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Autore: Marge    14/01/2013    2 recensioni
"Oltre la leggenda" è una raccolta di storie che raccontano ciò che secondo me è accaduto durante e dopo l'avventura di Aang e dei suoi amici. Alcune saranno missing moments (soprattutto dalla terza serie), altre storie ambientate dopo la fine della vicenda. Sarò il più canon possibile.
1. Notte in tenda [3x16; Sokka/Suki]
2. Tutta colpa della recita [3x17; Sokka/Suki]
3. Ritorno a casa [3x01-02; Zuko/Mei]
4. Dura vita da Avatar [post libro terzo; Aang]
5. Prove [molto nel futuro; Sokka]
6. Dal diario di Katara [3x17; Katara&Suki]
7. Ruoli [post The Search; Ursa/Ikem]
8. Recitare insieme [post libro terzo; la Gaang]
9. Recitare insieme /2 [post libro terzo; Sokka/Suki]
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- OLTRE LA LEGGENDA -


RITORNO A CASA
Ambientata da qualche parte tra la 3x01 e la 3x02



Le parole di Ozai risuonano terribili nella mente di Zuko.
Ha ricacciato il primo pensiero che ha avuto nel profondo della sua mente, dopo essere entrato nella grande sala ed aver osservato suo padre dopo quasi tre anni.
Lo ricordavo più grande.
Il signore del fuoco è terrificante, con il volto in ombra ed il contorno splendente per le fiamme che lo circondano, ma Zuko riesce ad immaginarlo con facilità privo di qualsiasi artefatto: dopo aver vissuto come un profugo per tutto quel tempo con suo zio ha imparato a spogliare le persone, a vedersele davanti come sono.
Ozai è solo un uomo, ma non appena apre la bocca e la sua voce risuona nell’ampia sala vuota Zuko trema, ed è contento di poter nascondere il volto contro il pavimento. E quando pronuncia quelle parole, figlio mio, bentornato, Zuko lo guarda in volto e lo vede così simile a sé, ma anche in un certo modo completamente diverso: Ozai non ha mai affrontato un viaggio come il suo.

Lo zio Iroh invece sembra davvero un mendicante: neanche nei giorni peggiori del loro esilio l’ha visto così malridotto. Nel freddo della cella, mentre la rabbia cresce dentro, Zuko si scopre a sentire la mancanza del sole cocente del regno della Terra su di sé, lo scalpicciare senza meta del cavallostruzzo sotto di sé e la voce dello zio alle sue spalle, mentre intona qualche strampalata canzone d’amore. In quei giorni si era chiesto come fosse stato Iroh alla sua età, dispiacendosi di non poterlo sapere mai.
Potrebbe urlargli contro per tutta la notte, se solo non avesse timore di essere scoperto. Potrebbe urlare anche senza ricevere risposta, anche se Iroh continua a dargli le spalle e non accenna ad un movimento, solo per rimanere in sua compagnia ed illudersi di poter ancora scegliere cosa diventare.
Non ho mai avuto scelta, si dice, e se ne va quasi subito.

Anela quasi al dolore; forse se soffre abbastanza a lungo, se si tormenta ancora un po’, riuscirà a capire perché si sente così male.
Non si è mai stato così solo in vita sua.
Ma c’è qualcuno che può porvi rimedio, in un modo o nell’altro.
“Mei.”
La ragazza si stacca dal muro.
“Mi stavi aspettando?”
“Qualcosa del genere.”
Mei alza le spalle, fissando un punto oltre di lui con sguardo vacuo.
“Sono felice di vederti” esclama allora Zuko. Si avvicina a lei e la stringe tra le braccia, e può sentire, attraverso gli strati dell’ampia veste, il corpo sottile di lei esattamente come lo ricordava. Ora è più alta, e non è più una bambina, come quando è partito, ma non sembra poi molto diversa.
“Sei tornato per rimanere?” chiede lei. La domanda lo stupisce: è tutta la vita che vuole tornare per rimanere, e non ha alcuna intenzione di andarsene. E dove, poi?
Un guizzo nello sguardo di Mei gli fa quasi confessare ogni cosa, anche se non sa bene cosa; vorrebbe solo urlare, anche a lei, che non sta bene, che tutto sembra solo un grande incubo e non è affatto come se lo aspettava.
E vorrebbe confessare che gli manca lo zio, ma sente nella sua testa la risposta prima ancora di aprire la bocca: quel traditore, e la voce di Mei, di Ozai e di Azula si sovrappongono dentro di lui.
“Vieni con me” dice allora, improvvisamente più secco. “Festeggiamo il mio ritorno.”

Mentre la spoglia lentamente cerca di ricordarsi perché Mei gli piace. Perché a lei lui piaceva, probabilmente, e perché era sempre così impassibile, anche da bambina: era forte, era come lui avrebbe voluto essere, impossibile da scalfire. Non l’ha mai vista versare nemmeno una lacrima, e lui invece ha pianto continuamente, quando sua madre è scomparsa, quando suo padre l’ha mandato in esilio, e tante altre volte durante quel viaggio infinito, contro la spalla dello zio Iroh.
Mei ha la pelle bianchissima e così sottile da sembrare traslucida; sembra quasi che non scorra sangue nelle sue vene, e Zuko non si stupisce che non sia una dominatrice. Anche il suo respiro è impercettibile, non avrebbe mai la forza di dominare il fuoco. Eppure Mei è forte, e non dice una parola mentre Zuko si avventa sulle sue labbra. Non fa nulla, ricambiandolo appena, e quando lui la spinge sul letto cade leggera come una foglia, appoggiandosi sui gomiti.
Perché lo sto facendo?, si chiede mentre si china su di lei, le morde il collo e stringe con forza sui fianchi, dove non c’è quasi nulla che lui possa prendere. Lei, in tutta risposta, gli graffia il volto con le lunghe unghie.
Zuko si alza da lei e comincia a togliersi la veste.

Quando è partito da casa, scacciato da suo padre, le cose tra lui e Mei non stavano affatto a questo punto, perché lei era poco più che una bambina, e lui avrebbe rispettato per sempre l’usanza della nazione del Fuoco per cui le ragazze non si toccano se non dopo il matrimonio – quelle da sposare, almeno, e Mei era quello per lui, da sempre, senza che si fosse neanche presentata l’idea di un’altra scelta.
Non che ora non lo sia più, ma Zuko ha scoperto che il mondo è grande, e le persone trovano sempre una scusa per giustificare ciò che fanno, nel bene e nel male; qualsiasi punto di vista può essere quello giusto, dipende da dove lo si guarda, ed ognuno porta avanti la sua battaglia personale. Lui ora si sente così tanto solo da tralasciare qualsiasi senso di responsabilità nei suoi confronti, e Mei non lo sta forse lasciando fare?
Con la solita espressione dipinta in volto lo osserva senza dire nulla mentre emerge dalle vesti, rimane nudo davanti a lei. Non ha vergogna, Zuko, nonostante stia per la prima volta davanti ad una donna a quella maniera, perché lui è il principe Zuko, ha ucciso l’Avatar, ha conquistato Ba Sing See ed è un eroe nazionale: non ha vergogna di nulla, non deve.
Si china nuovamente su di lei, ma Mei, inaspettatamente, alza un braccio e sfiora con la punta delle dita la sua cicatrice; Zuko sussulta al contatto, ricordando un’altra mano, più scura e più piccola proprio lì, sul segno del suo disonore che non se ne andrà mai.
E Mei, ancora una volta, non dice nulla, ne segna il contorno con un tocco leggere ma deciso, senza tremare, senza mostrare alcuna emozione, quasi stesse semplicemente acquisendo l’informazione di quel volto cambiato davanti a lei.
D’improvviso decide di volerle togliere quell’espressione dal volto.
Deve provare un sentimento qualsiasi, dannazione! Oltre alla noia ci sarà qualcos’altro in lei!

E non sa bene neanche come fare, perché non l’ha mai fatto, ma Mei è inaspettatamente calda, tra le gambe, e Zuko forza finché non scivola in lei, sentendosi un masso abbattuto su una foglia nel vento.
Lascia che il suo peso cada su quel corpo inconsistente, e per evitare di emettere suoni stringe tra i denti la pelle impalpabile di una spalla; siccome Mei gli artiglia le braccia con le unghie e gli fa male, distraendolo da tutto il resto, le blocca le mani sopra la testa, e senza neanche guardarla in volto continua a spingere, quasi con rabbia, finché finalmente lei non emette un suono roco, basso, probabilmente di dolore. Allora tutta la rabbia scivola via dal suo corpo, ed appena in tempo Zuko si tira indietro, evitando di svuotarsi dentro di lei – nonostante l’inesperienza, qualcosa gli è stato spiegato e vuole evitare guai.
Mei continua a non dire una parola, ma il suo respiro è leggermente più veloce; Zuko le rotola di fianco, passa una mano distrattamente sul corpo di lei, scendendo dalla spalla al fianco, giù per la coscia. Vorrebbe solo chiudere gli occhi ed addormentarsi, per non svegliarsi nuovamente da solo nel grande letto regale la mattina dopo, ma Mei si alza e comincia a raccattare i suoi vestiti. Zuko chiude gli occhi, l’ennesima sconfitta che lo schiaccia sul petto.
“Nei prossimi giorni potremmo fare qualcosa insieme” dice lei all’improvviso. Ha la voce roca, com’è naturale che sia perché la usa con grande parsimonia, ma sembra quasi arrossire mentre continua: “Un pic-nic, o qualcosa del genere, se sei libero.”
Zuko scatta a sedere e la fissa sorpreso. Lei nel frattempo ha sciolto i capelli, perché la pettinatura si è completamente rovinata, e quelli le cadono come una cascata nera fin oltre i fianchi.
Annuisce, e non appena lei distoglie lo sguardo afferra il lenzuolo e si copre: ora che lei è completamente vestita si sente fin troppo nudo.
“Allora… a domani.”
“A domani.”
Accenna un inchino, e se ne va.

La notte dopo, Mei ritorna.



***
Scritta con il prompt “Mei/Zuko, sempre la stessa espressione” del P0rn Fest.
Partecipa al Contest “Anime&Manga&Cartoons” indetto da Moustache sul forum di EFP.


  
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