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Autore: coldcoffee89    13/01/2013    3 recensioni
Credete nel destino? Quante volte avete pensato che una cosa via sia successa solo perché era già scritta?
Il destino esiste. Gioca con le vite delle persone, le unisce e le separa, le fa innamorare e le fa soffrire. Il destino non ti dirà cosa fare, ti darà una spinta e traccerà la tua strada ma sarai tu a doverla seguire.
Questa volta il destino ha deciso di giocare con le vite di due giovani ragazze che s'incrociano ogni giorno senza sapere quanto legate siano le loro esistenze, quanto simili siano le loro esperienze.
Sam, bloccata in una condizione che non le piace più, ha bisogno di ritrovare sè stessa. Charlie, invece, ha bisogno di tornare a vivere. E sarà il destino a dare loro una mano conducendole verso una strada che mai avrebbero pensato di percorrere.
Ad affiancarle in questo percorso saranno i loro amici di infanzia, cinque semplici ragazzi le cui strade si intrecceranno indissolubilmente con quelle delle due ragazze più di quanto già non lo siano.
**STORIA INTERROTTA**
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Broken


And high up above earth or down below
when you’re too in love to let it go
but if you never try you’ll never know
just what you’re worth

Coldplay, Fix you





- Sam è uscita? -.
Louis si appoggiò alla porta della cucina, ancora in pigiama, e fissò i suoi amici intenti a fare colazione: Liam mangiava i soliti cereali da una vita o almeno da quando lo conosceva, cioè parecchio tempo, mentre Niall trangugiava quello che trovava, l'importante era che fosse in grandi quantità. - La colazione è il pasto più importante della giornata - diceva sempre e con la scusa svuotava puntualmente il frigorifero. C'era da dire che però era solitamente lui quello che poi si occupava di riempirlo.
- Sì, è uscita dieci minuti fa.. ti ha lasciato la colazione - rispose Niall indicando un piatto coperto da un fazzoletto di carta.
Louis sentì una stretta all'altezza dello stomaco, improvvisamente gli era passata tutta la fame così prese il piatto e lo passò a Niall – Tieni non ho fame – poi si lasciò cadere sulla sedia e appoggiò la fronte sul tavolo sospirando.
Era davvero dura per lui, non sopportava più quella situazione, non sopportava di vedere Sam infelice e di essere infelice lui stesso. Non ricordava neanche come erano arrivati a quel punto, prima erano felici e poi all'improvviso si erano ritrovati a litigare per ogni cosa, anche la più stupida, erano arrivati a non parlarsi per giorni e a rinfacciarsi le cose più assurde.
Non erano più dei ragazzini, qualcosa li aveva cambiati, qualcosa aveva cambiato i loro sentimenti e la loro necessità di stare insieme, e lui, a differenza di Sam, sapeva di non poter più stare con lei, sapeva che la cosa migliore era smettere. Smettere di stare insieme, smettere di litigare, smettere di farsi del male e smettere di essere infelici.
- Io e Sam non facciamo neanche più l'amore.. - sbottò improvvisamente sollevando la testa e fissando un punto indefinito della parete giallina.
Sentì immediatamente su di sé lo sguardo dei suoi amici e subito dopo una mano si posò sulla sua spalla. Si voltò a guardare Liam che gli fece cenno di continuare, di sfogarsi perché ne aveva davvero bisogno.
- Io non so come fare ragazzi.. -
- Dici che non si può sistemare? - azzardò Niall e Louis scosse immediatamente la testa, non si può incollare una cosa che è ormai finita in mille pezzi.
- Io non.. - il ragazzo si fermò, era davvero difficile dirlo, dopo sei lunghi anni - Non la amo più come prima.. non desidero più passare la mia vita con lei -
Entrambi i ragazzi abbassarono la testa, erano ormai abituati a vederli insieme, la loro mente associava automaticamente Louis a Sam e Sam a Louis. Liam non poté fare a meno di pensare alla conversazione avuta con la ragazza qualche giorno prima nella sua auto, lei non aveva intenzione di porre fine a quel rapporto ma Louis sì e questo l'avrebbe distrutta, ne era certo e lui non voleva vedere la persona a cui teneva di più al mondo soffrire a quel modo, non lo meritava.
- Prima non esisteva nessun'altra oltre a lei e invece adesso.. è diverso -
- Cosa intendi dire? - gli domandò Liam che aveva ormai lasciato perdere i suoi cereali, era passata la fame anche a lui.
- Ho visto una ragazza in metro.. -
- Visto? - chiese Niall sgranocchiando i biscotti di Sam.
- Sì bé l'ho vista un po' di volte in metro.. è bellissima e interessante, se ne sta sempre tutta sola, persa fra i suoi pensieri, con le cuffie nelle orecchie e io non posso fare a meno di osservarla per tutto il tempo - gli occhi di Louis si erano fatti improvvisamente più vispi e quasi sognanti e i due ragazzi se ne accorsero immediatamente - In realtà è così strano che io riesca sempre ad incontrarla.. forse è il destino che.. -
- Non puoi farle questo Lou, devi chiudere - lo interruppe Liam serrando la mano destra in un pugno.
Louis abbassò la testa e il suo sguardo tornò ad essere triste e spento – Lo so – disse – Lo farò questa sera -.
Qualche minuto dopo Louis si chiuse in bagno per una doccia e Niall e Liam rimasero in silenzio, uno giocherellava con le briciole sul tavolo l'altro rigirava il cucchiaio nella tazza di latte e cereali.
- Tu credi che Sam.. insomma pensi che soffrirà molto? -
- Sì, Niall - Liam lasciò cadere il cucchiaio e si girò verso l'amico, il suo sguardo ingenuo e innocente riusciva sempre a tranquillizzarlo, ma quella volta non bastò – Io credo che in fondo anche lei sappia che non c'è più un futuro per la sua relazione con Louis ma non vuole ammetterlo e non lo ammetterà, è per questo che soffrirà – il ragazzo dagli occhi castani si alzò e sparecchiò la tavola fino a che non si trovò fra le mani la tazza di Sam con il suo nome stampato sopra. Se la rigirò fra le mani e poi sospirò – Niente potrà cancellare ciò che è stato -.


I thought I could fly,
so why did I drown?
Never know why it’s coming down, down, down.

Le dita smaltate di rosso di Charlie si posarono leggere sul touch screen del suo iPod e alzò il volume alla canzone che stava ascoltando solo per immergersi ancora di più nel suo piccolo mondo, per estraniarsi da tutto quello che le stava attorno. Appoggiò la testa contro lo schienale dei sedili della metropolitana e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal movimento del treno, lasciando ancora una volta il mondo fuori.
Non si curò delle persone che aveva attorno, né di quelle sedute al suo fianco, semplicemente non le importava niente di nessuno. E pensare che un tempo Charlie amava immergersi nella vita, fare parte del mondo, e lo faceva in modo fin troppo invadente, spericolato, e adesso si trovava lì, indifferente alla realtà che la circondava, portandosi dentro dolorosi ricordi e un senso di colpa che non voleva abbandonarla, non ancora, forse perché era lei a non essere del tutto capace di lasciarlo andare via, forse perché era l’unica cosa che riusciva a provare, a percepire.
E lui la stava guardando ormai da due fermate. Appena era salito sull’ultimo vagone i suoi occhi avevano preso a vagare alla ricerca di quella ragazza che in quegli ultimi dieci giorni, proprio in quell’ultimo vagone, aveva visto già quattro volte, cosa impensabile in una città caotica e affollata come Londra. Quante probabilità c’erano di rivedere una persona in metropolitana? Nessuna, eppure con lei continuava a capitare. Non era un gran sostenitore del destino, non aveva mai creduto ad un disegno superiore che determinasse la vita di tutti, ma in quel momento di dubbi e incomprensioni, rivedere quella ragazza sembrava proprio un segno del destino, una ventata di novità. La fissava ormai da troppo tempo e aveva una dannata voglia di parlarle, di sapere almeno il suo nome. Quella poteva essere l’unica occasione per saperlo, quella poteva essere l’ultima volta che l’avrebbe vista. E aveva il tempo di tre fermate per agire; sì, perché lui sapeva anche dove la ragazza sarebbe scesa e, stranamente, anche lui quel giorno sarebbe sceso a quella stessa fermata. Si separò dalle porte della metro sulle quali era appoggiato e si mosse verso la misteriosa e intrigante ragazza, nello stesso momento in cui il treno cominciava a frenare verso la nuova fermata.
Charlie riaprì gli occhi quando la persona al suo fianco si alzò dandole un brusco colpo di borsa. I suoi occhi grigi riversarono tutta la sua irritazione sulla schiena di quella signora che ormai stava abbandonando il vagone e che non le aveva neanche chiesto scusa e fu in quel momento che incrociò lo sguardo divertito di un ragazzo in piedi di fronte a lei. Vide le sue labbra muoversi, forse stava cercando di parlarle, ma lei non riusciva a sentirlo, non con la musica a tutto volume nelle sue orecchie. Posò il suo sguardo indifferente su di lui per un’ultima volta prima di tornare nel suo mondo, non aveva intenzione di mettersi a parlare con uno sconosciuto in metro. Ma lui sembrava non voler mollare poiché si sedette al suo fianco e le sfilò una cuffietta dall’orecchio, beccandosi ben più di un’occhiata irritata - Cosa diavolo fai? - sbottò la ragazza.
- Ciao - disse lui cordialmente, investendola coi suoi occhi azzurri - Sono Louis - e le tese una mano che però Charlie non strinse.
- Tu hai il vizio di importunare le persone nella metro? - borbottò lei con la sua espressione impassibile.
- No - rispose Louis con un sorriso - Solo le persone che sembrano totalmente lontane da questa terra -.
Charlie intrecciò il suo sguardo distaccato con quello curioso di quello strano ragazzo e non disse nulla, perché tutto le sembrava assurdo in quel momento. Nessuno osava più avvicinarsi a lei, nessuno le parlava, neanche a lavoro. Tutti la evitavano perché lei li evitava, perché non voleva più parlare con nessuno, voleva solo starsene per conto suo, e adesso uno sconosciuto stava cercando di attaccare bottone con lei proprio perché aveva quell’aria così indifferente?
- La realtà è che.. - riprese il ragazzo - …è la quarta volta che ti vedo in metro e non penso si tratti di una pura e semplice coincidenza. Non mi era mai capitato e con te è la prima volta, qualcosa dovrà pur significare - cominciò a farneticare Louis sotto lo sguardo attento di Charlotte - e..muoio dalla curiosità di sapere il tuo nome -
- Ok, adesso basta - Charlie lo interruppe agitandogli la mano davanti - Non ti dirò il mio nome -
- Ti sto solo chiedendo un nome ..insomma, potrei non avere più questa possibilità, potremmo non riuscire a tornare a questo momento - lui sembrava non voler mollare e continuava a mostrarle un dolce sorriso.
- No - ribatté ancora la ragazza, alzandosi dal sedile, grata che alla prossima fermata sarebbe scesa.
Louis si alzò a sua volta seguendola verso le porte del treno - Perché no? -.
Charlotte si voltò verso di lui e lo fronteggiò - Senti, ma cosa vuoi da me? Io non ti conosco e non ti dirò il mio nome, d’accordo? - sbottò la ragazza lieta finalmente di poter uscire dal treno. Perché la gente non la lasciava semplicemente stare?
Si mosse rapidamente, nonostante i tacchi altissimi, tra il fiume di gente che a quell’ora affollava la metro di Londra. Quando si ritrovò finalmente fuori, all’aria aperta, fu investita dal vento pungente dell’inverno londinese e si strinse nel giubbotto di pelle mentre cominciava a dirigersi verso casa. Solo pochi istanti dopo si accorse che il ragazzo della metro, Louis, camminava poco dietro di lei.
- Non ci posso credere! - sbottò - Mi stai seguendo? -
- No - rispose subito lui, mettendosi un cappellino di lana in testa e coprendo così i suoi capelli scompigliati. I suoi occhi, invece, sembrarono sorriderle - So che può sembrarti il contrario, ma non ti sto seguendo, te lo posso assicurare -.
Charlie continuò a camminare adesso più preoccupata da quel ragazzo che camminava qualche passo dietro di lei - Sai che potrei mettermi ad urlare? - domandò retorica per niente convinta dalle parole di Louis.
- Credi che io ti possa aggredire nel bel mezzo della città a quest’ora? Sono solo le cinque del pomeriggio. Solo un pazzo che vuole essere arrestato lo farebbe! -.
Charlie si voltò a guardarlo per un attimo e intercettò la direzione in cui lo sguardo furbo e allegro di Louis era puntato - Fatto sta che mi stai guardando il culo! -
- Non penso che questo sia un reato, ragazza senza nome - alzò su di lei uno dei sorrisi più solari che Charlie potesse ricordare - Potrei farti anche i complimenti. Sarebbe considerato un reato? -
- Smettila di parlare, ragazzo della metro - sbottò la ragazza, più irritata che mai fermandosi davanti il portone di casa.
- Io il mio nome te l’ho detto. Puoi anche usarlo - Louis si fermò proprio davanti a lei - E pare proprio che la nostra destinazione sia la stessa -.
Il ragazzo si avvicinò sempre di più a lei che frugava nella borsa in cerca delle chiavi - Credi che si tratti ancora di pura coincidenza? -
- Questo non significa assolutamente nulla - Charlie alzò lo sguardo su di lui, ormai troppo vicino - Da chi devi andare, sentiamo -
- Dal mio amico Zayn -.
La ragazza spalancò gli occhi e aprì la bocca per ribattere ma subito dopo la richiuse. Le venne quasi voglia di andarsene per non dargli ulteriori soddisfazioni, perché era certa che Louis avrebbe continuato con quella stupida storia del destino se solo l’avesse vista entrare in casa di Zayn, che era anche casa sua.
- Mi lasci citofonare o sei così gentile da aprire il portone? -.
Charlie si spostò e lasciò che citofonasse. Poco dopo la voce di Zayn risuonò dall’altoparlante - Sì, chi è? -
- Ehi, amico sono io, Louis -.
Un istante dopo il portone si aprì e il ragazzo si fece avanti tenendo poi la porta aperta per lasciarla entrare. Charlotte indugiò un attimo sui gradini spiando l’espressione spudoratamente vittoriosa di Louis - Cosa devi fare? - le domandò - Entri o no? -.
La ragazza si passò le dita tra i capelli castani ed entrò passando accanto a Louis che continuava a sorriderle - Sei ancora sicura che questo non sia destino? -
- Taci - borbottò Charlie ferma al centro dell’atrio, in attesa che lui si muovesse.
Non dovette aspettare molto poiché Louis si diresse subito verso le scale e cominciò a salire. Poco dopo anche lei gli andò dietro mordicchiandosi le labbra con nervosismo. Lei arrestò il suo passo proprio quando Louis si fermò al secondo piano e lo vide bussare alla porta di casa sua. Zayn non si fece attendere e aprì accogliendo il suo amico con un sorriso - Ehi Louis! - ma i suoi occhi ambrati avevano visto anche la sua migliore amica, ancora ferma sulle scale - Charlie, sei tornata presto! -.
Louis si voltò per piantare i suoi occhi azzurri su di lei e le fece un occhiolino - Ciao Charlie - le disse. Adesso poteva ritenersi soddisfatto: sapeva il suo nome.


- Grazie Niall! -
- Figurati piccola Sammy -
Un sorriso sincero comparve sul volto della ragazza che per tutta la giornata era stata intrattabile. Solitamente era Liam a chiamarla “Sammy” e lo faceva fin da quando erano bambini poi, conosciuto Niall, anche lui aveva iniziato a chiamarla in quel modo e a lei piaceva perché quando pronunciavano quel nomignolo lo facevano sempre con tanta dolcezza.
Sam si sporse verso il ragazzo e gli lasciò un leggero bacio sulla guancia – Ci vediamo più tardi biondino – gli scompigliò un po' i capelli con un gesto della mano e uscì dall'auto.
Il giardino della casa dei suoi genitori, la casa dove aveva vissuto per quasi tutta la sua vita, era perfettamente curato come al solito, circondato da una cancellata bianca e attraversato da un vialetto in mattoncini color avorio. La ragazza arrivò lentamente davanti alla porta, respirando a fondo e sistemandosi nervosamente i lunghi capelli castani sulle spalle. Ogni volta che doveva andare a trovare i suoi genitori una strana ansia le invadeva il corpo, era una continua agonia che iniziava con il suo risveglio e perdurava finché non tornava a casa.
Diede un'ultima sistemata al capottino bianco e poi suonò il campanello. Un attimo dopo apparve il viso sorridente di Olga, la governante, e le sue braccia la strinsero immediatamente – Tesoro! -
- Olga! - la ragazza ricambiò l'abbracciò affondando il viso nell'incavo del collo della donna che per lei era come una seconda mamma visto che la prima non era mai stata molto in grado di adempiere al suo compito.
Comparve solo qualche minuto dopo in uno dei suoi tailleur, questo color lavanda, con la schiena dritta e il petto in fuori come le aveva sempre intimato di camminare cosa che lei puntualmente non faceva. Si tolse il cappotto che lasciò nelle mani di Olga e si raddrizzò come voleva sua madre, non aveva nessuna voglia di ascoltare i suoi commenti.
- Ciao mamma – disse accennando un sorriso.
La donna, Margaret, le andò incontrò e le baciò le guance stringendola in un abbraccio piuttosto freddo e non perché non le volesse bene ma lei era fatta così e Sam di abbracci, di abbracci veri, da sua madre ne aveva avuti davvero pochi nella sua vita.
- Samantha – si allontanò un poco per squadrarla dalla testa ai piedi, indossava una gonna color crema ampia a vita alta che le fasciava la vita stretta e una camicetta bianca dai bottoncini gialli – Ti vedo sciupata! Ma mangiate in quella casa? -
La ragazza roteò gli occhi al cielo e vide Olga dietro le spalle di sua madre lanciarle un'occhiataccia che diceva sicuramente “Non risponderle, lascia perdere”, conosceva fin troppo bene Sam da sapere che avrebbe risposto a tono. Fortunatamente suo padre, Christopher Harris, capo di un importante azienda farmaceutica, fece il suo ingresso interrompendo quella che sarebbe potuta diventare l'ennesima litigata tra le due donne di casa Harris.
- Sam! -
La ragazza questa volta si gettò fra le braccia di suo padre, con lui era tutto diverso. Aveva sempre avuto un bellissimo rapporto con suo padre che, nonostante fosse una persona importante e sempre impegnata, era riuscito a ritagliare ogni volta del tempo per sua figlia. L'unico problema era che si faceva mettere i piedi in testa da sua moglie, insomma non sapeva proprio dirle di no.
- Tutto bene piccola? -
La ragazza annuì non troppo decisa – Il solito.. -
- A lavoro? Tua madre mi ha fatto vedere la foto di copertina dell'ultimo numero di Newstalgie.. è davvero fantastica tesoro! -
- Secondo me un po' troppo scontata – a sua grande sorpresa vide comparire dal salotto sua sorella Kathy. Era più grande di lei di circa tre anni e a differenza sua aveva i capelli biondi e gli occhi scuri. Sam aveva preso da suo padre, invece, in tutto e per tutto, compreso il verde dei suoi occhi; solo le labbra carnose la facevano sembrare anche frutto dei geni di sua madre.
- Ciao sorellina – le fece un occhiolino e poi tutti insieme si spostarono in salotto. Non erano mai andate troppo d'accordo, Kathy era la sorella maggiore e come tale aveva sempre voluto avere il controllo su tutto, inoltre era la perfezione fatta persona: ottimi voti a scuola, attività extrascolastiche, amici pregevoli, si era persino laureata in legge – il sogno di Margaret Harris – e in più aveva in fidanzato ricco da far paura – anche quello faceva parte dei sogni della madre delle due ragazze – e per questo motivo non si faceva altro che paragonarla a lei.
Sua madre aveva accettato Louis solo perché proveniva da una buona famiglia ma non approvava per niente il fatto che lui componesse musica, per lo più colonne sonore per cartoni animati su richiesta – e non erano tante purtroppo - e che di tanto in tanto si dedicasse al teatro, non riusciva ad accettare il fatto che una delle sue figlie fosse fidanzata con uno il cui salario era più basso di quello della sua ragazza.
- Devo dirvi una cosa importante.. - disse improvvisamente Kathy attirando l'attenzione di tutti – Io e Matthew abbiamo deciso di sposarci! -
Kathy e sua madre iniziarono a battere le mani e lanciare stridolini fastidiosi mentre Sam provò una strana ansia per sua sorella, l'idea di un matrimonio a soli venticinque anni le metteva angoscia, anche se non era il suo.
- Congratulazioni Kathy – mormorò alzandosi per abbracciarla e subito la ragazza le mostrò il brillante gigantesco che aveva al dito. Come aveva fatto a non notarlo prima? - Wow è.. enorme -
- Lo so! - squittì la sorella – Matthew può permetterselo! - e quasi le sembrò una sorta di frecciatina. Avrebbero sicuramente fatto i salti di gioia nel sapere che lei e Louis erano ormai quasi alla frutta.


Charlie, seduta sul bracciolo di uno dei divani del salotto, guardava Zayn e i suoi amici giocare a Fifa. Era una loro abitudine settimanale quella e si riunivano sempre o a casa del moro o in quella di Liam, Niall e Louis. E fu quel giorno che Charlie li conobbe tutti. Harry, Zayn e Perrie parlavano molto dei tre ragazzi ma lei non era scesa mai nei particolari, aveva ascoltato e basta senza chiedere informazioni.
Adesso erano tutti lì, tranne Harry che sarebbe stato tutto il giorno in ospedale, per la loro tradizione settimanale.
- Non è possibile!! - esclamò Niall, il biondino irlandese dalla risata fragorosa e dallo stomaco piuttosto capiente. Da quando Charlie era tornata a casa gli aveva visto ingurgitare qualsiasi cosa.
- Ho fatto di nuovo gol, Niall, mi dispiace! - Liam, quello che sembrava il più calmo tra tutti, stava gongolando per il punto messo a segno a discapito del biondino.
Li aveva osservati per circa tre quarti d’ora senza mai interagire per davvero, nonostante tutti fossero stati carini e gentili con lei.
Charlotte si alzò dal divano e si recò in cucina per posare la sua tazza ormai vuota. Louis la raggiunse poco dopo e lei lo vide con la coda dell’occhio aprire il frigorifero per prendere una bottiglia di birra.
- E così, ragazza senza nome, tu abiti qui con il mio amico Zayn - constatò Louis appoggiandosi al tavolo.
- Sì.. - sussurrò Charlie che continuava a lavare la tazza senza nessuna intenzione di smettere. Gli dava le spalle ma sentiva il suo sguardo puntato addosso.
- Da quanto tempo vi conoscete? -.
Charlotte chiuse il rubinetto e si asciugò le mani per poi voltarsi - Da molto tempo - fu la sua risposta secca, incolore. I suoi occhi spenti vagarono sul viso di Louis che continuava a fissarla con curiosità, con un impercettibile sorriso sulle labbra sottili.
- Che sarebbe? -
- Ma tu cosa vuoi da me? - domandò Charlie senza nessuna rabbia nella voce, solo frustrazione.
- Mi hai incuriosito - confessò improvvisamente separandosi dal tavolo per farsi più vicino a lei, i suoi occhi blu brillavano - Voglio conoscerti -
- Credimi, non vuoi - la ragazza scosse la testa con gli occhi velati dalla tristezza.
Quel particolare sembrò non sfuggire a Louis. Tutta la rabbia e l’irritazione che le aveva provocato in metro sembrava dissolta nel nulla e aveva lasciato spazio a qualcosa di diverso, ad un’amarezza che continuava a rabbuiare i suoi occhi grigi.
- Ah siete qui -.
Zayn entrò in cucina e Louis, istintivamente, fece due passi indietro per allontanarsi dalla ragazza. Charlie sorrise appena quando vide il moro avvicinarsi a lei per abbracciarla da dietro - Louis, smettila di infastidire Charlie - scherzò il ragazzo.
- Non ti preoccupare, non stavo infastidendo proprio nessuno - si difese Louis mettendo su un sorriso - Stavo solo chiedendo da quanto tempo vi conoscete -
- Bè - Zayn appoggiò il mento sulla spalla della sua amica e ci pensò su - Sono già otto anni, se non di più -
- Caspita! E perché non l’abbiamo mai conosciuta? Noi ci conosciamo da circa un anno, Zayn, e non hai mai pensato di presentarci Charlie? -.
Charlotte sentì il suo migliore amico schiarirsi la voce con imbarazzo, non sapeva cosa dire, e così fu lei a rispondere intingendo il suo sguardo cupo in quello azzurro e interessato di Louis - Non era tenuto a presentarmi a voi - il suo tono di voce piatto e uniforme colpì ancora una volta il ragazzo che aveva di fronte che si domandò cosa avesse passato quella bellissima ragazza per essere così, per comportarsi in quel modo, per non riuscire neanche a sorridere o a scherzare, e questo non fece altro che aumentare la sua voglia di sapere, di conoscerla.
- Capisco - borbottò infine Louis sorseggiando la birra.
- Devi davvero andare lì? - le domandò, invece, Zayn.
Charlotte annuì - Sì, voglio andarci, lo sai -
- Però poi potresti raggiungerci al Wanderlust… - le sussurrò contro i capelli.
Il Wanderlust era il locale in cui Perrie lavorava come barista e, a quanto Charlie aveva capito, era di proprietà di Liam. Rinchiudersi in un pub non era proprio nei suoi piani, specialmente se l’indomani avrebbe dovuto svegliarsi presto per andare a lavorare e a servire e riverire la moglie di Dracula, e perché semplicemente uscire non le interessava più.
- Non credo -
- Charlie -
- Zayn - Charlie imitò il tono di rimprovero del suo migliore amico e si liberò dalla sua stretta - Non insistere. Io vado, ciao -.
Sentì la voce dei due ragazzi mormorare un debole “Ciao” e si fermò sulla porta indossando il suo cappotto.
- Vai via? - domandò subito Niall, buttandosi a peso morto sul divano, molto probabilmente aveva perso brutalmente contro Liam.
- Sì, è stato un piacere conoscervi, ciao ragazzi -.
Charlotte raccolse le chiavi della macchina dalla ciotola di vetro che tenevano su un mobile accanto alla porta e uscì da casa. La neve sui marciapiedi era ormai ridotta ad una poltiglia di fango e sporcizia e non aveva più il fascino di quel 5 dicembre, quando la prima neve si era posata sulla città. Lui se ne sarebbe lamentato e le avrebbe promesso di portarla fuori città per farle gustare un po’ di soffice e bianca neve.
Salì sulla sua Volkswagen New Beetle nera, regalo che suo padre le aveva fatto quando lei aveva deciso di trasferirsi a casa di Zayn ed Harry, poiché lì non avrebbe avuto l’autista di famiglia ad accompagnarla ovunque lei avesse voluto.
Fu un breve viaggio il suo con la musica a farle da compagnia. Parcheggiò proprio davanti i cancelli neri del cimitero e prese la rosa, che aveva acquistato da un fioraio poco prima, dal sedile del passeggero. Il guardiano all’ingresso le fece un breve cenno di saluto e lei proseguì per la sua strada. Erano quasi le sette di sera e il cimitero era ormai vuoto ma quello era il momento che lei preferiva di più in assoluto, l’unico momento in cui poteva stare da sola con lui.
Quando si fermò davanti la sua lapide di marmo bianco, si chinò per appoggiare la rosa rossa per terra, su quel poco di neve che aveva ancora resistito - Ciao Oliver - mormorò.


Louis teneva lo sguardo fisso sulla strada, le mani ben salde sul volante e i suoi lineamenti erano duri e tristi e non dolci e vispi come lo erano di solito, o almeno come lo erano prima.
La cena era stata un disastro, la madre di Sam non aveva risparmiato i suoi soliti commenti sull'occupazione di Louis e la ragazza aveva tentato invano di dirottare l'argomento finché non si era quasi ritrovata a mandare sua madre a quel paese, cosa che poi puntualmente non faceva mai. Era nervosa come non mai in quel momento, desiderava solo buttarsi sotto le coperte, chiudere gli occhi e addormentarsi per non pensare più a nulla.
- Com'è andata a lavoro oggi? - le chiese improvvisamente Louis cercando di allentare un poco la tensione, doveva parlare con Sam, aveva promesso a Liam che lo avrebbe fatto quella sera anche se una parte di lui aveva paura di non averne il coraggio. - Male come al solito, odio quel lavoro -
Louis scostò per un attimo lo sguardo dalla strada per puntarlo su di lei - Allora perché non lo lasci? Che senso ha farlo se non ti dà alcun tipo di soddisfazione? -
Gli occhi verdi della ragazza rotearono con nervosismo e la sua mano sinistra si strinse in un pugno - Certo, a te sembra facile! Non hai mica un posto fisso tu! Aspetti tutto il giorno che qualcuno ti chiami! - disse senza realmente pensare alle parole che aveva pronunciato. Erano uscite dalla sua bocca come un fiume in piena con rabbia, senza che se ne accorgesse o che potesse fermarle in qualche modo.
Il ragazzo strinse il volante ancora più forte e le nocche delle sue mani divennero bianche per la pressione che stava facendo - Almeno io faccio quello che mi piace e non mi faccio comandare a bacchetta da mia madre! -.
Ma anche quello di Louis fu un colpo basso, sapeva quanto astio ci fosse tra Sam e sua madre ma questo non lo fermò dal pronunciare quelle parole taglienti che le trafissero la pelle. Proprio in quel momento la macchina si fermò bruscamente davanti il loro palazzo un po' vecchio e grigio e Louis uscì senza aggiungere altro sbattendo la portiera con forza. Sam era rimasta immobile, incapace di reagire e solo quando lo vide cercare le chiavi del portone si lanciò fuori dall'auto, furente.
- Come ti permetti? Dopo tutto quello che ho fatto per difenderti! - sbraitò contro il ragazzo che lasciò le chiavi di casa attaccate al portone semi aperto e si avvicinò a lei a grandi passi tenendo invece ancora salde in mano quelle della macchina.
- Ti sto solo dicendo la verità! Quello che penso! Hai lasciato perdere le tue opinioni, il tuo talento, la tua vita per fare quello che t'impone tua madre! Non puoi negarlo! Lo pensano tutti! -
La ragazza sentì qualcosa di pesante all'altezza del petto. Tutti pensavano quello che le stava dicendo Louis? Accantonò immediatamente quel pensiero, come faceva spesso con quelle cose che non voleva ammettere o che la facevano stare male e si concentrò sul resto della frase - Se facessi tutto quello che dice mia madre a quest'ora non starei con te! -
- Oh dimenticavo! La mammina vuole solo avvocati di successo o famosi medici per le sue figlie! -
- Io non capisco cosa c'entri mia madre con tutto ciò, Lou! -.
Louis si mise una mano tra i capelli, esasperato. Non avrebbe voluto parlarle così, avrebbe voluto affrontare l'argomento con calma dopotutto era una persona importantissima nella sua vita, le voleva bene nonostante.. nonostante non l'amasse più.
- Sam, ti rendi conto che stai diventando esattamente come lei? Fai una cosa che non ti piace, cerchi di compiacere tutti accantonando quello che senti veramente, sei diventata pignola, perfettina, non ti diverti più! Pensi solo a quello che potrebbe dire o fare tua madre e fai finta di contrastarla ma in realtà fai esattamente quello che vuole lei! - Louis stava urlando e la stava guardando con freddezza come se stesse parlando con una sconosciuta e in effetti per lui era diventata una sconosciuta. Alcuni passanti li guardarono perplessi ed era convinto che Niall e Liam si fossero affacciati per guardare la scenetta che si teneva davanti al portone di casa. Si fermò un attimo vedendo gli occhi di lei gonfiarsi, diventare rossi e lucidi. Sapeva benissimo di farle del male in quel modo ma quella situazione lo aveva stancato e solo così forse Sam avrebbe aperto gli occhi e magari dato una svolta alla sua vita.
- Non sei più la ragazza di cui mi sono innamorato sei anni fa.. - mormorò alla fine abbassando lo sguardo.
Sentì la ragazza respirare a fondo prima di parlare, di scaraventargli contro tutto quello pensava e che non pensava di lui - E invece tu sei esattamente quel ragazzo! Sei rimasto tale e quale invece di crescere come stiamo facendo tutti, ti ostini a comportarti da eterno ragazzino! Lou, non siamo più dei liceali! Tu non.. -
- Ti ho tradita -.
La bocca della ragazza si bloccò aperta a mezz'aria, le parole le morirono in gola così come il suo cuore che si frantumò in mille piccoli pezzi.
- C-cosa cazzo stai dicendo? - biascicò trattenendo le lacrime per chissà quale miracolo.
Solo in quel momento Louis alzò il viso incrociando i suoi occhi verdi prossimi al pianto, il suo viso era qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere in vita sua. Si sentì la persona peggiore del mondo. Come aveva potuto fare una cosa del genere ad una persona che aveva amato per sei anni? Era sbagliato, tutto sbagliato ma una parte di lui sentiva che quel gesto probabilmente gli aveva fatto aprire gli occhi e capire che non potevano più prendersi in giro, quello che una volta c'era stato tra loro era svanito da un pezzo anche se lei adesso non voleva ammetterlo.
- Un paio di mesi fa.. ti ho tradita con una ragazza della compagnia teatrale di cui ho fatto parte.. -
- Come.. come hai potuto.. farlo - singhiozzò la ragazza - Io ti amo.. perché mi hai fatto questo? - strinse le braccia lungo il corpo e abbassò la testa, non voleva farsi vedere in lacrime ma oramai c'era poco da fare.
- No, tu non mi ami Sam, non più - disse Louis lentamente, i toni si erano calmati eppure erano profondamente più disperati di quelli di prima - E nemmeno io. E' finita e dobbiamo accettarlo entrambi -.
La ragazza non rispose ma allungò un braccio verso di lui e gli strappò dalle mani le chiavi della macchina per poi correre verso di essa, voleva andare via, lontano da lui, in un posto in cui non ci sarebbe stato, voleva dimenticarlo, dimenticare tutto quello che le aveva detto, parole che una parte di lei sapeva fossero vere ma anche troppo dure da accettare.
- Aspetta! - urlò il ragazzo fermandola per un braccio che lei strattonò immediatamente.
- Lasciami andare - disse fredda come il ghiaccio e Louis non poté fare altro che allontanarsi di fronte a quella richiesta che in fondo gli parve anche tanto disperata.
Samantha partì sgommando e svoltato l'angolo tutto quello che era successo iniziò a pesarle come un macigno e delle lacrime sgorgarono copiose dai suoi occhi talmente era doloroso.
Quello che più la faceva stare male era la consapevolezza che lui avesse ragione, tutto quello che aveva detto era vero, ogni cosa, dalla questione di sua madre al fatto che lei non lo amasse più. E non poteva farci niente, non più. Aveva cercato di fare la cosa giusta sacrificandosi, sacrificando le sue passioni, sacrificando la sua relazione con Louis non sapendo che in realtà era tutto sbagliato, che si era solo trasformata in una maniaca del controllo, in un clone di sua madre.
Quello era sempre stato, di certo, il suo incubo peggiore. Un incubo divenuto realtà.
La radio passava una vecchia canzone dei Coldplay, “Fix You”, e le sembrò quasi che stesse parlando di lei..

When you try your best but you don’t succeed
when you get what you want but not what you need
when you feel so tired but you can’t sleep
stuck in reverse.

And the tears come streaming down your face
when you lose something you can’t replace
when you love someone but it goes to waste
could it be worse?

- Ho distrutto tutto.. - farfugliò accelerando e strofinandosi gli occhi con la manica del cappotto. E in quell'attimo di distrazione Sam si accorse tardi del cane che stava attraversando quella strada buia della periferia di Londra. Sterzò di colpo ma la strada ancora un po' ghiacciata per la forte nevicata di qualche giorno prima fece slittare l'auto fino a farle invadere la corsia opposta in un pericoloso testacoda. La macchina si fermò al centro dell'altra corsia e Sam confusa, spaventata e con la testa dolorante non fece neanche in tempo a gioire per essersi miracolosamente salvata.
Quando sollevò lo sguardo dal manubrio sul quale aveva battuto la testa vide due grossi fari e poi più nulla.










Eccoci di nuovo con il secondo capitolo! L'abbiamo postato presto perché essendo l'inizio ci sembrava giusto introdurre di più i personaggi e la storia.
Comuuuunque! Vogliamo subito ringraziare chi ha già inserito la storia tra le seguite e le preferite, e chi ci ha recensito *-* Anche se le recensioni sono state poche.. noi non demordiamo mai! \m/
Ma occupiamoci della storia.. allora, che dire? Siamo ancora all'inizio ma stiamo cercando di introdurvi al meglio le due protagoniste che sono comunque dei personaggi abbastanza complessi. Come potete vedere Sam ha problemi con sé stessa, ha praticamente perso sé stessa per cercare di accontentare chi le sta attorno mentre Charlie è vuota, depressa, asociale, priva di vita a causa di una brutta esperienza.. insomma che vitalità! ahahahha però le accade qualcosa di inaspettato: un incontro con Louis, un incontro che non sembra più casuale poiché il ragazzo afferma di averla vista, maturando la voglia di conoscerla e di rivolgerle almeno una volta la parola, perché in quel momento lui crede che sia un segno del destino, e il destino, come abbiamo detto, sarà la colonna portante di questa storia.
Ma nonostante le attenzioni di Louis, Charlie non si fa incantare e si reca al cimitero per andare a trovare una persona che non c'è più, Oliver (parleremo di lui in seguito). Allegria!!! A ravvivare il tutto - si fa per dire - l'ultima scena. Dopo una furiosa litigata con Louis, Sam prende l'auto e fa un incidente.. cosa le sarà successo?
Speriamo che continuiate a seguirci e che ci facciate sapere cosa ne pensate!
A presto!
Oh, ecco le nostre due ragazze: meet Charlie and meet Sam
E come sempre rinnoviamo l'invito a leggere anche la nostra prima storia: You only live once
Vale e Fra

  
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