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Autore: Ella ago 98    12/01/2013    1 recensioni
Come può una persona cambiare per amore? Fino a che punto può cambiare?
Forse perché non è mai stata se stessa.
Attenzione: possono essere presenti delle parolacce.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao ragazzi, scusate se c'ho messo così tanto a pubblicare il nuovo capitolo. Spero vi piaccia.
BuOnA LeTtUrA!!


Fuori dalla stazione una ricca folla di ragazzi schiamazzava senza sosta. Mi incamminai verso casa di mia nonna. Il lungo viale adiacente alla stazione era ricoperto di foglie dai colori invernali, sotto i miei piedi il crepitio delle foglie mi faceva venire in mente quel capodanno in cui alle sette di mattina mangiai le patatine fritte con mio cugino Alessandro, era da parecchio tempo che non lo vedevo. Alcuni ragazzi sulle bici mi sfrecciavano accanto. Il lungo viale giunse al termine e sbucai sulla larga strada principale di Cavallermaggiore, via Roma. Proseguii verso destra. Percorsi all’incirca un kilometro e svoltai a sinistra, un altro kilometro e svoltai a destra, cento metri e di nuovo a sinistra. La strada per arrivare da mia nonna era un intero zig-zag. Sorrisi all’idea. Finalmente ero arrivata, era da quella mattina che non mettevo qualcosa di solido nello stomaco. Il primo nome partendo dal basso era quello di mia nonna, suonai. Qualcuno aprì senza però chiedere chi fossi. Salii la rampa di scale, entrai in casa. I miei zii e mio cugino David avevano già mangiato.
-Ciao a tutti.
-Ciao … - rispose poco attento mio zio, era troppo preso a giocare su facebook invece di cercare lavoro. Nonostante vivesse da mia nonna ora non si era ancora deciso a cercare seriamente lavoro.
-Ciao Chrissitina, vieni a mangiare.
Sorrisi e ricambiai il saluto di mia nonna Maria, non era mai riuscita a dire il mio nome, anche se si leggeva senza pronunciare la “h” lei lo sbagliava sempre. Mi accomodai al tavolo e gustai il panino con pomodori e mozzarella che mi aveva preparato con affetto mia nonna. Certo mia nonna aveva sempre avuto delle preferenze tra i nipoti anche se lo negava, e di certo io non ero una dei suoi preferiti, credo che sia a causa dei conflitti che c’erano tra mia mamma e suo padre, che è mancato quattro anni fa.
-Chrissitina oggi ti fermi qua?
-No, nonna oggi devo andare a casa a fare i compiti di greco, italiano, inglese e matematica.
-Ma ne hai tanti?
-No, sono pochi ma lunghi.
Diciamo la verità, non avevo voglia di sentire i miei zii e mio cugino che si lamentavano, io e mia madre avevamo già avuto diverse volte il loro problema, con la differenza che mia nonna non ci ha mai ospitate.
Stetti lì una mezz’ora scarsa.
-Nonna io vado.
-Okay, stai attenta eh?
-Sì, nonna.
Uscii da casa di mia nonna era un po’ più corta andare a casa. Tornai in via Roma e proseguii ancora per un kilometro e mezzo, svoltai a sinistra, venti metri ed ero davanti a casa mia. Aprii la portina e salii le due rampe di scale ed aprii la porta d’ingresso. Buttai lo zaino sul letto e appesi il giubbotto nella cabina armadio. Tornai in camera, il pomeriggio passato avevo messo apposto i libri nella libreria. Presi quello di greco e quello di inglese. Guardai gli esercizi da fare e li feci. Erano facili e veloci. Tolsi i libri delle materie che avevo oggi e li misi a posto. Presi il libro di matematica e di italiano. Guardai gli esercizi anche di questi. Di matematica avevamo da fare dei vero o falso mentre di Italiano un riassunto. Alle quattro meno un quarto avevo già finito tutto e avevo messo i libri nello zaino. Decisi di collegarmi un po’ su facebook. Michelle era online.
“Ciao Miki mi chiami?”
“Sì, ora ti chiamo.”
Il telefono squillò, lo presi e risposi.
-Ciao Miki, come va?
-Va come andava oggi.
-Dai Miki tirati su il morale, dai parlami di lui.
-Beh, okay. Il suo colore preferito è il verde, è maledettamente stupendo ed è …
-Ed è … ?
-Single!
-Bene, ma non mi hai detto come si chiama.
-Perché vuoi saperlo?
-Perché così magari ti faccio parlare con lui se lo trovo su facebook.
-Ok, ma non te lo dico.
-Ok, allora glielo chiedo io, domani!
-Fai come vuoi.
-Lo farò di certo.
-Ma … ma tu li hai già fatti i compiti?
-Sì tutti.
-Davvero?
-Certamente.
-Senti Chris, mi impresti il libro di Licia Troisi?
-No.
-Perché?- la sua voce era incredula, come se non si aspettasse la mia risposta.
-Perché tu non mi dici come si chiama quel tizio.
-No, dai imprestamelo e poi io ti dico come si chiama.
-Miki? Vuoi fregare me con i miei stessi trucchi?
-Cosa? Io? Cosa ho fatto?
-Ciao Miki, siamo sul pianeta Terra, e tu vieni da Michellandia.
-Ok, allora me lo compro.
-Brava.
-Grazie.
-A domani ora metto a posto la cucina che poi arriva mia madre da lavoro.
-Va bene Chris a domani ti voglio bene Carciofina.
-Anch’io Patata.
Miki era una peperina testona. Andai in bagno a prendere i prodotti per pulire e pulii la cucina. Il cellulare trillò. Mi era arrivato un messaggio da parte di mia madre.
“Ciao pulcino, come stai? Spero vada tutto bene. Scusami ma mi hanno trattenuto un po’ di più perché dobbiamo pulire tutta la cucina. Scusami ancora. Ti lovvo a dopo. P.S.: mangia per conto tuo, non mi aspettare.”
Le risposi.
“Ciao topolina, va bene. Io sono a casa. Qui tutto a posto. Nonna ti saluta.”
Ripresi lo straccio che avevo abbandonato sul top della cucina e finii di pulire la penisola. Ora era tutto lindo e pinto. Mi sedetti sul divano della cucina. Accesi la televisione e misi il canale 36, RTL 102.5.
Poco dopo mi accorsi che erano già le sei e mezza.
Mandai un messaggio a Matteo.
“Ciao passerotto, scusa se non ti ho più risposto ma avevo da fare. Comunque buon lavoro ci sentiamo dopo.”
“Va bene cucciola ci sentiamo appena finisco. Bacio.”
“Bacio. :*”
Mi collegai di nuovo su facebook, non sapevo come passare il tempo. In chat c’erano 26 amici. Guardai velocemente chi ci fosse. Miki era ancora collegata con il profilo di suo padre Fabio.
“Dai Miki mi dici il nome?”
“ Mi dispiace, sono il padre.”
“Ah … ok, mi saluti Michelle.”
Che figuraccia che mi ero fatta. Dovevo farmi dire per forza il nome da Miki. Non potevo chiedergli il nome a lui. Cioè che figura mi sarei fatta se andavo da lui e gli chiedevo come si chiamava?
Non ce la facevo più, se avrei pensato ancora un po’ la testa mi sarebbe scoppiata. Mi immaginai il mio corpo su divano senza vita, accasciato con pezzi di cervello e sangue sparsi per tutta la cucina. Che scena orribile. Andai in bagno e riempii la grossa vasca piena di acqua calda. Appoggiai la punta dell’indice, era calda al punto giusto. Mi accomodai al suo interno, un brivido mi fece accapponare la pelle. Mi immersi del tutto. La musica in cucina ora era così bassa, come un sussurro appena recettibile, come se qualcuno avesse avvolto la televisione in un grosso batuffolo di cotone. Riemersi, i capelli erano fradici e sopra la mia testa di trovava una piccola colonna di soffice schiuma al profumo di talco. Mi rilassai. Ero parecchio stanca, non fisicamente ma mentalmente. Mi sciacquai e uscii dalla vasca, quando la vasca fu vuota andai in camera mia e mi misi le mutande e un reggiseno. Mi scaldai una tazza di latte e la bevvi con calma. Sotto sentii arrivare la macchina di mia madre. Era sempre una grande gioia vederla e stare con lei. Io la adoravo e le volevo un gran bene. Ormai erano sei anni che i miei genitori avevano divorziato, il 22 Dicembre del 2008. Dopo tutto era stato un bene, non si parlavano quasi e litigavano spesso. Dopo tutto mio padre non era molto un gran che con mia madre, e con me in questi ultimi sei anni. Mi veniva da ridere quando sentivo Laura e Michelle che si lamentavano del fatto che magari Poly si era preso un voto più alto del loro, o del fatto che non avevano comprato abbastanza libri quando sono andate a fare Shopping, io lo shopping me lo sognavo. Non avevo mai fatto shopping come lo facevano loro, io lo facevo ma compravo magari un libro, guardando che non costasse troppo, ma per mia fortuna andavo sempre con mia madre e mi divertivo sempre un casino.
-Ciao!
-Ciao mamma, come va? Hai male al ginocchio?
-Sì, un po’. – la sua voce calda mi confortava sempre, era la voce di una mamma amorevole.
-Dai mangia cena e poi ti dò la pastiglia.
-Non ho fame.
-Mamma la pastiglia a stomaco vuoto non puoi prenderla.
-Lo so.
Mi alzai e le feci un bicchiere di latte caldo con i biscotti anche a lei. Mangiò senza lasciare neanche una goccia di latte sul fondo del bicchiere. Prese la pastiglia e di rilassò sul divano.
-‘Notte mamma, io mi corico.
-Ok, pulcino a domani.
-A domani topolina.
Le diedi un bacio sulla fronte e lei fece lo stesso con me. Mi coricai mandai la buonanotte al mio grande amore Matteo e mi addormentai.
5:45 la svegli suonava, uscii dallo stato di sonno profondo in cui mi trovavo. L’aria mattutina soffiava aldilà della finestra, muovendo le poche foglie secche rimaste attaccate ai lunghi rami del vecchio cipresso. Le palpebre pesanti sembravano incollate, volevo dormire ancora, ma sapevo che non era possibile. Mi decisi a alzarmi, feci un lungo sbadiglio e mi abbandonai al freddo della stanza, abbandonando il caldo delle coperte, sapendo che non le avrei più viste fino a sera. Mi recai in bagno, tirai lo sciacquone sperando che non facesse troppo rumore svegliando mia madre. Mi sciacquai la faccia. Andai in cucina e bevvi un bicchiere di latte freddo e mi diressi nella camera armadio. Presi un paio di jeans larghi e un dolcevita rosso, lo odiavo, lo scartai e optai per una grossa felpa blu oltre oceano e la misi. Andai in bagno, mi misi il burro cacao e un filo di mascara, non avevo voglia di truccarmi. Mi misi lo zaino sulle spalle e andai in camera, mia madre dormiva ancora. Le diedi un bacio sulla fronte.
-Vai … vai già via? – la voce appena sveglia era accompagnata con uno stupendo viso da gattino coccolone.
-Sì , buona giornata e buona dormita.
-Ma la mia sveglia …
- te l’ho tolta io ieri sera.
-Grazie.
-Prego, a oggi.
Carlotta bussò alla porta. Andai con lei. Per strada il vento premeva sui miei zigomi. La punta del naso e le punte delle dita non esistevano più, non sentivo più niente, era da un po’ di giorni che non faceva così freddo. Via Roma era deserta, oggi eravamo partite un po’ prima, Carlotta doveva comprarsi le cicche. Non capivo le persone che fumavano. Si facevano del male e spendevano un casino di soldi.
La stazione era vuota come sempre. Carlotta messaggiava con un ragazzo che aveva appena conosciuto. Parlava già di uscire con lui, baciarlo e farselo. Provai a non immaginare la scena ma non ci riuscii, era tutto così schifoso. Bleah. Il treno arrivò puntuale e Miki insieme a lui. Oggi aveva un cappellino fucsia, era difficile non notarla. I capelli spettinati si intravedevano attraverso il vetro appannato. La porta finalmente si aprii e io riuscii ad accoccolarmi nel caldo angolo del treno.
-Ciao Miki.
-Ciao Chris.
-Tutto a posto?
-Sì … diciamo. Non sono riuscita a fare greco…
-Mi dici il nome?
-No! No! E ancora NO!
-Va bene, compralo il libro.
Si avvicino a me.
-E poi non posso dirtelo adesso perché è seduto lì, e sta ascoltando tutto.- mi sussurrò nell’orecchio.
-Sai che me ne frega, che senta tutto ciò che vuole!
-Dai non fare così … - il suo tono di voce era ancora basso e pacato.
-Se  è uno spione non me ne importa, a solo da farsi un po’ di più gli affaracci suoi!
Il cellulare vibro nella tasca del mio zaino, lo presi. Era Matteo.
“Ciao cucciola, tutto a posto?”
“Si si … un po’ arrabbiata con la mia amica ma tutto a posto.”
“Ah … mi dispiace. Come mai?”
“ No … niente.”
-Chi è?
-Cosa?
-Chi è?- quando messaggiavo con lui vivevo in un altro mondo, non so come mai, sarà solo per il fatto che gli morivo dietro e che ero follemente innamorata di lui.
-Ah .. Matteo.
-Posso farti una domanda?
-Me l’hai appena fatta.
-Ah ah ah spiritosa … - la sua risata sarcastica mi faceva morire dal ridere era una risata a scatti come se fosse stata fatta da un automa.- … ma è il tuo fidanzato?
-No! – il mio tono di voce cambio dall’essere felice al tormento oscuro.
-Ah… ma tu vorresti?
-Miki? Non ne voglio parlare!
-Ok … ma tu …
-Sì, Miki, sì!
-Ok…
Il treno si fermò, fuori dalla stazione il freddo mi avvolse con le sue lunghe braccia. Michelle ascoltava una delle sue canzoni preferite, Yellow dei Coldplay. Era Venerdì, avevo cinque ore. Non avevo molta voglia di andare a scuola.
“Che cosa fai? “
“ Mah, niente, messaggio con te, ma niente di più. “
“ok.”
Eravamo giunte a scuola. Come al solito le prime ad arrivare, era bello avere i corridoi liberi. La classe deserta e buia attendeva che noi la illuminassimo.
-Comunque Miki … dimmi come si chiama quel tipo.
-No!
Una caratteristica di Michelle? Testarda. Aveva la testa dura come un macigno. Indistruttibile, ma io sapevo come farla cantare, sì, lo sapevo.
-Ok.
Andai alla lavagna, Michelle seguiva ogni mio movimento con lo sguardo, presi un gesso e iniziai a scrivere : A Miki piace J …
-Ok, ti dico come si chiama. – J era l’iniziale del ragazzo più brutto della scuola.
-Grazie.
-Si chiama Francesco Castel.
- Ok. – avevo vinto.
 
-Ma tu non capisci?!
-Cosa? – non so cosa non potevo capire. Non ce la facevo più, era da ieri che parlava di una che si chiama Christina. Veramente non ci avevo mai fatto caso, non sapevo neanche chi era.
 -Non la posso descrivere, è una bellezza a se, e secondo me la sua amica ti muore dietro, ogni volta che ti volti verso di lei diventa rossa come un peperone.
-Va bene. – non sapevo di chi stava parlando, sapevo solo che mi piaceva una ragazza che prendeva il treno e di cui non sapevo il nome. Era mora e si vestiva sempre con jeans larghi e felpe larghe.
-C’è qualcosa che non va Francy?
-No … niente.
-Dai dimmi.
-Ok, è vero. Anche a me piace una che c’è sul treno, ma non so il suo nome, e lo voglio scoprire oggi.
 
Le prime due ore passarono in un turbinio di messaggi teneri con Matteo. Nell’intervallo tutta la classe uscì, ma io decisi di rimanere in classe, avevo un po’ di mal di testa e non avevo voglia di sentire il chiacchiericcio di galline ed oche in giro per i corridoi. La terza e quarta ora furono molto più noiose, Matteo non poteva più messaggiare ed io stavo andando in panico. Il secondo intervallo passo in fretta. Cinque minuti. Michelle diventò rossa come un peperone perché era passato Francesco davanti a lei e si era voltato a guardarla, a suo detto.
Ultima ora: greco. Correggemmo il compito di greco e ripassammo la seconda declinazione. La campanella finalmente suonò. Laura era uscita prima, insieme a tutti quelli di Fossano.
Miki ed io ci incamminammo verso la stazione.
-Ora sono felice.
-Perché?
-Perché ora che non ho più segreti con te posso parlare tranquillamente di lui.
-Ok.
-IO HO UNA COTTA PER … - iniziò ad urlare, ma le misi una mano sulla bocca.
-E’ davanti a noi. – le sussurrai.
-Grazie.
Alla stazione non c’era molta gente, ma Francesco era lì, presente davanti a noi. Michelle gli dava le spalle, ma lui continuava a guardare verso di noi. Mi stavo iniziando ad adirare.
 
Guardavo la ragazza che tanto mi piaceva, anche se era presa a parlare con la sua misteriosa amica bionda.
-Hai una sigaretta?
-Ho le Yesmock.
-Lascia perdere, mi fumo le mie. – non riuscivo a comprendere perché Lorenzo fumava quella spazzatura.
Presi la Lucky Strike e me la accesi.
-Ah, giusto. – Lorenzo si era ricordato qualcosa, era uno smemorato epico.- Quella difronte a te è quella che mi ha rubato il cuore.
-Quale? – sperai che parlava della bionda.
-La mora no?
No, no, perché? Eravamo amici d’infanzia, non potevo fare una cosa del genere, no, non poteva piacermi la stessa ragazza.
Il lato positivo era solo uno, avevo scoperto come si chiamava. Ma a che spese? Spese troppo grosse, spese più grandi di me. Volevo sapere di più su di lei.
-Dai su, parlami di lei. – il mio amico fece una faccia stranita.
-Beh, la vedi.
-Grazie. Stupido! Intendevo non fisiche.
-Ah … si chiama Christina Aston, messaggia sempre con un tizio di nome Matteo, ho sentito oggi mentre lo diceva alla sua amica, e a quanto pare non fuma…
-Capito.
Il treno era arrivato, finalmente potevamo sederci, non ce la facevo più a tenere sto zaino sulle spalle. mi sedetti nel primo posto in alto a sinistra.
 
Il treno arrivò e Francesco entrò subito. Lo cercai con lo sguardo e lo vidi subito. Era in alto a sinistra. Restammo in piedi, ma l’amico ci vedeva e sentiva i nostri discorsi.
-Miki sai che cosa mi dà più fastidio in una persona?
-No, cosa?
-Mi danno tantissimo fastidio, anzi che dico, mi frantumano proprio i coglioni quelle persone che non si fanno i cazzi loro. –lo urlai, in modo che lo sentisse bene.
-Chris, smettila di urlare.
-No, ma mi sono proprio rotta il cazzo delle persone che non si fanno gli affaracci loro.
-Dai calmati, ti sentono tutti.
-Lo so! Dai andiamo a sederci.
-ok.
Cercammo posto e trovammo proprio quello a fianco al loro.
-Andiamo più avanti.
-No, io mi fermo qui.
-ok, a domani.
Lei andò più avanti, io mi fermai lì ed ascoltai il mio adorato Emis Killa.    
 
Christina entrò poco dopo di me, il treno partì ed iniziò ad urlare che non odiava chi ascoltava le conversazioni degli altri.
-Lorenzo, ma quella?- provai ad indicare quella bionda.
-No, l’amica.
Christina e l’amica salirono e si voltarono, non ci notarono neanche. L’amica andò avanti, lei si fermò accanto a noie si mise le cuffiette. Era strana, i vestiti larghi non facevano intravedere nulla del suo corpo, il poco trucco la rendeva particolare, insomma era tutto il contrario delle mie ex, ma cosa centrava? Io non ero innamorato di loro.
-Fra? Fra? Fra ci sei?
-Cosa c’è?
-Mi dovevi dire chi è quella che ti piace.
-Giusto … - cosa potevo dirgli, di sicuro non la verità, non avrei mai potuto dirgli che mi piaceva la sua stessa ragazza. – scherzavo, non mi piace nessuna.
Misi le cuffiette ed ascoltai anche io la musica, come Chris. Il treno iniziò a frenare, aprii gli occhi, Christina si stava alzando per scendere, si mise la cartella sulle spalle e mi si avvicinò, mi sfiorò la mano con la sua, non se ne era neanche accorta. Avrei voluto prenderla per i polsi, tirarla a me e baciarla, PAZZIA! Non potevo, perché pensavo quelle cose? Dovevo smetterla!
Avrei dovuto, per la prima volta, rinnegare il mio amore!      
                                                                        
  
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