Uscì da quella casa non sua con la sensazione di dover controllare qualcosa, ma non riuscì a capire cosa.
Era tardi, doveva andare allo studio e non aveva certo tempo di tornare a casa sua.
Anche quella mattina faceva freddo e il cielo prometteva solo pioggia per le ore successive.
Camminò velocemente saltando le pozzanghere già presenti in strada, doveva almeno evitare di perdere l'autobus.
Quella mattina la sveglia non gli era suonata.
Quando aveva messo piede in cucina per poco non aveva notato la sua copia che faceva finta di ingoiare il caffè.
Gli lanciò un'occhiata obliqua aspettandosi il commento sul fatto che fosse ancora a casa, ma quello non lo degnò neanche di uno sguardo.
Prima riusciva ad uscire di casa prima sarebbe stato meglio, prima avrebbe fatto finta di stare meglio prima avrebbe iniziato a dimenticare ciò che lo circondava.
Si poggiò al bancone della cucina già sognando il momento in cui avrebbe camminato per strada per andare al lavoro lasciandosi alle spalle quell'inferno.
Era da poco uscita lei quando sentì la porta di casa riaprirsi.
Non ne fu stupito, anche se sapeva che a quell'ora a casa non ci sarebbe dovuto essere nessuno.
Si affacciò in cucina per vedere chi fosse appena entrato.
Non fu stupito neanche di vederlo a casa cercare le chiavi dell'auto freneticamente vicino al telefono, ne notare che ai suoi piedi c'era una valigia, ne constatare che non riusciva a guardarlo in faccia.
Era strano.
Si sarebbe aspettato una sensazione di sgomento, una stretta allo stomaco, una rabbia perversa e invece rimase apatico al tutto finchè dopo un misero ciao non lo vide richiudersi la porta alle spalle.