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Autore: TheOnlyWay    12/01/2013    10 recensioni
Il matrimonio. Terribile, vero? Già, ma non ditelo a Leighton, costretta a fare da damigella d’onore a sua sorella Giselle. Potreste parlarne con Niall, invece, che è assolutamente entusiasta di essere il testimone dello sposo. Aggiungeteci un Harry Styles posato e affascinante, un Louis dedito più che mai alle sue bretelle e una migliore amica non troppo intelligente ma sincera. Il risultato? Tra discorsi, lancio del bouquet e balli è ancora tutto da vedere.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17

“Chiamate senza risposta.”
 



«Ti sta suonando il telefono.»
Grazie per avermelo fatto notare – di nuovo – Niall. Lo so anche io che mi sta suonando il telefono. Ho una suoneria talmente alta che probabilmente l’hanno sentita anche in Nepal e, se non rispondo, un motivo c’è. E si dà il caso che non è la mia sordità.
La signora seduta davanti a me, che sta sfogliando una copia di Vogue con aria estremamente annoiata, mi guarda come se le avessi appena detto che i capelli biondo platino non sono più di moda. Probabilmente è solo infastidita dallo squillare – quasi ossessivo, direi – del mio telefono.
Le rivolgo un sorrisino di scuse, poi spingo il telefono ancora più a fondo nella tasca dei jeans. Niente, probabilmente è più efficace dell’allarme antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale.
«Non potresti mettere il silenzioso?» domanda infine Louis, con cautela. Gli rivolgo un’occhiata in tralice, poi sbuffo.
«Sto aspettando una telefonata, se metto il silenzioso rischio di non sentirla; ve l’ho già detto.» borbotto, spazientita. Certo, lo so anche io che in questo momento mi stanno chiamando, ma non è chi mi occorre, perciò non posso rispondere.
Finalmente, torna il silenzio. Sono piuttosto sicura di aver sentito qualcuno sospirare per il sollievo, ma non mi azzardo a guardarmi intorno: non si sa mai cosa potrebbe succedere.
Do’ un’occhiata veloce allo schermo, dove è appena comparso l’ennesimo avviso di chiamata alla quale non ho risposto.
Dieci chiamate e un messaggio.
Tutte quante di Harry. Con mano tremante, apro il messaggio e lo leggo.
“Mi sento tanto uno stalker, ma saresti così cortese da rispondere ad una cazzo di telefonata, amore? Sono preoccupato, è da tre giorni che non mi parli se non a monosillabi. Cosa succede?” No, non sono impazzita, se è ciò che vi state chiedendo. In realtà, Bridget mi ha consigliato di parlare con Harry il meno possibile, per evitare di spifferare tutto quanto. Per quanto sia parecchio difficile ammetterlo, devo dire che ha ragione. Harry si accorgerebbe subito che gli sto nascondendo qualcosa e, probabilmente, io ci impiegherei meno di tre secondi a svuotare il sacco. Non sono capace di mantenere certi segreti, con lui. Soprattutto se riguardano noi.
«Posso dirglielo, adesso?» chiedo, esasperata. Non ce la faccio più.
Se disgraziatamente Harry dovesse lasciarmi, per colpa del loro segreto di stato, giuro che li sopprimo a tutti e tre.
Ma lasciate che vi racconti brevemente cosa è successo in questi ultimi tre giorni.
Primo: ho scoperto che Bridget aveva già parlato anche con mamma a proposito di un futuro ed eventuale trasferimento a Londra, e lei ha preso la palla al balzo per disfarsi di me. Ora che tutte e due le sue figlie sono fuori casa, le sembrerà di essere perennemente in vacanza.
Secondo: Giorgia ed Erika sono tornate in Italia a mangiare spaghetti. Fi-nal-men-te. Questo, ovviamente, vale più per Giorgia che per Erika. Con lei, infatti, ci siamo messe d’accordo per rivederci molto presto.
Anzi, credo che abbia pensato di iscriversi all’università qui a Londra, per diventare una specie di… com’era? Non me lo ricordo neanche, comunque sarebbe bello averla così vicina. A patto che Giorgia rimanga lontana da me almeno per un altro miliardo di anni. Per allora, spero che la razza umana si sia estinta, almeno non correrò alcun rischio di incontrarla.
Terzo ed ultimo: Harry. Per stare dietro al grande segreto di stato di Bridget, ho cominciato a mentire ad Harry. Di brutto, oserei anche dire. Ieri, per esempio, mi ha chiamata proprio mentre ero tutta intenta a infilare i vestiti in valigia. Mi stavo appunto chiedendo se fosse il caso di portarmi dietro tutto il guardaroba, quando Harry ha sentito mamma che urlava, dal piano di sotto.
E indovinate un po’ cosa stava urlando? “Ti viene a prendere tuo padre, tesoro. Ti chiama domani mattina, mentre siete in aeroporto!
E, sempre nel caso in cui non l’aveste indovinato, sono andata nel panico più totale. Ho iniziato a farfugliare ad una velocità supersonica, mentre Harry mi domandava se in zona neuroni fosse tutto a posto. Ho ringraziato il Signore un numero infinito di volte, perché evidentemente Harry non ha sentito niente.
Comunque, a proposito delle menzogne, ho chiuso la telefonata dicendogli che ero impegnata a pulire la camera e sembra essersela bevuta. A provato a chiamarmi altre tre volte, ma non gli ho risposto. Morivo dalla voglia di dirgli la verità.
Che poi, tecnicamente, non si tratta proprio di menzogne, più che altro è una verità alternativa. Ecco, in questo modo mi sento molto meno in colpa.
Questo, all’incirca, è ciò che è successo.
In questo momento, io, Bridget, Niall e Louis ci troviamo in aeroporto, in attesa dell’apertura dell’imbarco per Heathrow. Che, naturalmente, è in ritardo.
Un altro ad essere in ritardo, è mio padre, che avrebbe dovuto chiamarmi e ancora non l’ha fatto.
Quando il telefono ricomincia a squillare, quindi, sono davvero indecisa sul da farsi. O lo sbatto per terra fino a che non la smette, o rispondo e dico ad Harry che mi dispiace tanto, che mi sento una vera schifezza e che, ovviamente, la colpa della sua incazzatura è da attribuirsi a Bridget e non a me, che sono un’anima candida e caritatevole.
Rassegnata a buttare il telefono a terra, do’ un leggero sguardo. Con un sospiro di sollievo, realizzo che il nome sul display non è quello di Harry, ma papà e mi allontano per rispondere.
«Era ora.»
La gentilezza e l’educazione, dite? Be’, evidentemente sono le mie migliori qualità.
«Sono in ritardo, per caso?» la voce di papà è divertita. Probabilmente non si aspettava chissà quali smancerie, da parte mia.
«No, figurati. Giusto un’ora.»
«Stavo finendo di preparare le vostre stanze. Potresti chiudere un occhio?» domanda, tragicamente serio. Alzo gli occhi al cielo e rido.
«Solo per questa volta.» concedo, prima di tornare seria. «Papà, sei sicuro che vuoi che stiamo lì? Non sono stata molto gentile negli ultimi… be’, undici anni più o meno, e lo capirei se non mi volessi intorno. Non sei costretto a farlo.» farfuglio, un po’ in difficoltà.
Questa volta, è papà a sbuffare.
«Ci vediamo dopo, Leighton. Fate buon viaggio.»
Detto ciò, termina la conversazione, lasciandomi decisamente di stucco. Vedete da chi ho preso il mio lato incomprensibile? Il DNA è proprio una brutta bestia, lasciate che ve lo dica.
 
Odio viaggiare in aereo. Lo detesto profondamente. Preferirei morire, piuttosto che farmi un altro viaggio del genere.
Tanto per iniziare, visto che la sfiga si è decisa a perseguitarmi, ha cominciato a diluviare.
E sapete cosa significa la pioggia? Turbolenza. Con annessi e connessi.
A questo punto mi sembra quasi inutile dire che l’aereo ha traballato per metà del viaggio e che il mio stomaco è stato violentemente ballonzolato a destra e a manca. Non so cosa mi abbia trattenuto dal vomitare, fatto sta che il decollo è andato una merda.
Questo per quanto riguarda la partenza. L’atterraggio? Oh, quello è stato ancora peggio. Traballare in discesa, è una gran schifezza. E non dico altro, perché il solo ricordo mi fa tornare la nausea.
Bridget invece si è divertita un casino, continuava a saltellare, nemmeno si trovasse su delle fottute montagne russe. Per tutto il viaggio ha continuato a cinguettare “oh, una montagna”, “oh, una nuvola”, “oh, non si vede più niente”, “oh, quanto siamo in alto”, fino a che io non mi sono scocciata e le ho detto, molto simpaticamente, “oh, hai un po’ rotto le palle.”
Solo a quel punto ha smesso di urlare, e ha cominciato a stressare Louis.
Niall, seduto nella fila dietro la mia, ha dormito come un sacco per tutto il tempo. Si è svegliato solo per mangiare il tramezzino offerto dalla compagnia aerea, dopodiché è ripiombato di nuovo nell’oblio.
Mi trattengo a stento dal baciare il pavimento, perché so che sembrerebbe piuttosto strano e vorrei evitare di prendermi qualche malattia di qualsivoglia genere e seguo gli altri fino al nastro del ritiro bagagli. Mi tremano ancora le gambe e sto sudando freddo: maledetto aggeggio infernale d’alta quota. Giuro che non ne prenderò mai più uno.
«Sei un po’ pallida, Leighton.» mi fa notare Niall. Mi accarezza una guancia, poi appoggia le labbra sulla mia fronte, per controllare che non abbia di nuovo la febbre.
Gli sorrido, gli lascio un bacio sulla guancia e poi gli spiego che la colpa è solo dell’aereo.
Niall ride.
«Ci farai l’abitudine.» afferma, mentre tira la mia valigia giù dal nastro.
«Non penso proprio. Non prenderò mai più un aereo!» prometto, seria. Niall ride di nuovo e alza gli occhi al cielo.
«Vi muovete, voi due?» urlo, rivolta a Louis e Bridget, che sono ancora in attesa di tutte le valigie di Bridget. Se non mi sbaglio, si è portata dietro il set completo, che comprende una valigia enorme, in cui penso abbia infilato anche il cadavere di sua madre, sua sorella e probabilmente anche di mia madre, due trolley e un borsone.
«Manca la cappelliera!» si lagna Bridget, infastidita.
«Ma tu non hai un cappello.» replico, piuttosto confusa. Che accidenti se ne fa della cappelliera, se non ha il cappello? Bridget sbuffa.
«Non ancora.» be’, ora si che è tutto molto più chiaro. Scuoto la testa, ormai completamente rassegnata alla sua stupidità e trotterello fino a Niall che ormai è praticamente fuori dall’area del ritiro bagagli.
Mi guardo intorno, un po’ confusa dal gran numero di persone presenti. C’è chi si sbraccia, chi si saluta e chi piange, per la gioia di aver ritrovato un parente.
E poi ci sono io, che inciampo ogni due passi per colpa di una tonta con un trolley stratosferico che si blocca ogni cinque secondi, per sistemarsi i capelli. Giuro che la ammazzo.
Sono sul punto di infilare un piede tra i suoi, tanto per farla inciampare, quando la voce familiare di papà mi distrae dal suo intento. Sospiro, poi sgomito un po’ per farmi strada e lo raggiungo, seguita da Niall, Louis e Bridget, che finalmente ha trovato la sua cappelliera.
«Com’è andato il viaggio?»
Stupendo me stessa della mia spontaneità, lo abbraccio e mi stringo al suo petto. Sento che trattiene il fiato, poi si rilassa e mi passa una mano sulla schiena.
«Il viaggio è andato male, eh?» domanda.
Annuisco, separandomi con un po’ di imbarazzo.
«Uno schifo. Ho avuto voglia di vomitare per tutto il tempo.» mi lagno. Lo so, che sembro una bambina di tre anni, ma che volete? È stato uno schifo totale, perciò vedete di non rompere e comprendete la mia sofferenza.
«A me è piaciuto un sacco!» sostiene Bridget, con voce squillante. Reprimo la voglia di prenderla a calci e mi rifugio al fianco di Niall, che mi circonda le spalle, protettivo come al solito.
«Sarete stanchi, ragazzi. Vi accompagno a casa, okay?» sostiene papà, tranquillo. Afferra una delle valigie di Bridget, che gli sorride riconoscente, e si avvia verso l’uscita.
Stanca?
Io? Sono il ritratto della freschezza.  
«Io voglio andare da Harry.» affermo, con tutta la tranquillità del mondo. Oddio, mica troppo. Probabilmente sono arrossita come una bambina, ma non è che la cosa mi interessi più di tanto. Ora che sono così vicina ad Harry, non vedo l’ora di baciarlo di nuovo, di abbracciarlo, di stare con lui e…
«No.»
Come? Devo per forza aver sentito male, perché Niall e Louis non possono aver detto “no”.
È assolutamente impossibile. Primo, perché non hanno alcun diritto di decidere quando devo vedere Harry, visto che di fatto è il mio fidanzato e non il loro.
Secondo, perché non sono fatti loro.
Be’, in effetti il primo e il secondo punto coincidono, ma chi se ne frega. Perciò ignoro entrambi completamente e mi siedo sul sedile posteriore della macchina di papà, stretta tra Bridget e Louis.
«Harry sarà in università, a quest’ora. Magari posso aspettare da voi che torni, vi dispiace?.» propongo, speranzosa. Ancora una volta, Niall e Louis scuotono la testa.
Vogliono proprio farmi incazzare, oggi, o è il viaggio in aereo, che ha momentaneamente interrotto il normale funzionamento dei neuroni?
«Aspetterò fuori, allora. Grazie per l’ospitalità.» bofonchio, offesa. Incrocio le braccia sotto al seno, con tutta l’intenzione di non rivolgere la parola a nessuno di questi due stronzi.
Questa me la lego al dito, lo giuro. Non gli parlerò mai più. Mai, mai, mai.
Nemmeno se mi pagassero tre miliardi di sterline.
Afferro il telefono dalla tasca dei jeans e lo accendo. Sul display, compare immediatamente l’avviso di cinque chiamate – cinque, maledizione – e un messaggio.
Non so che ti prende, ma mi manchi.
Mi viene da piangere, adesso. Chissà come si sente, per colpa mia. Anzi, nemmeno per colpa mia! È colpa di questi stronzi insensibili.
«Harry?» domanda Bridget, sbirciando il messaggio con la coda dell’occhio.
Annuisco, digito velocemente un “Mi manchi anche tu, da impazzire.” e sospiro.
«Posso dirglielo, per piacere?» mormoro, mentre i sensi di colpa accrescono ancora di più.
«Non puoi resistere fino a domani, Leighton?» domanda Niall, voltandosi per guardarmi in faccia. Mi giro dall’altra parte, poi sbuffo.
«Sono venuta qui per vedere Harry, e voi non volete nemmeno ospitarmi per un paio d’ore. Siete dei bastardi!» sbraito, incazzata come un aspide. Ah, quanto vorrei avere una spranga.
Papà scoppia a ridere.
«Leighton, cara, quello che vogliono dire, è che hanno in mente una sorpresa per Harry.»
Oh, ecco. E ci voleva tanto a dirlo in questo modo?
No, loro devono per forza farmi girare le palle. Stronzi. Tutti e due.
«Che genere di sorpresa?» domando, rassegnata e curiosa.
«Lo vedrai.» sibila Louis, poi si strofina le mani con aria diabolica e scoppia a ridere.
«Lou, piantala di fare lo scemo.» lo riprende Bridget, miracolosamente seria.
«Tranquilla, Lilly. È un piano talmente semplice, che neanche tu puoi fallire.»
«Grazie per l’incoraggiamento.»
«Figurati. Ora, ascoltami bene…»
Bridget comincia a spiegare e, ad ogni parola che pronuncia, mi rendo conto che, in effetti, è tutto talmente semplice, che nemmeno io potrei fallire.
Almeno, si spera.



***



Oggi sono proprio di poche parole, perchè ho passato una nottata di merda e non mi sono ancora ripresa del tutto.
Perciò vi lascio solo un paio di informazioni di servizio, se così si può dire: questo è il penultimo capitolo. Ci saranno ancora il 18 e l'epilogo. E una One Shot che pubblicherò lo stesso giorno dell'epilogo, se riesco.
Niente, vi ringrazio per le recensioni, per i preferiti, seguiti e ricordati e scusate se sono così di poche parole, ma proprio non sto bene.
Ho aggiornato perchè so che qualcuno di voi aspettava con ansia (?) :)
Vi adoro.

 
   
 
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