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Autore: Mary West    13/01/2013    7 recensioni
[Clint/Coulson ~ Bruce/Natasha ~ Tony/Pepper ~ Steve/Maria (soft one-sided) ~ featuring the extraordinary participation of Nick Fury & Thor, Odino’s son and Thunder’s God]
Non c’è descrizione per questo: è solo pura, totale, assoluta ed incondizionata follia.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eternal sunshine of spotless minds'
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Capitolo I – Phil Coulson alla riscossa

   New York, 30 Maggio 2013
Base dello S.H.I.E.L.D.
Livello Sette – Ufficio del Vicedirettore

    
Proverbio di scena: Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia e non sa quel che trova.
 
È molto presto questa mattina e Phil lavora già a pieno ritmo.
Il sole ancora deve sorgere del tutto nel cielo dorato che si apre maestoso aldilà delle vetrate nel suo ufficio deserto e lui se ne sta seduto sull’orlo della sedia dietro la scrivania, con le spalle rivolte al chiarore dell’alba e lo sguardo fisso sui documenti che ha avuto il compito di analizzare per conto di Fury.
Una ruga di concentrazione gli incrina la fronte alta e intelligente e un rivolo di sudore gli cola lungo una tempia fino alla fossetta sulla guancia perfettamente rasata mentre i suoi occhi scuri scrutano con spasmodica diligenza quelle informazioni di vitale importanza. Si sofferma su una frase in particolare e comincia a sfregare le dita, i polpastrelli ruvidi grattano sulla carta ansiosi, mentre la sua bocca si schiude appena per la sorpresa.
Gira l’ultimo foglio e una nota di entusiasmo sembra travolgere i suoi lineamenti raffinati per un unico istante prima che vi ricompaia la solita maschera di imperscrutabilità. Un sospiro di soddisfazione gli dischiude leggermente le narici e un sorriso limpido spunta sulle labbra disegnate; un lampo di fierezza gli attraversa gli occhi, ancora fissi su quella parola scarlatta a fine foglio.
Approvato.
Phil non ci può credere: è quanto di più si aspettava, quanto di più potesse immaginarsi dal Consiglio, eppure è così e lui non può fare a meno di provare quello slancio di feroce orgoglio.
Non che sia così selvaggiamente desideroso di avviare il Progetto – insomma, significa avere Stark, Banner, Thor e il Capitano alla base tutti i giorni e Dio solo può immaginare cosa significhi. Non per Steve, naturalmente; lui è perfetto e Phil sarebbe solo onorato di poter calpestare il suo stesso pavimento ogni mattina. Ma è stata una sua idea e ci ha lavorato tanto e quell’approvato sgargiante e svolazzante a fine foglio significa davvero molto per lui.
Si concede un istante di pausa – la Base è deserta, nessuno regge i ritmi di Phil Coulson – e le spalle si rilassano contro lo schienale, mentre le iridi colme di sonno e soddisfazione continuano ad ammirare timide il documento sulla scrivania. Un istante di pausa prima di cominciare a scrivere le lettere di vittoria ai diretti interessati.
Ancora ventiquattro ore e il Progetto avrà inizio. Ancora ventiquattro ore e scoppierà l’inferno.
                                                       

Malibu, 30 Aprile 2013
Villa Stark
Piano terra – Cucina

 
Proverbio di scena: Quando il gatto non c’è, i topi ballano.
 
“Progetto di avanzamento?”
“Potenziamento, veramente. Alla Base di New York, quella centrale, e tutto sarebbe organizzato nel migliore dei modi.”
Phil sorride nervoso e continua a torturarsi le dita in grembo senza bere il caffè ancora fumante che Pepper gli ha versato nella sua tazza gialla, troppo ansioso di ascoltare il responso della sua migliore amica. Lei è ancora in piedi vicino ai fornelli e dalla sua sedia Phil può vedere le spalle lasciate scoperte dalla maglia sbracciata, intravede il neo scuro alla base della schiena attraverso il tessuto chiaro, i piedi scalzi accarezzare delicati il pavimento luccicante della villa silenziosa.
Finalmente Pepper versa del caffè anche nella propria tazza e raggiunge Phil al tavolo, osservandolo con espressione profonda oltre l’orlo della scodella azzurra. Le sue iridi cerulee si addolciscono quando scorgono in quei tratti tanto familiari una sorta di tenera speranza, così adorabile ed ingenua da farle stringere le ciglia in un sorriso d’affetto per quello sguardo tanto fiducioso.
“Sembra davvero importante per te” esordisce dondolando le gambe distrattamente. “Non me n’ero accorta.”
Phil esibisce uno dei suoi timidi sorrisi – uno di quelli rari, che veramente poche persone hanno l’occasione di vedere e, in quella breve lista, Pepper è la prima in assoluto – e beve un sorso del suo caffè.
“Sai” risponde mordendosi un labbro nervoso, “ci ho lavorato tanto” sussurra e sembra quasi giustificarsi.
“Si vede” lo incoraggia lei e allunga una mano per accarezzare il dorso di quella di Phil, tanto imbarazzato mentre fissa le sue scarpe con le guance rosse. “Non devi vergognarti. È bello, dimostra quanto ami il tuo lavoro.”
“Sì” concorda lui. Finalmente tira un sospiro di sollievo e, rincuorato da quel consenso, solleva il viso ancora di una vaga sfumatura cremisi e ricambia lo sguardo di Pepper, sorridendole riconoscente.
“Mi sembra un’ottima idea, inoltre” continua lei senza allontanare le loro dita affettuosamente intrecciate. “I tuoi Vendicatori hanno proprio bisogno di un po’ di disciplina.”
Entrambi ridacchiano divertiti e Phil riprende la sua parlantina entusiasta.
“Si tratta di un Progetto di Potenziamento” spiega con gli occhi che brillano per la foga, “e praticamente è richiesta la presenza della squadra alla Base. Lì dovrebbero collaborare con gli altri agenti e, nel frattempo, verrebbe messa a loro disposizione una zona in cui potersi allenare e imparare a controllare i loro poteri e a farli funzionare insieme.”
“Come una squadra” aggiunse Pepper divertita.
“Sì” asserisce Phil e ora sorride al massimo. “L’ultima volta hanno funzionato, ma prima c’è stata, come dire... una battuta d’arresto e sarebbe il caso di evitarla, in prospettiva futura.”
“Naturalmente” replica Pepper accomodante. “Non è il caso che tu ti faccia quasi uccidere ogni volta che la Terra ha bisogno di essere salvata solo per farli diventare più...
“... omogenei” conclude Phil e di nuovo ridono entrambi.
“Quando dovrebbe avviarsi?” chiede poi lei. Phil sospira affranto.
“Be’, io ho consegnato il fascicolo stamattina e il Consiglio, solitamente, impiega un mese per l’analisi dei contenuti di nuove proposte. Quindi, se verrà approvato, inizierà a Giugno.”
Pepper annuisce e beve l’ultimo sorso di caffè. I suoi occhi si posano ancora una volta su Phil e si addolciscono di nuovo quando scorge un’ombra di sfiducia nelle iridi che fissano distanti il contenuto ancora intatto della tazza gialla. La sua mano stringe la presa su quella del suo migliore amico e lei abbassa il viso per far incrociare i loro sguardi.
“Lo approveranno” dice solamente. Lui le sorride debolmente, ma con sincerità e riconoscenza.
Sarebbe davvero un momento perfetto se, circa trent’anni addietro, il Signore non avesse provvisto Tony Stark di un impeccabile senso dell’opportunità.
“Embè?”
Pepper tira un lungo sospiro di esasperazione e torna ai fornelli, lasciando cadere nel lavandino la sua tazza ormai vuota. Tony ne approfitta e si siede al suo posto; la mano sporca di olio nero e chissà cos’altro, scatta in avanti e Phil perde il suo caffè.
“Di che stavate parlando? Il caffè è amaro, amore mi passi lo zucchero? Oh, Coulson, ciao! Anche tu qui? Non ti avevo notato.”
Pepper rivolge a Tony un sorrisetto scettico e gli porge la zuccheriera con un’espressione tollerante. Lei e Phil si scambiano un’occhiata ironica e sorridono rassegnati.
“Si può sapere cosa sta succedendo?” chiede di nuovo Tony e svuota la tazza in un sol sorso, senza smettere di osservare le due persone davanti a lui alternativamente, come se stesse seguendo una partita di tennis. “Tutti questi sguardi languidi non mi piacciono per niente, ho sempre odiato quest’aria di confidenze segrete in cucina. Coulson, cosa ci fai a casa mia?”
“Ero venuto a parlare con Pepper” risponde lui rivolgendo a Tony un sorriso pacato.
“Non capisco per quale motivo” replica Stark perplesso. “Io lavoro per lo S.H.I.E.L.D., non lei. Se il mondo deve essere salvato, sono io che intervengo.”
“Lascialo perdere, Phil” dice Pepper fra le risate. “Sta cercando di rivendicare il suo ruolo di maschio potente.”
Phil la guarda e ride con lei.
“Vuole dimostrare di essere lui che porta i pantaloni, nella coppia” riprende.
“O, in questo caso, l’armatura” aggiunge Phil ed entrambi ridono divertiti. Tony li fissa gelido.
“Siete due ingrati” commenta in tono solenne, alzandosi ed ergendosi in tutta la sua maestosa figura nera di carbone e unta di olio motore. “La prossima volta che uno di voi due avrà bisogno di me, è bene che sappia che non sarà tanto compassionevole.”
Si avvicina alla porta e fa per varcarla quando torna sui suoi passi e osserva di nuovo Pepper e Phil che, rossi come peperoni, stanno davvero concentrando tutte le loro forze per trattenere l’irrefrenabile impulso di scoppiare a ridere. Fulmina Pepper con lo sguardo e ghigna perfido.
“Preparati a scontare la tua punizione, donna” le sibila maligno. “E tu” continua rivolgendosi a Phil che si sente chiamato in causa con la stessa intensità di Bruto durante la congiura a Cesare, “ricorda che sono il principale finanziatore della tua amata baracca nonché il massimo, se non unico, fornitore di armi. Posso farti compromettere con uno schiocco di dita se non la smetti di cincischiare con la mia ragazza.”
“Non stavamo cincischiando” replica Coulson dubbioso. Nel frattempo Pepper ha rinunciato di buon grado al rischio di perdere una costola nel tentativo di non scoppiare a ridere e la sua risata cristallina accompagna le parole affrante del povero, buon Phil.
“Ah, no?” replica Tony e si volta definitivamente verso di lui, con le braccia incrociate al petto. Phil riflette che metterebbe un po’ di paura un più se non fosse sporco dalla testa ai piedi e non indossasse una maglietta degli AC/DC come una sedicenne al suo primo concerto.
“No” risponde mordendosi il labbro inferiore per non seguire l’esempio di Pepper e risparmiarsi saggiamente un paio di costole. “Stavamo parlando.”
“E di cosa, di grazia?”
“No” risponde subito Phil e diventa scarlatto. L’idea che Stark venga a sapere in anticipo la proposta del Progetto lo raggela e immediatamente vede nella sua mente le disastrose conseguenze della divulgazione di un tale segreto alla persona meno discreta che abbia mai conosciuto. No, decisamente no.
“No?” ripete Tony sbattendo le palpebre perplesso. “Che risposta è?”
Suo malgrado, Phil pensa che, dopotutto, su questo Stark non ha completamente torto.
“Non te lo può dire” interviene Pepper che si è ripresa dalle sue convulsioni e ora osserva sorridente e soddisfatta il suo fidanzato dalla sua sedia, dondolando le gambe allegramente. “È una cosa segreta” sussurra con fare cospiratorio e Phil riesce in tempo a dissimulare una risatina in un colpo di tosse.
“Bene” esclama Tony corrucciato. “Tenetevi pure i vostri segretucci, tanto prima o poi li scopro e, quando accadrà, ricorda tesoro, non ci sarà Coulson che tenga. Buongiorno.”
Emette uno sbuffo seccato e riprende la strada verso le scale per il laboratorio a passo solenne e offeso. Appena la sua figura scompare, Pepper e Phil scoppiano a ridere di nuovo.
“Hai ragione” dice Pepper tenendosi la pancia con entrambe le mani. “I tuoi Vendicatori hanno proprio bisogno di un po’ di disciplina.”
 

New York, 1° Giugno 2013
Base dello S.H.I.E.L.D.
Livello Quattro – Corridoio principale

 
Proverbio di scena: Una mela (o un lavoretto) al giorno toglie il medico di torno.
 
Phil è agitatissimo. Oggi inizia il Progetto e lui è stato dichiarato ufficialmente il responsabile della cosa; il Consiglio ha approvato la proposta, ma, considerando l’indole dei soggetti presi in causa incline alla follia e all’emarginazione, ha richiesto una riunione con la squadra ad un mese dall’avvio dell’iniziativa.
Phil è agitatissimo anche per questo e, questa mattina, è il primo ad arrivare in ufficio, ma questo non è dovuto all’ansia perché lui è sempre il primo ad arrivare ufficio e Barton non fa che riderne e lamentarsene in continuazione, alternativamente, a seconda dell’umore e dello zucchero nel caffè – a questo proposito, Phil ha saggiamente deciso di far scomparire da tutti i mobili della sua cucina, quello di canna che sembra avere un effetto particolarmente dannoso sulla mente già fin troppo deviata del suo insopportabile Robin Hood.
Alle otto in punto, Phil ha già organizzato tutto il lavoro della giornata e cammina per i corridoi con l’agente Hill alle spalle, entrambi alla ricerca di Barton e della Romanoff. Natasha, non ha alcun dubbio, sta di nuovo esercitandosi allo scontro fisico – è tutta una scusa per farla pagare a Rives, che ha dichiarato a telecamere aperte che Banner è uno spostato e che non bisognerebbe permettergli di varcare la soglia della Base e Phil lo sa benissimo. Preoccupato per la sorte dell’agente, manda Maria a ripescare la Romanoff dalla palestra e a rimettere insieme quei pochi frammenti che rimangono del povero, ingenuo Rives e lui va a cercare Clint, il quale, naturalmente, si è nascosto un’altra volta. Dopo aver fatto il giro di tutta la Base tre volte, Phil decide di tornare nel suo ufficio. Cammina veloce, irritato, perso nei meandri del suo cervello a vagliare ipotesi sull’attuale posizione di Barton, e quando apre la porta quasi sviene.
Clint è lì, seduto sulla sua poltrona, con le gambe appoggiate alla scrivania, l’arco fra le mani e un’espressione sfrontata sul volto. Alla vista di Phil – cioè, della faccia di Phil – un sorriso irriverente gli incurva le labbra e fa schioccare la corda dell’arco in un gesto derisorio. Phil trattiene a stento l’impulso di prenderlo a schiaffi.
“Barton” sibila tra i denti, “che diavolo ci fai qui?”
Clint risponde con un sorriso ancora più ampio e sbatte le ciglia con la stessa aria insolente.
“La aspettavo, signore” cinguetta divertito. Phil si avvicina alla scrivania e lo afferra per un braccio scoperto – ma che diavolo, non ce l’ha una maglia con le maniche?! – e lo solleva.
“Non ne vedo il motivo” replica e con un gesto veloce si impossessa del suo arco. “Ti sto cercando da un’ora.”
“Eccomi” risponde Clint entusiasta. Phil sembra davvero al limite e lui adora vederlo perdere il controllo, soprattutto quando ha la consapevolezza di esserne il responsabile.
“Ti ho anche chiamato all’auricolare” lo accusa Phil sistemando le pile di documenti sulla sua scrivania che Clint gli ha intenzionalmente scombinato. “Parecchie volte. Non mi ha sentito?”
Clint sorride e non risponde. Certo che l’ha sentito, ogni volta, e ad ogni richiamo ha alzato il volume per godersi appieno la voce dell’impeccabile Coulson stridergli nelle orecchie che doveva andare da lui e subito e si è beato dell’irritazione nella sua voce e ha immaginato quell’irritazione propagarsi sui tratti definiti del suo volto, smuovendone i lineamenti in quell’espressione di esasperazione che lui ama tanto.
“Ho un lavoretto per te.”
Ecco come rovinare una giornata dal mattino. Clint sbuffa spazientito e si lascia cadere scomposto sul divanetto sgombro, slanciando le gambe a quattro di bastoni e ignorando completamente lo sguardo severo che Phil gli rivolge.
“A meno che non si tratti di infilzare qualcuno, oggi sono out” dichiara sgarbato. “Non ho alcuna voglia di trascorrere l’ennesima giornata a compilare scartoffie. Quando il direttore Fury mi ha assunto, non ha chiesto di mostrare la mia calligrafia, ma la mia mira. E se la memoria non m’inganna, non esiste una sola occasione in cui ho mancato il bersaglio.”
Phil tira un profondo sospiro e chiude per un attimo gli occhi, cercando di arginare il sorrisetto malizioso di Barton. La sua freddezza dimostra un’altra volta il proprio, immenso talento e risponde al sorriso pacato.
“Bene” commenta serafico. “Se è questo quello che vuoi, allora puoi seguire la Thompson nella sua missione a Washinton. Parte tra un’ora, sei ancora in tempo.”
Clint sbarra gli occhi, incredulo, cercando di cogliere l’imbroglio che, sicuramente, c’è.
“Sul serio?” chiede dubbioso. “Posso andare in missione?”
“Certo” risponde Phil, sistemandosi il nodo della cravatta e recuperando altri due documenti dal fondo di un cassetto, senza apparire minimamente distratto dalla conversazione. Certe volte Clint si chiede come diavolo faccia a fare tre cose contemporaneamente e tutte e tre perfettamente.
“Naturalmente” aggiunge. “Non costringiamo i nostri migliori elementi a fare cose che non vogliono.”
Barton rotea gli occhi al cielo esasperato. Noi. Ecco fatto, si è già venduto al Lato Oscuro. Maledetto Fury.
“E partiremo subito?” domanda ancora. Finalmente si alza dal divanetto e schiocca l’arco entusiasta.
“Partirete tra un’ora” risponde Phil e si carica un plico di fogli sotto il braccio, lanciando uno sguardo soddisfatto allo stato di totale perfezione in cui ha riportato la sua scrivania dopo l’assalto del nibelungo.
Partirete?” ripete Clint e finalmente ha trovato l’inganno. “Tu non vieni?”
“No” risponde Phil. Lo guarda perplesso e comincia ad avviarsi alla porta. “Io devo occuparmi del Progetto, lo sai.”
“Quindi non andrai in missione per... quanto?” chiede incredulo, la mascella e l’arco sbarrati per la sorpresa e l’indignazione.
“Fino alla fine del Progetto” replica pacato Phil e anche se il suo viso è immerso in un mobile a lato del divanetto Clint sa che sta sorridendo.
“Ma non è giusto!” esclama frustrato. “Non lo puoi mollare a Harris?”
Phil lo guarda severamente e scuote la testa.
“La tua abitudine a voler delegare i lavori meno pratici ai nuovi arrivati è snervante” dice solamente. “Harris è una matricola, non sa neanche sparare come si deve. Il suo unico obiettivo, al momento, è fare un po’ di semplice gavetta: guardie notturne, servizio di videosorveglianza, accolta ospiti... niente di troppo complicato finché non diventerà più esperto e sicuro.”
“Ma quel tipo è una piaga” si lamenta Clint. “Non sa fare niente.”
“Ed è proprio per questo che ho bisogno di te.”
Coulson lo guarda di nuovo soddisfatto e Clint sospira, conscio che il bastardo l’ha di nuovo messo con le mani nel sacco. Un silenzio consapevole cade fra loro e Barton scuote la testa, sconfitto.
“E in cosa consisterebbe, questo lavoretto?”
 

New York, 1° Giugno 2013
Fifth Avenue
Terzo piano – Ex appartamento di Steve Rogers – Tre mesi di fitto arretrato

 
Proverbio di scena: Vita quieta, sobria dieta, mente lieta.
 
Oggi è una bella giornata, il sole splende allegramente nel cielo terso e radioso sgombro di nuvole e una leggera brezza aleggia nell’aria, riscaldata dai raggi mattutini.
Steve sorride osservando quell’atmosfera così piacevole dalla finestra del suo piccolo appartamento e afferra il manico della sua borsa, lanciando un’occhiata alla stanza vuota attorno a sé. Avverte un grande entusiasmo travolgerlo; non che la prospettiva di trascorrere ogni singolo giorno da questo in poi in compagnia di Stark e della sua parlantina molesta lo rallegri particolarmente, ma la situazione nel condominio stava decisamente degenerando e la proposta di Coulson è giunta nel momento più opportuno come solo Coulson sa essere.
Non è mai stato un tipo nostalgico e l’appartamento non gli mancherà troppo, così come le urla della padrona di casa o i tentativi di seduzione della vicina. Una vita tranquilla è tutto ciò che stava cercando ed era un concetto particolarmente complesso da spiegare alle turbolente persone che ha avuto la sventura di conoscere in quel piccolo edificio dalle pareti vecchie e logore tanto quanto i suoi abitanti.
Un sospiro speranzoso gli dischiude le narici e le sue labbra si incurvano in un sorriso gentile. Lancia un’ultima occhiata al pavimento polveroso e raggiunge la soglia. Con la consapevolezza che qualcosa di nuovo e di meraviglioso lo attende, la varca e scende le scale per l’ultima volta.
                                                                                                                                                 

New York, 1° Giugno 2013
Stazione della metropolitana
Binario 9

 
Proverbio di scena: Una piccola scintilla desta grande fuoco.
 
Uno stridio di ruote risuona nella stazione e il trena frena con uno sbuffo di fumo grigio. Dalla sua posizione, Bruce può vedere gli scalini che conducono all’uscita affollati e chiassosi.
Stranamente l’idea di trovarsi in mezzo a tanta gente – sconosciuta, in ritardo e potenzialmente irritante – non sembra metterlo a disagio più di tanto e la cosa lo mette di buonumore e accresce la speranza che tutto vada bene perché da oggi comincia a vivere in una comunità – certo, una comunità di pazzi schizzati almeno quanto lui e in cui le sue potenzialità sono ben note, ma pur sempre una comunità. Ma starà in mezzo a persone che condividono con lui un pezzo di vita e un pezzo di anima, le persone che Bruce è più vicino a definire amici tra tutte quelle che ha mai conosciuto. Dopotutto, l’India stava diventando leggermente noiosa, in meno di un mese è stato capace di risolvere tutti i casi che gli sono stati sottoposti e gli stimoli stavano cominciando ad essere latenti e poveri. Adesso ha l’opportunità di costruire una vita, una vita vera e non solo perché impara a controllare se stesso e l’Altro, non solo perché contribuisce a costruire una squadra, non solo perché migliorerà come eroe, come salvatore del mondo ma anche perché, per la prima volta dopo tanto tempo, ora ha l’occasione per far sì che Bruce viva anche per un se stesso che smetterà di odiare.
Il campanello del prossimo treno suona e Bruce raggiunge le scale.
 

New York, 1° Giugno 2013
Times Square
Centro della Piazza

 
Proverbio di scena: Vacche e buoi (o Pentapalmi) dei paesi tuoi.
 
L’orologio sulla torre laterale segna le otto e un quarto in punto quando un rumore assordante annienta il silenzio rotto solo dal vociare mattutino e un fulmine accecante irrompe al centro della Piazza accompagnato da un ampio sbuffo di fumo rosso e grigiastro. La nebbia si dirada e le persone che si sono radunate attorno al cerchio infuocato scrutano incuriosite attraverso la foschia fino a quando non si assottiglia del tutto e una figura prorompente si delinea nel bel mezzo di Times Square.
Un mantello purpureo gli copre le spalle possenti e nelle mani vigorose regge un martello visibilmente pesante. I capelli biondi gli cadono sulla schiena robusta e un’espressione di ingenua soddisfazione gli incurva le labbra infantili illuminando le iridi celestiali.
“Mamma!” urla una bambina dai folti capelli castani e lo sguardo colpito. “Guarda! Un principe!”
La madre scuote la testa e si riprende dallo shock – la sua bocca è ancora notevolmente aperta ed è molto probabile che da un momento all’altro cominci a scorrerle un rivolo di bava lungo il mento – e tira via la figlia, imprecando a voce alta contro lo stress da azionisti e i fulmini a ciel sereno.
Il giovane Thor si osserva intorno con espressione accomodante e si fa spazio tra la folla di curiosi, cercando con lo sguardo un volto familiare. A pochi passi da lui, una coppia di anziani cammina con fare stanco e addormentato discutendo animatamente sul prezzo del pane. La signora porta un paio di occhiali tondi che Stark assocerebbe subito al Capitano e un’aria imbronciata segna le rughe sulla pelle pallida; il marito indossa un capello piatto dalla visiera non troppo pronunciata e un cappotto dello stesso tessuto di grigio tweed.
“Mi scusi, madama” esordisce Thor, chinandosi su un ginocchio per trovarsi all’altezza della vecchina, “sono Thor di Asgard, figlio di Odino, Dio del Tuono” si annuncia e cala il capo in un segno di ossequio che lascia la signora senza parole.
“Giungo qui per ritrovarmi con i miei compagni di avventure. Se la vostra gentilezza è anche solo minimamente pari alla vostra bellezza, saprebbe per caso indicarmi il sentiero verso il loro castello?”
La signora sbarra gli occhi incredula e il marito fissa Thor come se fosse pazzo, poi pianta sulla moglie uno sguardo sbalordito. Lei scuote le spalle ed esclama con voce stridula:
“Non lo conosco!”
Alche il signore strattona la moglie per un braccio e i due riprendono la loro disquisitio economica. Thor non si scoraggia e fa per avvicinare un’altra signorina che, considerando l’aria con cui lo scruta, non avrebbe nulla in contrario a mostrargli un paio di rette o poco rette vie – dipende dai punti di vista – per arrivare al castello giusto quando qualcuno si fa avanti e la bionda deve dire addio ai suoi sogni di gloria.
“Thor?”
Il ragazzo si rivolge timidamente al principe e quando il Dio annuisce tira un sospiro di sollievo.
“Sono Jacob Harris, matricola dello S.H.I.E.L.D.” si presente assumendo un tono più tranquillo benché sia chiaro come il sole quanto sia lontanamente perfetto come il suo mito Coulson. “Sono qui per scortarla in Base.”
“Oh, bene” commenta Thor soddisfatto. “Andiamo, amico mio. Il cammino è lungo e una nuova avventura aspetta solamente di essere affrontata.”
 

New York, 1° Giugno 2013
                                                                                                                           Base dello S.H.I.E.L.D.
Parcheggio riservato di Tony Stark

 
Proverbio di scena: Il sole bacia i belli.
 
Le otto e mezza sono passate da meno di dieci minuti quando una Lamborghini nuova fiammante entra nell’aria riservata sul retro della Base.
Tony parcheggia con un unico movimento del braccio e fissa la sua immagine soddisfatta allo specchietto prima di far schioccare la lingua in un gesto di approvazione per se stesso e inforcare gli occhiali di sole, scendendo dall’auto e incamminandosi a passo baldanzoso verso l’ingresso.
Alla fine Pepper ha scontato un mese intero di punizioni e lui ne è stato pienamente soddisfatto, anche se nulla ho potuto scalfire l’incredibile fedeltà che la sua ragazza ha dimostrato nei confronti del suo migliore amico e dei suoi sforzi e quindi Tony si avvia più curioso che mai verso questa nuova avventura. Non sa di che Progetto si tratti né in cosa consista o chi ne sia coinvolto, ma le sue speranze non sono poche perché tanto Rogers è dall’altra parte del mondo e lui è sicuro che potrà trascorrere un periodo in pace a dedicarsi alle sue attività preferite, quali la salvezza del pianeta, la visione degli atti più hot dalle telecamere nascoste dello S.H.I.E.L.D. e, naturalmente, la celebrazione di se medesimo.
Raggiunge l’entrata laterale e si fionda in un corridoio segreto che ha avuto l’opportunità di scoprire e sperimentare l’ultima volta che lui e Pepper sono stati ad una festa in Base – era quella di Capodanno, probabilmente – e Barton ha corretto il punch. Tony ricorda con gran piacere la vista di Coulson ubriaco che balla la Macarena e Fury in preda ad una crisi di eccesso di risate per l’eccesso di alcool. Particolare entusiasmo è, però, dedicato al pensiero di lui e Pepper in quel corridoio piccolo e stretto e buio...
“Buongiorno signor Stark.”
Tony si risveglia dalle sue fantasie e si esibisce nel suo sorriso più smagliante e seducente.
“Buongiorno agente Hill” replica seguendo la suddetta in un altro corridoio, molto più ampio, conosciuto e illuminato. “Come sta il nostro amato Coulson?”
Maria scuote la testa esasperata e si ferma accanto alle porte dell’ascensore.
“Starebbe meglio se lei si fosse presentato in orario” commenta gelida. “La riunione era fissata pe quasi un quarto d’ora fa.”
“La prego” commenta Tony incredulo. “Non sono mai stato così puntuale in vita mia.”
L’agente Hill non risponde ed entra in ascensore.
“Ciao Harris.”
“Buongiorno agente Hill” replica il ragazzino imbarazzato. I suoi grandi occhi scuri sono tutti per Tony.
“Signor Stark” sussurra ed è totalmente, assolutamente ed incondizionatamente riverente.
“Buongiorno agente” replica Tony con un sorriso, squadrando la matricola da sopra le lenti scure. “Come va?”
“B-Bene” risponde lui e sta sudando come se fosse immerso in una vasca d’acqua bollente. “È-È un onore conoscerla per me.”
Maria rotea gli occhi al cielo, tamburellando nervosamente un piede sul pavimento ricoperto dal tappeto rosso.
“Non si preoccupi” replica Tony battendo le mani entusiasta. “È comprensibile.”
Hill sospira profondamente esasperata, conscia che era l’ultima cosa che mancava per accrescere ulteriormente l’ego già spropositamente grande del suddetto signor Stark.
“Ho seguito tutti i suoi successi...”
“Tutti quanti? Dannazione, è davvero in gamba. Nemmeno io ci riesco...”
“... e ho presenziato ad alcuni suoi eventi.”
“Siamo arrivati” asserisce Maria, entusiasta che la riunione non fosse ad un Livello troppo alto. “Questa è la sua, signor Stark.”
Tony annuisce ma prima di scendere si rivolge di nuovo al ragazzino.
“Quando vuole, io sono sempre a disposizione del mondo.”
Sfortunatamente le porte non riescono ad arginare quell’ultima proclamazione di magnificenza e Maria è costretta a subire un rantolo di venerazione nelle orecchie un attimo dopo.
 

New York, 1° Giugno 2013
Base dello S.H.I.E.L.D.
Livello Cinque – Ufficio delle Riunioni per la Salvezza del Pianeta & Simili

 
Proverbio di scena: Un uomo è conosciuto per la compagnia che frequenta.
 
“Aspettavamo solo te.”
Tony muore. Sì, muore. Perché, dannazione, Rogers doveva essere dall’altra parte del mondo. E allora che diavolo ci fa qui, in carne ed ossa davanti a lui, con quella sua maledettamente ridicola camicia a quadrettoni e quel taglio così anni Quaranta?
“Rogers” è tutto ciò che riesce a dire, ma basta perché Bruce scatta in avanti con la mano tesa e afferra quella di Tony con un gesto repentino ed un sorriso affettuoso – forse leggermente forzato – come se volesse davvero salutarlo invece che tenere la sua mano impegnata e lontana dalla faccia di Steve.
“Tony!” esclama entusiasta. “Come stai? Sembri in ottima forma.”
Thor non coglie affatto l’aria tesa che si respira, ma ricorda bene come i primi incontri tra l’uomo di metallo e il Capitano siano stati dolorosi e l’espressione dipinta sul volto di Tony è esattamente la stessa.
“Grazie” replica Tony sollevando le sopracciglia, senza staccare lo sguardo dal volto di Steve, che ricambia l’attenzione, serio e impeccabile. Bruce si chiede per quale diavolo di motivo ci sia ancora tutta questa tensione; eppure sembravano migliorati, i rapporti tra loro.
“Ciao Tony” dice Steve e tende la mano. Tony la guarda per un istante e poi la stringe; Bruce torna a respirare.
“Bene” dice battendo le mani entusiasta. “Coulson sta arrivando.”
Tony sospira a sua volta e prende posto accanto al dottore, incredulo. La farà pagare cara all’agente, per aver trasformato la sua operazione di salvataggio del mondo in un raduno di fanboys vintage.
Finalmente il diretto interessato si presenta in sala e stringe tra le mani un plico di fogli; sul volto, sfoggia la sua impeccabile espressione pacata e soddisfatta.
“Buongiorno signori” si annuncia e comincia a distribuire dei fogli; sul primo, campeggia in rosso la scritta Progetto.
Tony lo fissa perplesso e comincia incuriosito a leggere il prospetto. Gli bastano poche righe per capire che no, non si può fare. Se ne rende conto immediatamente, quando legge, al terzo paragrafo, la parola squadra.
No. Non. Con. Rogers.
“Una volta basta e avanza” esordisce deciso e lascia scivolare il suo plico sulla scrivania perfettamente liscia. “Quindi, io passo.”
Come si aspettava, la mano di Bruce scatta sulla sua spalla, ma Tony la ignora e si alza lo stesso. Steve lo imita.
“Stark” lo riprende Coulson, ma non continua perché il Capitano si avvicina a lui, respirando affannosamente.
“Scappi?” lo schernisce rassegnato. “Di nuovo?”
Tony, naturalmente, non è una persona assennata come Bruce o Phil e quindi raccoglie la provocazione.
“Mi stai dando del codardo?” sussurra con voce profonda. “A me? Forse ti sei dimenticato com’è andata a finire l’ultima volta...”
“Me lo ricordo benissimo” replica Steve facendosi ancora più avanti. “Mi ricordo come hai rischiato la vita solo per vedere il tuo nome stampato in prima pagina.”
Tony compie un altro passo. Ormai sono così vicini che potrebbero farsi male davvero o darsi un bacio oscenamente spassionato e Phil si ritrova quasi a pensare che preferirebbe la seconda.
“Non ci provare, Capitano” sibila Stark e lo colpisce in viso. È un secondo: Bruce scatta in avanti e Thor con lui ma, per qualche assurdo motivo che Phil davvero non riesce a capire, inciampa nel suo Mjolnir e si ritrova con il fondoschiena per terra. Phil cerca di intervenire, ma proprio in quel momento la porta si apre e la faccia incredibilmente – e adorabilmente, aggiunge suo malgrado l’agente – fuori luogo di Barton appare sulla soglia.
“Fury ti vuole” gli grida. “Dice che è arrivata la nuova matricola.”
“Accidenti, la matricola!” esclama Phil, battendosi una mano sulla fronte con aria disperata. “Come ho fatto a dimenticarmene?!”
Corre verso l’uscita e getta un occhio a Stark e Rogers, che ormai sono un unico vortice di pugni e ingiurie, e uno alla matricola in fondo al corridoio, una ragazza giovane, dalla chioma folta e gli occhi grandi ed espressivi.
“Dannazione!” esclama sconvolto. “Barton” dice poi e gli poggia una mano sulla spalla. Clint trasalisce. “Ti prego, ho bisogno di aiuto. Occupati di Stark e del Capitano. Separali e tienili buoni... fatti aiutare da Natasha, se necessario... e spiegategli il Progetto. Io devo occuparmi cinque minuti della matricola.”
Corre via verso la nuova arrivata e lei subito si prodiga in un sorriso smagliante che si amplia quando il braccio di Phil la avvolge in vita. Clint crede di impazzire.
La prima cosa che fa è stendere il braccio sull’arco e caricare la freccia, ma poi la sua attenzione è richiamata da quello che sta succedendo nella sala e si ricorda di Phil, che per questo Progetto ha lavorato tanto, che in questo Progetto ci crede davvero, che per realizzare questo Progetto farebbe di tutto, ma ha bisogno di aiuto. Ha bisogno di lui.
Così allenta la corda e richiama tre agenti all’auricolare. Maria è subito da lui e con l’aiuto di Banner riescono a separare i due contendenti.
“Adesso basta” asserisce deciso saltando sul tavolo. “Smettetela, immediatamente.”
Steve lo ignora, alza ancora il braccio per colpire, ma poi i suoi occhi calamitano sul volto di Maria, che sta cercando di convincere Stark ad assumere un atteggiamento da adulto, dato che, almeno dalla carta d’identità, lui risulta far parte di questa categoria almeno quando Steve appartiene a quella della terza età. Anche lei si gira e per un attimo i loro occhi si incrociano e le guance dell’agente si tingono percettibilmente di rosso, mentre abbassa gli occhi sulle proprie scarpe. Clint sbatte le palpebre incredulo e tira un sospiro di sollievo quando Natasha dimostra ancora una volta il suo impeccabile senso di tempestività.
“Cosa succede?” incalza entrando con Harris che le saltella alle spalle. “Tutto bene?” chiede e il suo tono di voce è accarezzato da una lieve sfumatura di minaccia. “Ho detto: tutto bene?”
Stark e Rogers respirano profondamente e rispondono all’unisono.
“Sì.”
“Bene” replica lei con un sorrisetto finto. “Allora sarà il caso di accomodarci tutti e discutere del Progetto a cui l’agente Coulson ha duramente lavorato e che ci tiene tanto venga realizzato nel miglior modo possibile. Voi siete, naturalmente, dello stesso avviso dato che la cosa va a vostro vantaggio, non è vero?”
Nessuno ha il coraggio di replicare. È Steve che si scusa per primo.
“Mi spiace” dice a voce alta. “Non avrei dovuto provocarti.”
Tony coglie la cosa e sospira e Clint, che adesso siede su una sedia come tutte le persone normali –non vede l’ora di sera, quando lui e Coulson rimarranno di nuovo di turno insieme e lui potrà fargli vedere com’è stato bello e convincente e dannatamente sexy mentre eseguiva i suoi ordini – comincia a scorgere una bandiera bianca. Sa dopotutto che Stark e Rogers si punzecchiano sempre, ma, in fondo – abbastanza in fondo – si vogliono bene.
“Non importa” replica Tony tranquillo. “Non avrei dovuto raccogliere la provocazione.”
Steve sorride. Tony sorride. Clint rotea gli occhi al cielo.
“Due minuti fa non vi stavate picchiando?” chiede con una smorfia disgustata. Natasha lo colpisce alla nuca.
“Loro fanno sempre così” spiega serafica. Ancheggia fino alla lavagna elettronica e afferra la bacchetta.
“Ascoltate e capite perché più di una volta io non spiegherò.”
 

New York, 1° Giugno 2013
Base dello S.H.I.E.L.D.
Livello Uno – Uscita

 
Proverbio di scena: Non dire quattro se non ce l’hai nel sacco.
 
“Bene, allora ci si vede domani. Iniziamo a lavorare!”
Steve sorride e non può far a meno di scuotere la testa.
“Stark, tu non cambierai mai” commenta divertito.
“Assolutamente no” replica l’altro avviandosi verso il suo parcheggio riservato. “Sei sicuro di non avere qualche livido, Capitan Attempato?”
Steve scuote di nuovo la testa, ma il sorriso sul suo volto non svanisce. Sa che Tony è Tony e alla fine gli vuole bene anche per questo.
“Sicuro” replica. “E tu?”
“Neanche un’ombra” risponde l’altro sorridente. Inforca gli occhiali da sole e lo scruta soddisfatto. “A domani, Ghiacciolino.”
“A domani, Stark.”
Cinque passi dietro di loro Clint osserva soddisfatto il lavoro della giornata a braccia incrociate e sorride. Le auto delle primedonne partono sgommando e lui torna indietro verso l’ascensore.
Ci è voluto un po’ per spiegare a tutti in cosa consiste il Progetto: che significa vivere alla Base o comunque vicino alla Base, che significa lavoro di gruppo quotidiano con simulazioni di battaglie e studio elettronico ai computer, perfezionamento di macchine, esercitazioni nell’uso delle armi e collaborazione con le spie nelle missioni dalla sede stessa, ma alla fine sembravano convinti tutti – Thor ha addirittura battuto le mani entusiasta per due minuti di seguito, Clint ha contato i centoventi secondi a mente – e perfino Stark e Rogers sembravano aver ripreso il loro buon umore.
Clint è pienamente soddisfatto e cammina con il petto in fuori come un vincitore lungo i corridoi della Base, con il suo sorriso brillante e l’arco inforcato. Il suo buon comportamento dev’essere subito ripagato e Clint non vede l’ora di farne vanto con il vicedirettore.
Sale fino al Livello Sette, ma quando si avvicina al suo ufficio scorge un’ombra familiare e subito la mano si serra attorno all’impugnatura dell’arco.
“Ciao Clint.”
Considerando che lui alla matricola non si è nemmeno presentato, Clint rimane stupito da tanta eloquenza, anche perché il sorriso che vede adesso non si avvicina minimamente a quello dolce e ingenuo che la principessina ha rivolto a Coulson per tutta la giornata – e Barton lo sa bene perché ha seguito dalle telecamere ogni loro spostamento.
“Ciao” replica con un sorrisetto finto. “Non ricordavo di averti detto il mio nome.”
“Non l’hai fatto, infatti” risponde lei. “L’ho scoperto da sola. Mi chiamo Debbie Walkie.”
“Piacere.”
Clint riflette che l’ultima volta che è stato così falso è successo quando Coulson gli ha chiesto se gli dispiacesse che lui andasse da solo in missione con Sitwell.
“Anche per me” risponde lei e il suo sorriso si amplia. “È un piacere conoscere un amico di Phil.”
Clint si chiede quando sono passati al nome. Non gli sembra di ricordare di averle dato tutta questa confidenza.
“Capisco” commenta incredulo.
“È davvero molto affascinante e seducente” continua lei con un sospiro sognante. “L’uomo che si sogna da piccoli.”
Clint vorrebbe dirle che può anche limitarsi solo al sogno, se non vuole ritrovarsi con una freccia impiantata nell’osso frontale, ma si trattiene.
“Sono certa che presto se ne renderà conto anche lui” conclude. “Ma adesso devo proprio scappare. Mi ha fatto piacere conoscerti. Sunzi lo diceva sempre: bisogna conoscere il nemico per saperlo sconfiggere. A domani, Falco.”
Clint rimane paralizzato sul posto con una smorfia di disgusto sul viso.
“Barton!”
La voce di Phil lo fa sobbalzare violentemente.
“Che fai sulla porta?” gli chiede perplesso. “Entra. Com’è andata con i ragazzi?”
“Bene” risponde lui, ancora parecchio distratto.
“Bene” ripete Phil e il suo sorriso brillante fa tornare il Falco alla realtà. “Meriti una ricompensa.”
Clint sorride e annuisce.
“Mi pare giusto. Signore.”
















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Buongiorno a tutti Vendicatori. *-*
Dunque, dunque eccomi qua. Allora, posso spiegare tutto. So che non dovrei essere qui e soprattutto con questa roba, ma la colpa è tutta di Alley che voleva una storia oggi, che fosse divertente e allegra e piena di fluff e follie e con le coppie che adora - cioè, neanche mi avesse presa per un'agenzia matrimoniale che fa liste di nozze - e io ho scritto la cosa più pazza e insensata che mi sia mai uscita. 
Si tratta di una long in tre capitoli ambientata alla Base dello S.H.I.E.L.D. - ma questo forse si era capito. LOL
Non saprei che dirvi, ecco. Ho cominciato a scrivere e questa totale follia è il risultato. Spero che vi piaccia, sul serio, perché io sono davvero incredula nei confronti di me stessa. O__________O
Vorrei dedicare, però, questa storia a delle persone in particolare: innanzitutto, ad Alley, da cui è partito lo stimolo e che filosofeggia meglio di chiunque al mondo, ma anche a Silvia_sic1995, _Let it shine, MissysP, LadyBlack89 e _M4R3TT4_ che seguono me e i miei Vendicatori in ogni pazzia. Nelle note dell'ultimo capitolo, spiegherò perché; intanto godetevi questo. 
 
So che è lunga, ma non volevo durasse troppo; è la prima volta che scrivo al presente, comunque, cose serie e lunghe, intendo. Posterò ogni tre giorni - quindi, oggi, Mercoledì e Sabato - e tornerò con la long il 25. 
Qualche cosetta: 

[1]: i nome dei reparti, gli agenti, i Livelli, Coulson vice e tutto sono mia invenzione. Tutto il resto appartiene alla Marvel; 
[2]: Sunzi è un generale cinese vissuto tra il VI e il V secolo a.C. al quale si attribuisce l'opera "L'arte della guerra", tra i cui principi c'è la conoscenza del nemico; 
[3]: Sansone è un film del 2010 in cui il protagonista è un cane i cui padroni sono due coniugi di nome Phil e Debbie. Da qui, miss Walkie;
[4]: il titolo è ispirato ad un libro di Agatha Christie, "Il terrore viene per posta". 

Se ci sono domande inerenti alla trama che potrebbe sembrare complessa, son qua. Non credo di dover aggiungere altro. Grazie di cuore a tutti quelli che leggeranno, spero gradiate questa piccola follia. 

Un bacio e a prestissimo!
Mary. 
   
 
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