Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Iurin    15/01/2013    9 recensioni
E' il 1992, l'anno scolastico, ad Hogwarts, sta per cominciare, e Silente, grazie a Miss Pince, ha assunto un'assistente bibliotecaria, parente della suddetta Miss Pince, forse, per "un decimo di millesimo di grado". La ragazza, appena ventottenne, si chiama Soleil Scrooge (sì, come Ebenezer Scrooge), ed arriva ad Hogwarts già piuttosto restia a fare quel lavoro, ma poi si deprime totalmente quando capisce di essere praticamente entrata in conflitto con "l'acido" Severus Piton. E, complice una strana tinta per capelli usata per sbaglio (o forse per far colpo su Gilderoy Allock), proprio Severus Piton le affibbierà un soprannome, con il quale solo lui, però - o per fortuna - la chiamerà: Cirque.
Cirque du Soleil.
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gilderoy Allock, Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti, gente! :D Come state? Spero bene xD
Eccomi qui, dunque, con il nuovo capitolo! Spero vi piaccia, e mi raccomando, fatemi sapere come al solito cosa ne pensate! *-*
Un abbraccio a tutti, gentaglia, e alla prossima! ;D
Iurin







Capitolo 17
 
Avevo sempre saputo che, dopo cena, spesso e volentieri – più o meno volentieri a seconda del soggetto in questione – i professori si scambiavano quattro chiacchiere più o meno formali in sala… beh, in sala professori, per l’appunto. La maggior parte delle volte, sin dall’inizio di quell’anno, io mi ero astenuta dal parteciparvi, dato che gli argomenti principali che venivano trattati riguardavano studenti indisciplinati – il cognome ‘Weasley’ sbucava sempre fuori – lezioni, programmi… Insomma, tutte cose che io potevo ritenere interessanti fino ad un certo punto, e solo raramente si cominciava a parlare del più e del meno.
Sì, stavo usando troppo spesso le parole ‘più’ e ‘meno’.
Comunque… Proprio per questi motivi ogni sera preferivo andare nella mia stanza a spaparanzarmi da qualche parte. Vabbè, sul letto, non era che fossero tanti mobili provvisti di cuscini, a disposizione.
Solo che invece, quella sera, decisi di passarla in sala professori.
Sì, quella sera.
Era una notte buia e tempestosa…
Oh, suvvia, era tanto per creare suspense.
Insomma, quella sera forse tanto per fare qualcosa di alternativo – più o meno – avevo deciso di continuare la lettura del mio libro seduta sulla poltroncina morbidosa in sala professori – che nella mia mente avevo etichettato come ‘mia’.
C’erano dunque, quella sera, proprio come tutte le altre volte che ero stata lì, diversi gruppetti di persone che parlavano degli argomenti già elencati prima.
Quindi le persone chiacchieravano tra di loro, e, a dire il vero, a parte Gazza, Madama Chips – ero sempre più convinta che tra i due potesse esserci feeling – o giusto un altro paio di professori e fantasmi, erano presenti praticamente tutti.
Vabbè, a parte Silente, comunque, in tutto ciò.
E così io leggevo, cullata dal vociare degli altri membri dello staff. Non mi aveva mai dato fastidio leggere in mezzo alla gente, capacità pressoché fondamentale per una bibliotecaria che non volesse altrimenti passere le giornata a girarsi i pollici, scarabocchiare o, per esempio, cominciare a scrivere le proprio memorie. Non mi dava fastidio, dunque, leggere in mezzo al chiacchiericcio generale, a meno che, ovviamente, qualcuno non si fosse messo ad urlarmi nell’orecchio, cosa che non solo avrebbe causato un’interruzione di concentrazione, ma a me un’emicrania, e all’ipotetico qualcuno una visita in infermeria.
Dopo non molto, comunque, una voce interruppe sì la mia lettura, ma almeno non in una maniera tanto brutale.
“Scusatemi, signori, vorrei richiamare un momento la vostra attenzione.”
Alzai gli occhi dal libro, allora, accorgendomi che era stata la professoressa McGranitt a parlare, in piedi, al centro della stanza.
E quando iniziava un discorso in quella maniera non c’era mai da stare troppo tranquilli.
Come avevo appena fatto io, allora, anche gli altri focalizzarono la loro attenzione su di lei.
“Cosa di turba, cara Minerva?” Disse dunque Gilderoy.
La McGranitt accennò una contrazione delle labbra molto lieve e si girò dall’altra parte per cominciare il suo discorso.
Ohibò.
“Stavo dicendo…” Riprese allora la McGranitt “Ne abbiamo discusso, il Preside ed io, e siamo venuti ad una conclusione entrambi.” Fece una leggera pausa “Dopo l’ultimo attacco che ha sfortunatamente minacciato l’incolumità fisica di uno studente,” Quello con la macchina fotografica, era ovvio “avevamo già tutti concordato che una minaccia fosse effettivamente presente, che si tratti di un… mostro o di un altro studente con  intenzioni a dir poco discutibili. Ora. Sebbene sia passato del tempo, non è detto che ricapiti qualche disgrazia con chissà quali effetti, così, proprio per questo motivo, il Preside ha convenuto con me che sarebbe meglio aumentare la frequenza e l’intensità delle ronde notturne.”
“Ottima idea! Così ottima che sembra una mia idea, quasi!” Sentii dire da Gilderoy, cosa che però non interruppe comunque il discorso della professoressa.
“Ho stilato un nuovo calendario, e ci terrei ad avere il vostro consenso per renderlo attivo a tutti gli effetti. Anche perché si tratta del vostro tempo e del vostro impegno – nonché del mio – perciò mi pare doveroso chiedervi un parere.”
“Oh, sì, ci mancherebbe, Minerva!” Fece la professoressa Sprite.
“Neanche a chiederlo, ci saremo senz’altro!” Confermò il professor Vitious.
“Abbiamo per caso scelta?” Commentò poi Severus, da dietro il giornale che non aveva neanche smesso di leggere, seduto al suo angoletto.
Minerva gli lanciò un’occhiataccia, e lui si limitò ad osservarla abbassando appena il giornale quel tanto che bastava per scoprirgli gli occhi.
“Qualcosa che non va, Severus?”
“Oh, no, tutto a posto.” E lui ritornò a leggere coprendosi di nuovo totalmente la faccia col foglio.
Sebbene lui fosse stato piuttosto ed indiscutibilmente antipatico, specie se la McGranitt stava parlando di una cosa tanto importante, mi ritrovai a fare un leggero sorriso.
Per fortuna nessuno se ne accorse, altrimenti temevo di fare una fine non molto carina.
“Bene.” Continuò allora, dopo la piccola interruzione, proprio la McGranitt, congiungendo le mani di fronte a sé in una posa soddisfatta “Dato che sapevo che, per il bene della nostra scuola e dei nostri studenti, sareste stati d’accordo con me, penso metterò in bacheca il nuovo calendario già domani mattina, dopo avergli dato gli ultimi aggiustamenti, cosicché tutti possiate appuntarvi gli orari delle vostre ronde.”
Ci furono altri mormorii di approvazione, e notai sul viso della McGranitt una nuova espressione soddisfatta.
Beh, sì, in effetti era stata una buona idea. Un’idea più che necessaria, oltretutto! Mi ero, dopotutto, chiesta da alcuni giorni perché tutti si stessero comportando come se le aggressioni – una animale ed una umana… Cioè, le vittime erano una animale ed una umana, non le aggressioni di per sé – non fossero mai accadute. E invece c’era chi stava lavorando! Non ero l’unica che in qualche modo si era preoccupata! Solo che… Io avevo optato per uniformarmi al comportamento comune, la McGranitt invece si era data da fare. E pure Silente.
Accidenti. Perché finivo sempre per sembrare la solita scansafatiche?
Quella di aumentare le ronde notturne era stata un’ottima idea – ribadii per l’ennesima volta nella mia testa – anche perché il ‘mostro’ o presunto tale aveva sfruttato il buio per colpire, le due volte precedenti. Semmai fosse successo qualcosa, anch’io pensavo che sarebbe nuovamente successa di sera, o, che dir si volesse, di notte. Così era pressoché automatico che venissero intensificate le ronde notturne.
Avrei dovuto pensarci, eccheccavolo.
Dovevo fare qualcosa anch’io, a quel punto.
…No, non era per manie di grandezza. Solo che… Mi sentivo in colpa con me stessa a non aver fatto qualcosa di concreto quando anch’io sentivo una possibile minaccia nell’aria. Avrei dovuto contribuire anch’io alla salvaguardia degli studenti, anche perché ero… beh, si supponeva fossi un’adulta – e lo ero – per cui potevo benissimo dare una mano concreta. E non figurata.
Anche se ero un’inguaribile ‘cacasotto’.
Oh, beh, com’è che si dice? Non c’è miglior modo per sconfiggere le proprie paure che affrontarle.
Certo, in questo caso a rischio della propria vita, ma…
Basta. Ormai avevo deciso. Avrei aiutato.
Così, a fine serata, quando ormai tutti se n’erano andati dalla sala professori per andarsi a riposare ognuno nel proprio letto, e nella stanza eravamo rimaste praticamente solo io e la professoressa McGranitt, mi alzai.
Notando il mio movimento lei alzò appena gli occhi dalle sue carte.
“Buonanotte, signorina Scrooge.” Mi salutò, per poi tornare subito al suo lavoro.
Evidentemente aveva pensato che anch’io stessi per uscire per andarmene a letto; e invece mi avvicinai a lei.
“In realtà volevo parlarle un momento, professoressa.” Esordii, e lei mi guardò di nuovo, e più a lungo, avendo io così attirato la sua attenzione.
“Certo, dimmi pure, se è una cosa abbastanza veloce.”
“Beh, vede… Prima ho sentito che parlava del fatto di aumentare le ore di ronda a voi professori, sa, essendo qui nella stanza… E quindi pensavo di dare il mio contributo – nel caso serva, certo – dato che ho praticamente tutte le sere libere.”
“Oh, certo che serve! Un aiuto serve sempre, questo è sicuro!” Rispose allora lei, nettamente più pimpante di prima.
Nel caso in cui la McGranitt potesse definirsi ‘pimpante’.
Non dubitavo che anche lei avesse i suoi momenti di euforia, certo, e magari nell’intimo della sua camera si metteva pure a saltellare in tondo abbracciando un cuscino rosso e oro, ma sin da quando la conoscevo non l’avevo mai effettivamente vista ridere, per esempio.
E la conoscevo da quando avevo undici anni.
Che poi, effettivamente parlando, non avevo visto ridere un sacco di gente, partendo proprio dalla McGranitt, passando per Silente, sfiorando – da lontano – anche Gazza, per non parlare poi di Severus… Insomma, a parte Gilderoy che, almeno lui, per la miseria, si faceva qualche bella risata – da solo, ogni tanto, ma sempre risate erano, tutti quelli che si lasciavano andare ad una tale… pratica erano per lo più non-insegnanti.
Il che poteva spiegare molte cose.
In ogni caso, sì, conoscevo la McGranitt da poter affermare che la… pimpantezza non fosse una delle sue caratteristiche principali.
Chissà quanti anni aveva, a proposito? Col fatto che insegnasse da così tanto tempo, la domanda sorgeva spontanea. Perché presumevo che avesse cominciato la sua carriera didattica ben prima che persino io arrivassi ad Hogwarts per la prima volta! Non che io fossi vecchia, ovvio.
Per non parlare poi di Albus Silente! O di Hagrid! O di Gazza! Ma quanti anni avevano, costoro?
Oh, beh, sarebbe stata una questione sicuramente molto interessante da approfondire nel momenti liberi. Momenti liberi che si erano più che dimezzati esattamente cinque secondi prima, quando Minerva decise che la mia idea di voler svolgere anch’io delle ronde notturne fosse un’ottima idea.
Che poi non mi si dicesse che non avevo una mente brillante, ecco.
“Bene, mi fa piacere.” Le risposi così io, in ogni caso, facendo un piccolo sorriso “Allora troverò anch’io il mio nome nell’elenco, domani mattina, insieme a tutti quelli degli altri?”
“Certamente, certamente. Ti ringrazio davvero molto, in questo modo affievolisci un po’ il lavoro degli altri.”
“Oh, ma ci mancherebbe, è un piacere. E poi anch’io vivo qui, per il momento, quindi mi pare il minimo dare una mano.”
E lei mi fece addirittura un sorriso. Forse potevo effettivamente iniziare a definirla una signora pimpante. Una di quelle vecchiettine tanto carine che prendono il tè e cuciono a maglia.
O magari era meglio di no.
“Comunque” Continuò allora la professoressa, visto che c’era “Se non ti dispiace vorrei farti cominciare praticamente subito, domani sera. Mi si era creato un buco nella scansione oraria, infatti, che non sapevo con chi riempire, ad essere sincera.”
E ti pareva, neanche il tempo di prepararsi psicologicamente. Solo ventiquattro ore, insomma! …Vabbè.
“Ci mancherebbe! A sua disposizione, professoressa.”
E a quel punto, senza neanche ulteriori convenevoli, mi congedai, praticamente correndo diretta e senza indugi nella mia stanza.
Già, la perfetta impavida ragazza, eh? Ma almeno chissà, quelle benedette ronde avrebbero potuto darmi una svegliata in tal senso.
La mattina successiva andai in sala professori dopo la colazione per poter studiare il calendario preparato dalla McGranitt. Ciò comportò un’anticipazione dell’ora del mio solio risveglio, il che avrebbe potuto urtare chiunque, certo, ma dato che dovetti alzarmi giusto un quarto d’ora prima non ne feci un gran dramma. Per quel giorno. E solo perché, alla fine, avevo troppa voglia di andare a dare un’occhiata a questo calendario che, tra l’altro, avrebbe deciso l’andamento dei miei dopo-cena per chissà quante sere a settimana!
Anche se detta così sarebbe potuto sembrare che quel calendario fosse dotato di vita propria, ma, a scanso di equivoci, così non era.
Insomma, dopo essermi vestita in tutta fretta andai di filato il sala professori, e quando vi entrai la trovai, stranamente, completamente deserta. Beh, meglio così, almeno nessuno avrebbe visto la trepidazione danzare nei miei occhi.
Ed eccolo lì, dunque, il calendario, appiccicato in bella vista sulla grande bacheca degli avvisi.
Consisteva, in pratica, in una tabella sui cui erano stati segnati i giorni della settimana sulla riga in alto, gli orari della giornata sulla colonna a sinistra e nelle caselle che si venivano a creare – le caselle della tabella, insomma – i nomi di chi avrebbe dovuto effettuare le varie ronde e a quali corridoi di quali piani.
A me sarebbero toccate tre sere a settimana, dopo non molto l’orario della cena, per un paio di ore ogni volta. Quella stessa sera compresa. Oh, beh, effettivamente sarebbe potuta andarmi peggio.
Mi segnai su un foglietto di pergamena quando vi fosse di preciso il mio turno e me lo misi nella tasca dei pantaloni, andando poi dritta in Sala Grande per la colazione.
Andai a sedermi, come sempre, al mio posto accanto a Severus, giù seduto al suo, di solito posto.
“Buongiorno!” Gli dissi mentre mi sedevo.
“Mmh.” Fu la risposta che mi diede senza neanche guardarmi.
Logorroico come sempre.
Guardando meglio… sembrava estremamente irritato. Ma tanto non mi avrebbe detto neanche sotto tortura cosa lo infastidisse così tanto, ne ero certa. D’altronde lui era seccato col mondo praticamente ogni giorno, e fino ad allora lui non mi aveva mai detto niente – se non fosse, mezza volta per puro caso – che spiegasse il suo malumore, quindi immaginavo che quella mattina non sarebbe accaduto nulla di diverso.
“Hai già visto il calendario in sala professori?” Gli chiesi allora, provando a fare conversazione.
“No, lo farò dopo; c’è tempo.”
Io scrollai le spalle e mi versai del latte nella mia tazza. Lui, in ogni caso, non continuò la conversazione, e io a quel punto mi concentrai più che altro sul mio latte e cerali.
La giornata passò piuttosto velocemente, giornata durante la quale io fui costantemente col pensiero a quando sarebbe successo quella sera stessa: sarebbe stata una semplice serata tranquilla? Più una passeggiata, che una ronda? O sarebbe successo qualcosa? Ecco, pensieri come quest’ultimo continuavano soltanto a farmi accapponare la pelle.
Ma chi me l’aveva fatto fare? Quale forza oscura mi aveva convinta ad andare a parlare con McGranitt, la sera prima?
Pensandoci… Magari una specie di senso dell’onore o una roba de genere, piuttosto che una forza oscura. O persino un momentaneo attacco di febbricitante coraggio.
Oh, neanche fossi stata una Grifondoro, per la miseria.
Fu così che, in biblioteca, presi un bel tomo sostanzioso che parlava di incantesimi – principalmente di difesa e ogni tanto di attacco – e mi misi a leggerlo per rinfrescarmi la memoria. Neanche avessi dovuto prepararmi per la guerra.
E la giornata passò, fino a quando, ovviamente, come tutte le altre sere non arrivò l’ora di cena.
Ero agitatissima, il fatto di dover svolgere di lì a poco la mia ronda mi faceva impazzire. Mi sedetti al mio posto, in Sala Grande, senza smettere per un momento di torturarmi le mani, dandomi dei piccoli pizzicotti. Accanto a me si trovava un Severus ancora più irritato di quella mattina, e io non gli chiesi nulla, né cercai in silenzio di capire cosa avesse; ero sicura che, anche nel caso in cui lui avesse cominciato un monologo per espormi tutta la sua vita partendo dal momento in cui sua madre aveva smesso di allattarlo… avrei finito per non ascoltarlo per pensare a cosa eventualmente sarebbe potuto succede di lì a giusto poco più di un’ora, perciò… meglio evitare imbarazzanti situazioni che non avrebbero fatto altro che appesantire ulteriormente l’atmosfera e starmene zitta.
La cena cominciò, andò avanti e terminò in silenzio, per me. Giusto una capatina nella mia stanza, poi, a prendermi un giacchettina ed un vecchio orologio onde evitare di prolungare troppo il mio compito, e l’orario della mia prima ronda arrivò.
Sì, lo sapevo, mi stavo agitando troppo, ma non potevo farci proprio niente!
Così, con questa sensazione ad attanagliarmi lo stomaco – appena riempito a cena, tra l’altro, uscii dalla mia stanza.
Mi chiusi la porta alle spalle con le orecchie tese, ascoltando il silenzio. Non si muoveva neanche un’ombra, in quel corridoio, nessuna, a parte quelle create dalle fiaccole attaccate ai muri sulle pareti stesse.
Ok, era la stessa identica atmosfera che c’era prima, quando era appena finita la cena, ma era come se, allo stesso tempo, fosse diversa.
Vabbè, sì… Una cosa del genere.
Stando agli orari messi a punto dalla McGranitt quella sera mi sarebbero toccati i due piani immediatamente sotto al mio, sempre appartenenti a quella stessa ala del castello, da controllare durante tutte le successive due ore e mezza.
Presi subito in mano la mia bacchetta e mormorai un ‘Lumos’. Sì, ok, c’erano sempre le suddette fiaccole ben fissate ai muri, e quelle facevano luce a sufficienza, solo che… beh, almeno così potevo utilizzare il voler illuminare l’ambiente come scusa per poter tenere in mano la bacchetta.
E poi la luce magica mi confortava sempre, ecco.
Cominciai dunque a salire le scale, quasi subito, sempre con le orecchie ben tese, alla ricerca del minimo rumore. Rumore che, con molta probabilità, più che farmi scattare all’attacco mi avrebbe fatto semplicemente venire un infarto. Ma vabbè, questi erano solo semplici dettagli.
In ogni caso pareva proprio che non ci fosse nessuno in giro: nessun suono di passi di voci, di zompettare, di strisciare, di battito d’ali, di zoccoli, di pistole babbane, di ruote, di tappeti volanti… Insomma, di rumore c’era solo quello dei miei stessi passi e, di tanto in tanto, il ronfare sporadico di qualche occupante di qualche quadro. Nonostante ciò la mia bacchetta era sempre ben fissa nella mia mano, bella in alto, con la luce puntata davanti a me, in una posizione nella quale sarebbe stato facile scagliare qualsiasi incantesimo. Sperando che non ce ne sarebbe stato nessun bisogno.
E nella mia testa, in tutto ciò, mi ripetevo la frase che ormai, durante quella giornata, aveva praticamente occupato tutti i miei pensieri: ma chi me l’aveva fatto fare?
Eppure, sebbene la mia fifa fosse più che palpabile, più camminavo, più giravo angoli col cuore in gola, più, piano piano, mi tranquillizzavo. Piano piano.
Almeno mi rendevo conto che, effettivamente, nessun angolo buio di quei corridoi nascondeva un ipotetico mostro a cui ancora non avevo neanche dato una forma precisa.
Potevo dunque scartare la teoria che questo mostro esistesse realmente? Le aggressioni erano veramente stato ‘soltanto’ opera di uno studente a cui era andato a male il cervello?
Oddio, secondo me non era che si potesse davvero scartare una delle due supposizioni. Il mondo magico era pieno di quelli che potevano essere banalmente definiti ‘mostri’, e di pazzoidi in circolazione ce n’erano a bizzeffe …
Ecco, adesso non solo dovevo stare attenta ad un mostro che poteva, volendo, farmi bellamente a pezzi, ma anche ad un qualche ragazzo impazzito.
Che bello. Che goduria.
Però rimasi vigile e attenta, controllando più spesso di quanto fosse necessario – forse – il mio orologio per capire quando avrei potuto tornarmene sana e salva nella mia camera.
Ormai avevo controllato tutto un piano già da un bel pezzo, ed avevo anche quasi finito di setacciare il secondo – questa sì, che era una goduria – quando, proprio in quel momento, sentii un rumore. All’inizio fu breve e silenzioso, ma poi mi si ripresentò più insistente e costante… Era sicuramente un rumore di passi.
Mi bloccai, con gli occhi sgranati e lo orecchie – ancora – tese. Più tese di prima, in effetti. Sì, sì, era sicuramente rumore di passi.
“Ok, calma, Soleil.” Mi dissi rimanendo immobile “Presumibilmente non è un mostro, dato che pare almeno avere dei piedi umani. E non è neanche detto che sia il matto, a dirla tutta.” Non so neanche dove trovai il fegato di fare dei passi in avanti, quasi fino alla fine del corridoio, prima che questo svoltasse a destra “Potrebbe sempre essere uno studente che si diverte a fregarsene del coprifuoco e ad andarsene in giro di notte per i fatti suoi…” Andai avanti ancora un po’, rimanendo praticamente appiccicata al muro “E in quel caso lo ammazzerei io, quello studente! Ma che modi sono, andare in giro di notte quando ci sono già state due aggressioni! E facendo prendere i colpi alla povera gente, porca miseria!”
Presi un bel respiro, fermando i miei passi, non avendo ancora tutto questo coraggio per svoltare l’angolo. E poi… una luce, una figura, un’ombra!
“Ah!” Esclamai, scattando in mezzo al corridoio.
Sì. ‘Ah’. Di sicuro non quello che sarebbe meglio dire nel caso in cui mi fossi imbattuta in un mostro/pazzo. Un ‘Incarceramus’ sarebbe stato meglio a prescindere, per esempio. Nel tempo di quell’‘Ah’ sarei potuta già finire bocconi sul pavimento.
“Soleil!” Disse però una voce da donna, evidentemente appartenente a quell’ombra che mi era appena comparsa davanti dopo aver imboccato il corridoio nel punto in cui io mi ero appena fermata.
Così abbassai la bacchetta luminosa e vidi la professoressa Sprite di fronte a me.
Ok, a quanto pareva nessuno mi avrebbe uccisa, per quella sera, ed io tirai un sospiro di sollievo.
“Oh, scusi, professoressa.” Feci mettendomi una mano sul cuore che, tra l’altro, batteva all’impazzata “Ho solo… i nervi un po’ tesi.”
Sì, vabbè, i nervi mi si erano praticamente spappolati, altro che tesi.
Sul volto della Sprite comparve un piccolo sorriso che mi parve di comprensione.
“Prima ronda della tua vita?”
“Si nota, eh?” Feci, ammettendo così ulteriormente il mio nervosismo.
“Oh, stai tranquilla, è più che normale.”
Lei mi si affiancò, a quel punto.
“E’ che non sono neanche stata Prefetto o Capo Scuola, quando studiavo qui.” Dissi “Quindi è proprio la prima volta che faccio una cosa così… così… beh, diciamo importante.”
Più o meno, insomma.
“Non ti preoccupare, Soleil.” Mi rassicurò dunque lei, sempre con il sorriso sul viso “Fai la strada insieme a me? Devo pattugliare questi corridoi per le prossime ore.”
“Io ho appena finito il mio turno, invece.”
“Visto? Perfettamente sincronizzate!”
Mi rilassai anch’io in un piccolo sorriso.
“D’accordo…” Risposi allora “Tanto per andare in camera devo per forza tornare indietro…”
“Perfetto, almeno ci faremo compagnia.”
Oh, grazie al Cielo.
Iniziammo a parlare del più e del meno, a quel punto, e finalmente riuscii a rilassarmi. Oh, benedetta donna. Insomma parlammo, chiacchierammo, e quando venne fuori che anch’io ero stata una Tassorosso come lei la professoressa ne sembrò semplicemente deliziata. Che donna gentile, che era. E in breve, a quel punto, giunsi alla porta della mia stanza, e Pomona Sprite mi accompagnò fin proprio lì davanti, augurandomi la buonanotte, mentre io le augurai semplicemente ‘buona ronda’.
Quando lei andò via, allora, cominciai a prepararmi per la notte, e stavo proprio per spogliarmi per mettermi il pigiama quando sentii bussare alla porta. Forse era la professoressa Sprite che si era dimenticata qualcosa. Altrimenti chi caspita poteva essere, a quell’ora?
Il mostro? O l’evaso dal manicomio?
Beh, in entrambi i casi dubitavo che la morte mi si sarebbe presentata bussando semplicemente alla mia porta, anziché, magari, sbucare dalla finestra, quindi mi decisi ed andai ad aprire.
Mi ritrovai davanti Severus, e la cosa mi sorprese.
“Oh, Severus. Che ci fai qui?”
“Sarò breve, non c’è bisogno di tutti questi convenevoli.” Rispose cupo.
Si vedeva che quel giorno era stato proprio una giornata no.
Io non feci comunque in tempo a ribattere che lui mi precedette.
“Devi piantarla con questa storia della sorveglianza straordinaria.”
Ci misi qualche secondo prima di rispondere.
“Scusa?”
“Prima stavi pattugliando il castello.”
“Sì, ho parlato con la professoresse McGranitt, e--”
“Oh, lo so questo.” Mi interruppe brutalmente lui “Non è tuo compito.”
A quel punto fui io ad iniziare ad infastidirmi.
“Sto solo dando una mano.”
“Cosa che, da quanto so, non ti è neanche stata esplicitamente richiesta. Ci sarà stato un motivo, non credi?”
Lo guardai male. Sapevo che le mie occhiatacce su di lui non sortivano praticamente alcun effetto, ma non poteva di certo astenermene.
“Che stai insinuando?”
“Non c’è bisogno del tuo… aiuto.” Disse, impregnando l’ultima parola di un ettolitro di sarcasmo.
E se fino a quel momento avevo pensato di rinunciare a tutta quella storia delle ronde… Ora ne ero diventata una fervida sostenitrice. Era una questione di principio!
“Questo lo dici tu.”
“E’ sempre stata prerogativa degli insegnanti pattugliare i corridoi, e tu – guarda caso – sei ben lontana dall’essere un insegnante.”
Assottigliai lo sguardo. “Neanche Gazza lo è.”
“Se non lo facesse, lui non avrebbe scopo di esistere.”
“Io voglio solo dare una mano.”
“E io ripeto, nessuno te lo ha chiesto. E se nessuno l’ha fatto in un periodo in cui c’è persino del… disordine sporadico, in cui ogni aiuto dovrebbe essere prezioso… Figuriamoci.”
“Hai appena detto che ogni aiuto è prezioso; ti senti quando parli, giusto?”
“Perfettamente, grazie. Difatti so di non aver affatto pronunciato la parola ‘tuo’, accanto ad ‘aiuto’.”
Ma che grande, grandissimo… Ma come si permetteva? Ma come gli saltava in mente di venire fino in camera mia per dirmi quelle cose? Ma chi si credeva di essere?
“Allora visto che ci senti così bene,” Ripresi dunque io “ascoltami attentamente: mi sono presa un impegno, e porterò a termine ogni turno che Minerva McGranitt mi ha assegnato, e indovina una cosa? Il tuo parere non mi interessa!”
E prima che lui potesse nuovamente rispondere rovinando ancora di più il mio umore… gli sbattei la porta in faccia. Sì, sì, e con un forte e sonoro sbam!
Neanche a dirlo, però, sentii la sua cove al di là della porta praticamente subito.
“Scrooge, aprimi.”
“Buonanotte, Severus!”
“Ti ho detto di aprirmi.”
“E io ti ho appena detto buonanotte!”
Sul momento non sentii nulla, così mi avvicinai alla porta e mi appoggiai contro di essa con l’orecchio. Ora un rumore lo sentivo, ed era quello causato dai passi di Severus che si allontanavano da lì.
Ok, finalmente se n’era andato.
Che bella conclusione di serata…
Ma che diamine gli era preso, si era per caso ubriacato?
No, era impazzito. Ecco, pareva la spiegazione più logica.
Il fatto che fosse un deficiente, però, rimaneva comunque una verità universalmente riconosciuta.
Mah.
   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Iurin