Piccola nota per chi
legge:
Non cercate Jess nelle prime righe, ma vi prometto che
arriverà. All'inizio in sordina, ma questa è pur sempre una storia
Literati, quindi se lo cercate abbiate pazienza.
Then
she appeared,
apple
Venus on a half open shell.
Then she appeared,
the first
photograph on Fox Talbots gel.
I was a little frightened
Flying
with my senses heightened
Cherubim cheered
Then she
appeared
(Then
she appeared, XTC)
- Sarò lì in venti minuti.
Dall'altro
capo della cornetta arrivò uno sbuffo divertito.
- Rory, stai
versando l'acqua nella macchina del caffè, lo sento. Ti sei appena
svegliata...
Si incastrò il telefono tra la spalla e l'orecchio,
per poter avere entrambe le mani libere.
- Mezz'ora, - disse,
riempiendo il filtro, - te lo assicuro.
Chiuse la conversazione,
prima che Melinda potesse dirle di non preoccuparsi e stare a
casa.
Lanciò il telefono sul divano, mentre il caffè scendeva,
e
corse a prepararsi, cercando di fare il più in fretta possibile.
Si
lavò i denti mentre cercava di chiudere i capelli in una coda,
poi,
una volta vestita, tornò nella zona giorno del suo piccolo
appartamento, si versò il caffè ormai pronto in un
thermos di
Starbucks, infilò la tracolla, prese la giacca e fece per uscire
di casa; poi tornò verso il divano e frugò tra le pieghe,
tirandone fuori vittoriosa il cellulare.
Era matematico, ogni volta che si era
in ritardo ecco che il destino si divertiva ad accavallare gli eventi
in modo che, per quanto ci si sforzasse, non si poteva arrivare in
tempo.
O forse nella frenesia si notavano di più i particolari
che in altre situazioni, di calma totale, si ignoravano.
Una volta in strada controllò l'orologio,
contemporaneamente sollevò la mano avvicinandosi al bordo del
marciapiede: solo un taxi poteva salvarla dal suo ritardo colossale.
Si sentiva in colpa, Melinda non chiedeva facilmente favori, e per una volta che si era sbilanciata
chiedendole se quel sabato mattina poteva stare con i bambini, in
modo che lei potesse accompagnare suo marito a un matrimonio, Rory
non sentiva la sveglia.
Affrettò il passo verso un taxi che stava
accostando, ben determinata a vincere la sfida contro un altro
ragazzo che sembrava averlo adocchiato.
Fece un ultimo scatto,
quasi correndo, ma arrivarono alla portiera nello stesso momento.
-
L'ho visto prima io! - lo rivendicò, allora.
- Questo è tutto da
dimostrare. - disse il ragazzo, per nulla intenzionato a
cederglielo.
Ed ecco, la sua finta maschera di sicurezza che si
staccava, e l'espressione ferma e sicura di sé fu sostituita da una
genuinamente implorante.
- Ti prego, ti prego, ti prego: sono in ritardo
stratosferico!
- Come chiunque. - ribatté lui per nulla
scalfito dalla sua preghiera, già sapendo di aver
vinto.
Rory provò di nuovo, fermandolo mentre stava per aprire la portiera.
- Devo fare un favore a un amica,
se perdo questo taxi le rovinerò la giornata: sai cosa vuol dire
essere donna e gestire famiglia e lavoro? Qui a New York? Un favore,
mi ha chiesto un misero favore, è tutto nelle tue mani. - disse, a
raffica.
Lui sembrava divertito dal suo sproloquio.
- Dove sei
diretta? - disse, soppesando l'idea di condividere la corsa.
- A
Brooklyn, sulla ventinovesima. - gli rispose, osando respirare nel
intravvedere un bagliore di speranza, pregando mentalmente che anche la
sua meta non
fosse troppo distante.
Il ragazzo sollevò le spalle,
- È il
tuo giorno fortunato, straniera.
Salirono sul taxi, comunicarono
gli indirizzi all'autista e poi entrambi presero il cellulare.
-
Sto arrivando, - disse Rory a Melinda, - finisciti la piega ragazza,
perché oggi tu e Spencer andate al matrimonio!
Sorrise,
ascoltando i ringraziamenti della collega, poi una volta salutatala
si dedicò all'osservazione della strada, mentre il suo compagno di
viaggio era ancora impegnato in una conversazione.
- Stai
arrivando? Io devo fare una piccola deviazione, una turista si stava
quasi mettendo a piangere perché le lasciassi il taxi e così
dividiamo la corsa. - rise, non facendosi nessun problema a parlare
di lei con il suo interlocutore, nonostante fosse palese che Rory
stava ascoltando. - Sai come sono, un galantuomo. - aggiunse poi,
ironico.
- Scusa, straniera, turista: - non si
trattenne poi da dirgli, una volta che lui ripose il telefono, - ma a
te chi te lo dice che non sono di qui?
Il ragazzo ridacchiò,
-
Perché non sei in grado di prenderti un taxi, e questo è più che
sufficiente. Se fossi stata una vera newyorchese mi avresti tirato la
borsetta in testa e saresti salita, punto e basta, lasciandomi sul
marciapiede con un bernoccolo.
Rory sbuffò,
- E allora spero
che tu ne abbia incontrate molte, di newyorchesi che ti hanno
riservato questo trattamento.
Stavano per entrare nel
quartiere di Melinda, Rory tirò un sospiro di sollievo mentre
controllava velocemente la borsa per assicurarsi di avere tutto. Il
taxi accostò, porse altezzosa un paio di banconote al suo vicino.
-
La mia parte. - gli disse, preparandosi a scendere, ricevendo in
risposta un ghigno strafottente. Le stava decisamente antipatico,
come tutti gli altri che si credevano un gradino sopra
agli altri solo perché si autodefinivano tali, cittadini di classe A
per diritto di nascita.
- Ehi! - le disse, quando stava per
chiudere lo sportello dietro di sé. - Aspetta straniera, tieni, - le
porse un volantino. - oggi pomeriggio inauguriamo una caffetteria in
zona, se vuoi passare ti offro un caffè.
Rory diede un'occhiata
veloce al volantino: grand opening, caffè gratis.
-
Gentile da parte tua. - disse, ironica.
Ore dieci e
quarantacinque, Melinda e Spencer erano usciti, Agatha era sul
divano, a guardare un film, e George era in camera sua, a giocare a
qualche videogame.
Melinda non era una di quelle madri che
lasciano i figli ventiquattr'ore davanti alla tv, d'altro canto aveva
avuto abbastanza buon senso da non porre particolari limiti per quel
giorno, non avendo Rory una grande confidenza con loro.
Aveva con
sé il portatile, e si era messa in cucina a correggere la bozza di
un articolo che avrebbe dovuto consegnare lunedì.
Nonostante la
sua scarsa dimestichezza con i bambini si ritrovò ben presto a
pensare che non doveva essere tanto male una vita così: il volume
basso della tv e il suono ovattato della lavatrice al piano di sotto
non creavano esattamente confusione, era quasi una compagnia al
silenzio. I due ragazzini sembravano tranquilli, lei aveva la sua
tazza di caffè calda accanto e tutto stava andando bene: la giornata
sarebbe passata in un lampo.
Un urlo stridulo arrivò dal salotto,
Rory rischiò di inciampare con l'alimentatore del pc nel correre a vedere che
cos'era successo.
Agatha era in piedi sul divano, in lacrime, e
lanciava degli urli assordanti.
- Cos'è successo? - provò a
chiederle, avvicinandosi e mettendo in pausa, ricevendo di tutta
risposta degli altri urli.
Dei passi pesanti sulle scale,
- Non
puoi farla stare zitta? Mi sta assordando. - Si lamentò George.
Rory
lo guardò, allarmata,
- Non so cosa sia successo!
Lui sbuffò,
osservando con occhio critico la situazione, mentre Rory continuava a
chiedere ad Agatha che cosa avesse.
- Trovato. - disse lui, brandendo la custodia del film che stava
guardando la sorella. - È questo, non doveva guardarlo: fa la pazza
quando il cacciatore spara alla mamma di Bambi.
Rory prese
goffamente in braccio la bambina,
- Io da piccola lo guardavo
senza problemi... - osservò, mentre Agatha singhiozzava frasi
sconnesse in cui dichiarava che i suoi genitori sarebbero morti e lei
sarebbe stata costretta a vivere con Rory.
George
scomparve ben presto al piano di sopra, e ci volle mezz'ora, forse di
più, per arginare la crisi e tranquillizzare Agatha sul futuro dei
suoi genitori, che erano semplicemente andati a un matrimonio.
Trovava sempre paradossale come lo stesso intervallo di tempo
scorresse diversamente in base alle situazioni in cui si trovava:
mezz'ora prima di consegnare un articolo, mezz'ora prima di
prepararsi per andare al lavoro, scorrevano in un battibaleno; invece
mezz'ora di una bambina di sei anni che si esibiva in pianti
ininterrotti era quasi atroce.
Riuscì a scaldare senza
particolari complicazioni il pranzo che Melinda aveva lasciato nel
frigo, avvisò George che presto avrebbero mangiato e controllò lo
stato emotivo di Agatha, che si era messa a colorare.
Il timer del
microonde suonò, Rory si avvicinò piano alla bambina,
- Ehi,
che ne dici di andare a chiamare tuo fratello? Qui metto in ordine
io.
Lei osservò il disegno colorato per metà.
- Non possiamo
mangiare in cucina? Così quando finiamo di mangiare lo continuo.
-
Ottima idea, preparo di là, vai a chiamare George.
Alzò il fuoco
sotto la padella di sugo che Melinda le aveva consigliato di non
scaldare in microonde, e apparecchiò la tavola.
- Ehi, Rory. -
osservò George, appoggiato allo stipite. - Mi sa che lì c'è
qualcosa che non va.
Si girò verso i fornelli, il sugo
scoppiettava con troppa violenza, allungò una mano per abbassare la
fiamma ma fu inutile, così fu costretta ad avvicinarsi per togliere
la padella, riempiendosi la sua bella camicia bianca di schizzi
rossastri.
- Dannazione! - si lamentò, strofinandosi con un
tovagliolo cercando di ignorare le risa dei bambini.
Eh sì, era
stata una genialata mettersi una delle sue camicie più belle per
andare a fare la baby sitter, ma sul momento non ci aveva pensato.
Era irrimediabilmente sporca, così dopo aver riempito i piatti di
George e Agatha frugò nella sua borsa in cerca di un cardigan che
era sicura di aver messo lì, nella confusione del mattino.
George
adocchiò il volantino,
- Ehi, ci andiamo? - disse, sfilandolo
dalla borsa.
Rory glielo prese, indispettita.
- Dovresti essere
grande abbastanza per capire che non è educato mettere le mani nelle
borse della gente.
- Dai, ne ho sentito parlare a scuola: è una
caffetteria enorme, il retro è pieno di videogiochi, tutti i miei
compagni ci andranno!
Rory osservò con scarso interesse il
volantino: il locale era descritto come l'unione tra una caffetteria
vecchio stile e una biblioteca, con annessa sala giochi. Avevano
davanti a loro tutto il pomeriggio, tutto sommato andare lì avrebbe
fatto passare più velocemente il tempo; inoltre per l'inaugurazione
era prevista una lettura di fiabe per i bambini più piccoli: anche
Agatha sarebbe stata sistemata.
- Ok, andiamo. - accordò,
chiedendosi come mai fossero rimasti impassibili alla notizia,
silenziosi ad osservare i loro piatti. Prese una forchettata di
pasta, - Porca miseria, è disgustosa: come può essere?
Rassicurata
dalle sue parole Agatha spinse via il piatto.
- Io non la mangio.
- decretò.
Rory nascose un sorriso,
- Forza, vestitevi: se ci
sbrighiamo possiamo mangiare lì.
Si fidò di George, che
aveva detto che sarebbero arrivati a piedi in cinque minuti, e così
non perse tempo a chiamare un taxi.
La strada fu più lunga del
previsto, tanto che Agatha a un certo punto si impuntò, dichiarando
che non avrebbe più camminato.
- Che stupida, si è messa le
scarpe nuove e le fanno male i piedi. - indovinò il fratello
maggiore.
Lei, sull'orlo di un nuovo pianto, mise il broncio.
-
Volevo essere carina! - gli rispose. Rory osservò gli angoli della
bocca in discesa libera, e gli occhi che stavano iniziando a farsi
lucidi.
- Vieni qui, manca poco: ti porto in braccio io. - le
propose, mentre Agatha si risollevava e le tendeva le braccia.
Il
locale era ad angolo su due grosse strade, dalle ampie vetrine si
intravvedevano gli arredamenti in legno chiaro, in stile coloniale,
affiancati da delle grosse poltrone in velluto damascato.
C'era
gente, ma non era strapieno, e di sicuro avrebbero trovato un tavolo
libero. Si fermò davanti ai gradini.
- Ora vai da sola? - chiese
alla bambina, pronta a metterla a terra, ottenendo un mogio “no” come risposta. - Non ti
preoccupare, stai con me. - le accordò, cercando di non guardare il
suo riflesso sgualcito e spettinato sulla porta a vetri: la giacca
era storta, la borsa stava scivolando lungo la spalla, e per finire
dei limbi della camicia macchiata di rosso stavano sfuggendo dalla
copertura del cardigan.
George, una volta dentro, adocchiò subito
la porta che conduceva alla sala giochi.
- Posso andare? Adesso
forse c'è meno gente, e posso giocare tranquillo.
Rory, per nulla
intenzionata a discutere, gli fece un cenno del capo con la testa:
per lei era lo stesso.
- Hai i soldi per i gettoni? - gli chiese,
mentre si avviava a un tavolino accanto alla finestra.
- Per chi
mi hai preso? Ho dodici anni, prendo la paghetta. - ribatté lui,
prima di scomparire.
Sorrise debolmente ad Agatha, che si era
infilata accanto a lei nella poltrona e stava scuotendo le spalle
all'affermazione del fratello.
- Straniera, sei venuta allora!
Il
ragazzo del taxi era accanto a lei, con in mano un blocchetto.
Rory
gli riservò un sorriso tirato, aveva sperato vivamente di non
incontrarlo.
- Non avevo capito che facevi il cameriere qui. - gli
disse.
Lui rise,
- Veramente il locale è mio, bel tentativo di
mettermi al mio posto, non abbastanza newyorchese però.
- Da
quello che so io è un po' anomalo definirsi newyorchesi e poi aprire
un locale fuori da Manhattan.
- Questa mi è piaciuta, solo per
te oggi caffè gratis. - disse, facendole l'occhiolino.
- Non era
sul volantino?
Il ragazzo finse di ignorarla, aprendo il block
notes.
- Allora, Straniera, cosa porto a te e alla bambina?
-
Due cheesburger, e due porzioni di patatine.
Lui scarabocchiò
veloce.
- Arrivano in un lampo. - Si girò verso il bancone, -
Jess, porti del caffè al tavolo cinque? A lei non lo mettiamo sul
conto, mi raccomando. - Sghignazzò.
Rory sbuffò, alzando un
sopracciglio verso Agatha che la guardava dubbiosa.
- Lo conosci?
- le stava chiedendo.
- No, per mia fortuna; ci siamo solo
incontrati stamattina sul taxi, mentre venivo da voi.
Nda: devo essere un bel po' insicura su questa storia, se invece dell'immagine che avevo preparato per il capitolo ci piazzo Rory e Jess.
Il fatto è che io stessa, probabilmente, nel mettermi a leggere una storia su di loro due finirei per torcere il naso se di Jess neanche l'ombra; d'altro canto ho una precisa idea su come e perché andranno le cose e quindi questa introduzione era necessaria.
Si è capito che sono insicura su questa storia?
Innanzitutto se avete letto fino a qui vi ringrazio, e vi prometto che domani posterò un altro capitolo con Jess più presente (avete notato chi chiama nell'ultima battuta il ragazzo del taxi?).
Non è mia intenzione allungare il brodo, ma voglio scrivere tutto bene, e quindi il loro primo incontro non sarà esattamente simile alla foto sopra al capitolo, rimarranno su toni più tranquilli, anche perché, poi nella storia verrà specificato, sono passati cinque anni dal loro ultimo incontro, a Philadelphia.
Però, come ho scritto sopra, io sono Literati sin dalla 2x05, quindi fate voi due più due, il loro momento arriverà.
Un paio di cose (lo so, questa nda è eterna u_u) so di avere un'altra storia in stand by, ma volevo cambiare fandom e prendere una boccata d'aria fresca, prima di continuarla; infine so che ho promesso una revisione di Bloccati dalla Neve, l'altra mia storia su Rory e Jess, (se non l'avete letta non fatelo, per il momento: è del 2005 e NECESSITA di una revisione) ho iniziato a riguardarla, ho guardato qualche video su loro due e bam, niente più voglia di revisionare volevo solo scrivere.
E quando ci si sente così bisogna proprio farlo, no?
Vi lascio con l'immagine del capitolo, perché se siete arrivati fino a qui avrete capito che la storia è su Rory e Jess, indipendentemente da chi ho messo.
Ps so che queste immagini non sono tecnicamente belle, e so che non ce le si aspetterebbe da una ventottenne, d'altro canto sto iniziando solo ora a imparare come si fanno,
e mi diverto un mondo, ergo per un po' allieterò le mie fic con queste aberrazioni :-P tiè
Pps il titolo della fic l'avete riconosciuto? 3x08, vi dico solo questo.