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Autore: AsfodeloSpirito17662    14/01/2013    8 recensioni
Doveva ubriacarsi. Non c'era altro modo di affrontare quella grigia, grigissima tragedia. Il punch scivolò giù nella gola che una vera bellezza! Forse un po' troppo bene, tant'è che lo stomaco iniziò a bruciargli come avesse inghiottito un fiammifero. Lasciò cadere il bicchiere di plastica vuoto a terra e si appoggiò al muro durante un giramento particolarmente crudele. Era alla maledetta festa della confraternita dei Camelot, Arthur Pendragon era lì da qualche parte a strusciarsi in mezzo alla bolgia ubriaco come una melanzana e lui, che finalmente era riuscito a trovarsi nello stesso posto alla stessa ora e non perché avevano lezione insieme, era vestito da donna!
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Lancillotto, Merlino, Mordred, Morgana, Principe Artù | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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TERZO CAPITOLO


Un nuovo giorno era cominciato, lì al college. Le lezioni avevano ripreso oramai il loro corso, come non si fossero mai fermate; quella che invece si sentiva rallentata da morire, era Gwen. L'estate che aveva trascorso in Francia, per fare visita alla zia ammalata, l'aveva praticamente avvelenata. Sole splendente tutti i maledetti giorni, la brezza marina che entrava tutte le maledette mattine dalla finestra della sua camera, la maledetta sabbia bianca che non aveva niente a che fare con il terriccio inglese ed il maledetto mare azzurro che più azzurro, davvero, non si poteva. Gwen era tornata in Inghilterra con un'unica, sacrosanta consolazione: rivedere Lancelot, il ragazzo che aveva capito di amare l'anno prima. Aveva salutato i cieli tersi della Costa Azzurra ed aveva accolto con un mite sorriso le grigie nuvole del suo paese, della sua casa. Era stata così ansiosa di sentire Lance, di poterlo toccare ed abbracciare e baciare! Ma era rimasta totalmente interdetta dal modo che lui aveva escogitato per rivedere lei.

Ed ora questo. Ma che gli prende quest'anno? Cos'ha fatto mentre io non c'ero?!


Gwen lo attese pazientemente sino a quando l'altro non la raggiunse. L'occhio nero che lei stessa gli aveva pocurato, con un cazzotto ben assestato, era oramai quasi del tutto sparito. Ma nuove ferite avevano guadagnato terreno sul corpo del povero Lance, che le si fermò accanto con un sorriso radioso, chinandosi poi a darle un bacio dolce e leggero. L'aveva notato, Gwen, che tutti i suoi baci erano stati di quel genere, da quando era tornata.

Insomma... prima non si limitava a queste toccate fugaci. Voglio dire... così mi bacia anche mio fratello. Non so se mi spiego.


"Buon giorno! Come sta il tuo sedere?" chiese lei, lasciando correre via quel pensiero per concentrarsi su altro. Non aveva voglia di discutere già dal secondo giorno di college e per questo gli afferrò il braccio con le mani, gentilmente, per avviarsi a lezione in sua compagnia. Se c'era qualcosa che davvero non andava, quello lasciava spazio a ben tre opzioni, tutte e tre praticabili: attendere che l'altro aprisse bocca e sputasse il rospo, scoprirlo da sola o costringerlo a confessare. Aveva solo l'imbarazzo della scelta.
Lance si strinse nelle spalle, minimizzando l'incidente avuto il giorno prima con Attila a qualcosa di poco conto.


"Non è stato niente, ha stracciato solo un po' i jeans" mentì, sfiorando il bordo dei pantaloni con una mano e saggiando il graffio che, invece, bruciava ancora. E per fortuna s'era guadagnato solo quello!

Ma glielo danno da mangiare a quel cane? E se glielo danno, cosa diavolo ci mettono dentro? Eccitanti?


Si sentì osservare di sottecchi da Gwen e continuò così a sorridere, perché non intendeva davvero farla impensierire per una sciocchezza del genere. Attraversarono il piccolo cortile interno in silenzio, baciati da un flebile raggio di sole autunnale ed a quel punto capì che c'era qualcosa che non andava. Nonostante fosse sicuro di essere stato abbastanza convincente, la ragazza non aveva smesso di guardarlo, come stesse cercando di leggergli nella mente. Sentendo la scomodità di quel silenzio che, evidentemente non aveva nulla di casuale, Lance schioccò con un sospiro la lingua contro il palato.


"Cosa c'è, Gwen?" esordì, costringendola gentilmente a fermarsi. Le poggiò le mani sulle spalle e cercò i suoi occhi, leggendovi dentro quell'inquietudine che difatti aveva intuito.

Che mi sfugge? Ho fatto qualcosa? Ho detto qualcosa? Non è il suo compleanno. Non è il suo onomastico. Non è il nostro anniversario. Certamente non è San Valentino. E quindi?


Si impose di continuare ad emanare un'aura di sicurezza e tranquillità che in quel momento non aveva ed attese pazientemente che l'altra decidesse di sputare il rospo. Tra i due, era sempre stata Gwen quella dalla scenata più facile o quella che lasciava trapelare con più evidenza le sue paure. Lancelot era fermamente convinto di voler essere come una roccia per lei, voleva che lo considerasse come qualcuno di incrollabile su cui poter fare sempre affidamento.

Non è quello che tutti gli innamorati vorrebbero?


Se Gwen si poneva un problema, puntualmente Lance lo disfaceva con la facilità di neve al sole, perché a differenza di lei affrontava le cose con spensieratezza e con l'animo leggero. Uno così, per la riccia, ci voleva proprio: aiutava a mitigare i pensieri che fin troppo spesso le annebbiavano sia il cervello che la sua capacità di ragione.


"C'è qualcosa che vorresti dirmi?" chiese lei, inchiodando gli occhi nocciola in quelli altrettanto scuri del suo fidanzato. Lance corrugò la fronte, preso in contropiede da quella domanda inaspettata. Prima di rispondere fece vorticare il cervello come la centrifuga di una lavatrice alla ricerca di una spiegazione che potesse motivare la curiosità di Gwen.

C'è qualcosa che vorrei dirle? Sì che c'è. Anzi, ce ne sono tante. Talmente tante che non saprei da dove cominciare.


"A parte che ti amo alla follia?" rispose lui, inarcando le sopracciglia con aria incerta. Tuttavia Gwen non sorrise, anche se i suoi lineamenti si addolcirono un po', lisciando le rughe di preoccupazione che le erano spuntate sulla fronte; con un sospiro, la ragazza abbassò mite lo sguardo ed inumidì le labbra, riprovando poi a farsi dire qualcosa che le facesse capire cosa diavolo stesse passando per la mente del suo uomo.

E se questa conversazione non darà i suoi frutti, vorrà dire che l'opzione numero uno, cioè quella di aspettare che lui apra bocca, sarà bella che andata.


"Lance... prima quella specie di cena improvvisata in palestra, poi i fiori dalle serre... non ti sei mai comportato in questo modo" disse lentamente e con tono di voce accorato, perché voleva davvero comprenderlo! "Lo sai che non hai bisogno di dimostrarmi niente, l'hai già fatto abbastanza a lungo prima che ci mettessimo insieme, perché adesso fai così?"


"E' così strano il fatto che io voglia dimostrarti anche con i fatti quanto tengo a te?" replicò lui, assumendo inconsciamente un atteggiamento un po' difensivo, "Pensavo che ti piacessero i fiori..."


"Ma certo che mi piacciono i fiori, stupido! Quello che non mi piace sei te che per prenderne un po' rischi di farti azzannare da un cane!" il tono di Gwen si tinse di una certa urgenza, come volesse far entrare con la forza le sue parole nella testa di quel cocciuto! Sbuffò rumorosamente, mentre le mani di Lance le racchiusero gentilmente il volto in una stretta.


"Ehi" mormorò il ragazzo, cercando i suoi occhi, "Gwen, dai. Dai, guardami, non posso vederti così, lo sai" si abbassò, fino a sfiorarle la punta del naso con il suo. La ragazza gli lanciò un'occhiatina poco convinta; anche se avrebbe voluto davvero esserlo, le era geneticamente impossibile arrabbiarsi sul serio con Lancelot. Era più forte di lei, quando l'altro la guardava così e la toccava con quella attenzione, come fosse un qualcosa di fragile da proteggere ed ammirare, sentiva le ginocchia diventare gelatina ed il sangue sciogliersi nelle vene in qualcosa di ardente, che le incendiava lo stomaco. Come aveva fatto Lance a ridurla così? Quando era successo? Non aveva mai conosciuto qualcuno con uno sguardo così maledettamente espressivo. Ogni volta che lui la guardava, lei sentiva cosa le dicevano quegli occhi. Riusciva a vedere quanto lui le volesse bene, quanto tenesse a loro due. Quindi non capiva, non riusciva proprio a farlo.

Vedo la sincerità nei suoi occhi eppure si comporta come mi stesse nascondendo qualcosa. Lo conosco fin troppo bene, non me la racconta giusta.


"Mentre questa estate eri in Francia..." iniziò Lance, continuando a sfiorare la punta del suo naso... il suo respiro le solleticò le labbra ad ogni parola, spandendole una vertigine soffice ed avvolgente lungo la spina dorsale "...ho capito davvero quanto sei importante, Gwen. Mi sei mancata da morire e... ed io sento il bisogno di fare queste cose per te. E' un bisogno così intenso che certe volte smetto di pensare ed agisco senza rendermene conto. Forse sono pazzo" il suo tono si incrinò in una roca risata di divertimento, "Ma sicuramente lo sono di te"


La vena romantica e sognatrice della ricciola venne brutalmente violentata da quelle parole. C'era così tanto sentimento dietro quel tono un po' imbarazzato ed un po' scherzoso che lei gli buttò le braccia al collo e lo baciò con trasporto, smettendo semplicemente di pensare.

Come faccio a non saltargli addosso quando mi dice queste cose? E' sleale, il mio ragazzo è una persona sleale. Ma mi piace così.


Lancelot sorrise contro le sue labbra e tutto sembrò tornare a posto, tutta la preoccupazione che lui le aveva causato venne sciolta dal tocco morbido della sua bocca. Come neve al sole.


Quando, mano nella mano, si avviarono definitivamente a lezione, accecata da quell'ondata di amore nella quale Lance l'aveva fatta letteralmente affogare, Gwen non si accorse dell'ombra scura che era calata negli occhi del suo ragazzo.


*


"Ok, la vedo. Tu che fai, aspetti qui?"


Merlin lo guardò con tanto d'occhi, schiudendo le labbra come un pesce fuor d'acqua. Quell'asino stava facendo sul serio o lo prendeva in giro? Decise di scoprirlo stando al gioco e rispondendo per le rime.


"No, aspetta che ti accompagno, così facciamo a turno" ribatté aspramente, guardandolo come fosse una specie di animale in estinzione.

Sì, aspetta che ti accompagno, così mentre io la tengo ferma tu le puoi infilare meglio tre metri di lingua in gola, che dici? Ma sei cretino!


Arthur corrugò la fronte, osservandolo come fosse indeciso tra il prenderlo sul serio oppure no. Merlin avrebbe tanto, tanto voluto mettergli le mani addosso, ma incredibilmente (o forse no), non per tentare di abusare di lui. Si chiese se una scarica di sberle avrebbero potuto rendere il biondo più intelligente di così, ma sarebbe stato un po' difficile scoprirlo, considerando che con la stazza che aveva Pendragon, Merlin rischiava di ritrovarsi appeso a testa in giù per le caviglie prima ancora di aver avuto il tempo di rendersene conto. Arthur fece rotolare con pigrizia la lingua sul palato e parlò con un tono di voce abbastanza cauto.


"Ma perché sembra sempre che ti roda tutto il giorno?"


No, decise Merlin, rischiare di essere appeso per le caviglie ne varrà decisamente la pena. Ma io devo schiaffeggiarlo. Lo devo fare, per il bene del progresso della scienza devo verificare la validità della mia teoria!


Sospirò profondamente, invocando una sacrosanta pazienza che evidentemente non possedeva. E non era molto sicuro di volerne disporre, in realtà; perché si era fatto trascinare da Arthur in quella follia? Aveva scaricato la lista che gli era stata chiesta dagli archivi, quindi il suo ruolo in quella faccenda sarebbe dovuto terminare lì, ma invece no! Quell'idiota patentato, che stava calpestando i suoi sentimenti con la delicatezza di un pachiderma imbizzarrito, gli aveva chiesto di aiutarlo a depennare dalla lista tutte le ragazze sulle quali sarebbe riuscito a mettere le sue maledette manacce asinine. Merlin si era ovviamente rifiutato ad una velocità che aveva avuto dell'incredibile, ma ciò che Arthur gli aveva conseguentemente detto, l'aveva lasciato con l'amaro in bocca.

Morgana mi aveva avvisato che avresti potuto rifiutare. E mi ha detto anche di ricordarti di stare attento a quello che decidi di fare... anche se non ho capito bene perché. Ma quando si tratta di Morgana non è mai qualcosa di piacevole, quindi... mi sento davvero dispiaciuto per te.


Lo sapeva, Arthur, dove poteva infilarselo il suo dispiacere? Pensò Merlin, ancora intento a trovare qualcosa di non troppo offensivo con il quale rispondergli. Sentiva gli occhi azzurri del ragazzo sul suo volto e questo lo fece innervosire anche di più.

Oh, adesso che gli servo mi guarda! Voglio diventare come Wolverine e poter tagliuzzare chiunque mi capiti a tiro! Come faccio ad auto modificarmi geneticamente? Devo trovare un modo.


"Il mio umore non è cosa che debba interessarti" rispose infine Merlin a denti stretti, lasciandosi cadere sulla panchina dietro di lui, tutto rigido come un ciocco di legno, "Perché invece non cerchiamo di concludere il più in fretta possibile questa farsa? Devo studiare, io" terminò, incrociando le braccia contro il petto scarno. Puntò gli occhi sulla ragazza che, seduta sul prato insieme a delle amiche, era intenta a sottolineare qualcosa su di un libro.


"Non è una farsa"


La voce di Arthur lo colse impreparato e notò che l'altro ragazzo lo stava ancora guardando, una ruga a dividere lo spazio fra le sopracciglia bionde. Merlin strinse le labbra in una linea sottile e ricambiò il suo sguardo con decisione, avvertendo un certo disagio davanti alla determinazione che gli occhi di Pendragon emanavano in tutte le direzioni possibili.

Dio, questo qui ha qualche problema. L'ha presa sul serio! L'ha presa veramente sul serio!


Forse Gwen aveva ragione a chiedere, ogni volta, perché tra tutti proprio Pendragon. Ma Merlin non aveva mai saputo darle una spiegazione logica e non era in grado di darla nemmeno a se stesso, in quel momento. Sapeva solo che sin dal primo anno, Arthur era stato capace di fargli bruciare lo stomaco, fargli chiudere la gola, fargli passare l'appetito e di fargli dire cose stupide. Lo faceva sentire come fosse ammalato, quando in realtà era sano come un pesce.

Forse sono io che ho qualche problema. Magari che comincia con M e finisce con asochismo. Non c'è altra spiegazione che possa giustificare la mia tenacia.


"Come vuoi" si risolse a dire il moro, stringendosi appena nelle spalle. Continuare a discutere sarebbe stato inutile e comunque nessun discorso al mondo avrebbe potuto addolcire il ruolo che, sadicamente, gli era toccato in tutta quella faccenda. Il Destino lo odiava, sin da quando era bambino glielo aveva dimostrato. A partire dalla dimensione assurda che avevano le sue orecchie. Perché Merlin sapeva che non si trattava di genetica. Era soltanto questione di Destino. Con la morte nel cuore ed una voglia mostruosa di affondare la faccia in un barattolo di Nutella senza neanche aver preso prima il respiro, adocchiò Arthur dirigersi dalla ragazza che, in pole position, appariva sulla lista scaricata dall'archivio.

Voglio che sulla mia lapide si scriva 'morto per indigestione di cioccolata, comunque la colpa è di Arthur Pendragon'.


Quello che non si era minimamente aspettato dal suo ruolo, tuttavia, era la possibilità di poter assistere a determinate scene. Infatti, quando Arthur (in un modo che Merlin non sapeva bene spiegarsi ma che sembrava avere dietro uno schema) riuscì a baciare la ragazza della lista, quella lo schiaffeggiò rumorosamente giusto il tempo di essersi ripresa dalla sorpresa. Allo schiaffo, si aggiunsero una sequela di insulti che non staremo qui a riportare per non scadere ad un livello di volgarità imbarazzante.


Merlin sorrise di un sorriso vero.

Forse non sarà tutto così male.


*


Quella storia doveva finire, pensò, svoltando rabbiosamente un angolo. Il passo marziale che la faceva incedere lungo il corridoio la diceva ben lunga sul suo umore.

Pensa forse che sia stupida o cieca? Parla tanto di Valiant ma pure lui proprio normale non è.


Con un movimento stizzito del braccio, gettò la borsa vicino il parapetto e dalla tasca del cappotto tirò fuori un pacchetto di sigarette. La terrazza dove si era affacciata dava sul parco che circondava il college, da lì si poteva avere una bella vista delle case e le strade in lontananza. Con le labbra estrasse una sigaretta e poi la accese, facendo scattare la rotellina dell'accendino nero; quando la prima boccata di fumo grigiastro, dall'odore forte, attaccò i suoi nervi cercando di chetarli, esalò un sospiro. Appoggiò i gomiti sul parapetto ed indirizzò lo sguardo chiaro in un punto non precisato dell'orizzonte.

Le coincidenze smettono di essere tali quando cominciano a verificarsi un po' troppo spesso!


O forse prima di allora non aveva mai fatto caso alla presenza quasi costante di Mordred intorno a lei? Corrugò la fronte, aspirando un'altra boccata di tabacco, il rumore della cartina che crepitava neanche la distrasse. Quella mattina l'aveva incontrato di nuovo al bar, poi l'aveva incrociato nel cortile (dopo la prima lezione), l'aveva trovato insieme ad un altro ragazzo fuori dall'aula della sua seconda lezione e guarda caso, aveva avuto bisogno di andare verso i bagni proprio quando lei ne aveva avvertito la necessità. Non che Mordred le avesse detto chissà che cosa o ne avesse approfittato ogni volta per rivolgerle parola, anzi, a stento le aveva lanciato un'occhiata. Eppure.
Eppure non l'aveva mai visto così tanto spesso in due anni da che frequentavano il college assieme. Perché lui era al secondo anno, per l'appunto, e davvero Morgana non sapeva spiegarsi cosa diavolo si fosse messo in testa quel moccioso. Il suo atteggiamento le lasciava un gigantesco punto interrogativo in mezzo al cervello, che ogni ora di più le prudeva fastidiosamente. Il fatto che Mordred (nonostante l'avesse incrociata spesso), a stento l'aveva guardata, aveva impiantato il seme del dubbio in Morgana.

Mi sto inventando tutto? Vedo cose che non esistono? Magari sono io quella ossessionata, non lui.

No, ok, non è possibile. Sono gli altri ad essere ossessionati da me, io non mi ossessiono. Mai.


Lasciò cadere la cenere nel vuoto, che venne trasportata via dal vento e si rigirò il filtro tra le dita lunghe. Valiant non aveva mai perso l'occasione di lanciarle sguardi significativi tutte le volte che si erano incrociati e francamente il suo atteggiamento la stava seccando più di quanto avesse creduto possibile. Cosa aspettava a provare a metterle di nuovo le mani addosso? Morgana non vedeva l'ora, perché Valiant l'avrebbe trovata tutt'altro che ubriaca e, fosse stata l'ultima cosa in suo potere, l'avrebbe fatto pentire amaramente. Stavolta sul serio. La ragazza strinse le labbra in una linea sottile, mentre inevitabilmente la sua mente tornò a sbattere su Mordred e su ciò che le aveva detto il giorno prima, al bar.

Una sua questione personale un paio di palle. Poteva farsi gli affari suoi, se ce le ha prese è stata solo per decisione sua. Quindi... personale di che?!


Una risata rumorosa attirò la sua attenzione e gli occhi, dall'orizzonte lontano, le scivolarono sul parco del college. Ci mise un po' ad individuare la fonte di quel suono e quando vide Merlin piegato in due sull'erba, che si teneva lo stomaco disperatamente, stese le labbra ancora prima di capire cosa diavolo l'avesse divertito tanto. Poco lontano, Arthur si dirigeva verso di lui a passo di marcia, con l'espressione burrascosa ed una guancia oramai semi violacea.

Evidentemente sono più le volte che le prende che quelle in cui il suo charme, o presunto tale, ha la meglio. Povero il mio caro, adorabile fratello...


Anche se da lassù non poteva capire cosa si stessero dicendo, dal modo in cui Arthur gesticolava e dal rossore acceso che aveva preso possesso della sua faccia, probabilmente stava intimando a Merlin di darci un taglio; si era guardato intorno, verificando che non ci fossero troppi testimoni in giro ed aveva quindi inchiodato quella massa sghignazzante ed informe con uno sguardo perforante. Emrys tuttavia non sembrò essere dello stesso avviso ed anche se, a fatica, si tirò in piedi, continuò a ridere senza alcun ritegno. Dal modo in cui il braccio di Arthur si alzò, Morgana intuì che Merlin doveva essere appena stato mandato al diavolo; l'insulto ricevuto, comunque, non riuscì ad offendere seriamente il ragazzo, che iniziò a seguire l'incedere imperioso di Pendragon sul prato del parco, biascicando parole che Morgana non riuscì ad udire, ma che probabilmente dovettero grondare sarcasmo, visto il modo in cui Arthur aveva addirittura accelerato il suo passo.

Brava Morgana, hai avuto un'idea geniale. Oh, grazie, ma in realtà la questione è solo una, ed anche molto semplice: io sono un genio. C'è poco da fare.


Quando aveva saputo cosa diavolo s'era messo in testa suo fratello, il primo istinto di Morgana era stato quello di prenderlo per il collo e strozzarlo fino a fargli uscire gli occhi all'infuori, come uno di quei pupazzetti che si stringono e si gonfiano da tutte le parti. Quindi, mentre si era diretta inglobata in una bolla di ira alla ricerca di quel povero babbeo, un lampo di genio l'aveva fatta fermare mezza impalata nel corridoio. Ed aveva trovato il modo per cancellare i sensi di colpa che l'avevano assalita al pensiero di aver lasciato Merlin da solo alla festa dei Camelot. In quattro e quattr'otto, quindi, aveva invogliato (ricattato è una brutta parola) l'amico, affinché aiutasse Arthur a cercare la sua bella. Sapeva che la situazione aveva anche un lato contro (del tutto trascurabile) e cioè quello che prevedeva un accondiscendente Merlin assistere alle pomiciate di suo fratello. Ma il lato positivo (molto più evidente, secondo la contorta mente di Morgana) era la quantità imbarazzante di tempo che il moro avrebbe potuto passare in compagnia di quel ritardato mentale. Morgana si era sentita molto, molto fiera di sé. E maledettamente altruista.


"Deve essere un pensiero molto profondo, o potrei cominciare a pensare di essere diventato invisibile"


Morgana sobbalzò, colta alla sprovvista, e perse la presa sulla sigaretta che cadde nel vuoto, schiacciata dalla legge di forza della gravità. Masticando un'imprecazione poco femminile tra i denti, si sporse oltre la balaustra per poterla osservare, nonostante fosse già fuori dalla sua portata. Con aria ancora più seccata di quella che aveva avuto fino a quel momento, si voltò verso Mordred, appoggiato sul parapetto proprio accanto a lei.

Quand'è arrivato?! Si è teletrasportato!


"Ti stavo proprio aspettando al varco, Duirvir" commentò la ragazza, riprendendosi immediatamente dalla sorpresa nella quale l'altro l'aveva colta.


"A cosa devo l'onore?" domandò lui, adocchiando Merlin ed Arthur che, oramai distanti, imboccavano uno degli ingressi del college, ancora nel bel mezzo di una discussione.


"Al fatto che sembri essere praticamente diventato la mia ombra. Dove sono io, ci sei anche tu. Questa cosa non mi piace" non un attimo di esitazione, nelle parole di Morgana, che amava andare dritta al nocciolo delle cose senza girarci intorno stupidamente. Che senso avrebbe avuto?

Perdere tempo è proprio l'ultima delle cose che voglio fare.


"Davvero?" replicò Mordred, degnandosi finalmente di guardarla, con un sorrisetto irriverente sulle labbra morbide, "Non me ne sono proprio reso conto"


Morgana socchiuse le palpebre con espressione poco accondiscendente.

"Davvero?" ripeté lei, utilizzando le stesse parole dell'altro, "Al bar, in corridoio, nel cortile, fuori dall'aula, ai bagni... e tu non te ne sei reso conto. Stai offendendo la mia intelligenza"


"Caspita... hai una memoria eccezionale. O forse sono io, l'eccezione?"


Le guance della mora si tinsero di indignazione ed il tono sfrontato che Mordred aveva utilizzato non aiutò di certo a placare la sua irritazione. Si voltò completamente verso di lui e piantò le mani sui fianchi, l'aria di chi non aveva voglia di stare ai stupidi giochetti di chicchessia.

"Non so cosa diavolo ti sei messo in testa, ma sai, non è che basta buttarsi davanti al primo che cerca di mettermi le mani addosso, per entrare nelle mie grazie"


Mordred si strinse appena nelle spalle, incrociando pigramente le dita delle mani che penzolavano nel vuoto. Continuò ad osservarla con l'espressione più serafica del mondo ed ogni maledetta volta che lo faceva, riusciva così a farla sentire come fosse lei, la bambina della situazione.

Non fa altro che provocarmi in continuazione! Adesso lo butto di sotto e me ne vado. Gli faccio fare la fine della sigaretta a questo. Che diamine!


"Nel caso non l'avessi notato" azzardò lui, con un tono di voce abbastanza cauto (forse si era accorto di essere su una terrazza, solo con lei e pericolosamente vicino al vuoto?), "Frequentiamo lo stesso college. I metri quadrati sono abbondanti, ma sono sempre quelli. Sto cercando di dirti che forse, potrebbe essere normale incrociarmi in giro. Tu che dici?" terminò, alzando le sopracciglia scure con espressione conciliante. La stava trattando come fosse una matta isterica in procinto di sbottare? Lo stava davvero facendo?

Dio. Mi irrita più Arthur o mi irrita più lui? Non lo so, è una dura lotta. Ma doverli sopportare entrambi mi farà guadagnare un ingresso senza uscita per la più vicina casa di riposo. Signore dammi la forza.


"Dico che potrebbe essere una coincidenza. E potrebbe non essere una coincidenza. Ma se una cosa è certa, è che oltre a non piacermi questa sensazione che ho, voglio dire il fatto che tu mi stia seguendo ovunque io vada, sei tu stesso a non piacermi. Pensavo di essere stata abbastanza esplicita, ieri mattina, quando ti ho detto che non potevi sederti al mio tavolo-"


"Non hai detto che non potevo sedermi, hai detto che non ti andava di farmi del male. E' diverso" la interruppe Mordred, con un tono di voce leggero e disinteressato.


"Sto parlando io!" ringhiò lei, punzecchiata sul vivo. Odiava quando non le veniva lasciata la possibilità di terminare quello che stava dicendo. Si sentiva come spodestata o messa da parte.

E non è detto, fra parentesi, che adesso non mi vada di farti del male! Mi va eccome! Qual era il mio sogno nel cassetto? Diventare un'esperta in rilevazione di siti storico mitologici? Bé ho sbagliato cassetto! Voglio diventare una feroce assassina seriale! Tanto faccio ancora in tempo, no? Non mi pare ci sia un'età massima per entrare nel club.


Mordred si staccò dal parapetto ed alzò le mani blandamente, in segno di pacifica resa; il sorrisetto bieco sul suo volto, tuttavia, la diceva ben lunga sulla sincerità delle sue intenzioni. Il taglio che Valiant gli aveva procurato al labbro era quasi del tutto svanito, solo un alone rossastro faceva intuire che qualcuno l'aveva probabilmente colpito. Era più alto di lei di qualche spanna ed aveva i capelli più scuri dei suoi. Gli occhi chiari sapevano prenderti in giro pur restando in silenzio, come quelli di Morgana sapevano ammazzarti pur non essendo accompagnati da parole di dubbia gentilezza. Era una lotta tra titani, quel gioco di frecciatine e commenti sarcastici che entrambi avevano iniziato. Perché sarebbe stato inutile negarlo, ma non è che la ragazza si fosse tanto opposta a quella sorta di battaglia verbale, anzi... ogni giorno di più contribuiva molto vivacemente alla sua crescita, a partire dal suo cedere, sistematicamente, alle provocazioni che l'altro le lanciava. Forse Mordred sapeva perfettamente che Morgana non sapeva resistere alle provocazioni (oltre che alle lusinghe)(1). Forse Mordred sapeva un sacco di altre cose, sul suo conto.

O forse no, pensò testardamente lei, raccogliendo la borsa da terra. Devo smetterla di dargli corda, perché è questo che vuole. Farmi incazzare!


"Affinché non ci siano più dubbi di sorta alcuna, al riguardo" iniziò, scandendo bene ogni parola per essere sicura che il significato arrivasse dritto alla comprensione del diretto interessato, "Non ti voglio tra i piedi. Né oggi, né domani. Mai. Se ti stai semplicemente preoccupando per quello che potrebbe fare Valiant, ti consiglio di smetterla adesso. Non ho bisogno di nessun cavaliere e non sarò tanto stupida da permettergli di fregarmi ancora, come ha fatto quella sera" concluse, mettendo la borsa in spalla. Indugiò qualche attimo, come aspettandosi una rimostranza od una battuta sarcastica da parte di Mordred. Il ragazzo abbassò le braccia per infilare le mani nelle tasche dei jeans scuri ed annuì con espressione inequivocabilmente collaborativa.

Tutto qui? Me la fai così facile?


Cacciò, calpestò e trucidò il vago senso di delusione che aveva cercato di prendere possesso del suo stomaco.


"Bene" si risolse a dire, dato che l'altro non sembrava voler aprire bocca. Senza attendere oltre, gli voltò le spalle e rientrò nel college, dirigendosi alla lezione successiva.

Non si girò per sincerarsene, ma avvertì come la sensazione di avere gli occhi di Mordred puntati sulla schiena (e questo attenuò un po' quella non delusione che aveva provato); mentre si allontanava, un piccolo sorriso di vittoria osò piegarle le labbra piene.


Con un sospiro leggero, Mordred tornò a poggiarsi al parapetto e sorrise. Morgana era così maledettamente adorabile che gli risultava difficile, davvero, non cedere all'istinto di chiuderle quella bocca velenosa schiaffandoci sopra la sua. Rigirò distrattamente l'anello d'acciaio che aveva intorno al pollice ed accolse con piacere il timido raggio di sole autunnale che fece capolino tra alcune nuvole.

Con te ho solo iniziato, Morgana. Ho solo iniziato.


Casualmente, lo sguardo gli cadde sul parco del college e vide Lancelot passeggiare sotto alcuni alberi. Alzò un braccio, per attirare la sua attenzione e salutarlo, ma rinunciò quasi subito notando che stava parlando al telefono. Così, non avendo altri motivi per temporeggiare su quella terrazza, tornò dentro anche lui.


*


Lancelot si voltò, lanciando l'ennesimo sguardo alle sue spalle e si inoltrò ancora di più nel parco, raggiungendo il limitare della strada dove il traffico scorreva nella sua consueta quotidianità. Spinse ancora di più il telefono contro l'orecchio e mantenne l'espressione seria ed accigliata.


"Sì Signore" esclamò, con tono di voce fermo, senza indugio. Si fermò sul marciapiede, infilando una mano nella tasca dei pantaloni con aria casuale. Una macchina si fermò per permettergli di attraversare la strada e solo in quel momento, notò di essere in prossimità delle strisce pedonali. Sventolò una mano verso l'autista per far intendere che non doveva passare.

Mi fosse servito davvero, invece, scommetto sarei stato ficcato sotto in mezzo secondo. Ultimamente ho una fortuna da spavento. Ironia portami via.


"Ricordati quello che ti ho detto, ragazzo"


"Non l'ho mai dimenticato, io mantengo le mie promesse. Non c'è motivo di preoccuparsi" rispose, facendo qualche passo indietro, tanto per non starsene fermo impalato o trarre in inganno altri automobilisti.


"Quando si tratta di lei io mi preoccupo eccome, dovresti immaginarlo"


Lance strinse le labbra qualche secondo e passò la mano libera tra i capelli già disordinati, arcuando le sopracciglia scure.

"Non farò niente che possa aggravare la situazione. So quanto Gwen tiene a Lei, l'ultima cosa che voglio è causarle sofferenza. O mettere a rischio la sua vita. Dico, non quella di Gwen. La sua sua. Tua. Mi scusi, non sapevo come spiegarmi" biascicò il ragazzo, premendo un rewind mentale che potesse sciogliergli la lingua intrecciata.


"Sei un bravo ragazzo, Lake(2)" commentò la voce nel telefono, pronunciando le parole con tono roco.


"Grazie Signore. Cerco solo di fare del mio meglio"


Il ragazzo terminò la telefonata e restò per qualche attimo ad osservare con aria pensierosa lo schermo del cellulare. Strinse le dita intorno al display e passò il pollice sopra i tasti, come a ripulirli da polvere immaginaria. Non doveva cedere. Doveva essere all'altezza.


*


"Pendragon, basta! E' tutta la mattina che mi trascini di qua e di là come un pazzo! A parte che sto morendo di fame, sai che l'ora di pranzo è arrivata già da un po'?, inoltre vorrei renderti noto che non ho alcuna intenzione di saltare le lezioni solo per continuare a contribuire a questa follia!"


Merlin si lasciò cadere su una delle panchine del parco, massaggiandosi lo stomaco con una mano; brontolava già da un po', ma non aveva detto niente fin quando non aveva raggiunto il suo punto limite. Cosa che era appena successa.

Male che vada mangerò lui. Pezzo per pezzo. Così non solo eliminerei il problema della gelosia alla radice, ma smetterei anche di farlo prendere a sberle. Di questo passo la sua faccia diventerà un pallone da calcio. Il che sarebbe un vero peccato.


Lo osservò mentre gli si avvicinava, con ancora alle spalle la risata accondiscendente di una delle poche ragazze che era stata al suo gioco. C'erano alcune, infatti, che invece di picchiarlo selvaggiamente (come meritava, d'altronde), si lasciavano baciare acconsentendo di buon grado, come stessero partecipando ad una sorta di scherzo.

Oh, qui non siamo a Candid Camera, quindi potrebbero anche piantarla di assecondarlo così!


Arthur si sedette accanto a lui con un sospiro pesante, di chi stava affrontando una faticosa giornata di lavoro ed allungò le braccia lungo lo schienale della panchina. La cosa divertente, era che la maggior parte delle ragazze avevano la tendenza a schiaffeggiarlo sempre sulla stessa guancia. Merlin avrebbe mentito, se avesse detto che la cosa, almeno un po', non lo consolava, perché lo faceva eccome; aveva apprezzato ognuna di quelle sberle come ne fosse stato lui stesso in persona, il responsabile. Perché se era vero che Merlin in primis non poteva picchiarlo come sognava di fare (considerando che dopo avrebbe dovuto anche giustificarsi), poteva però desiderare che lo facessero altri al posto suo. Era cotto di Arthur dal primo anno, quello era vero, ma questo non voleva dire che si era annullato, per lui; l'amor proprio e la dignità erano cose che aveva conservato e quindi, nonostante i sentimenti che provava nei suoi confronti, era contento quando il biondo finiva per prenderle, perché Merlin trovava profondamente ingiusto il fatto che tra i due fosse lui l'unico a dover soffrire in silenzio. Essendo un ragazzo, non si sarebbe mai lasciato andare in scenate isteriche o crolli nervosi evidenti, ma quello non voleva dire che il vedere Arthur baciare qualsiasi ragazza gli capitasse a tiro, non lo facesse restare male.

Stai cercando me, stupido asino babbeo, me! Voltati! Non le vedi le frecce al neon lampeggianti intorno alla mia testa? Ci devono essere per forza perché le sto pensando intensamente!


"Io non ti piaccio, non è vero?"


Merlin smise di massaggiarsi lo stomaco e si voltò con espressione stupita verso di lui; se non fosse stato che Arthur lo stava guardando con un cipiglio un po' serioso, avrebbe creduto di aver sentito male.

Non hai neanche la più pallida idea di quanto tu ti stia sbagliando, avrebbe voluto dire. Ma ovviamente non lo fece, preferendo arrovellarsi il cervello su cosa ribattere. Era una domanda complicata, non voleva dirgli la verità ma non voleva neanche fargli credere di essere odiato.

Non è sempre tutto o bianco, o nero. A me il grigio piace un sacco. Ma proprio tanto.


Sospirò silenziosamente, preferendo concentrare la sua attenzione sui rami spogli di alcuni alberi poco distanti.

Evidentemente Arthur trasse da sé le sue conclusioni, basandosi su quel silenzio, perché distolse a sua volta lo sguardo; proruppe poi in una risata sarcastica, scrollando brevemente la testa.


"C'è qualcosa di te che mi sfugge, Emrys" iniziò, serafico e con un sorriso sbilenco sulle labbra, "A partire dalla motivazione che ha scatenato tutta questa antipatia. Ti ho mai fatto qualcosa senza rendermene conto?"


La richiesta di Arthur era piuttosto giustificata, considerando che prima di allora non si erano mai nemmeno salutati. Avevano sempre frequentato persone diverse ed anche se Merlin conosceva bene la sorella di lui, non l'aveva mai sfruttata come ponte di contatto per poterlo conoscere.
Il moro stese a sua volta le labbra in un sorrisetto ironico, che sarebbe potuto apparire anche un po' provocatorio.


"Perché ti interessa?" domandò, tornando a guardarlo con occhi pungenti. Arthur, che raccoglieva le sfide con la stessa testarda audacia di Morgana, ricambiò la sua occhiata in modo molto diretto.

Questi Pendragon, non abbassano la cresta neanche se minacci di passargli sopra con un trattore. Deve essere una cosa di famiglia.


"Perché se hai un problema con me, vorrei saperlo" replicò, inarcando con eloquenza le sopracciglia bionde. "Non so in che modo mia sorella sia riuscita a costringerti ad aiutarmi e non entrerò nel dettaglio se non sarai tu a volermelo dire, ma sta di fatto che lo stai facendo. Ed io non so che cosa pensi di me, ma posso dirti che l'irriconoscenza non è tra le mie caratteristiche principali. Mi dispiace che tu stia facendo tutto questo contro la tua volontà, ma non mi dispiace abbastanza da arrivare a dirti 'ok, lasciamo perdere'. Il tuo aiuto mi serve, Emrys, e vorrei potessimo diventare amici, così da capire in che modo potrò dimostrarti la mia gratitudine"


Arthur continuò a guardarlo e dovette vedere una faccia talmente babbea, in Merlin, che si mise a ridere senza neanche cercare di mascherarlo. Il moro socchiuse le palpebre sugli occhi, rendendo il suo sguardo tagliente, ma le orecchie assunsero una tonalità un po' più umana, rispetto al consueto colorito cadaverico che erano solite avere trecentosessantacinque giorni all'anno, trecentosessantasei quando capitava il bisestile.

Dov'è Gwen quando Pendragon dice queste cose? Almeno inizierebbe a capire perché divento una specie di gelatina insulsa quando si tratta di lui, per la miseria!


Merlin umettò le labbra velocemente, tenendo l'altro su silenziose spine ancora per qualche lungo secondo. Arthur gli stava offrendo la sua amicizia e quello avrebbe potuto implicare molte cose.

E se dovessimo diventare amici sul serio? Che faccio, lo guardo un giorno uscire con una ed un giorno uscire con un'altra? C'è un motivo se non ho mai approfittato della parentela che Morgana ha con lui per potermi avvicinare, ed è proprio questo, dannazione! Non voglio sapere cosa fa o cosa non fa, non voglio sapere niente! Già mi si fonde il fegato guardandolo a distanza, figurarsi se dovesse cominciare anche a raccontarmi cosa diavolo fa! Penso che potrei anche barricarmi in cucina ed accendere la macchina del gas fin quando non perderò i sensi. Così non mi accorgerò nemmeno del momento in cui tirerò le cuoia.


Arthur corrugò la fronte, studiando il volto dell'altro ragazzo con divertita attenzione.

"Pensi sempre così tanto?" domandò, ritrovando la voglia di mettersi a ridere. Merlin era strano, strano in senso positivo. Lo trovava buffo ed a suo modo divertente.

Certi momenti mi viene una voglia tale di prendermi gioco di lui che, se non lo faccio, è solo perché prima devo aggirare l'ostacolo conosciuto dai più come mi stai sul cazzo.


Merlin roteò gli occhi verso il cielo e, finalmente, si degnò di spiccicare parola.

Grazie, vostra Grazia pensò Arthur, arricciando le labbra furbescamente.


"Non ho nessun problema" esordì, con un tono di voce controllato ma un po' impersonale, "E' che non riesco a spiegarmi questa tua assurda fissazione. Né perché tu abbia bisogno del mio aiuto. Mi infastidisce, ovviamente, che Morgana mi abbia gentilmente esortato a seguirti come un'ombra, ma almeno tu sei stato onesto, adesso" lo guardò a lungo, talmente tanto che Arthur capì che era arrivato nuovamente il suo turno di parlare.

No Merlin, basta, ti prego! Sputa ogni tanto, tra una frase e l'altra, chiacchieri solo tu qui! Mi sta facendo sudare come un maiale per cavargli due parole messe in fila dalla bocca! Come sei faticoso, Emrys!


"Non te la so spiegare nemmeno io, questa fissazione" disse di getto, perché era la verità, "Ma ce l'ho e non posso farci niente. Non mi era mai capitato..." si grattò la testa, distogliendo lo sguardo con una sorta di imbarazzo negli occhi. Doveva essere difficile, per un tipo orgoglioso come lo era Pendragon, trovarsi in una situazione simile. Assoggettato al sentimento. Merlin sorrise, avvertendo lo stomaco aggrovigliarsi in una specie di massa convulsa; Arthur era tenero, e per quanto si ostinasse a cercare di vederlo sotto una luce diversa, non poteva fare altro che trovarlo tenero. Perché nonostante l'orgoglio, nonostante la testardaggine... le cose che diceva, le pensava.

Ogni volta.

Aveva sempre trovato il coraggio di esprimersi, perché era un combattente.

Che grazie a Dio non veste alla marinara(3), si sentì in dovere di aggiungere quella parte mostruosamente nerd che era nel cervello di Merlin.


"D'accordo" proruppe il moro, con un tono particolarmente deciso, "Se restiamo qui a rigirarci i pollici ed a perderci in discorsi così profondi, non finiremo di controllare la lista prima dell'arrivo del prossimo anno!" si alzò in piedi, mettendosi la borsa in spalla con gesti abitudinari. Arthur lo guardò con le sopracciglia alzate, le braccia ancora spalmate sullo schienale della panchina e la guancia destra deformata rispetto alla sinistra. Merlin strinse le labbra, trattenendo il selvaggio istinto di dargli un pizzicotto proprio lì.

Non sarebbe saggio, Merlin, non lo sarebbe affatto.


"Prima, però" continuò, mentre anche il biondo si alzava, ancora intontito dalla sua energica presa di posizione, "Andiamo a mangiare qualcosa, perché altrimenti potrei cominciare a non rispondere più delle mie azioni. E, credimi, questa è una delle ultime cose che vuoi far accadere"


Arthur gli fu accanto in un attimo, con un sorriso più disteso sulle labbra; infilò pigramente le mani nelle tasche dei jeans e si schiarì la gola con aria casuale.

Merlin si sentì nuovamente osservato, ma questo non lo infastidì più come aveva fatto prima.

Anzi, non era molto sicuro che lo avesse mai infastidito.


"Sai, mi chiedevo... cioè, domani sera con i ragazzi andiamo a prenderci qualcosa al pub. Ci sarà anche Morgana. Vuoi venire?"
























NOTE DELL'AUTORE: ciao bimbi sperduti *-* come state? Eccoci qui con il terzo capitolo di questa esplosione mentale :D grazie, grazie millissime per tutte le recensioni, i seguiti, i preferiti e i ricordati. Non pensavo sarebbe piaciuta così tanto, sono commossa ç_ç nelle recensioni più persone mi hanno chiesto di una possibile comparsa di Gwaine (Galvano)... chissà, intanto nel primo capitolo lo abbiamo intravisto, vestito da Gandalf, impegnato in una gara di bevute. Se lo sviluppo della trama me lo permetterà, potrei cercare di aggiungerlo nuovamente :D per chi volesse dare una letta ad una breve one shot che ho partorito, la trovate qui: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1529311&i=1

Non cerco recensori. Cerco lettori, spero che questo sia chiaro oramai!


  1. Nel secondo capitolo viene specificato che uno dei punti deboli di Morgana sono le lusinghe :)

  2. Secondo il mito originale, Lancelot è conosciuto come Lancelot Dal Lago, perché allevato dalla Dama del Lago. Quindi, ho pensato di usare Lake (lago), come cognome.

  3. Nel cartone animato di Sailor Moon una frase che la protagonista dice spesso è 'sono una combattente che veste alla marinara!' Merlin, da bravo nerd quale è, fa spesso associazioni mentali di questo genere. Perché sì ù_ù non posso dire che Merlin è un otaku, perché riguarderebbe solo la fascia giapponese del termine. Nerd è più vasto.


Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, io amo sclerare con voi nei vostri commenti, è uno dei miei sport preferiti! <3


p.s. Riguardo il parere che ho chiesto nello scorso capitolo, sull'inserire o meno l'avvertimento OOC... ho ricevuto due pareri, entrambi discordanti. Quindi, prima di prendere una decisione, aspetto l'aggiunta di altri punti di vista *_* let me know, sweethearts!







   
 
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