Capitolo III
Sorprese
Appartamento
del Capitano Harmon Rabb
Hyde Park, Londra
Harm non
credeva ai propri occhi: Belinda aveva trovato la
soluzione al suo problema.
Da quando
aveva acquistato la sua Austin
Healey, aveva
speso gran parte del tempo libero alla ricerca di alcuni pezzi di
ricambio,
senza però trovare nulla che lo soddisfacesse completamente.
Come quando
si era trattato di restaurare
Guardò
Belinda da sopra il depliant.
“Sei un
genio. Qui potrò trovare quello che sto cercando,
esattamente come lo voglio io.”
“Per questo
ti sei deciso a condividere la tua casa e la
tua vita con me. Perché sono un genio!” rispose lei asciugando i piatti
della
cena.
Ormai
vivevano insieme già da qualche settimana e proprio
quel giorno Belinda aveva terminato il trasloco e messo in affitto il
suo
appartamento di Kensington.
“Potremmo
andarci insieme” propose Harm. “Dopotutto mi hai
detto di non essere mai stata nell'Hampshire. Che ne dici? Un romantico
week-end in quella splendida cittadina, magari in un alberghetto fuori
mano…”
le disse ammiccando e alzandosi. La raggiunse e la prese fra le braccia
baciandola con passione e togliendole di mano lo strofinaccio.
“Harmon i
piatti…” protestò Belinda, per la verità molto
debolmente, già persa nelle braccia del suo uomo.
“Lascia stare
i piatti Linda” rispose lui in un sussurro,
baciandola con ancora più ardore e sollevandola in braccio in direzione
della
camera da letto.
Casa di Lady
Sarah Montagu
Brook Street, Londra
“Perdonatemi,
Milady, c’è una visita per voi.”.
Lady
Sarah alzò il capo dal libro che stava
leggendo, osservando l’impacciato maggiordomo.
“Di
chi si tratta, Albert?”
“Lord
Nicholas Thornton, Milady” disse l’uomo,
indeciso se fare un inchino alla giovane padrona, oppure se attendere
la
risposta ritto in piedi; per evitare di sbagliare, adottava una tecnica
tutta
particolare: al cospetto di Milady, procedeva sempre mezzo incurvato,
con il
risultato di sembrare più vecchio dei cinquantacinque anni che in
realtà aveva.
“Lord
Thornton? Volete dire Sua Grazia il Duca
di Lyndham?” chiese Lady Sarah, richiudendo il romanzo e posandolo sul
tavolino
accanto alla poltrona.
Si
alzò e si avvicinò lentamente alla finestra,
osservando per pochi istanti la pioggia che cadeva incessantemente da
ore.
Chissà come mai il vecchio Duca si trovava in casa sua?
“E’
un signore giovane e molto alto…” disse
Albert, quasi leggendole nella mente.
“Allora
non è il Duca! Il Duca è un signore
anziano, di almeno settant’anni o anche più” rispose Lady Sarah
pensierosa.
Incuriosita
dall’ospite, decise che valeva la
pena di sapere cosa volesse, anche se ciò avrebbe significato rimandare
la fine
del romanzo che stava leggendo: era arrivata proprio al punto che
preferiva,
quando Emma si rendeva conto di amare Mr. Knightley… benché solitamente
preferisse libri d’avventura o romanzi di cappa e spada, da quando
aveva
scoperto l’amore, il romanzo di Jane Austen che prima trovava troppo
sdolcinato
era diventato una delle sue letture preferite e ogni volta adorava
rileggere
come il protagonista, il signor Knightley, si dichiarasse innamorato
della
bella e viziata signorina Woodhouse.
“Bene,
Albert, fallo accomodare.”
“Subito,
Lady Sarah.”
Mentre
attendeva l’ingresso dell’ospite, si
domandò se lo sconosciuto visitatore fosse, in qualche modo,
imparentato con
l’anziano Duca. Forse si trattava del pronipote, unico suo erede poiché
il Duca
non si era mai sposato, figlio della nipote di Sua Grazia, a sua volta
figlia di
Lady Lucy Thornton, sorella del Duca.
Lady
Lucy, di dieci anni più vecchia del
fratello, si era sposata con un Conte prussiano, o austriaco… non
ricordava…
dal quale aveva avuto una figlia, certamente la madre del futuro Duca
di
Lyndham… in società si mormorava che erano anni che l’anziano Duca
stava
preparando il nipote straniero ad ereditare il titolo, ma il giovane
non era
ancora stato presentato ufficialmente, anzi, per molto tempo era stato
lontano
dall’Inghilterra. Da quando era rientrata in patria due mesi prima,
aveva
sentito dire che sembrava che l’erede del Duca si fosse deciso
finalmente a
mostrarsi in società…
Il
rumore della porta che si apriva la distolse
dalle sue elucubrazioni mentali.
Si
voltò, pronta ad accogliere l’ospite che
Albert aveva introdotto nel salotto, ma non appena lo vide rimase
immobile, col
cuore che le galoppava furioso nel petto.
Washington
Il viaggio
alle Hawaii era stato semplicemente
meraviglioso. Quindici giorni da sogno in compagnia del… suo fidanzato!
Mac era al
settimo cielo mentre, nella grigia e piovosa
mattina di fine marzo, si dirigeva al lavoro. Ma per lei quella era una
giornata splendida, come era splendida la sua vita attuale.
Clay aveva
organizzato quella loro vacanza in modo
impeccabile e l’ultima sera, a cena, nella più classica delle maniere,
le aveva
porto una scatoletta blu di velluto. All’inizio lei si era sentita
confusa, ma
quando l’aveva aperta e aveva visto il suo contenuto era scoppiata in
lacrime
come un’adolescente.
La sala
dell’hotel era esplosa in un applauso quando tutti
avevano compreso che si stava festeggiando un fidanzamento.
“Voglio
sposarti Sarah” le aveva detto Clay aiutandola ad
infilarsi l’anello, visto che lei, troppo emozionata, non ci riusciva.
“Voglio
stare con te per sempre, nel bene e nel male. Accetti di diventare mia
moglie?”
Langley, Virginia
Quel mattino
Clayton Webb era di molto in anticipo
rispetto al suo solito orario. Arrivò a Langley quando ancora tutti gli
altri
non c’erano oppure erano impegnati a fare colazione.
Non gli
importava granché. Era felice come mai lo era
stato in vita sua e soprattutto molto soddisfatto di sé.
Aveva
calcolato tutto sin nei minimi dettagli e quei
giorni alle Hawaii gli avevano portato ciò che bramava più di ogni
cosa: la
mano di Sarah. A fine Giugno sarebbe divenuta la sua sposa, la sua
compagna di
vita e niente e nessuno avrebbe mai potuto portargliela via.
Naturalmente
il nome di Rabb era in cima alla lista degli
invitati alle nozze, anche se di questo particolare non aveva discusso
con lei.
Sorrise
beffardo mentre entrava nel palazzo: aveva vinto
su tutti i fronti. Se due anni prima gli era andata male, adesso ogni
cosa
volgeva a suo favore.
Era anche
stata un po’ colpa sua, doveva ammetterlo:
sapeva come Sarah desiderava essere trattata, ma nondimeno aveva
giocato
secondo le sue regole e così l’aveva persa.
Adesso no. Il
destino gli aveva fornito una seconda chance
e intendeva sfruttarla fino in fondo, per questo si era adattato a
Sarah, al
suo mondo, alle sue esigenze e alle sue aspettative. Voleva essere il
centro
dell’attenzione? Ebbene lo sarebbe stata. Voleva sincerità? Ebbene,
l’avrebbe
avuta, alle condizioni di Clayton Webb ovviamente. Ma l’importante era
che lei credesse
che lui fosse realmente cambiato.
Il resto?
“Quisquilie”
pensò mentre chiamava gioielliere e fiorista.
Casa di Lady
Sarah Montagu
Brook Street, Londra
Non
poteva essere lui!
Lady
Sarah sentì che se non si fosse
appoggiata, sarebbe svenuta.
Fece
pochi passi, fino ad arrivare accanto al
camino, dove un fuoco scoppiettante riscaldava l’ambiente. Si appoggiò
per un
attimo al marmo, fingendo di controllare la legna che bruciava, per
riprendersi
dalla sorpresa.
Senza
guardare l’ospite, gli si rivolse,
cercando di mantenere la voce ferma.
“Lord
Thornton… a cosa debbo l’onore della
vostra visita?”
L’uomo
fece alcuni passi verso di lei, e Lady
Sarah a quel punto non poté fare a meno di voltarsi e guardarlo. Se lo
avesse
insospettito con il proprio comportamento, egli avrebbe potuto
riconoscere in
lei la dama mascherata che solo dieci giorni prima lo aveva abbandonato
nel
giardino di palazzo Belhaven.
“Davvero
non lo immaginate, Milady?” disse
l’uomo, con la stessa voce profonda di quella sera, avvicinandosi per
prenderle
la mano.
A
fatica lei gliela porse, per il consueto
baciamano, che le procurò un brivido intenso, di certo non dovuto alla
folta
barba dell’ospite.
Quando
rialzò il capo, Lady Sarah si rese conto
che l’occhio destro era ancora bendato, nonostante “il pirata” in quel
momento
indossasse un impeccabile completo grigio fumo, con tanto di giacca,
panciotto
e fiocco in tinta che adornava la camicia immacolata.
Alla
luce del giorno l’occhio scoperto aveva un
colore particolare… un grigio verde che, a tratti, illuminato dal
fuoco,
assumeva una strana sfumatura più azzurra.
Non
era possibile… anche il colore, se non
addirittura persino la forma di quell’occhio, l’unico sano a quanto
sembrava,
le rammentava gli occhi dell’uomo di cui si era innamorata...
Nicholas
Thornton era alto quasi quanto il
Conte D’Harmòn, con all’incirca la medesima corporatura, sebbene
sembrasse
essere più magro di André; anche i capelli erano diversi: a differenza
del
ciuffo ribelle che lei adorava tanto, Lord Thornton li portava più
corti, tagliati
all’ultima moda. Mentre baffi e barba, che gli incorniciavano il viso,
non
seguivano esattamente i dettami della moda del momento, che li voleva
piuttosto
appena accennati. La barba, in particolare, era folta, benché curata e
non
troppo lunga.
“Una
ferita in battaglia…” disse lui, alludendo
all’occhio bendato, quando si accorse che lei lo stava fissando.
“Perdonatemi…
è che… oh, ma scusatemi… non vi
ho neppure fatto accomodare… prego…” disse impacciata, allontanandosi
dall’ospite e dirigendosi verso il divano.
Lui
la seguì, sedendosi sulla poltrona di
fronte a lei, la stessa su cui prima lei era seduta a leggere. Volse lo
sguardo
verso il libro appoggiato al tavolino e sorrise, con una lieve e appena
accennata distensione delle labbra, che tuttavia non arrivò allo
sguardo.
“Noto
che siete romantica, Milady.”
Com’era
diverso dal sorriso affascinante di
André, che gli illuminava il volto e gli faceva sorridere anche gli
occhi,
scoprendogli i denti candidi e perfetti.
Quanto
le mancava il suo sorriso!
Osservò
per un attimo ancora l’ospite: come
poteva ricordarle tanto l’uomo di cui si era perdutamente innamorata,
pur
essendo così diverso da lui? La voce non era la sua, il sorriso
stiracchiato
che le aveva rivolto non era il suo, non aveva neanche quel
meraviglioso ciuffo
ribelle in cui lei lasciava scorrere le mani languidamente… neppure
l’odore che
sprigionava dal suo corpo era il suo. Per non parlare dell’occhio
ferito, della
barba e dei baffi. Eppure molte altre cose glielo ricordavano…
Anche
se non lo vedeva da più di un anno ormai,
era quasi sicura che certi particolari
non li avrebbe mai scordati.
O
forse sì? Li avrebbe confusi con aspetti di
un altro uomo?
Si
trattava solo di quella voragine nel suo
cuore. Non c’erano altre spiegazioni.
Di
quella voragine e del rimpianto.
“Lord
Thornton” cominciò, decisa a capire al
più presto perché si trovasse nel proprio salotto per congedarlo il
prima
possibile, “gradirei sapere il motivo della vostra visita. Io non vi
conosco
neppure…”
“Ne
siete sicura?” la interruppe Nicholas
Thornton.
“Certamente!”
rispose Lady Sarah. “Conosco, e
neppure personalmente, un solo Lord Thornton, per la precisione Sua
Grazia il
Duca di Lyndham, e voi non potete essere lui, poiché il gentiluomo in
questione
è molto più anziano di voi.”
“Lord
Andrew Nicholas Thornton, il mio prozio,
di cui io sono l’unico erede” annuì il visitatore.
“Capisco…”
disse Lady Sarah, “ma questo non
spiega comunque la vostra visita e neppure la vostra domanda.”
“Siete
sempre così diretta e tanto bella, Lady Sarah
Jane Montagu?”
Spazientita,
Lady Sarah si alzò e fece per
dirigersi verso la porta, decisa a chiamare Albert, affinché conducesse
Lord
Thornton fuori da casa sua, quando la mano dell’uomo la fermò.
“Aspettate…
ho una proposta da farvi…”
Si
voltò di scatto verso di lui, furibonda per
essere stata trattenuta in quella maniera autorevole e così poco
elegante, ma
al tempo stesso nuovamente turbata dall’emozione che il contatto della
sua mano
le aveva provocato.
Se
quell’uomo non se ne fosse andato alla svelta…
temeva le sue reazioni, esattamente quanto non voleva più averlo
intorno.
“Quale
proposta?” chiese brusca, strattonando
infastidita la mano, per liberarsi dalla sua stretta.
Nicholas
Thornton la lasciò andare, ma si alzò
dalla poltrona, venendosi a trovare a pochi centimetri da lei. Il suo
profumo
l’assalì, così diverso da quello cui era abituata, ma così intensamente
maschile da farla rabbrividire.
“Eravate
molto più provocante l’altra sera, con
quell’abito rosso fuoco che vi stava d’incanto…” disse lui, sfiorando
audacemente la casta scollatura del semplice vestito in mussola gialla
che lei
indossava.
Lady
Sarah sobbalzò a quel contatto.
“Perché
siete scappata? Desideravo così tanto
danzare con voi, stringervi tra le mie braccia…”
“Andatevene!”
disse dura.
“No,
Milady. Non prima che voi abbiate
accettato la mia proposta.”.
“Siete
maleducato, arrogante e presuntuoso. Non
accetterò alcuna proposta da voi… Non voglio più vedervi.”.
“Non
sapete neppure di che proposta si tratta.”.
“Non
voglio saperlo, non mi interessa.
Andatevene!”
“Perché
avete così paura a stare sola con me?”
disse lui, provocandola di nuovo.
“Non
ho paura di voi…”
“Dimostratemelo…”
e così dicendo le strinse la
vita e si chinò su di lei, sfiorandole la bocca, pronto ad avere di
più.
Fu
fermato da uno schiaffo in pieno volto, che
lo fece ridere, una risata che gli proveniva dal petto, ma che non
arrivava né
agli occhi, né alle labbra.
“E’
vera la storia che si racconta su di voi…
siete stata lasciata poco prima delle nozze perché siete ribelle e
impulsiva!”
“Fuori
di qui!” urlò lei, sconvolta.
“Ci
rivedremo presto, Lady Sarah Jane” disse
lui, prima di voltarsi ed uscire dalla stanza.
Lei
si accasciò sulla poltrona, coprendosi il
volto rigato di lacrime.
Non
piangeva per le parole di Nicholas
Thornton, ma per l’emozione che il lieve contatto della sua bocca le
aveva
provocato: per una frazione di secondo le erano sembrate le labbra di
André.