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Autore: Somewhere in Neverland    17/01/2013    2 recensioni
Una vecchia storia diceva che gli abitanti del distretto avevano l’acqua del mare mescolata al sangue,che il loro cuore pulsante spingesse nelle vene l‘acqua salata,che la sabbia fosse l‘elemento che costituiva i loro muscoli allenati da pescatori. Ognuno di loro veniva battezzato in acqua,consacrato alle onde e alla schiuma. Ognuno di loro sentiva quel richiamo potente,quella presenza incantevole nella sua vita,come un eterna,dolce canzone.
A nessuno di loro era mai stato insegnato a nuotare. Era naturale,come camminare,come respirare,o aprire gli occhi la mattina appena svegli. Nessun’altro distretto era legato con tanta forza alla sua attività. Per nessuno di loro quello era soltanto un lavoro. Era qualcosa che sin da bambini cresceva e gli dava forza,come un albero che avidamente succhia alla terra gli elementi che servono alla sua vita e gli permettono di crescere.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Annie si passò una mano sulla fronte sudata. Quando quella mattina l'anziana signora Alden le aveva chiesto aiuto a rammendare la rete di suo figlio, mostrando le mani rugose rovinate dai calli e dal sole, la ragazza non aveva saputo rifiutarsi. E così aveva passato ore china su quella matassa informe di fili che si intrecciavano tra di loro, cercando di portarla a durare almeno un paio di settimane ancora. Era il periodo migliore per il distretto: Dopo di quello, molti avrebbero sofferto la fame. E nessuno poteva permettersi un giorno di riposo, né per una rete distrutta dal tempo, né per piangere chi non c'era più. Così Annie ,seduta accanto alle donne del distretto faceva la sua parte in silenzio, senza lamentare i dolori alla schiena né i piccoli, profondi tagli che le stavano lentamente ricoprendo le braccia e le mani. Quando ebbe finito il sole era già alto nel cielo limpido, e la bocca sembrava ardere, bisognosa d'acqua.

Si alzò a fatica, sentendo le gambe pesanti per la scomoda posizione in cui le aveva tenute per ore. Provò a spostare il peso da un piede all'altro, e quando finalmente fu certa che avessero ripreso vita andò a svegliare la donna, che si era addormentata su una vecchia poltrona all'ombra nonostante i suoi numerosi tentativi di rimanere sveglia.

Le poggiò delicatamente una mano sulla spalla, facendola sobbalzare e aprire gli occhi di scatto.

Le sorrise, porgendole la rete che aveva in mano.

-Ho finito, signora Alden. Dovrebbe resistere ancora un po' -

La donna annuii, senza trovare le parole per ringraziarla. Nel distretto non c'era età. Essere anziani significava lavorare fino allo strenuo, così com'essere poco più che neonati. Pochi erano quelli che potevano permettersi ozio e riposo, e certamente non vivevano in quella parte del distretto, quella dei pescatori e delle loro famiglie.

Tutti davano il loro massimo, ma raramente lo facevano per gli altri.

La sopravvivenza era già abbastanza ardua pensando solo a sé stessi.

Le mani rugose dell'anziana le sfiorarono il viso chiaro, sorridendole con gentilezza. -Sei davvero una brava ragazza, Annie. Vuoi entrare in casa a riposarti, mangiare qualcosa? -

La giovane scosse la testa con un sorriso gentile. - La ringrazio signora, ma no, mi aspettano a casa e sono già in ritardo -

La donna annuii, seppure entrambe sapessero che non era vero.

-Allora a presto Annie, e ancora grazie -

La ragazza le sorrise ancora una volta, dandole un delicato bacio sulla guancia solcata dall'età. Poi si voltò e corse via, scomparendo tra le vie del distretto.

Continuò a girare per strade e vicoli, in una di quelle corse innocenti da bambini che sembrano non perdersi mai, non rischiare mai di cadere. Quando ebbe messo una distanza che alla sua mente parve sufficiente si fermò, appoggiando la schiena al muro e rabbrividendo un po' di quel contatto fresco contro la sua pelle arsa.

Poi riprese il suo cammino, più lentamente stavolta, accarezzando pietre e legni che tenevano in piedi il suo villaggio.

C'erano molte cose che Annie non capiva della sua vita, o della vita di tutti loro. Avrebbe voluto infrangere leggi e barriere e vedere il mondo. Ma dentro di lei sapeva che casa sua sarebbe sempre stata quella. Che ogni volto segnava dentro di lei solchi profondi, che mai avrebbe dimenticato la sua gente, qualunque cosa fosse accaduta.

Sbucò in una vecchia piazza con un pozzo al centro. Pressocchè disabitata se non fosse stato per quei pochi uomini che a bassa voce si scambiavano opinioni in un angolo e per dei bambini che seduti in cerchio facevano un gioco che non sarebbe riuscita ad identificare. Si avvicinò al pozzo, cominciando a trafficare con le leve fin quando non riuscì faticosamente a tirar fuori il vecchio secchio colmo d'acqua. Se lo avvicinò alle labbra, bevendo un lungo sorso che per metà le si rovesciò sul vecchio vestito e sulla pelle.

Quell'acqua aveva un sapore strano e il cesto doveva essere lì da almeno vent'anni, ma la sua gola reclamava un sorso d'acqua e lei sembrò non curarsene. Dopotutto, tutto lì era in quelle condizioni.

Si diresse verso casa, scegliendo ogni vicolo ombroso e cercando il silenzio. Non aveva voglia di tornare tra quelle quattro mura che cadevano a pezzi, non aveva voglia di sentire quel silenzio così assordante rimbombare su ogni parete e colpirla come un coltello.

Quando giunse davanti alla vecchia costruzione si fermò per un istante, come un bambino che sbircia dentro la casa dei fantasmi. E dopo quell'istante di immobilità assoluta dove neppure il vento osava soffiare, dopo quell'istante Annie andò via. Lentamente, i piedi uno davanti all'altro, come un equilibrista che ha paura di precipitare nel vuoto se si muove troppo velocemente o solo si decide ad aprire gli occhi.

Non sarebbe riuscita a mettere piede lì dentro. Era un po' di tempo che vi tornava per il minor tempo possibile. Lavarsi, vestirsi, niente di più. Spesso le capitava di assopirsi in spiaggia o tra gli anfratti, e la maggior parte delle volte andava a preparare da mangiare alla sua vicina, ormai rimasta sola, e ne approfittava per mangiare lì e tenerle compagnia, ascoltando le sue storie. C'erano sempre meno bambini in quella parte del distretto. Pochi potevano permettersi di crescere un figlio che con ogni probabilità gli sarebbe stato strappato via.

Improvvisamente sentì qualcosa sotto i piedi nudi, minuscoli granelli dorati che componevano quell'elemento che conosceva così bene. Si tolse i vestiti lasciandoli ricadere dietro uno scoglio e stringendosi i capelli in una crocchia prima di immergersi nell'acqua gelida.

Il contrasto con l'aria afosa e appiccicaticcia si sentì immediatamente, facendola rabbrividire con violenza, ma non si fermò. Continuò ad avanzare fino a quando l'acqua non le raggiunse la vita e solo allora, in un gesto improvviso, prese un respiro profondo e immerse la testa sott'acqua.

Quando riaprì gli occhi vide solo un blu profondissimo e sconfinato, un blu che non aveva limiti, con una libertà che lei non aveva idea di cosa fosse.

I suoi movimenti furono naturali, perfettamente coordinati, e la portarono sempre più giù nel profondo. Tornò a chiudere gli occhi, soppesando la sua riserva di fiato e cominciando a nuotare sempre più velocemente e sempre più in profondità.

Improvvisamente l'ingresso della grotta si fece più vicino,e poggiò le mani sulla roccia per spingersi ed aiutarsi nell'entrata proprio quando l'aria cominciava a mancarle graffiandole i polmoni.

All'interno il buio era totale.

L'unica eccezione erano le pozze che si scorgevano in alto, dalle quali filtrava una luce verdastra proveniente da chissà quale crepa nella roccia, e verso le quali Annie si diresse.

Riemerse proprio nell'istante in cui sentiva di non poter più resistere, facendo un respiro profondo e rimanendo per qualche istante aggrappata alla pietra, la testa poggiata contro di essa cercando di riprendersi.

Quando alzò finalmente il capo però, si trovò di fronte gli occhi verdissimi di Finnick Odair, che la guardava con un sorriso beffardo.

Le mani le scivolarono di colpo, facendola andare a fondo per poi riemergere dopo un istante, mentre il ragazzo tratteneva a fatica le risate.

Le tese la mano, tirandola su senza troppi sforzi.

- Non annegare, eh Cresta?

Annie si scostò, guardandolo con astio.

- Ti preferivo quando non provavi a essere simpatico

sbottò, sedendosi contro il muro di roccia freddo e fissandolo.

Dopo qualche istante Finnick alzò le mani al cielo, sedendosi di fronte a lei. Rimasero in silenzio per qualche istante, poi lui indossò il suo migliore sorriso di scherno. -Avresti dovuto vedere la tua faccia – ghignò, mentre lei alzava lo sguardo al soffitto della grotta, tacendo.

Appoggiò la testa contro la pietra, socchiudendo gli occhi e aspettando che il suo cuore ritrovasse un battito regolare.

- Se ti lasci spaventare così come farai a sopravvivere lì fuori?

- Trovi così necessario stare continuamente sulla difensiva? Non ho intenzione di attaccarti

Gli occhi verdi della ragazza si erano spalancati e fissati nei suoi, e lui si era sentito improvvisamente mancare le risposte.

Lui era quello che sapeva vincere. Non solo il vincitore dei 65°esimi Hunger Games, ma anche di tutti gli altri giochi a cui aveva partecipato in seguito. Giochi assai più sporchi e disonorevoli. Giochi di parole e d'inganni, di segreti e menzogne velenose più dell'assenzio. Giochi in cui non la forza, ma una mente agile e una lingua ancor più affilata erano gli unici strumenti per prevalere.

Conosceva quel mondo, e in esso non c'era parte per la sincerità.

Per quel motivo non comprendeva Annie Cresta.

Lei sembrava avere regole tutte sue, regole differenti, e quella sincerità così fragile sembrava essere la sua unica difesa.

La migliore di tutte.

Ma forse la sua mente era andata. Forse non era la ragazza che gli sedeva di fronte a essere matta, forse era lui.

Forse era il suo cervello che schematizzava ogni cosa, che percepiva nemici, che come un pesce fuor d'acqua si dibatteva all'impazzata cercando disperatamente di ritrovare il suo equilibrio.

Si strinse nelle spalle, facendo un movimento veloce della mano come a zittirla.

Annie continuava a fissare il ragazzo che aveva vinto gli Hunger Games a soli quattordici anni. Appena più piccolo di quanto lei fosse in quel momento.

Se pensava a sé stessa, a com'era a quattordici anni, alla bambina piccola e fragile che solo adesso stava cominciando a trasformarsi in qualcosa di più simile ad una donna, e l'immaginava nell'arena, mentre l'acqua salata che le sfiorava le ginocchia diventava sangue e l'inghiottiva... Rabbrividì visibilmente e abbassò gli occhi, sentendo un improvviso, innominabile rispetto verso quel dolore silenzioso di cui al solo immaginare le sfaccettature si sentiva cedere.

Forse al posto suo anche lei avrebbe innalzato mura invalicabili, ma come si poteva continuare a vivere in quel modo?

Senza che la mente trovasse mai pace, e l'anima trovasse il silenzio delicato della fiducia?

Forse era proprio quello il segreto.

Forse non si viveva e basta, e ci si limitava ad esistere in silenzi che diventavano assordanti e parole che si annidavano nella gola, stringendola fino a soffocarla e uccidendo ogni suono prima ancora che potesse nascere. Lo soppesò con lo sguardo ancora per diversi istanti, chiedendosi cosa fosse meglio fare. Chiedendosi qual'è il limite da non oltrepassare, quali silenzi sono sacri e non devono essere spezzati.

E decise che questo non era uno di quelli.

-Vieni spesso qui?

Finnick lasciò passare qualche istante, gli occhi fissi sulla parete della grotta.

Poi annuì.

-Quasi tutti i giorni. Mi aiuta a pensare.

-All'arena?

Non appena quella semplice domanda le sfuggì dalle labbra, Annie se ne pentì. Distolse lo sguardo, scoprendosi a desiderare di poter tornare indietro. Aspirare l'aria che trascinava via quelle parole prima che potessero essere udite.

Finnick la guardò, e lentamente annuì ancora una volta.

-Quasi sempre. Non è esattamente una di quelle cose che si dimenticano con una bevuta.

Annie rispose con un cenno del capo, facendo scivolare una mano nell'acqua, sfiorandola con le dita. Non che lei sapesse cosa significasse dimenticare con una bevuta. Lì nel distretto non c'erano alcolici, se non quelli di contrabbando e le piccole quantità che venivano consegnate ai medici e da loro tenute sotto chiave, usate solo e unicamente a scopi medicinali.

A volte non c'erano neanche per quelli, e la gente rimaneva stordita dal dolore per ore, e l'ultima cosa che sentiva e che portava con sé era quell'indicibile pena.

Evidentemente le cose a Capital erano diverse.

Eppure c'era qualcosa in quella folla urlante che era costretta a vedere ogni anno alla tv che la spaventava. Forse il fatto che acclamassero con tanto entusiasmo la morte di quelli che sarebbero potuti essere i loro figli. Sembravano pensare alla gente dei distretti come se non avesse anima, o mente. Urlavano, svenivano, pagavano oro (oro!) per vedere quel sangue scorrere.

Come potevano essere umani come quelli che lei conosceva? Cosa poteva esserci di simile in un pescatore che ogni giorno lottava per la vita della sua famiglia e quegli uomini ben vestiti e panciuti che la televisione inquadrava ogni tanto di sfuggita?

-Com'è lì? Capital, intendo.

Finnick ci pensò per qualche istante, soppesando la sua risposta.

-Fastosa. Tutto è in vetro e acciaio, i palazzi sono alti, la gente è... Diversa. Hanno un odore strano, troppo forte per essere gradevole. E i loro corpi sono...-

Terrificanti? Il ragazzo strinse le labbra pensando agli uomini e le donne di Capital City. Sempre intenti a ingioiellarsi, a tingersi le pelli di colori strani.

Grigi, verdi, colori innaturali che spiccavano sotto le vesti ingombranti.

I ricordi volarono alle ragazze che gli erano state presentate da Snow.

Più giovani di Annie, eppure sembravano vecchie cent'anni, ricoperte d'ori e argenti che la gente del distretto non sarebbe riuscita a immaginare neanche impiegando tutte le sue forze.

Si passò una mano sul viso per cancellare tutto ciò che era venuto dopo prima che potesse diventare vivido nella sua mente.

-Perchè sei qui, Cresta? Che vuoi da me?

Il suo sguardo si era riempito nuovamente di astio, e i suoi occhi la scrutavano come a voler carpire informazioni che non esistevano.

La ragazza scosse la testa, riscuotendosi da quell'immagine inquietante. Non riusciva a immaginare le vecchie case polverose del distretto trasformate in gelido vetro.

-Ti ha mai sfiorato l'idea che il mondo non giri intorno a te?

-Rispondi sempre con una domanda?

Annie sorrise.

-Devo andare.

Si alzò, stringendosi nelle spalle e avvicinandosi al bordo della pozza, preparandosi a tuffarsi ancora una volta, mentre nei polmoni tratteneva tutta l'aria che potevano contenere.

-Annie?

Un attimo di silenzio, poi la giovane ispirò e si voltò verso di lui, una domanda negli occhi.

-Cos'è successo a quei due della storia?

Annie sorrise, poi si tuffò nelle acque scure, scomparendo in un istante.

Finnick sorrise, scuotendo la testa e lasciandosi scivolare sul pavimento umido della grotta, guardando quell'unico filo di luce che la illuminava e cercando di risalire alla crepa dalla quale esso s'infiltrava all'interno, e una parte di lui ebbe l'impressione che quella strana ragazzina stesse facendo la stessa cosa con lui.

 

 

 

 

 

 

 

Approfittandone per salutare nica, che con le sue critiche eleganti è certamente la migliore lettrice che uno scrittore possa chiedere, mi concedo questo piccolo spazio per chiarire la cronologia della storia.

Finnick ha vinto gli Hunger Games da circa tre anni.

Questo è stato il suo primo anno da mentore.

Capiterà spesso che scriva che è appena tornato da Capital City, e non sarà sempre per gli Hunger Games o i Tour della vittoria. Come chi ha letto Mockinjay saprà, Finn è stato usato da Snow per anni e anni, e per questo, almeno nella mia visione delle cose, lui a Capital dev'essere tornato diverse volte. Interpretazione personale xD Questo sfruttamento da parte di Snow è appena iniziato e probabilmente Finn non ha chiaro quanto durerà e fino a che punto si spingerà.

Ps: scusate per l'attesa,ma il prossimo capitolo è già sul mio pc, quindi arriverà in un paio di giorni XD

pps: ciao sherry aw

X

nev.

 

 

Sun,non c'è neanche bisogno di dirlo. Come tutto il resto, anche questa è per te.

  
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