7. Had I known how to save a life
Where
did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life
[How
to save a life – The Fray]
Agosto 1535 - Kimbolton
Il castello
di Kimbolton era ben lontano dall’essere paragonabile
a WhiteHall naturalmente, ma la cosa preoccupante era
che era una residenza anche assai ben diversa dalle precedenti che la donna
avesse abitato durante il periodo di esilio. Nessun oggetto di sfarzo adornava
la dimora, che aveva quasi l’aspetto di un convento; nessuna differenza,
verrebbe da pensare allora ironicamente, se avesse accettato la proposta dei
cardinali Wolsey e Campeggio anni prima di prendere i
voti di perpetua castità, se non il fatto che in un vero convento avrebbe avuto
più compagnia rispetto alle sole tre
dame che erano rimaste al suo servizio nella dimora attuale. Cromwell non se ne
era reso conto durante la precedente visita, esattamente un anno prima, ma
adesso aveva avuto modo di prestarvi più attenzione nel silenzio in cui la
stanza era immersa da più di dieci minuti. Non era un silenzio usuale, come
quello che caratterizzava loro brevi incontri, era piuttosto pesante,
imbarazzante, quasi innaturale. Lei, in quel lasso di tempo, non si era neppure
azzardata a guardarlo, o così almeno pareva a lui che tuttavia non poteva
saperlo con esattezza, ostinandosi a mantenere lo sguardo lontano.
“Tommaso
Moro e il Cardinale Fisher… erano
coraggiose e splendide persone” esordì Caterina a un certo punto esitando solo
un attimo, come fosse indecisa del tempo verbale in cui connotare la frase. Era
ancora impossibile da accettare l’esecuzione di quei due cari e onesti amici,
caduti vittime del gioco di Enrico, solo per non aver firmato il Giuramento,
cosa che effettivamente si era rifiutata di fare anche lei.
“Sono un
servitore del Re…” disse lui prontamente come per difendersi da un’accusa che
lei non gli aveva mosso, ma che lui avrebbe preferito avesse fatto.
Adesso lui
aveva alzato lo sguardo, ma lei si ostinava ancora a fissare un punto imprecisato
fuori la finestra. Il Lord Cancelliere a dire il vero si era aspettato di
vedere la sua rabbia, il suo rancore e invece lei era riuscita a stupirlo
nuovamente. Sarebbe stato a sentire
tutte le sue accuse in silenzio con aria colpevole, lei sarebbe stata l’unica
donna a cui l’avrebbe mai concesso, eppure nessuna provocazione era ancora
arrivata, se non il rosario stretto tra le sue mani che valeva più di tutte.
“Anche io…
Ma prima di tutto di Dio e della mia coscienza…” rispose lei con un sospiro “E
voi, non avevate detto di averne una?” chiese poi voltandosi finalmente per
guardarlo, facendo riferimento ad una delle loro prime conversazioni per così
dire amichevoli, risalenti ormai ad anni prima.
Si che ce
l’aveva, avrebbe voluto dirle, ed era per quella stessa coscienza se adesso si
trovava di nuovo di fronte a lei; eppure non disse nulla, perché la sua
coscienza non si mostrava più così chiaramente come allora. Continuò ad
arrendersi a quel silenzio ancora un po’ finchè un
violento colpo di tosse lo costrinse a risvegliarsi dai suoi pensieri. Non
pensava che le condizioni di salute della principessa del Galles fossero così
precarie e non aveva ancora avuto modo di vederla da vicino per confermare
davvero quelle che erano fino a quel momento solo voci. Si avvicinò lentamente
a lei e le afferrò delicatamente le braccia, prima che lei potesse fare
qualcosa per fermarlo.
“Dovreste
sedervi…” le disse seriamente, cercando di catturare il suo sguardo, ma quando
lo trovò desiderò non averlo mai fatto.
Vi era la stessa
identica luce di fierezza in quegli occhi azzurri, ma appariva velata e non da
rabbia o rancore come si era aspettato, ma da qualcosa di molto più forte e
doloroso: solitudine, disperazione e soprattutto delusione e quest’ultimo
sentimento era rivolto tutto all’uomo che le era di fronte, il nemico che aveva
provato a tenderle una mano e poi sembrava averla ritirata improvvisamente. E
adesso quella mano lei non la voleva più.
“Lasciatemi
immediatamente…” lo ammonì in un sibilo cercando di divincolarsi, finché
qualcosa sovrastò persino la sua forza.
Fu un
attimo, e se non fosse stato per quelle mani ancora ben salde attorno alle sue
braccia, Caterina d’Aragona sarebbe caduta rovinosamente a terra. E invece era
caduta tra le mani del nemico che con il corpo inerme di un’anima che non lo
era affatto, si sentì perso per un attimo nel disorientamento e nella paura.
Poi risolutamente, la fece stendere sulla poltrona vicina e mandò una delle sue
dame a chiamare rapidamente un medico. Tutto ciò che gli rimaneva da fare era
stare nel frattempo al suo fianco, le prese una mano e tentò di svegliarla. Ma
come chiamarla? Per tutto quel tempo si era sempre astenuto dal farlo… Eppure
in quella circostanza, Thomas Cromwell non aveva esitato neppure un istante:
c’era solo un modo in cui si sentiva di dover chiamare la sua eterna rivale.
“Caterina…”
NDA:
Ebbene si, siamo
arrivati al 1535 e, seguendo il mio proposito di non modificare il corso della
storia, devo annunciare che il prossimo sarà l’ultimo capitolo prima dell’epilogo!
Spero vi sia piaciuto questo e di ricevere una vostra opinione…!
Alla prosisma:)