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Autore: Peter The Sloth    17/01/2013    0 recensioni
Bruto e Cassio sono gemelli. Sono ad una manifestazione che si prevede violenta.
Scoppiano gli scontri. Botte. Manganellate. Sampietrini. Addirittura autopompe.
Bruto scappa. Ma non trova più il fratello.
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cassio e Bruto.
 
Riuscì a defilarsi. Un manganello gli sfiorò il viso. Imprecò e corse più forte di quanto non aveva mai fatto in vita sua. Per la prima volta, corse da solo. Senza suo fratello accanto.
 
“Se è libertà, tu ora ce l’hai già.”
 
Quattordici minuti d’inferno. Finalmente nascosto ed al sicuro dagli scontri, Bruto premeva nervosamente i tasti del cellulare. “Su, su, dài… Con calma… Con calma…”, cercava di convincersi. Il cellulare gli cadde di mano. Bestemmiò e cercò di rimettere la batteria, fuoriuscita dall’apposito, piccolo vano. Gli cadde di mano di nuovo il tutto. Bestemmiò di nuovo. “Cazzo, cazzo, cazzo”, continuava a sibilare. Prese un grosso respiro. Rimise in sesto il cellulare. Lo accese. Musichetta della Nokia, codice Pin, “sì, sì, va bene, ma fammi chiamare Cassio.” Digitò con calma il numero del gemello. Chiamò. “L’utente non è al momento raggiungibile.” Scagliò il cellulare contro il muro dall’altra parte del vicolo, unendo al gesto una bestemmia di carattere induista. A Bruto piaceva molto scherzare su queste cose, inventandosi le imprecazioni più variopinte, ma mai l’aveva usata in queste situazioni serie. Fu probabilmente per questo che si pentì di aver urlato quella fantasiosa bestemmia; di certo non per aver gratuitamente offeso Shiva.
Iniziò a correre verso la Piazza, inciampando più volte. Mentre vedeva intorno a sé cassonetti in fiamme, ruote di macchine bucate e vetrine distrutte, ed all’interno di esse toraci di manichini sfondati da un sampietrino, ripensò all’interessamento che lui e suo fratello provavano per quella religione e che forse era bene bestemmiare il Dio della distruzione.
 
“E’ come un cane rabbioso che morde a sangue il mio futuro.”
 
Si fermò a rifiatare. Il suo cuore espelleva e assumeva litri di sangue al secondo, i suoi polmoni non avevano pace e lavoravano a ritmo forzato. Il fiatone gli spezzava il respiro. Riprese la sua corsa verso la Piazza, incontrando sempre più gente che scappava e che gli urlava di tornare indietro, che gli dava del pazzo furioso o del black block. –Devo trovare mio fratello!-, rispondeva, fino a quando non andò a sbattere contro qualcosa. O qualcuno.
-Bruto! Dove cazzo vai? Ti sei completamente rincoglionito?-, chiese Aida. Aida era la migliore amica di Bruto, per il quale aveva una cotta tremenda. Con lui passava la gran parte del suo tempo, al telefono o dal vivo. Bruto, ogni tanto, arrivava alla soglia della sopportazione massima e la stava a sentire di malavoglia; quando superava tale confine, rispondeva alle volte persino male, lasciandola di malumore; ma quando era lui a doversi confessare, lei lo stava a sentire sempre e ne discuteva con lui. Bruto, perciò, si sentiva in colpa e sempre in debito nei suoi confronti.
-Devo trovare Cassio, non risponde e non lo vedo dall’inizio degli scontri-, rispose Bruto rialzandosi e mettendosi di nuovo a correre.
-Non andare, Bru’!-, gli urlò dietro Aida, ma Bruto era già venti metri più in là. La ragazza deglutì e aggiunse: -Hanno iniziato a sparare proiettili di gomma! Non voglio che tu vada là a farti ammazzare! Hanno già colpito uno!
Bruto si fermò di scatto. Si voltò, ritornò correndo e puntò i suoi occhi blu in quelli verdi di Aida. Oramai senza voce, chiese: -Cosa?
-Hanno colpito uno con un proiettile di gomma in testa! Quelli ti uccidono, se vai là!
-Chi hanno colpito?”-, chiese con un filo di voce il ragazzo.
-Un ragazzo come noi, uno con due occhi blu che si vedevano da un miglio e i capelli corti ma arruffati-, disse Aida guardando Bruto, -sai, un po’ come…-.
Aida s’interruppe e si mise entrambe le mani sulla bocca aperta, mentre i suoi occhi iniziarono a diventare lucidi.
Bruto si voltò nuovamente verso la Piazza come se non avesse corso per un metro in tutta la mattinata. Aida tentò di gridare un “Aspetta!”, ma Bruto non sentiva nulla che non fosse un fischio continuo, iniziato qualche secondo prima nella sua testa. E dietro di esso, solo il silenzio assoluto.
 
“Gli insetti stanno scappando, ognuno pensi a se stesso.”
 
Corse per più di cinque minuti, con quella sua andatura dinamica ma allo stesso tempo lenta, agile ma goffa. Ripensava a tutti i giochi, le litigate, le serate passate a parlare di ragazze, ragazze che si contendevano e davanti alle quali spesso litigavano, alle risate, agli scherzi alle infermiere durante il periodo passato in ospedale, entrambi con qualcosa di rotto. “Non è Cassio, fa che non sia Cassio”, pensava Bruto.
Arrivò alla piazza, completamente allagata dalle autopompe. Iniziò a cercare furiosamente con la vista un ragazzo uguale a se stesso tra i celerini, tra i black block, tra quelli che scappavano. Poi vide un ragazzo inciampare su qualcosa mentre tirava un’altra cosa non meglio definita. Si accorse, però. che era un qualcuno, ad essere steso a terra. –Cassio…-, disse con un filo di voce Bruto. Si lanciò verso il fratello.
-Cassio! Cassio! Alzati, cazzo! Andiamocene da qui!-, urlò a vuoto Bruto tentando di risollevare il fratello.
–Cassio! Forza, figlio d’una troia, alzati!-, ripeté nuovamente Bruto. Ma Cassio non s’alzava. Il ragazzo si chinò sul gemello scuotendolo e cercando di sentire il responso che dava il polso, che l’agitazione non gli permetteva di capire. Si accorse che dalla testa del fratello scendeva un rivolo di sangue continuo; perciò scrutò tra i capelli. Non vide nulla. Riprese a scuoterlo dalla testa che teneva con due mani; ma stavolta sentì una cosa molliccia sotto il duro del cranio e avvertì che del sangue stava uscendo dalla fessura che il fratello aveva nella nuca. Ebbe un mancamento. Si guardò intorno, e poco lontano vide un pezzo di plastica scura dalla forma peculiare, simile ad uno di quei proiettili di gomma che aveva visto sulle foto di una manifestazione. E mentre il sangue scorreva dalla nuca di Cassio, dagli occhi di Bruto scendevano fiumi di lacrime silenziose.
 
Bruto rimase lì, immobile, ad aspettare che Cassio si alzasse.
 
“Una lunghissima, lunghissima, lunghissima rincorsa per finalmente poi poter morire.”
  
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