‘And
have I found you?’
Si stava
avvicinando Settembre, ma il
caldo estivo rincoglioniva ancora la maggior parte della popolazione
inglese.
Harry Styles,
sedici anni, viso da
bambino e frequentante il terzo anno di liceo, era stanco in partenza.
Studio,
interrogazioni, compiti in classe, non facevano proprio per lui.
Piuttosto,
immaginava un futuro come.. cantante, con una band umile e patetica, di
quattro
amici, che suono in qualche bar malandato. O come cameriere,
l’importante era
allontanarsi da sua sorella, la professoressa che a
quarant’anni suonati gli
faceva la corte e sua madre. A volte odiava anche esser nato ragazzo,
perché
magari da donna avrebbe avuto più pazienza.
Louis Tomlinson,
diciannove anni, snello
e con il sorriso furbo, frequentante il quarto anno di liceo
–bocciato due
volte per i suoi soliti scherzi al professore di storia- era stanco in
partenza. Studio, interrogazioni, compiti in classe, non facevano
proprio per
lui. Piuttosto, immaginava un futuro come..come non sapeva. Qualsiasi
cosa
sarebbe andata bene, anche fare il poveraccio per le strade affollate
di New
York, ma imparando l’arte e guardando cose che aveva visto
soltanto in tv.
Amava scoprire cose nuove, amava anche la musica, pop, rock, metal,
anche
classica. Lo rilassava, diceva, anche se sua madre più volte
confidava alle
amiche con le quali prendeva il thè che l’aveva
visto saltare sul letto a mo’ di
‘Billy Elliot’ . L’importante era
allontanarsi dalle sue sorelle, da suo padre,
e dal suo patrigno psicopatico e sua madre che lo difendeva in ogni
caso. A
volte odiava anche esser nato, perché era convinto che nulla
in quel mondo
potesse renderlo.. felice.
E’
strano come il fato può far
incrociare il destino di due persone per puro caso, come se qualcuno da
lassù
li avesse scelti per farli stare insieme e tocchi a loro far di tutto
pur di
realizzare questo disegno divino.
Era sera, anzi
notte, quando Harry si
collegò a internet per caso ed aggiunse agli amici quel
Louis. La sua immagine
del profilo lo divertiva, non vi era la sua foto, piuttosto
un’immagine nera
con un enorme dito medio alzato. Era forte, pensò.
Ed era sera,
anzi notte, quando Louis
si collegò ad internet per controllare che Stan, il suo
peggiore amico, non lo
avesse taggato in qualche foto imbarazzante. E la vide, una nuova di
richiesta
d’amicizia, che accettò senza esitare. Dopotutto
pensava che quel social
network fosse una stronzata.
Chattarono tutta
la notte, o almeno
sino a quando il più piccolo non crollò con
computer tra le gambe e la coperta
a coprirgli a stento i piedi, e Louis capì che era un
ragazzino assonnato che
voleva scambiare quattro chiacchiere, non di certo il principe azzurro.
Sì,
Louis era gay. Harry…forse anche,
si definiva bisex, ma la sola immagine di una ragazza nuda gli faceva
venire la
nausea. Si erano scelti, per caso. Non abitavano neanche nella stessa
città,
anzi, a più di 169 km. Di lontananza.
Il giorno dopo
si scrissero
nuovamente, e rimasero a parlare sino all’ora di pranzo.
Mangiarono in fretta e
ritornarono ai computer, sino
all’ora di
cena. Le rispettive sorelle dei ragazzi si stavano anche preoccupando,
ognuno
non faceva altro che stare attaccato a quello stupido pc, non uscivano
neanche
il venerdì sera.
SI scambiarono
gli indirizzi, i
numeri di telefono, si confidarono tutto. Capitava di ricevere qualche
chiamata
di Louis mentre Harry era a scuola, durante l’ora di latino,
o che il più
piccolo mandasse qualche messaggio sporco al più grande
– “Sto facendo
matematica, ho risolto l’esercizio 69 e mi è
venuta voglia di farlo con te, un
giorno” – facendolo strozzare con la sua stessa
saliva e facendo ridere la
propria classe.
Continuarono
così per tre anni, tre
anni di sorrisi nascosti ai genitori, agli amici, alle sorelle, ai
parenti, ai
compagni di scuola. Un segreto nascosto, ognuno aveva trovato la
propria
felicità nell’altro. Erano migliori amici, forse
di più. Non sapevano neanche l’oro
a dir la verità, cosa erano diventati.
Ma.. stavano
bene, insieme.
SI stava
avvicinando Giugno, e il
caldo estivo già troppo forte, rincoglioniva la maggior
parte della popolazione
inglese.
Harry aveva
compiuto diciannove anni
da circa cinque mesi, e aveva deciso di andare in vacanza. Con degli
amici,
aveva detto, ad un concerto di un certo Ed Sheeran, abbastanza famoso
da fargli
pagare un cazzo di biglietto ben due mesi di lavoro al panificio
dell’amica di
sua madre.
Ma il concerto
non gli interessava
affatto, e neanche l’approvazione di sua madre, ormai stanca
di corrergli
dietro, si fidava di lui. Era grande. Anche se gli aveva mentito, e
stava
andando a Londra, ad incontrare quel Louis che forse una volta, le
aveva
accennato, dicendole che fosse un compagno di scuola.
Louis aveva
compiuto ventidue anni,
da circa sei mesi, e aveva deciso di andare a cercare lavoro. A Londra,
aveva
detto, nei pressi di un vicolo dove abitavano persone benestanti, il
lavoro di
cameriere l’aveva sempre ‘affascinato’.
Ma quel lavoro
non gli interessava
affatto, forse neanche esisteva. Stava andando a Londra, ad incontrare
quell’Harry
che quella notte di –nonricordavamailadata, forse un 9, forse
un 6- Settembre, lo
aveva fatto restare sveglio sino
all’alba con un sorriso enorme. Ricordava ancora la sue
battute stupidi sui
gatti, o i suoi monologhi su quanto odiasse l’inizio della
scuola.
Si diedero
appuntamento alle 22:00 in
punto. Le valigie le lasciarono nello stesso motel. Nella stessa
stanza.
Soltanto dieci minuti li avevano separati.
Harry aveva i
capelli un po’ mossi,
diversi dalle foto in cui l’aveva visto. Lo trovava
più alto, col le spalle più
larghe, ma con lo stesso sorriso da bambino.
Louis era lo
stesso delle foto,
magari un po’ più basso, magro, con una maglia a
righe bianche e nere, giusto
per farlo contento, dato che il più piccolo ‘Amava
il suo stile’.
Si incontrarono
lì, sul Millennium
Bridge. Si guardarono appena, sorridendosi, e l’uno si
perdeva negli occhi dell’altro,
finalmente dal vivo. Ed erano così belli insieme, che il
destino stesso si
stupì del proprio lavoro. Harry gli saltò in
braccio, stringendolo forte,
allacciando le gambe intorno alla sua vita e, nonostante pesasse un
po’, Louis
lo tenne stretto a se,accarezzandogli la schiena, percorrendo con le
dita
sottili tutta la sua pelle coperta dalla camicia sottile. Per anni
aveva
sognato quel momento. Mormorò un
‘Finalmente’, con il respiro mozzato, per la
gioia, non per Harry in braccio.
..Forse anche,
ma era così felice che
si sarebbe anche fatto venire un ernia, pur di tenerselo abbracciato
stretto.
Il più piccolo scese, asciugandosi gli occhi. Aveva pianto,
erano rossi e
splendidi, perché le luci di Londra li illuminavano.
“Boo.
Come stai?” seppe dire soltanto
quello. Tre anni di attesa, e gli uscì un misero come stai.
Louis non aveva
invece idea di cosa dire, lo prese per mano, e continuò a
sorridergli. “Sono
felice” pensava nella sua testa, così tanto che
gli faceva male, ma finalmente
per una buona causa.
Camminarono, in
silenzio,
scambiandosi qualche sorriso, stringendosi forte la mano,
perché dopo tre anni
sprecati a parlare al telefono, l’unica cosa che volevano far
parlare in quel
momento era il corpo.
Si guardavano
come due innamorati, ma
nessuno era abbastanza forte da ammetterlo. Perché quando ti
innamori diventa
automaticamente tutto complicato. Anche se non ci sono motivi, diventa
tutto un
casino.
Passarono due
ore a passeggiare per i
prati verdi di Londra, si bagnarono a causa di
qualche irrigatore, e la risata di uno
riempiva il cuore dell’altro. Sino a quando non arrivarono al
motel, nella loro
stanza, dove rimasero sino all’alba. Si erano sdraiati, e no,
non fecero l’amore.
Avevano tutta la
vita per farlo.
Rimasero
lì, su quel letto un po’
malandato, con le coperte di un colore un po’ depresso, in
intimo, abbracciati.
Il fiato del più piccolo era contro il collo del
più grande, ma lo stringeva
forte a se, baciandogli le guancie, poi la spalla. Il più
grande lo
accarezzava, invece, come se fosse la cosa più delicata del
mondo, come se
fosse un gattino che faceva le fusa. Sembravano due bambini che si
facevano le
coccole. Anche se ormai, bambini non lo erano più , se non
dentro, se non l’uno
per l’altro.
Harry si
addormentò con Louis stretto
a se, con un braccio a cingergli il fianco. Il più grande
restò sveglio, tutta
la notte, perché dopo tre anni di attesa, voleva vedere la
stessa espressione
di quel ragazzo che si addormentò con il computer tra le
gambe.
E fu quando
Harry si svegliò,
incrociando gli occhi azzurri di Louis, che lo sentì. Il
cuore felice, che
straripava come un fiume, ma di gioia. Che stava per scoppiare,
perché era
innamorato.
E mai come in
quell’occasione, il
destino stesso, si stupì del proprio lavoro.