Gallery?! Sono le dieci del mattino!”

“Lo so, è appena aperta! Non c’è quasi nessuno, infatti.”

“Feli…”

“Dimmi fratellone.”

“Cosa diavolo ci fai alla National Gallery a quest’ora, tutto solo?”

“Oh, ti sbagli Lovi. Non sono da solo!”

Dall’altra parte del telefono calò un silenzio improvviso, seguito da un profondo sospiro.

“Con chi sei?”

“Con Ludwig!”

“…E chi cazzo è Ludwig?!”

“Un ragazzo che ho conosciuto ieri sera mentre tu ti divertivi con Antonio.”

“Non puoi andartene per musei con un tizio che conosci da meno di ventiquattr’ore, Feliciano! E comunque non usare parole che potrebbero venire fraintese, non sono tutti ingenui come te al mondo!”

“In che senso?”

“Io e quell’idiota di uno spagnolo non ci stavamo ‘divertendo’, stavamo solo…oh, al diavolo! Non è quello il punto! Tornatene subito a casa e pianta in asso quel poco di buono.”

“Lud non è un poco di buono! E’ molto gentile, anche se forse è un po’ timido. Ora che ci penso vi assomigliate parecchio, sono sicuro che andrete d’accordo.”

“Oh mio Dio, ti ha drogato non è così? Non c’è altra spiegazione, stai delirando!”

“Lovi, ti devo lasciare. Devo entrare adesso, e non è educato parlare al cellulare in un museo.”

“Chi se ne importa dell’educazione in un momento come questo!”

“Ciao, fratellone! A dopo!”

L’ultima cosa che Feliciano sentì prima di riattaccare fu un’imprecazione ben poco carina. Ma in fondo ci era abituato, suo fratello si scaldava molto facilmente.
Entrò nella grande sala d’ingresso della galleria, dove pochi minuti prima aveva lasciato Ludwig.
Quando questi lo vide, gli andò immediatamente incontro.

“Tutto a posto?”, chiese con sguardo apprensivo.

“Certo, perché?”

Il tedesco si tranquillizzò notando l’espressione rilassata dell’altro.

“Chi era al telefono?”, chiese allora, “Non che siano affari miei ovviamente. Insomma, se era, che ne so!, la tua ragazza o qualcosa del genere non sei assolutamente tenuto a dirmelo.”

“Era mio fratello, sembrava un pochino agitato. Chissà cosa gli è successo! A volte proprio faccio fatica a capirlo. Pensa un po’, credeva addirittura che tu fossi un poco di buono.”, disse allegramente l’italiano trotterellando allegro verso una tela che aveva attirato la sua attenzione.

Ludwig si irrigidì. Aveva fatto male, decisamente male a fidarsi della calma di Feliciano. Probabilmente in quel momento, da qualche parte in una centrale di polizia di Londra, suo fratello stava facendo una denuncia di rapimento.

“Aspetta, tu cosa gli hai detto esattamente?”, chiese, cercando di accertarsi di quanto rischiava la galera.

“La verità.”, fece Feliciano mentre i suoi occhi nocciola vagavano sul dipinto con estrema passione, “Che ci siamo conosciuti ieri sera e che adesso sono qui con te. Non capisco perché abbia supposto che mi avessi addirittura drogato.”

Il tedesco impallidì definitivamente. Ecco, ora la gattabuia per sequestro di persona era assicurata. Non poteva nemmeno aspettarsi che Gilbert e i suoi amici dementi gli pagassero la cauzione: conoscendoli era già tanto sperare che gli portassero le arance.

“Mi chiedo come mai fosse così agitato. Oh bè, d’altronde è sempre stato molto apprensivo nei miei confronti.”, aggiunse Feliciano spostandosi verso un altro quadro, seguito da quella che ormai era l’ombra di Ludwig.

Il tedesco lo guardò, cercando di capire come diavolo facesse quel ragazzino a non avere mai alcuna percezione di quello che gli capitava attorno. Doveva esserci davvero un intero universo dentro quella sua testolina rossiccia. Si morse l’interno della guancia quando si sorprese a sperare che magari un giorno lo avrebbe mostrato anche a lui.
L’italiano si voltò all’improvviso nella sua direzione, distogliendo l’attenzione dalla tela variopinta davanti ai suoi occhi per puntarli in quelli dell’altro, che si sentì arrossire inevitabilmente.

“A proposito, Lud.”, iniziò con una voce stranamente dolce.

 “Io non ho una ragazza. E nemmeno ‘qualcosa del genere’.”

Detto questo tornò a guardarsi intorno con meraviglia alla ricerca di qualcos’altro che valesse il suo interesse.
Ludwig ci mise qualche istante ad assimilare quelle parole. E non bastò tutta la visita alla National Gallery affinché si desse una risposta definitiva sul motivo per cui l’italiano avesse specificato quel particolare della sua vita utilizzando un tono del genere. Una cosa gli sembrava decisamente ovvia però: quel ragazzino, che era entrato così all’improvviso nella sua vita, stava anche per cambiarla radicalmente, che lui lo volesse o meno. E per quanto la cosa lo spaventasse, non potè evitare di sorridere a quel pensiero.

“Some will win
Some will lose
Some are born to sing the blues
No, the movie never ends
It goes on and on and on”

Antonio aveva osservato il ragazzo seduto di fronte a lui per tutto il tempo che questi aveva passato al telefono con il fratello. Non aveva capito molto della loro conversazione, in quanto Lovino aveva parlato sempre in italiano e infine, anche se lui non poteva esserne certo, era addirittura passato a uno stretto dialetto meridionale.
Inizialmente era evidentemente arrabbiato, la fronte aggrottata e gli occhi ambrati stretti in due fessure. Era carino anche così. Le sue guance trovavano un’occasione in più per tingersi di rosso, e questo era semplicemente adorabile, anche se magari gli altri clienti del caffè dove si trovavano non erano proprio d’accordo a giudicare dalle occhiate che lanciavano loro, probabilmente esasperati dal tono di voce dell’italiano.
Ma poi lo spagnolo era riuscito chiaramente a leggere su quel viso che tanto gli piaceva una preoccupazione latente, e non aveva potuto evitare di avvicinarsi a lui per intrecciare la mano destra con la sua, nel tentativo di tranquillizzarlo. Forse sovrappensiero, lui l’aveva stretta di rimando.

Fatto sta che quando Lovino chiuse finalmente la chiamata, era furioso.

“Che è successo?”, chiese Antonio con un mezzo sorriso.

L’italiano sbuffò sonoramente, e dopo qualche istante rispose:  “Mio fratello è alla National Gallery. Con un tizio.”

L’altro inarcò un sopracciglio, perplesso. “…E allora?”

A quella semplice domanda, Lovino reagì come un gatto a cui è appena stata pestata la coda.

“Come sarebbe a dire?! Non può andarsene in giro con un ragazzo che ha incontrato solo ieri sera!”

Antonio non voleva ridere, davvero, aveva ormai capito che farlo sentire preso in giro era una pessima idea. Ma non riuscì sinceramente a contenersi.

“Che hai da ridere, bastardo?!”

“Ascolta, noi ci siamo conosciuti ieri sera e guardaci: ci stiamo tenendo per mano e, non per dire, ma poche ore fa ci stavamo baciando su una ruota panoramica. Tuo fratello sta solamente facendo un giro turistico di una galleria d’arte con quel ragazzo.”

Non appena l’altro realizzò che sì, in effetti stava davvero stringendo la mano dello spagnolo, la ritrasse immediatamente.

 “E’ completamente diverso.”, rispose seccato, “Mio fratello è terribilmente ingenuo. Tu non lo conosci, non sai quante stupidaggini ha fatto nella sua vita. E chi è che l’ho deve tirare fuori dai casini? Io ovviamente, sono suo fratello maggiore! Con che faccia potrei tornare da mio nonno se gli succedesse qualcosa?”

Antonio sorrise nuovamente. Ecco, anche quel lato di Lovino era estremamente bello, quella premura con cui si prendeva cura di suo fratello facendola sembrare come una regola obbligatoria, quando in realtà era evidente che l’unica cosa che lo spingeva a tanto era il gran bene che voleva al gemello.

“Lovi, calmati. Feliciano è un ragazzo di diciannove anni, dopotutto: che gli può succedere di male? Hai paura che resti incinto?”

Lovino alzò gli occhi al cielo: “Non prendermi per il culo! E’ una situazione che tu non puoi capire. E poi il nome di quel tizio non mi ispira affatto fiducia.”

“Perché?”

“Credo sia tedesco. Non mi piacciono i tedeschi.”

“Non fare così! Sai, uno dei miei migliori amici e suo fratello  sono tedeschi.”

L’italiano lo guardò in tralice: “E credi che questo deponga a suo favore? No, perché è l’esatto contrario invece.”

Antonio ci pensò per qualche istante: “Mh, in effetti  Gilbert non è proprio quel genere di persona a cui qualcuno affiderebbe il proprio fratellino. Però suo fratello, Ludwig, è davvero un bravo ragazzo.”

Gli occhi ambrati dell’altro guizzarono su di lui, improvvisamente sgranati.

“Aspetta…Ludwig, hai detto?”

Antonio annuì perplesso.

“E questo Ludwig era con voi, ieri sera? In quel locale?”

Un altro consenso da parte dello spagnolo, il quale sembrava sempre più confuso, soprattutto quando Lovino si accasciò sul tavolo.

“Posso sapere anche io il perché di tutta questa disperazione?”, chiese allora con un sorriso comprensivo.

L’italiano rispose mugugnando, il viso ancora affondato tra le braccia: “Il tizio che è con Feliciano si chiama Ludwig. E l’ha conosciuto ieri in quel locale.”

E fu allora che anche Antonio capì, sgranando gli occhi verdi.

“Tu dici che è una cosa possibile?”, chiese all’altro mentre un sorriso meravigliato gli si dipingeva sul viso.

Lovino alzò finalmente il viso verso di lui, guardandolo in tralice: “Il fatto che mio fratello sia stato adescato da un tuo conoscente? Oh, nulla di più probabile.”

Lo spagnolo scosse la testa: “No, voglio dire: credi davvero che sia possibile che nella stessa sera io abbia conosciuto te e lui tuo fratello? Sembra una cosa così assurda!”

“Non venirmi a parlare di quell’enorme stronzata del destino, perché giuro che me ne vado.”, fece l’italiano alzando gli occhi al cielo.

Antonio sospirò: “Dico solamente che sarebbe incredibile, non trovi? Insomma, già io lo ritenevo un miracolo quando ti ho visto ieri sera…”

Lovino arrossì, distogliendo lo sguardo da quello ormai adorante dello spagnolo: “Non ti avevo detto di smetterla con queste frasi melense? E poi stanno arrivando i nostri caffè, quindi taci!”

In effetti, pochi istanti dopo si avvicinò al loro tavolo un ragazzo orientale con in mano un vassoio.

“Due espresso, giusto?”, chiese questi con voce pacata.

Ad un cenno del capo di Lovino, il cameriere appoggiò le due tazze sul tavolo con cautela. Notando però che lo spagnolo lo stava fissando si fermò con aria preoccupata.

“Qualcosa non va?”

Antonio sorrise amichevolmente. “In realtà volevo chiederti una cosa...”, s’interruppe un istante per osservare  la targhetta con il nome che il ragazzo portava sul petto, “Kiku Honda.”

Sia l’asiatico che l’italiano lo guardarono perplessi.

“Mi dica pure, signore.”, mormorò quindi Kiku con fare educato.

A quel punto Antonio lo guardò dritto negli occhi, per poi domandargli in tono solenne: “Dimmi, Kiku. Tu credi nel destino?”

Se il moro sembrava sorpreso da quella domanda tanto stramba, Lovino stava davvero per alzarsi ed andarsene tanto era imbarazzato.

“Non posso credere che tu abbia davvero disturbato questo povero tizio per una stronzata del genere!”, sbottò infatti, ancora incredulo che l’altro avesse seriamente chiesto una cosa simile a un completo sconosciuto.

Stranamente però, il ‘povero tizio’ stava sorridendo gentilmente. “Oh, non si arrabbi. Non mi ha disturbato affatto, anzi, è una domanda molto interessante. E poi sa, è buffo: ieri sera un mio caro amico americano mi ha domandato la stessa cosa.”

“E tu cosa gli hai risposto?”, chiese di rimando Antonio, mentre Lovino si schiaffava la mano sul volto vedendo come l’asiatico stava incoraggiando quella buffonata senza senso.

“Sinceramente? Che io credo proprio di sì.”, rispose il moro per poi prendere il vassoio e congedarsi.

“Hai visto? Dovresti crederci anche tu, Lovi.”, disse lo spagnolo per poi prendere un sorso di caffè.

L’italiano sbuffò: “Scordatelo. E comunque, non osare farlo mai più: che ti è saltato in testa?”

“Volevo sorprenderti.”

“Più che altro mi hai fatto venire voglia di tirarti un pugno in faccia.”

Antonio lo fissò per un lungo istante, per poi fargli l’occhiolino.

“Ti amo anche io.”

 

“Don’t stop believing
Hold on to the feeling
Streetlight people…
Don’t stop!”

 

Angolino dell'Autrice:

E’ finita. Oddio, l’ho finita davvero. Non credevo si provasse una soddisfazione tale a vedere una storia conclusa, e invece sono qui e non mi capacito di esserci davvero arrivata in fondo. Wow.
Prima di tutto, è doveroso condividere con voi questo piccolo headcanon che non sono riuscita a inserire nella fanfiction (altrimenti questo capitolo sarebbe diventato un’enciclopedia u.u): il caffè in cui si trovano Antonio e Lovino nella scena finale è anche quello dove lavorano Elizaveta e Yasmine. Quindi, Kiku è un loro collega oltre ad essere amico di Alfred (come spero si sia capito…?). Lo so, dovrei mettermi a scrivere storie meno complesse :’)
Dopodichè, via con i ringraziamenti stile notte degli Oscar: vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto la fanfiction prima di tutto, e in particolare chiunque l’abbia messa tra le preferite, le ricordate, le seguite…insomma, chiunque abbia lasciato traccia del suo passaggio uwu  E infine, un grazie particolare a chi mi ha lasciato un commentino, facendomi un sacco di complimenti (immeritatissimi, siamo sinceri u_u) e dando un senso a quello che scrivevo. Quindi ecco, vi cito pure belle personcine: Melabanana_ , Giuls Koshka, yanyan, Tsukiyama Kun Beilschmidt, sara_sakurazuka, MelaH_, shaya21, BananaH.
Insomma, grazie a tutti
Non pensate di esservi liberati di me, perché tornerò a rompervi l’anima molto presto. Quando meno ve lo aspetterete, io colpirò con una nuova long che non aggiornerà mai. State pronti u.u
Perciò…

See ya soon, people!

 

 

 

 

   
 
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