Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Scream_Out_Loud    16/01/2013    14 recensioni
Molte cose cambiano nella vita degli adolescenti che crescono e diventano adulti.
Seguito di Believe In Me;
Payphone: Una relazione a distanza, tanti problemi, tante gioie, tanti viaggi, amici che vanno, amici che vengono, fantasmi del passato che ritornano. Un sogno, una scuola, una carriera. E cinque ragazzi che affrontano quello che la vita gli mette davanti.
Genere: Commedia, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Believe In Me'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non esiste notte tanto lunga che impedisca al sole di risorgere.

Anonimo


La giornata seguente a scuola iniziò il programma intensivo che preparava all esame finale. Ero cosi agitata che nemmeno riuscivo a seguirlo il professor Hallers.

Era difficile rimanere attenti dopo il flash di ieri sera. Avevo lasciato tutto perdere. Volevo concentrarmi su di lui, come lui avrei dovuto fare da tempo e come lui già aveva fatto. Oggi volevo parlarne con Niall, mi avrebbe aiutato. Lui era la parte saggia del consiglio e io quella insana.

«MA SEI MATTA?!» sbraitò Niall non appena ebbi finito di esporre quello che avevo progettato.

«E L' ULTIMO ANNO DI SCUOLA?! Non pensi a quello a cui andreste incontro se tu lasciassi tutto proprio adesso?!» iniziava a gironzolare per la stanza, cosa che mi dava piuttosto sui nervi. Continuava a ripetere che era una follia. Anche se lo fosse stata penso che sarebbe stata la più bella follia che avessi mai potuto fare.

--


--

Era definitivamente impazzita, fuori di senno. Voleva sposarsi e andare a vivere all' estero come avevano fatto i suoi amici Louis e Amber dei quali mi straparla sempre. Loro però avevano un aiuto economico! Mi iniziai a preoccupare seriamente, non era una buona cosa quella che Katy avesse un piano. No, per niente, era la persona piu cocciuta e ostinata del mondo e non andava bene quando si metteva in testa qualcosa. Mentre mi disperavo lei mi fissava con quei suoi occhi profondi come l' oceano, leggermente su di giri perché la stavo facendo innervosire mentre giravo per la stanza.

Se avessero avuto i soldi non mi sarei preoccupato ma il punto era che Kat stava ancora finendo di studiare quello per cui aveva lavorato tutta la vita e smettere quest' anno avrebbe significato buttare tutto all'aria. Non volevo vederla distruggersi con le proprie mani, lei aveva aiutato me non potevo non fare lo stesso.

«Niall... - cercò di richiamare la mia attenzione - dimmi solo che tu mi starai vicino, ho bisogno di qualcuno vicino.» ammise sommessamente.

«No Katy... Non posso lasciarti buttare via tutto... Zayn se ne ricorda di questo?» chiesi.

«Beh non penso se lo dimentichi facilmente...»

«Lascia passare un po' di tempo... Questa primavera prima dell' esame o dopo glielo dirai...» proposi, lei mi guardava incerta. Poi con un gesto repentino portò la sua mano a stringere la mia, tesa verso di lei.

Sputai sulla mano, per fare vedere che cosi avremmo mantenuto entrambi la promessa. Io di starle vicino e lei di aspettare e essere ragionevole.
--


--

Erano passati due mesi da quando era iniziata la scuola per Kat, anche se ci sentivamo spesso tutt' e due eravamo cosi impegnate che chiamarci stava diventando una chimera. Non avevo più tempo. Ero una mamma che lavorava. Louis era spesso a casa con Jade, ce la alternavamo: lui la mattina e io il pomeriggio. Oggi dovevamo fare degli esami importanti. Era da qualche settimana che Jade accusava un forte mal di testa e dolori lancinanti. Ero dovuta rimanere a casa, avevo paura che potesse peggiorare e che avesse bisogno di cure estreme che non volevo adottare, non avrei mai voluto vedere mia figlia con dei tubicini attaccati al corpo. Mai e poi mai. Louis aveva preso il mio posto ma circa ogni ora mi chiamava per sentire come stava Jade. Proprio mentre stavo rispondendo al suo ennesimo messaggio della giornata Jade iniziò a gridare.

«Mamma!! Mi fa male!! Mi stanno spremendo il cervello!» piangeva, e mi faceva male vedere la mia bambina piangere. Con le poche forze che aveva anche i gridi erano sempre più soffocati. Trattenni le lacrime e corsi da lei.

«Jade andiamo ora dal dottore… non aspettiamo un minuto di più, vieni che ti metto il giubbotto» mi affrettai a vestirla bene, per poi correre in macchina verso l’ospedale.

Durante il viaggio Jade si calmò, quando mi voltai al semaforo la vidi dormire pacificamente. Mi rasserenai un po’, ma non rallentai e dopo poco raggiunsi la hall. Scesi dal fuoristrada e aprii la portiera per prendere Jade dal seggiolino, dormiva così profondamente che non si svegliò nemmeno quando la presi in braccio. Poi il suo visetto mi toccò il collo scoperto.

Era gelida.

Toccai il polso per sentire il battito, nessuna reazione. Avvicinai il naso al suo volto paffutello, non respirava.
Il cuore prese a battere all’impazzata, l’agitazione saliva.

«Jade? Jade rispondi alla mamma per piacere…» iniziai a singhiozzare a voce alta. Non si svegliava. Ancora con la bambina in braccio corsi dentro la hall gridando alle infermiere di aiutarmi che la bambina non respirava. Accorsero due donne in camice con una barella e la portarono in una stanzina. Io le seguivo intimando a Jade di non cedere. Mentre ci dirigevamo in sala di emergenza le tolsero il giubotto imbottito blu che le aveva regalato Louis lo scorso anno e la sciarpina rosa chiaro che ora stonava con la carnagione della mia bambina, sempre più pallida.

«Jade ti prego…» tentai di restare il più calma possibile mentre le facevano indossare una mascherina, senza che lei protestasse. Quando la barella entrò in sala di emergenza dovetti aspettare fuori, era inutile. Non potevo non piangere. Tenevo stretti la sciarpa e il giubottino che avevano ancora il suo odore. Quell’odore di fragola che a lei piaceva tanto. Ricordavo il suo visino sorridente e quelle fossette agli angoli della bocca che mi chiamavano “Mamma” e per un momento mi parve di sentire ancora la sua vocina dietro le mie spalle, chiamarmi da quella stanza che avrebbe deciso se l’avrei potuta vedere ancora.

Non passarono nemmeno cinque minuti che uno dei medici che qualche minuto prima erano entrati nella stanza uscii e mi chiese «E’ lei la madre di Jade Tomlinson?»

«S-Si…» balbettai asciugandomi la faccia con uno dei tanti fazzoletti che avevo usato in quel poco lasso di tempo.

«Mi dispiace veramente tanto…» mormorò a testa bassa

«Cosa è successo alla mia Jade?» balzai in piedi soffocando un grido di dolore all’altezza dei polmoni.

«Quando è entrata in sala non c’era già più niente da fare… il corpo era freddo, era già deceduta…»

«C-Come?!Perchè?!» gridai perdendo ogni controllo.

«Si tratta di una malattia rara, nessuno la può ancora spiegare, che colpisce i bambini entro il primo anno di vita, sua figlia è resistita fin per troppo tempo. I bambini muoiono nel sonno… L’unica cosa che posso dirle è che non ha sentito dolore, ha semplicemente smesso di respirare, condoglianze…» spiegò con calma inesorabile, cercando di fare perpetrare le sue più sincere condoglianze.

Mi chinai in avanti portando le braccia alla pancia, quella che per nove mesi aveva contenuto la bambina che ora nella stanza alle mie spalle non viveva più. Aveva smesso di respirare senza motivo, il suo, e di conseguenza anche il mio, destino era stato infausto e spietato.

Repressi dei gridi lancinanti che mi bruciavano dal cuore fino in gola. Il medico se ne andò lasciandomi sola in quel grigio corridoio, che lasciava spazio a dei graffi che laceravano l’aria.


--


--

Ero in azienda che compilavo varie pratiche per i nuovi modelli che dovevano uscire a fine stagione, ero preoccupato non ricevevo notizie da Amber… Quando guardai il display illuminarsi segnalando un nuovo messaggio. Mi chiedeva di correre in ospedale, non aveva nemmeno messo i segni di punteggiatura.. di solito emoticon e puntini abbondavano nei messaggi di Amber. Mi allarmai tanto che chiesi all’assistente di sostituirmi per un emergenza all’ospedale. Immaginai si trattasse di Jade. Mi fiondai in macchina, lasciandomi alle spalle il grande edificio vetrato. Dopo un quarto d’ora sentivo i miei passi affrettarsi ciottolando sul pavimento piastrellato lucido dell’ospedale.
Corridoio 1 Reparto E, con le luci spente l’ambiente aveva ancora un’aspetto più cupo.

«Amber!» chiamai notando una figura seduta per terra con le ginocchia al petto. La faccia oramai gonfia dal pianto. Non volevo
pensarci. Alzò gli occhi senza però avere la forza di muoversi. Non volevo crederci. Mi chinai su di lei abbracciandola stretta, e mentre lei riprendeva a piangere la sostenni anch’io con le mie lacrime. Mia figlia non c’era più…

Delle donne in camice uscirono dalla stanza dietro di noi, riuscii miracolosamente ad alzarmi, aiutando anche Amber a farsi forza.

«Possiamo vederla?» chiesi a un di quelle. Lei annuì col capo senza proferir parola, e ci aprì la porta. Amber si asciugò ancora le lacrime e si soffiò il naso più volte.

«Amore vieni?» le chiesi tenendola per mano.

«non ce la faccio» disse voltandosi dall’altra parte coprendo il viso con i biondi capelli lunghi, soffocava ancora i singhiozzi e stringeva al petto l’ultima cosa che le rimaneva di Jade. Rimase a fissare il vuoto cercando di fare cessare i suoi occhi e il suo cuore dal piangere.

Entrai, la mia piccola giaceva senza vita su quella brandina. Il volto era pallido ma lei sembrava più viva che mai. Viva come i ricordi che ci porteremo sempre appresso. Il suo corpo candido come la neve, come non lo era stato mai. Le mani sembravano ancora morbide come quando l’anno scorso con quei salsicciotti mi prendeva un solo dito. La sua bocca non era più scarlatta, come quando la sua vocina risuonava nella nostra casa vicino alla spiaggia, quando piangeva perché era caduta. I suoi occhi erano chiusi, la pelle soffice come quando nella culla dormiva, le poche volte che ci dava tregua. Ora però tutto quello era solo un bel, bellissimo ricordo. Come se tutto fosse stato parte di un sogno. La gioia ci aveva portato più in alto del più grande grattacielo di New York, e ora dovevamo dimenticare tutto come se fosse stato frutto della nostra immaginazione, il dolore però era reale.

Rimasi ad accarezzare le guanciotte che una volta erano rosate mentre ora lasciavano capire che non vi scorreva più sangue. Era finita. Dopo due anni e mezzo era finita. Troppo presto…



Il bambino nel ventre materno non è un essere distinto e separato, ma una sorta di prolungamento, sul quale vengono proiettati i desideri della madre, le sue speranze segrete, affinché si realizzino attraverso lui.

--

Era passato quasi un mese, era quasi dicembre e a Londra continuava a piovere senza lasciare spazio alla neve che doveva preparare al Natale. Eravamo ancora nel mese dei morti è vero ma speravo passasse presto, mi dava angoscia quel clima di Halloween. Avevo deciso, con l’aiuto di Niall, di aspettare più tardi a parlare con Zayn, quando si sarebbe di nuovo presentata l’occasione giusta. Stava finendo il primo quadrimestre e i voti andavano bene. Per una volta.
Ero appena tornata a casa, l’appartamento sporco come sempre. Dovevo pulire, ma mi stava seccando perché io tornavo e dovevo studiare. Dov’era Zayn?! La risposta arrivò immediatamente.

«Sono a casa!» gridò dall’ingresso, gettando come al solito giubbotto e borsa sul divano.

«Tesoro… - iniziai con tono abbastanza irritato quanto sarcastico – il nostro ‘nido d’amore’ è alquanto sporco… quando pensi di darmi una mano a pulire?»

«M-ma sono stanco…» cercò di obiettare.

«Anch’io Zayn ma non puoi lasciarmi fare da sola, devo anche studiare…» cercai di rispondere sommessamente.

«Vuoi dire che io non faccio abbastanza?!» scattò sull’attenti lui.

 «Non volevo dire questo!» ringhiai io.

«Si invece, stai dicendo che io non faccio niente che rimango in palestra con quelle racchie e non faccio altro che civettare!» gridò isterico. Rimasi perplessa.

«Davvero pensi questo?»

Lui portò le mani ai capelli, spettinandoli, per la prima volta in vita sua. Si sedette esausto sul divanetto in stoffa. Mi sedetti accanto a lui, portai una mano sulla sua gamba. Lui scattò e prese la mia mano.

«Ti prego non lasciarmi» supplicò.

Credevo di sapere cosa faceva Zayn al lavoro, ma la realtà era che non lo capivo affatto. Ero tremendamente dispiaciuta per questo.

«Non lo farò mai» sussurrai avvicinandomi a lui, lui staccò l’altra mano dal volto, lasciando vedere gli occhi leggermente lucidi.

Rimanemmo in salotto a coccolarci per qualche minuto, poi ci alzammo e iniziammo a riordinare la casa. Tra i vestiti e il pavimento da lavare passò un’ora e mezza, poi ci lanciammo entrambi sfiniti. Squillò il telefono. Lasciai Zayn sul divano accarezzandogli dolcemente la spalla e corsi a rispondere.

«Amber! Tesoro era tanto che non ci chiamavamo scusami!» iniziai non appena ebbi sollevato la cornetta.

«Si… - mormorò lei, non sembrava nemmeno la voce di quella meravigliosa ragazza solare che chiamavo Amber – volevo dirti una cosa…»

«Cos’è successo? - la interruppi ancora prima che finisse – state tutti bene? Jade? Louis? Tu?» iniziai a tempestarla di domande.

«Jade…» mormorò lei, lasciando trasparire dolore, dolore che percepivo nonostante gli 8759km che ci separavano.

«Cosa le è successo?» chiesi ancora esortandola a continuare.

«E’… Non è… - prese un respiro – è morta ieri pomeriggio» dichiarò infine. E sentii il suo soffio riempire la linea, poi sentii dei sottili gemiti e il tipico tirar su la saliva che cadeva dalle labbra quando il pianto ti coinvolgeva fino alla disperazione.

Ancora non realizzavo quanto mi avesse detto Amber. Ero più scossa dal suo pianto dall’altro capo del mondo, non avevo ancora compreso le parole. Era così forte quel termine… “Morta”.

Mi inginocchiai di fronte al letto, nello stesso punto dov’ero rimasta da quando avevo risposto al telefono. Portando una mano alla bocca per impedirmi di gridare, mi accasciai aggrappandomi alla sponda del letto e lì cercando di consolare la mia migliore amica che piangeva disperata, iniziai a sentire premere all’altezza del cuore, sentii che non c’era più spazio nella cassa toracica, mi sentivo i polmoni chiudersi quasi impedendomi di respirare.

«Amber, io-io non immaginavo… C-come è successo?» domandai tra un singhiozzo e l’altro.

«E’ morta e basta, non sanno perché… La chiamano morte bianca…Mentre dormiva…» incominciò a piangere sempre più forte e la immaginai accasciata a terra proprio come lo ero io, avrei voluto essere là per poterla consolare veramente.

«Prendo il primo aereo e arrivo, non voglio più sentirti piangere» esclamai ferma. Zayn arrivò in camera e sobbalzò vedendomi così, si abbassò e mi abbracciò caldamente. «Amber verremo tutti, non ti lasciamo sola sappilo, non lasceremo ne’ te ne’ Louis.»

Lei mi ringraziò con la voce spezzata e poi riagganciammo.

Guardai Zayn piangendo disperatamente.

«E’ morta Jade…» singhiozzai stringendogli la felpa e rannicchiando il viso nel suo petto.

«N-no… stai scherzando spero…» rispose con un espressione stralunata.

«No Zayn, la morte bianca…» gemetti nuovamente. Lui spalancò gli occhi, ma non disse più nulla, continuò a stringermi, dopo poco
sentii una goccia bagnarmi il dorso della mano, alzai gli occhi. Zayn stava piangendo.


--

Posammo una rosa bianca sulla piccola lapide. Così piccola e già aveva smesso di vivere. Sarebbe stata un’ ottima modaiola, come la madre. Mi sembrava ieri quando lei prendeva il foulard rosa di Amber e me lo avvolgeva intorno al collo con quelle guanciotte splendenti e quegli occhi espressivi.
Louis non parlava, Amber invece non smetteva di piangere. Kat rimase ad appoggiare Amber, mentre io e Louis cercavamo di iniziare una conversazione, camminando a vuoto in quel lugubre posto.

«Lou…» esordii, cercando di mantenere la calma e di pronunciare le parole esatte.

«E’ la prima volta che mi chiami Lou» ghignò lui «siamo messi male in due…» sorrise.

Non era il tipico sorriso sornione del Louis con cui litigavo, era un sorriso che cercava di celare malinconia e tristezza inaudite. La perdita di un figlio non era proprio la massima aspirazione di un genitore.

«So che è una situazione difficile, anzi molto di più… però non potete rimanere così per sempre… la vita, la vostra, va avanti… dovete focalizzarvi sul presente e sul futuro, non pensare al passato.. E’ una batosta che… forse la batosta più dolorosa che esista… ma voi siete due persone solari, non smettete di sorridere. Fatelo per Jade…»

Louis portò una mano alla mia spalla e mi abbracciò come facevamo ai vecchi tempi, non eravamo più ragazzini. Eravamo uomini che dovevano andare avanti, e i veri uomini possono piangere.



Zouisss :'D che teneri :3

#ANGOLO AUTRICE
non ho molto da dire se non "scusate per il ritardo" ç.ç
spero di avervi commosso almeno un pochetto, come mi sono commossa io scrivendo questo capitolo. penso sia uno dei più dolorosi che io abbia mai scritto. dev'essere veramente brutto per una mamma vivere la situazione di Amber... Volevo solo fare riflettere sul fatto che le malattie non smettono di esistere e colpiscono anche le persone più fortunate, quindi non augurate mai certi male nemmeno ai vostri nemici anche se a volte siamo tentati....
lo scorso capitol oha avuto solo 4 recensioni :'( ce la facciamo ad arrivare a sette? dai vi supplicooooo ç.ç
dato che sono di fretta D: dopo questo capitolo piagnoso (?) vi lascio e al prossimo :)
se non avete per caso niente da fare con questa neve (D:) passate a leggere anche l'altra mia ff How To Love :)
un bacioneeeeee.
~ xx.

 che amooooriiiiiiii *-*
   
 
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Scream_Out_Loud