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Autore: daemonlord89    16/01/2013    4 recensioni
Due avvenimenti lontani tra di loro: l'omicidio di un vecchio precettore, che aveva scoperto qualcosa che doveva restare nascosto e il ritorno di un'antica minaccia sepolta tra i ghiacci. Apparentemente scollegati, i due fatti si riveleranno tasselli di un unico, mortale puzzle.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La trilogia dell'Angelo Nero '
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PROLOGO
-Scoperte-

 

---Biblioteca di Landam---
---Notte---

 

Il libro si chiuse. Le sue pesanti pagine nascosero ancora una volta ciò che vi era impresso. Il tonfo generato dalla copertina rilegata in cuoio poteva benissimo essere paragonato al tonfo dei pensieri del vecchio, che premevano sul suo cuore. L'uomo si fermò a riflettere per un attimo, osservando la candela che era ancora accesa di fronte a lui. Era l'unica luce rimasta, ormai, in quella notte oscura. Gli enormi scaffali, colmi di libri risalenti ad ogni epoca, sembravano incombere su di lui come una minaccia.
Incredibile, pensò. Mai avrei immaginato un rischio tanto grande...
Qualche giorno prima il governatore di Landam, di cui era stato il precettore, gli aveva affidato un importante incarico: avrebbe dovuto cercare qualsiasi informazione relativa ad un preciso luogo, un sito archeologico non molto distante dalla cittadina. Ignorava il motivo di quella richiesta, ma aveva acconsentito volentieri, se non altro per fare un favore al suo allievo ed amico. Ora, però, capiva l'orrore che si nascondeva dietro a quel ritrovamento.
Il termine ultimo della ricerca era l'indomani, ma l'urgenza lo fece alzare di scatto dall'imponente sedia, che rovinò a terra facendolo sussultare con lo schianto.
Mentre camminava verso la porta, intravedendo la debole luce della luna, le sue mani tremavano. Dalla paura.

 

D'improvviso, un rumore alle sue spalle lo fece voltare. Dallo spazio tra due scaffali alla sua destra uscì una figura umana, di media altezza. Non riusciva a vedere nulla del suo volto, ma riconobbe chiaramente una spada sul fianco sinistro.
Oddio. Non mi sono accorto di niente. Era già qui. Già qui! Mi ha osservato mentre leggevo, sicuramente sa che cosa ho scoperto!
Afflitto da quei pensieri il vecchio si girò nuovamente, pronto a scappare, ma una seconda figura si parò di fronte a lui, bloccandolo con una forte presa sulle spalle. Il dolore lancinante lo costrinse ad inginocchiarsi, e gli fece lacrimare gli occhi.
Dunque erano due gli aggressori. Era così assorto nella lettura da non rendersi conto dell'intrusione? Brutalmente, venne raggiunto anche dal secondo uomo, lasciato alle sue spalle, che gli tappò la bocca con un panno in modo che non potesse urlare. Lo portarono a ridosso di una parete, in fondo alla biblioteca ed oltre il tavolo sul quale ancora troneggiava il pesante tomo di storia.
Mentre tremava sempre di più, sentì i passi di una terza persona. Costui non si preoccupò nemmeno di spegnere la luce; non gli importava di essere riconosciuto e, il vecchio lo sapeva, ciò poteva significare solamente una cosa.

“Ci sono segreti su cui non si dovrebbe indagare.” esordì l'uomo, chinandosi ad osservare il vecchio in faccia, con un ghigno malefico sul volto. L'anziano lo riconobbe, e nei suoi occhi si accesero lo stupore e l'incredulità di chi vuole rifiutare l'evidenza ad ogni costo. Mugugnò, e il suo aguzzino riuscì ad intuire la domanda, smorzata dal panno.
Perché?
“Perché, mi chiedi?” rispose, cominciando a camminare in cerchio come se stesse riflettendo sulla risposta da dare. Dopo qualche secondo, tornò a fissare il precettore.
“Perché è giusto così. E' tempo di cambiare il mondo. E non sarai tu ad impedircelo.”
L'ultima cosa che l'uomo vide fu lo scintillio della lama illuminata dalla candela, prima che la stessa venisse spinta in profondità nella sua gola. La morte fu rapida ed indolore.

“Ora tocca a te.” disse il capo dei tre uomini, voltandosi verso un angolo buio. Da questo sbucò una creatura che suscitò timore in entrambi i suoi compagni, che pure erano abituati alla sua vista, dato che viaggiavano da qualche tempo insieme a lei.
Si trascinava sulle due zampe posteriori, come un uomo, ma queste erano molto piccole, sproporzionate, e assumevano delle angolature quasi impossibili mentre il mostro avanzava. Il corpo era nudo, muscoloso e ricoperto da una pelle traslucida che permetteva di vedere gli organi interni. La cosa più inquietante, però, era la testa, situata alla fine di un lungo collo e simile ad un teschio, con la pelle tirata sulle ossa, le orbite vuote e la bocca senza labbra perennemente aperta.

Il capo si spostò di lato, per far passare la creatura, che si avvicinò al corpo dell'anziano. Si chinò su di esso e cominciò ad operare, emettendo il suo caratteristico verso, a metà tra l'urlo di dolore di un uomo e l'ululato di un animale feroce. Quel lamento fece gelare il sangue a tutti e tre gli uomini.
La creatura mosse le braccia ritmicamente a cerchio, mentre il cadavere si scomponeva in piccoli frammenti luminosi, che vennero assorbiti dalle fauci della creatura. In breve tempo, del morto non rimase più nulla.
La seconda fase del compito della creatura iniziò in una nube di oscurità, che la ricoprì integralmente, nascondendola alla vista. Quando il buio innaturale si dileguò, fu l'anziano precettore del governatore ad alzarsi e a voltarsi verso il capo degli assalitori.
“Ottimo lavoro, Greshen.” disse questi.
“Oh, non chiamarmi così, mi raccomando.” rispose la creatura trasformata, con la voce dell'uomo a cui aveva rubato l'identità “Ora sono Alken.”
“Giusto, meglio non fare errori.” concordò l'altro “Allora, sei pronto per la prossima fase del nostro piano?”
“Ovviamente sì.”.

 

---Theros, Regione dei Ghiacci Eterni---
---Crepuscolo---

 

I passi dei due uomini in armatura pesante risuonavano forti nei corridoi vuoti che conducevano alle stalle della fortezza. Procedevano entrambi spediti, nei limiti consentiti dal loro equipaggiamento: si trattava di divise identiche, armature in piastre di colore dorato, decorate con il simbolo che, in quel momento, vedevano ad intervalli regolari molto brevi sulle pareti del corridoio. Il Sole dei Guardiani.
“Pensi che sia vero?” chiese il più giovane dei due, ansimando leggermente.
“Ne so quanto te.” rispose l'altro “So cosa speri, è la stessa cosa che spero anch'io: un errore nei rilevamenti. Ma sai anche che i nostri maghi sono esperti, ed è raro che si sbaglino.” L'ultima frase era stata aggiunta dopo un breve silenzio, che stava ad indicare la riflessione dell'uomo circa i possibili risvolti della faccenda.

Uscirono da una doppia porta in pietra, anch'essa decorata con il Sole, accedendo ad un cortile molto vasto con degli edifici sulla loro sinistra. Si diressero subito lì, per recuperare i loro cavalli.
Lo stalliere li salutò con un cenno del capo e con un flebile sorriso, tradendo l'agitazione che anche lui provava. Tutti, alla fortezza, avevano ricevuto l'ordine di stare in allarme e di prepararsi alla battaglia, qualora i sospetti si fossero rivelati fondati.
Montando sui cavalli, l'uomo più anziano terminò il discorso iniziato all'interno, mentre spronava l'animale.
“In ogni caso, dobbiamo andare a controllare, non è possibile ignorare un rilevamento del genere.”
“Già. Dopotutto, è per questo che siamo nati, no?” rispose il compagno, con un'espressione quasi sarcastica sul volto.
Il veterano sapeva cosa significasse. Aveva provato le stesse emozioni anche lui, quando aveva la sua età. La sensazione di essere solo uno strumento.
Stando alle storie che venivano narrate all'interno della fortezza dei Guardiani, l'ordine era stato fondato secoli prima da un gruppo di maghi, che aveva avuto un ruolo importante in una qualche guerra di cui, oramai, si erano perse quasi tutte le informazioni. Da allora, un codice ferreo aveva isolato i suoi membri in quella regione gelida, lontana da tutto e da tutti.
La sede dell'ordine era composta da un villaggio di circa millecinquecento persone e da una fortezza, dove i bambini che nascevano sani e forti venivano portati in tenera età per essere sottoposti ad un duro addestramento, fisico e mentale, in vista di una possibile terribile minaccia; quel giorno, quella possibilità si stava concretizzando.

 

Mentre rimuginava su tutto quello, il veterano non si accorse quasi che erano entrati nel bosco di Kelden, una macchia d'alberi situata a sud-ovest della fortezza, né di un'importante traccia che, invece, fu prontamente notata dall'altro uomo.
“Ferren!” chiamò questi. Ferren fermò il cavallo, che si impennò con un nitrito. “Che c'è, Hayst?”
“Guarda là.”
Il guardiano volse lo sguardo nella direzione indicata dal compagno, intravedendo tra gli alberi un oggetto di legno. Si avvicinarono entrambi con circospezione, arrivando ad identificare la ruota di un carro. Il montante era spezzato, segno che la ruota era stata sbalzata via da un impatto contro un albero.

Dannazione, pensò Ferren, cosa può aver portato il conducente ad uscire dalla strada principale?
I due Guardiani smontarono da cavallo e, in silenzio, procedettero nella direzione presa dal carro, chiaramente indicata dai solchi nella neve lasciati dalle tre ruote rimaste.

Quando arrivarono ad una piccola radura naturale, poco più avanti, Ferren si gettò subito con le spalle a ridosso di un albero, indicando al compagno di fare altrettanto. Quando furono in posizione, il Guardiano indicò dietro di sé.
Hayst, voltandosi leggermente, vide che il carro aveva terminato la sua corsa in quel luogo, sbandando e capovolgendosi. Le merci che trasportava erano sparse un po' ovunque, colorando la neve delle tinte vivaci dei tessuti.
I due uomini, però, non stavano guardando quello. La loro attenzione era focalizzata su due figure, al centro della scena. Uno dei due era, con ogni probabilità, il conducente del carro. Le sue gambe erano chiaramente visibili, prive di moto proprio ma animate a scatti a causa della seconda figura, che si trovava nella linea visiva tra il torace dell'uomo e i due compagni nascosti tra gli alberi.
La creatura era china sull'uomo; la sua pelle sembrava di pietra, completamente grigia. La figura era vagamente umana, ma con lunghi artigli al termine di piedi e mani, che raschiavano neve e ghiaccio. La testa, dotata di corna ricurve, si alzava e abbassava ritmicamente. Il rumore di mascelle era inequivocabile: stava divorando il conducente.

Ferren ed Hayst si guardarono ed annuirono. Negli anni trascorsi insieme alla fortezza avevano sviluppato un legame naturale, che permetteva loro di coordinare le azioni di battaglia senza dover nemmeno parlare. Il più giovane si voltò nuovamente verso la radura e incoccò una freccia nel suo arco. Doveva essere veloce, sparare e poi sfoderare la spada. Quando il dardo colpì la pelle della creatura, questa ebbe una reazione istantanea. Si voltò verso chi gli aveva sparato, lanciando un grido terribile, acuto, e incendiandosi. Era quella l'impressione che dava, quando delle sottili pieghe nella pelle cinerea, invisibili se non dopo un'attenta analisi, cominciarono ad illuminarsi di un rosso vivo, riempiendo il mostro di striature. Dalla sua bocca spalancata guizzò una lingua puntuta, mentre si lanciava alla carica.
Nell'impeto della corsa, però, l'essere non si accorse in tempo di Ferren, che uscì dal suo nascondiglio con una rotazione, colpendolo alle gambe con lo spadone e facendolo inciampare.
Hayst, che aveva lasciato cadere l'arco ed equipaggiato la sua spada in una frazione di secondo, infilzò il mostro in corrispondenza del cuore. La creatura si agitò per qualche secondo, strillando, e poi si spense, in tutti i sensi. La pelle tornò ad essere grigia e, quando il Guardiano strattonò la spada per liberarla, l'intero corpo si sgretolò come roccia.
I due compagni si guardarono.
“Era proprio...?” chiese Hayst, lasciando in sospeso la domanda.
“Sì.”
“Cosa si può significare?”
“Non so. Spero quello che speri tu, che si sia trattato di un caso isolato, di un impulso attribuibile solo a questo esemplare, che l'ha spinto qui. Altrimenti...”

Non terminò la frase. Non ne aveva bisogno. Sapevano entrambi quali fossero le parole non dette.

Altrimenti sarebbe la fine di tutto ciò che conosciamo.

 

   
 
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