Do you
remember the time i knew a Girl From Mars?
I don't know if you
knew that.
Oh we'd stay up late playing cards,
Henri Winterman
Cigars.
Though she never told me her name
(A
girl from Mars, Ash)
- Non pensavo fosse passato così
tanto tempo dall'ultima volta in cui ci siamo visti. - osservò una
voce, beffarda, accanto a lei.
Rory spalancò gli occhi,
riconoscendola.
- Jess, - disse, sorpresa, passando veloce i
capelli dietro alle orecchie, per sistemarli un po'. - che ci fai
qui? Oh, no, - continuò poi, capendo l'equivoco, - lei non è mia, è
la figlia di una collega, mi ha chiesto di tenerla, oggi. - spiegò,
sperando di non sembrare a disagio.
Davanti a lei c'era proprio
Jess, con la caraffa del caffè in una mano, esattamente come se lo
ricordava. Ovvio, più grande. Si costrinse a respirare, stava
inspiegabilmente farneticando anche con il pensiero. E Jess
sogghignava.
Nascose la macchia del sugo sulla camicia allungando
il cardigan, mentre lui le versava il caffè.
Prese coraggio e cercò di dominare l'imbarazzo,
- Lavori qui? Non
eri a Philadelphia? - gli chiese.
- Aiuto un vecchio amico: lui aveva
bisogno di un socio e io di cambiare aria, per continuare a
scrivere.
- Oh, certo. - Avrebbe voluto
continuare, ma lui le fece un cenno con la testa e si avvicinò ad un
altro tavolo.
- E lui, lo conosci? - le chiese allora Agatha.
Rory
osservò Jess Mariano.
- Lo conoscevo. - rispose.
George era passato di lì tra una
partita e l'altra, a mangiare, vantandosi dei suoi punteggi
mirabolanti, e intorno alle tre Agatha sgattaiolò nell'angolo dove
si teneva la lettura delle fiabe, lasciandola sola con una tazza
piena di caffè sul tavolo e in mano un libro recuperato su uno
scaffale.
Lo aprì, chiedendosi distrattamente quanto avesse
influito la presenza di Jess in quell'aspetto della caffetteria.
Rick tornò dalla pausa,
- Tocca a te, Mariano. - disse,
prendendo il suo posto dietro al bancone.
Jess scaldò un panino,
facendo scorrere lo sguardo sulla sala.
Dire che l'aveva vista
non appena era entrata era riduttivo, si era accorto di lei fin da
quando stava salendo i gradini del locale.
Non sapeva cosa
pensare, ma era stato strano, vederla così, pensarla mamma di una
bambina. Eppure, pur con i capelli in disordine e l'aspetto
scarmigliato, quella versione di Rory gli era in qualche modo più
famigliare di quella patinata che aveva conosciuto ad Hartford, o
quella che aveva incontrato a Philadelphia.
In fondo le donne
erano tutte uguali: coglile impreparate e troverai delle ragazzine, e
così era successo, Rory aveva iniziato a blaterare velocemente,
imbarazzata, proprio come quella ragazzina che si ricordava.
- Che
fai, non vai a mangiare?
Si versò un bicchiere di birra, prese il
piatto e scese dal bancone.
- Sto andando, faccio compagnia a una
vecchia conoscente.
Appoggiò il piatto al tavolo di Rory,
immersa nella lettura.
- In effetti, penso che se tu avessi avuto
una bambina lo sarei venuto a sapere, in un modo o nell'altro. -
disse, indifferentemente.
Rory sollevò lo sguardo dal libro,
-
Suppongo di sì. - si limitò a dire, stupita nel trovarselo di
fianco.
Dal loro primo incontro era andata in bagno, sistemandosi
la coda e aggiustandosi la camicia sotto al maglione, detestava
averlo fatto ma si sentiva meglio, non più trasandata.
Sperò
comunque che l'occhio di un uomo, meno attento ai dettagli, non ci
avesse fatto caso.
- Allora, ne è passato di tempo dall'ultima
volta. - disse lui, prima di dare un morso al suo panino. Rory
appoggiò il libro sul tavolo.
- Luke sa che sei il socio di una
tavola calda?
- Questa è una caffetteria, - la corresse, con la
bocca piena, - ed è una cosa temporanea, mi devo pur mantenere.
-
Pensavo che avessi trovato un buon ambiente a Philadelphia.
- Alla
fine mi sono stufato di tutti quegli intellettualoidi. - sbuffò,
mandando giù il boccone con un sorso di birra. Rory ne approfittò
per studiarlo: si muoveva come se non ci fosse imbarazzo tra di loro,
come se il loro ultimo incontro non si fosse risolto in maniera
disastrosa. A tal proposito una frase le premeva la gola, da quando
l'aveva visto.
- Alla fine io e Logan ci siamo lasciati.
- Quel
tipo? - chiese Jess, continuando a mangiare, come se in fondo la cosa
non gli interessasse più di una dissertazione sul tempo o sulla
politica locale di Stars Hollow.
- Esatto, quel tipo. Ci è
voluto un po', ma alla fine ci sono arrivata.
Non sapeva che cosa
si era aspettata, probabilmente non di vederlo continuare a
mangiare.
- Quindi, a parte la baby sitter, cosa fai?
- È una
cosa estemporanea, solo un favore a un'amica. Lavoro all'Observer
-
L'Observer? Una nuova Candance Bushell?
Le sfuggì un sorriso,
-
Sezione politica. Non è e non sarà mai il Times, ma viene letto da
migliaia di persone. - si difese.
Il ragazzo del taxi si avvicinò
al loro tavolo,
- Ehi, Straniera, se sapevo che conoscevi Jess ti
avrei offerto un altro caffè gratis.
- Veramente sul volantino
non c'erano limiti di quantità. - obiettò lei.
- Sono scritte
molto in piccolo. Ma faremo un'eccezione, per te.
Jess si
intromise,
- Quindi sarebbe lei, la tua straniera? - sogghignò,
osservandola.
Rick rise,
- Esatto, non è tenerissima? Così
provinciale! - commentò, sapendo di innervosirla. Rory sbuffò,
quando anche Jess la prese in giro.
- Gira voce che abbia uno
sguardo glaciale, non ti conviene stuzzicarla. - disse, strizzandole
l'occhio.
- Se trattate così i vostri clienti vi ritroverete in
un attimo sull'orlo del fallimento. - sentenziò, cercando di
mantenere un cipiglio distaccato che provocò solo delle altre risate
trattenute non troppo abilmente.
- Comunque lei è Rory, e lui è
Rick. Rick, il tavolo tre continua a guardare in questa direzione,
vorranno ordinare.
Il ragazzo guardò oltre la sua spalla, con
scarso interesse,
- Ci penserà Darla, deve guadagnarsi lo
stipendio. - ribatté, noncurante.
- Darla è al banco. - disse
Jess.
Rick scrollò le spalle,
- Mariano, se mi ricordo bene le
bionde e le rosse sono le tue, a me le castane e le brune; quelle con
i capelli dal colore improbabile ce le giochiamo a
carta-sasso-forbice. E guarda caso: quelle sono bionde e io sono al
tavolo con una castana.
- Ma, guarda caso, io sono in
pausa, quindi tocca a te. E poi potrebbero essere le nostre madri,
non fanno testo.
Rick si allontanò,
- Non fare lo schizzinoso,
quante storie...
Rory aveva assistito allo scambio di battute
leggermente imbarazzata, trovandolo in qualche modo fuori luogo.
-
Non siete un po' cresciuti per queste storie? - si limitò a dire,
ottenendo un ghigno divertito in risposta. Jess fece un altro sorso
di birra, e fece scivolare il libro sul tavolo verso di lui.
-
Vediamo cos'hai pescato, signorina Gilmore.
Non si sarebbe mai
aspettata, a dieci anni dal loro primo incontro, di ritrovarsi ancora
una volta a discutere su Hemingway con Jess.
- Com'è possibile
che, dopo tutto questo tempo, tu non ammetta che lo metti su un
piedistallo?
Lui scosse la testa,
- Com'è possibile che tu,
dopo tutto questo tempo, non lo abbia mai affrontato seriamente.
-
L'ho affrontato, più volte, e secondo me non è uno scrittore
visionario, alla fine della fiera non vedo perché dovrebbe essere al
di sopra di molti altri!
Jess si passò una mano sul mento, e si
appoggiò allo schienale.
- Torno al lavoro, Rory, è stato un
piacere. - disse, alzandosi.
Si ricordò che la loro conversazione
non era nulla di più che una pausa pranzo, si spostò leggermente
per permettergli di uscire agilmente. Deglutì, cercando qualcosa da
dire.
- Batti in ritirata, eh? - lo provocò poi, non sapendo bene
come salutarlo. Jess si fermò, nascondendo un sorriso, allungò la
mano verso uno scaffale e prese un libro.
- Leggi questo, occupa
bene il tuo tempo. - le disse poi, semplicemente.
La lettura
delle fiabe era finita, Agatha tornò al tavolo decretando che voleva
tornare a casa, a guardare un film. Rory guardò l'orologio, erano le
cinque, erano quasi quattro ore che erano lì.
- Vieni, andiamo a
chiamare George. - disse, porgendole la mano.
Era stato uno
strano pomeriggio, e doveva ammettere che la parte più strana stava
nel trovarsi costantemente a meno di dieci metri di distanza da Jess.
Una parte di lei era curiosa di studiarlo, di capire come era
diventato, era interessata a guardarlo muoversi, vederlo parlare con
la gente; ma l'altra parte le ricordava bruscamente che quello era
Jess, non un vecchio amico, sentiva che avevano qualcosa in sospeso e
allo stesso tempo si rifiutava di ammetterlo, considerando la cosa
incredibilmente patetica da parte sua.
Erano passati cinque
anni, da Philadelphia; pensare a qualcosa in sospeso tra di loro
era stupido.
Raggiunse la zona videogiochi, notando subito il
ragazzo del taxi, Rick, impegnato in una sfida su un simulatore di
guida con un ragazzino, circondati da un gruppetto nel quale
riconobbe George.
Quindi, se Jess aveva pensato alla libreria lui
aveva pensato a quello.
A notare dai ragazzini che affollavano
quella zona, e dall'andirivieni della gente nel bar che aveva constatato
mentre era seduta, probabilmente la loro alla fine era una buona
idea.
- George! - disse, cercando di sovrastare il rumore delle
musichette con la sua voce, - andiamo: sono le cinque passate.
Rick
si intromise,
- Straniera, prima regola: mai disturbare un uomo
che sta giocando la partita della vita. - disse, non distogliendo lo
sguardo dallo schermo.
- Veramente io parlavo con George. -
ribatté Rory, infastidita.
- Non ti innervosire, arrivo subito! -
continuò Rick.
Rory fece un cenno a George, che rapito osservava
la sfida, e le si avvicinò senza mai staccare gli occhi dallo
schermo.
- Per te oggi basta videogiochi. - borbottò lei, con un
cipiglio che non sapeva di avere.
Rick colse l'osservazione,
-
Ehi, mammina, - disse, ironico, - e così sei capace di sfoderare gli
artigli, eh?
Satura della sua vicinanza Rory strinse la mano di
Agatha e spinse George fuori dalla sala.
- Non ti è venuto mal di
testa a stare chiuso lì dentro per tutto questo tempo? - gli
chiese, mentre camminavano verso la cassa.
- Per niente, -
commentò George, restio ad andarsene, - quel posto è un paradiso e
Rick è un figo.
La ragazza alla cassa, con un piccolo anello
sulla narice e un'improbabile coda striata di viola, si appoggiò al
bancone,
- Prendi nota, ragazzino: inizi ad essere un po' grande
per uscirtene fuori con questi commenti senza essere frainteso. E poi
Rick è un coglione.
- Ma è bravissimo a GTA, il migliore che io
abbia mai visto! - protestò lui.
- Appunto, è più vicino ai
trenta che ai venti: è un coglione. - disse, iniziando a battere il
conto, mentre Jess se la ghignava.
- Ha provato a portarsela a
letto. - spiegò a Rory, con il labiale.
- Questo prima di carta
sasso e forbice. - si intromise Rick, spuntando dietro di loro. -
Capelli viola, ricordi? Carta-sasso-forbice. - disse poi a Rory. -
Beh, cos'è questa fretta, già a casa, Straniera? Non ti posso
nemmeno offrire un ultimo giro di caffè?
- Nonostante il caffè
di Luke mi sia mancato terribilmente, e sì, Jess, me ne sono accorta
che è come il suo, devo andare: loro sono stanchi e io ho una bozza
da correggere. - si avvicinò all'uscita, poi si girò verso di Jess,
non sapendo bene come salutarlo. - Quindi... ci si vede, prima o poi,
no?
Fu quello, il primo momento, una frazione di secondo in cui
gli occhi spaesati di Rory si trovarono in quelli di Jess, che
trasmettevano quella stessa strana malinconia nel salutarsi. Rory la
vide, anche se fu un lampo, e una piccola parte di lei si sentì
capita.
- Certo, mi trovi qui: non ci mettere degli anni, prima di
tornare.
Gli sorrise, come rinfrancata.
Guardò Agatha, le le
porgeva le braccia.
- Ti prego, mi fanno male i piedi! -
piagnucolò, mentre il fratello commentava:
- Stupida
poppante.
Rory fece cenno a George di non insistere, ancora
scottata dall'infinita crisi di pianto della mattina, si fece forza e
si abbassò per prenderla in braccio, sospirando dallo sforzo mentre
si rialzava.
- Ok, andiamo. - disse, rivolta ai due bambini.
Sentì
i passi rimbombare sulla pedana in legno dietro al bancone,
-
Aspetta, Rory. - la fermò Jess, - vi accompagno io.
Si voltò verso di
lui, il secondo momento, un'espressione momentanea, quasi volesse
veramente accompagnarla; stare ancora un attimo insieme.
Rick le
prese Agatha,
- Stai qui, Jess, ci penso io: ho visto dove abitano
i bambini, non ti preoccupare. - disse, uscendo con la bambina in
braccio.
Rory si voltò verso Jess, ancora spaesata, ma lui le
disse, semplicemente:
- Vai, no? - come se una soluzione o l'altra
non gli cambiasse.
Forse si era sbagliata, forse aveva desiderato
interpretare il suo viso in modo da trovarvi qualcosa di simile a
quello che provava lei, una nostalgia di tutto quello che, durante la
pausa insieme, avevano solo spolverato.
Chiuse la porta della
caffetteria dietro di sé, nelle sue orecchie solo il campanello che
suonava.
Nda: Ecco il secondo capitolo: non mi
sembrava carino tenere Jess lontano da questa storia troppo tempo, e il
capitolo era pronto, così come promesso l'ho pubblicato oggi.
Ringrazio le persone che hanno letto il primo, sperando che mi abbiano dato fiducia e leggano anche questo ;-)
Sono curiosa di sapere le vostre opinioni, questa storia mi sta
divertendo, era da un po' che non mi immergevo nell'universo Gilmore e
ci sto prendendo gusto, spero che vi piaccia e che la seguirete!
Piccola nota: non sapevo che gioco di guida far nominare a George e
così gli ho fatto dire GTA, non so se ci sia anche la versione
per la sala giochi...
Vi lascio, i prossimi capitoli sono pronti ma me ne tengo sempre
qualcuno di margine, onde evitare di non riuscire a rispettare gli
aggiornamenti settimanali che mi prefisso, a causa lavoro.
Ps anche la canzone che dà il titolo a questo capitolo viene da una scena topica per i Literati, la riconoscete?
- Buonanotte Dodger!
- Dodger?
- Vediamo se lo sai...
- Oliver Twist.
(Una mamma per amica, s02e05)