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Autore: Aura    15/01/2013    0 recensioni
|Literati fic|
Sono passati dieci anni dal loro primo incontro, e cinque dall'ultimo. Un giorno che qualcuno definisce come “il suo giorno fortunato”, Rory lo rivede. Come se fosse ancora la diciassettenne per le strade di Stars Hollow, Jess ritorna ad essere la sua calamita, ed esattamente come dieci anni prima, ammetterlo non è semplice.
-Ho sempre pensato di non essere alla tua altezza, se vuoi sentirtelo dire, dannazione. Capisci che odio vederti con lui? Lui è come me! - gridò Jess.
Rory deglutì, sbattendo le palpebre per ricacciare le lacrime.
- Io non sto con lui.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jess Mariano, Rory Gilmore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola nota per chi legge:
Non cercate Jess nelle prime righe, ma vi prometto che arriverà. All'inizio in sordina, ma questa è pur sempre una storia Literati, quindi se lo cercate abbiate pazienza.



Then she appeared,
apple Venus on a half open shell.
Then she appeared,
the first photograph on Fox Talbots gel.
I was a little frightened
Flying with my senses heightened
Cherubim cheered
Then she appeared
(Then she appeared, XTC)








- Sarò lì in venti minuti.
Dall'altro capo della cornetta arrivò uno sbuffo divertito.
- Rory, stai versando l'acqua nella macchina del caffè, lo sento. Ti sei appena svegliata...
Si incastrò il telefono tra la spalla e l'orecchio, per poter avere entrambe le mani libere.
- Mezz'ora, - disse, riempiendo il filtro, - te lo assicuro.
Chiuse la conversazione, prima che Melinda potesse dirle di non preoccuparsi e stare a casa.
Lanciò il telefono sul divano, mentre il caffè scendeva, e corse a prepararsi, cercando di fare il più in fretta possibile. Si lavò i denti mentre cercava di chiudere i capelli in una coda, poi, una volta vestita, tornò nella zona giorno del suo piccolo appartamento, si versò il caffè ormai pronto in un thermos di Starbucks, infilò la tracolla, prese la giacca e fece per uscire di casa; poi tornò verso il divano e frugò tra le pieghe, tirandone fuori vittoriosa il cellulare.  
Era matematico, ogni volta che si era in ritardo ecco che il destino si divertiva ad accavallare gli eventi in modo che, per quanto ci si sforzasse, non si poteva arrivare in tempo.
O forse nella frenesia si notavano di più i particolari che in altre situazioni, di calma totale, si ignoravano.

Una volta in strada controllò l'orologio, contemporaneamente sollevò la mano avvicinandosi al bordo del marciapiede: solo un taxi poteva salvarla dal suo ritardo colossale. Si sentiva in colpa, Melinda non chiedeva facilmente favori, e per una volta che si era sbilanciata chiedendole se quel sabato mattina poteva stare con i bambini, in modo che lei potesse accompagnare suo marito a un matrimonio, Rory non sentiva la sveglia.
Affrettò il passo verso un taxi che stava accostando, ben determinata a vincere la sfida contro un altro ragazzo che sembrava averlo adocchiato.
Fece un ultimo scatto, quasi correndo, ma arrivarono alla portiera nello stesso momento.
- L'ho visto prima io! - lo rivendicò, allora.
- Questo è tutto da dimostrare. - disse il ragazzo, per nulla intenzionato a cederglielo.
Ed ecco, la sua finta maschera di sicurezza che si staccava, e l'espressione ferma e sicura di sé fu sostituita da una genuinamente implorante.
- Ti prego, ti prego, ti prego: sono in ritardo stratosferico!
- Come chiunque. - ribatté lui per nulla scalfito dalla sua preghiera, già sapendo di aver vinto.
Rory provò di nuovo, fermandolo mentre stava per aprire la portiera.
- Devo fare un favore a un amica, se perdo questo taxi le rovinerò la giornata: sai cosa vuol dire essere donna e gestire famiglia e lavoro? Qui a New York? Un favore, mi ha chiesto un misero favore, è tutto nelle tue mani. - disse, a raffica.
Lui sembrava divertito dal suo sproloquio.
- Dove sei diretta? - disse, soppesando l'idea di condividere la corsa.
- A Brooklyn, sulla ventinovesima. - gli rispose, osando respirare nel intravvedere un bagliore di speranza, pregando mentalmente che anche la sua meta non fosse troppo distante.
Il ragazzo sollevò le spalle,
- È il tuo giorno fortunato, straniera.
Salirono sul taxi, comunicarono gli indirizzi all'autista e poi entrambi presero il cellulare.
- Sto arrivando, - disse Rory a Melinda, - finisciti la piega ragazza, perché oggi tu e Spencer andate al matrimonio!
Sorrise, ascoltando i ringraziamenti della collega, poi una volta salutatala si dedicò all'osservazione della strada, mentre il suo compagno di viaggio era ancora impegnato in una conversazione.
- Stai arrivando? Io devo fare una piccola deviazione, una turista si stava quasi mettendo a piangere perché le lasciassi il taxi e così dividiamo la corsa. - rise, non facendosi nessun problema a parlare di lei con il suo interlocutore, nonostante fosse palese che Rory stava ascoltando. - Sai come sono, un galantuomo. - aggiunse poi, ironico.
- Scusa, straniera, turista: - non si trattenne poi da dirgli, una volta che lui ripose il telefono, - ma a te chi te lo dice che non sono di qui?
Il ragazzo ridacchiò,
- Perché non sei in grado di prenderti un taxi, e questo è più che sufficiente. Se fossi stata una vera newyorchese mi avresti tirato la borsetta in testa e saresti salita, punto e basta, lasciandomi sul marciapiede con un bernoccolo.
Rory sbuffò,
- E allora spero che tu ne abbia incontrate molte, di newyorchesi che ti hanno riservato questo trattamento.

Stavano per entrare nel quartiere di Melinda, Rory tirò un sospiro di sollievo mentre controllava velocemente la borsa per assicurarsi di avere tutto. Il taxi accostò, porse altezzosa un paio di banconote al suo vicino.
- La mia parte. - gli disse, preparandosi a scendere, ricevendo in risposta un ghigno strafottente. Le stava decisamente antipatico, come tutti gli altri che si credevano un gradino sopra agli altri solo perché si autodefinivano tali, cittadini di classe A per diritto di nascita.
- Ehi! - le disse, quando stava per chiudere lo sportello dietro di sé. - Aspetta straniera, tieni, - le porse un volantino. - oggi pomeriggio inauguriamo una caffetteria in zona, se vuoi passare ti offro un caffè.
Rory diede un'occhiata veloce al volantino: grand opening, caffè gratis.
- Gentile da parte tua. - disse, ironica.

Ore dieci e quarantacinque, Melinda e Spencer erano usciti, Agatha era sul divano, a guardare un film, e George era in camera sua, a giocare a qualche videogame.
Melinda non era una di quelle madri che lasciano i figli ventiquattr'ore davanti alla tv, d'altro canto aveva avuto abbastanza buon senso da non porre particolari limiti per quel giorno, non avendo Rory una grande confidenza con loro.
Aveva con sé il portatile, e si era messa in cucina a correggere la bozza di un articolo che avrebbe dovuto consegnare lunedì.
Nonostante la sua scarsa dimestichezza con i bambini si ritrovò ben presto a pensare che non doveva essere tanto male una vita così: il volume basso della tv e il suono ovattato della lavatrice al piano di sotto non creavano esattamente confusione, era quasi una compagnia al silenzio. I due ragazzini sembravano tranquilli, lei aveva la sua tazza di caffè calda accanto e tutto stava andando bene: la giornata sarebbe passata in un lampo.
Un urlo stridulo arrivò dal salotto, Rory rischiò di inciampare con l'alimentatore del pc nel correre a vedere che cos'era successo.
Agatha era in piedi sul divano, in lacrime, e lanciava degli urli assordanti.
- Cos'è successo? - provò a chiederle, avvicinandosi e mettendo in pausa, ricevendo di tutta risposta degli altri urli.
Dei passi pesanti sulle scale,
- Non puoi farla stare zitta? Mi sta assordando. - Si lamentò George.
Rory lo guardò, allarmata,
- Non so cosa sia successo!
Lui sbuffò, osservando con occhio critico la situazione, mentre Rory continuava a chiedere ad Agatha che cosa avesse.
- Trovato. - disse lui, brandendo la custodia del film che stava guardando la sorella. - È questo, non doveva guardarlo: fa la pazza quando il cacciatore spara alla mamma di Bambi.
Rory prese goffamente in braccio la bambina,
- Io da piccola lo guardavo senza problemi... - osservò, mentre Agatha singhiozzava frasi sconnesse in cui dichiarava che i suoi genitori sarebbero morti e lei sarebbe stata costretta a vivere con Rory.

George scomparve ben presto al piano di sopra, e ci volle mezz'ora, forse di più, per arginare la crisi e tranquillizzare Agatha sul futuro dei suoi genitori, che erano semplicemente andati a un matrimonio.
Trovava sempre paradossale come lo stesso intervallo di tempo scorresse diversamente in base alle situazioni in cui si trovava: mezz'ora prima di consegnare un articolo, mezz'ora prima di prepararsi per andare al lavoro, scorrevano in un battibaleno; invece mezz'ora di una bambina di sei anni che si esibiva in pianti ininterrotti era quasi atroce.
Riuscì a scaldare senza particolari complicazioni il pranzo che Melinda aveva lasciato nel frigo, avvisò George che presto avrebbero mangiato e controllò lo stato emotivo di Agatha, che si era messa a colorare.
Il timer del microonde suonò, Rory si avvicinò piano alla bambina,
- Ehi, che ne dici di andare a chiamare tuo fratello? Qui metto in ordine io.
Lei osservò il disegno colorato per metà.
- Non possiamo mangiare in cucina? Così quando finiamo di mangiare lo continuo.
- Ottima idea, preparo di là, vai a chiamare George.
Alzò il fuoco sotto la padella di sugo che Melinda le aveva consigliato di non scaldare in microonde, e apparecchiò la tavola.
- Ehi, Rory. - osservò George, appoggiato allo stipite. - Mi sa che lì c'è qualcosa che non va.
Si girò verso i fornelli, il sugo scoppiettava con troppa violenza, allungò una mano per abbassare la fiamma ma fu inutile, così fu costretta ad avvicinarsi per togliere la padella, riempiendosi la sua bella camicia bianca di schizzi rossastri.
- Dannazione! - si lamentò, strofinandosi con un tovagliolo cercando di ignorare le risa dei bambini.
Eh sì, era stata una genialata mettersi una delle sue camicie più belle per andare a fare la baby sitter, ma sul momento non ci aveva pensato. Era irrimediabilmente sporca, così dopo aver riempito i piatti di George e Agatha frugò nella sua borsa in cerca di un cardigan che era sicura di aver messo lì, nella confusione del mattino.
George adocchiò il volantino,
- Ehi, ci andiamo? - disse, sfilandolo dalla borsa.
Rory glielo prese, indispettita.
- Dovresti essere grande abbastanza per capire che non è educato mettere le mani nelle borse della gente.
- Dai, ne ho sentito parlare a scuola: è una caffetteria enorme, il retro è pieno di videogiochi, tutti i miei compagni ci andranno!
Rory osservò con scarso interesse il volantino: il locale era descritto come l'unione tra una caffetteria vecchio stile e una biblioteca, con annessa sala giochi. Avevano davanti a loro tutto il pomeriggio, tutto sommato andare lì avrebbe fatto passare più velocemente il tempo; inoltre per l'inaugurazione era prevista una lettura di fiabe per i bambini più piccoli: anche Agatha sarebbe stata sistemata.
- Ok, andiamo. - accordò, chiedendosi come mai fossero rimasti impassibili alla notizia, silenziosi ad osservare i loro piatti. Prese una forchettata di pasta, - Porca miseria, è disgustosa: come può essere?
Rassicurata dalle sue parole Agatha spinse via il piatto.
- Io non la mangio. - decretò.
Rory nascose un sorriso,
- Forza, vestitevi: se ci sbrighiamo possiamo mangiare lì.

Si fidò di George, che aveva detto che sarebbero arrivati a piedi in cinque minuti, e così non perse tempo a chiamare un taxi.
La strada fu più lunga del previsto, tanto che Agatha a un certo punto si impuntò, dichiarando che non avrebbe più camminato.
- Che stupida, si è messa le scarpe nuove e le fanno male i piedi. - indovinò il fratello maggiore.
Lei, sull'orlo di un nuovo pianto, mise il broncio.
- Volevo essere carina! - gli rispose. Rory osservò gli angoli della bocca in discesa libera, e gli occhi che stavano iniziando a farsi lucidi.
- Vieni qui, manca poco: ti porto in braccio io. - le propose, mentre Agatha si risollevava e le tendeva le braccia.
Il locale era ad angolo su due grosse strade, dalle ampie vetrine si intravvedevano gli arredamenti in legno chiaro, in stile coloniale, affiancati da delle grosse poltrone in velluto damascato.
C'era gente, ma non era strapieno, e di sicuro avrebbero trovato un tavolo libero. Si fermò davanti ai gradini.
- Ora vai da sola? - chiese alla bambina, pronta a metterla a terra, ottenendo un mogio “no” come risposta. - Non ti preoccupare, stai con me. - le accordò, cercando di non guardare il suo riflesso sgualcito e spettinato sulla porta a vetri: la giacca era storta, la borsa stava scivolando lungo la spalla, e per finire dei limbi della camicia macchiata di rosso stavano sfuggendo dalla copertura del cardigan.
George, una volta dentro, adocchiò subito la porta che conduceva alla sala giochi.
- Posso andare? Adesso forse c'è meno gente, e posso giocare tranquillo.
Rory, per nulla intenzionata a discutere, gli fece un cenno del capo con la testa: per lei era lo stesso.
- Hai i soldi per i gettoni? - gli chiese, mentre si avviava a un tavolino accanto alla finestra.
- Per chi mi hai preso? Ho dodici anni, prendo la paghetta. - ribatté lui, prima di scomparire.
Sorrise debolmente ad Agatha, che si era infilata accanto a lei nella poltrona e stava scuotendo le spalle all'affermazione del fratello.
- Straniera, sei venuta allora!
Il ragazzo del taxi era accanto a lei, con in mano un blocchetto.
Rory gli riservò un sorriso tirato, aveva sperato vivamente di non incontrarlo.
- Non avevo capito che facevi il cameriere qui. - gli disse.
Lui rise,
- Veramente il locale è mio, bel tentativo di mettermi al mio posto, non abbastanza newyorchese però.
- Da quello che so io è un po' anomalo definirsi newyorchesi e poi aprire un locale fuori da Manhattan.
- Questa mi è piaciuta, solo per te oggi caffè gratis. - disse, facendole l'occhiolino.
- Non era sul volantino?
Il ragazzo finse di ignorarla, aprendo il block notes.
- Allora, Straniera, cosa porto a te e alla bambina?
- Due cheesburger, e due porzioni di patatine.
Lui scarabocchiò veloce.
- Arrivano in un lampo. - Si girò verso il bancone, - Jess, porti del caffè al tavolo cinque? A lei non lo mettiamo sul conto, mi raccomando. - Sghignazzò.
Rory sbuffò, alzando un sopracciglio verso Agatha che la guardava dubbiosa.
- Lo conosci? - le stava chiedendo.
- No, per mia fortuna; ci siamo solo incontrati stamattina sul taxi, mentre venivo da voi.












Nda: devo essere un bel po' insicura su questa storia, se invece dell'immagine che avevo preparato per il capitolo ci piazzo Rory e Jess.
Il fatto è che io stessa, probabilmente, nel mettermi a leggere una storia su di loro due finirei per torcere il naso se di Jess neanche l'ombra; d'altro canto ho una precisa idea su come e perché andranno le cose e quindi questa introduzione era necessaria.
Si è capito che sono insicura su questa storia?

Innanzitutto se avete letto fino a qui vi ringrazio, e vi prometto che domani posterò un altro capitolo con Jess più presente (avete notato chi chiama nell'ultima battuta il ragazzo del taxi?).
Non è mia intenzione allungare il brodo, ma voglio scrivere tutto bene, e quindi il loro primo incontro non sarà esattamente simile alla foto sopra al capitolo, rimarranno su toni più tranquilli, anche perché, poi nella storia verrà specificato, sono passati cinque anni dal loro ultimo incontro, a Philadelphia.
Però, come ho scritto sopra, io sono Literati sin dalla 2x05, quindi fate voi due più due, il loro momento arriverà.

Un paio di cose (lo so, questa nda è eterna u_u) so di avere un'altra storia in stand by, ma volevo cambiare fandom e prendere una boccata d'aria fresca, prima di continuarla; infine so che ho promesso una revisione di Bloccati dalla Neve, l'altra mia storia su Rory e Jess, (se non l'avete letta non fatelo, per il momento: è del 2005 e NECESSITA di una revisione) ho iniziato a riguardarla, ho guardato qualche video su loro due e bam, niente più voglia di revisionare volevo solo scrivere.
E quando ci si sente così bisogna proprio farlo, no?
Vi lascio con l'immagine del capitolo, perché se siete arrivati fino a qui avrete capito che la storia è su Rory e Jess, indipendentemente da chi ho messo.
Ps so che queste immagini non sono tecnicamente belle, e so che non ce le si aspetterebbe da una ventottenne, d'altro canto sto iniziando solo ora  a imparare come si fanno,
e mi diverto un mondo, ergo per un po' allieterò le mie fic con queste aberrazioni :-P tiè
Pps il titolo della fic l'avete riconosciuto? 3x08, vi dico solo questo.









   
 
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