Titolo: Crossed Times
Autore: Lien
Capitoli: 8/?
Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)
Pairing: Tom/Harry
Altri Personaggi: Hermione
Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…
Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash
Capitolo 8. Scontri
“Fanculo!” esclamò Harry
esasperato chiudendo l’ennesimo libro davanti a sé con un tonfo sordo.
Era passata più di una
settimana dal suo arrivo e la prima cosa che si era messo a fare era cercare il
maledetto libro Anima e Corpo: Condanne e Beatitudini dei Legami Magici,
e purtroppo le difficoltà si erano fatte vedere sin dall’inizio.
In principio aveva pensato
che sarebbe stato un compito facile, infondo bastava usare il suo solito
travestimento che aveva usato anche per andare in Nocturne Alley e fare finta
di essere uno studente qualsiasi. Poi si era ricordato quello che la McGranitt
aveva detto, cioè che il libro si trovava nella Sezione Proibita: anche usando
il Mantello dell’Invisibilità di sicuro la bibliotecaria si sarebbe accorta della
porta per il Reparto Proibito che si apriva, o per lo meno dei libri che
sembravano uscire dagli scaffali da soli e galleggiare a mezz’aria.
Si era ridotto quindi a
sgattaiolare di notte con il Mantello ed usare le ore di buio per cercare tra
gli innumerevoli tomi del Reparto Proibito, metodo che non solo lo privava di
essenziali ore di sonno che non sempre riusciva a recuperare durante il giorno,
ma che lo lasciava annoiato a morte per tutto il resto delle giornate,
costretto com’era a rimanere chiuso nella Stanza delle Necessità.
Gli unici momenti di sfogo
erano quando, ritornato dalla Biblioteca verso le prime ore del mattino, si
recava come faceva nel suo tempo al lago per il suo addestramento mattutino,
che però invece di lasciarlo ristorato come di consueto, dopo ore passate sui
libri, non sorbiva altro effetto che renderlo più esausto che mai.
Inoltre era passata ormai
più di una settimana e di quel libro non sembrava esserci alcuna traccia.
Sfinito, Harry si massaggiò
gli occhi stancamente e si alzò in piedi, avvicinandosi ad uno scaffale e
tirando fuori un altro libro, sperando di trovarvi le informazioni giuste. Si
sedette al tavolo e l’aprì, ma per quanto provasse non riusciva a concentrarsi
sulle parole che leggeva.
Aveva pensato diverse volte
all’incontro con Tom Riddle, inizialmente con rabbia e frustrazione per aver
avuto il suo nemico numero uno tra le mani e non aver potuto fare nulla, poi
però si era rassegnato a non trastullarsi con l’idea di giocare col destino e,
con non poco orrore, aveva cominciato a provare anche una leggera curiosità. Si
ricordava bene il diario di Riddle che Hermione gli aveva consegnato, cavolo,
lo aveva anche portato con se nel baule, ma quando aveva passato le serate a
leggerlo, per lui era sempre stata tutta una cosa astratta, come se fosse stato
un romanzo. Ora non poteva fare a meno di collegare quelle parole ad una
persona reale, in carne ed ossa e trovarsi davvero curioso di sapere che cosa
aveva trasformato Tom Riddle in Lord Voldemort.
Doveva però per prima cosa
trovare quel dannato libro sui legami magici e solo dopo avrebbe potuto passare
il tempo rimanente facendo quello che voleva, anche se di questo andazzo non
gliene sarebbe rimasto molto. Certo, sarebbe stato molto più facile se fosse
stato uno studente, così gli sarebbe bastata una scusa qualsiasi per farsi dare
un permesso speciale da un professore per ritirare il libro dalla Sezione
Proibita, ma cosa avrebbe potuto dire al Preside?
“Mi scusi Professor Dippet,
vede, sono uno studente di Hogwarts che dovrebbe fare il settimo anno, ma non
ho nessun certificato per provarlo, anzi a dirla tutta non ho nemmeno un
documento d’identità. Che dice, va sempre bene Grifondoro o devo essere
Smistato di nuovo?”
Anche nella sua testa
sembrava ridicolo.
Dirgli tutta la verità? No,
meglio di no, visto soprattutto che quello che aveva fatto era sicuramente
illegale e con tutta probabilità o avrebbero cercato di rispedirlo nel futuro
il prima possibile o lo avrebbero sbattuto ad Azkaban il prima possibile, Prescelto
o no.
Con un sospiro tirò fuori
la bacchetta e lanciò un “Tempus”: erano già le tre e mezza del mattino
e per tutta la settimana non aveva fatto altro che andare a letto alle quattro
e svegliarsi due ore dopo per l’allenamento mattutino.
Incrociò le braccia sul
libro che aveva di fronte e vi poggiò la testa: in quel momento gli sembrava il
cuscino migliore che avesse mai avuto. C’erano ancora parecchie ore prima che
il resto della scuola si svegliasse e fortunatamente la biblioteca apriva
un’ora dopo l’inizio delle lezioni.
Sentiva le palpebre pesanti
e la testa come se fosse stata circondata di ovatta.
‘Chiudo gli occhi solo un
secondo, solo un secondo…”
Tom
stava camminando per i corridoi con un’espressione estremamente irritata in
volto, tenendo con una mano la sua borsa, visibilmente rotta.
Mancavano
solo cinque minuti all’inizio della prima ora e il Prefetto di Serpeverde si
era ritrovato costretto a dover tornare al suo dormitorio per cambiare borsa.
Tutto questo, nemmeno serviva dirlo, era colpa di Black.
Tom
non riusciva davvero a capire Orion e i suoi tentativi di dimostrarsi tanto un
buon amico, un comportamento non solo decisamente poco Serpeverde, ma che nel
novanta percento dei casi finiva col creare disastri. Uno si aspettava che dopo
cinque anni lo avesse capito da solo.
Era
passata più di una settimana dall’incidente del Lago e del ragazzo sconosciuto
ancora nessuna traccia. Si era spinto addirittura a chiedere un po’ in giro,
sempre senza dare sospetti, e aveva preso l’abitudine di scrutare attentamente
il tavolo rosso-oro ai pasti. Più ci pensava, più trovava dettagli che
infittivano l’enigma di quell’incontro, che aveva cominciato ad essere il
pensiero fisso delle sue giornate.
Gli
era capitato più di una volta di fermare svariati ragazzi per i corridoi solo
perché avevano gli stessi capelli, o la stessa statura, ma oltre a diverse
occhiate perplesse non aveva raggiunto altri risultati. Cominciava ad essere
sempre più sicuro che il moretto non fosse un vero studente, nonostante il
leone sullo stemma della sua divisa.
Persino
i suoi compagni di Casa si erano accorti del suo insolito comportamento e
Black, avendo notato la sua strana fissazione per i Grifondoro, si era anche
azzardato a chiedergli quale fosse stata la fortunata Grifoncina che gli aveva
rubato il cuore, cosa che gli era costata puntualmente un pomeriggio in
Infermeria.
Era
stato proprio per farsi perdonare per quell’uscita infelice che il Playboy di
Hogwarts aveva deciso di voler a tutti i costi portare a Tom la borsa sulla
strada per Divinazione.
Orion
purtroppo non aveva tenuto conto della congenita gelosia e possessività che Tom
aveva per le sue cose, caratteristiche che trasformarono il suo gentile
tentativo di disponibilità in una vera e propria battaglia di tira e molla, con
la borsa sfortunatamente al centro. Non ci si doveva stupire quindi, quando le
cuciture della tracolla saltarono e l’oggetto conteso cadde rovinosamente a
terra, sparpagliando il proprio contenuto sul pavimento di pietra. Come se non
bastasse una delle boccette d’inchiostro si era rotta nell’urto ed aveva
macchiato ovunque.
Tom
non era nemmeno voluto restare a sentire le scuse del compagno, aveva raccolto
le sue cose e marciato verso le scale, diretto al suo dormitorio dove
fortunatamente teneva un’altra borsa.
‘Fortuna
che ho messo tutti i miei compiti sotto un incantesimo imperturbabile’ pensò il
ragazzo tirando fuori dalla borsa un fascio di fogli da cui l’inchiostro
versato sembrava scivolare via come avrebbe fatto sulla plastica.
Il
Serpeverde era tanto impegnato a controllare i danni alle sue proprietà, da non
accorgersi che, arrivato ad un incrocio con un altro corridoio, dalla sua
destra qualcuno schizzò a tutta velocità verso la sua direzione e non poté fare
nulla per evitare lo scontro.
Caddero
a terra entrambi con un severo tonfo e Tom vide per la seconda volta la sua
amata borsa venire catapultata in aria e sbattuta contro il pavimento. Si alzò
dopo i pochi secondi necessari a riassettarsi, pronto a minacciare con una
brutta fattura chiunque fosse stato l’idiota che gli era venuto addosso.
Quando
alzò gli occhi però, le parole gli morirono in gola.
Harry
si svegliò di colpo con un urlo, con ancora le immagini dell’incubo vivide
nella sua mente. Prese qualche profondo respiro, inspirando ed espirando
lentamente fino a che il battito del cuore non fu tornato alla sua normale
frequenza.
Che
cos’era successo? Perché non aveva preso la sua dose di pozione soporifera? Si
guardò intorno, cercando di scacciare dalla mente la visione del corpo di
Lavanda che si contorceva sotto gli effetti della maledizione Cruciatus.
Per
prima cosa capì dai forti crampi che tutti i muscoli del suo corpo sembravano
avere che non poteva decisamente essere nel suo letto, poi, quando cominciò a
prendere coscienza dei suoi dintorni, realizzò di non essere nemmeno nella
Stanza delle Necessità.
Polverosi
tomi incrociavano dappertutto il suo sguardo e improvvisamente i ricordi della
sera precedente gli riaffiorarono nella mente: si era addormentato in biblioteca.
“Merda!”
esclamò alzandosi di scatto dalla sedia.
Controllò
l’ora sul grande orologio a pendolo vicino allo scaffale più alto e notò con
suo grande orrore che erano già le otto passate, per cui le lezioni dovevano
essere già iniziate e il castello pieno di studenti. Per di più, da un momento
all’altro poteva arrivare la bibliotecaria ad aprire e lo avrebbe scoperto di
sicuro…
‘Non
ho nemmeno il Mantello con me’ pensò disperato mentre chiudeva e riponeva nei
propri posti tutti i libri che aveva tolto dagli scaffali la notte prima.
Finito
di mettere in ordine, aprì lentamente la porta della Sezione Proibita e sbirciò
attraverso l’uscio per controllare che non ci fosse nessuno. Appurata l’assenza
di anima viva, si richiuse la porta alle spalle bisbigliando un Colloportus
senza nemmeno tirar fuori la bacchetta.
Fortunatamente
indossava sempre la sua divisa di Hogwarts sopra l’uniforme in pelle di drago e
con un po’ di fortuna i ritardatari che erano ancora in giro per i corridoi non
avrebbero fatto domande, pensando che fosse un altro studente qualunque che
correva per andare a lezione.
Uscendo
dalla biblioteca notò con suo grande sollievo che il corridoio sembrava vuoto,
ma c’era ancora qualche piano che lo separava dalla sua camera e purtroppo in quella
parte del castello non c’erano passaggi segreti utili per portarlo più
velocemente a destinazione.
Salì
le scale a due a due, ma già dopo qualche minuto di corsa per i corridoi si
decise a rallentare il passo, vedendo che sembrava davvero che tutti gli
studenti si trovassero all’interno delle aule. Continuò dunque a camminare con
molta più calma, assaporando per la prima volta da più di una settimana
l’atmosfera unica del castello. Non era la stessa cosa visto di notte di
sfuggita, correndo tra la biblioteca e la Stanza delle Necessità.
Passando
davanti alla porta di un’aula del quinto piano, rimase piacevolmente sorpreso
nel sentire la voce del professor Ruf parlare con lo stesso tono piatto e
monotono che aveva sempre avuto. Chissà se in questi anni era già un fantasma o
era ancora vivo.
Stava
per mettere piede su di un’altra rampa di scale, quando da dietro le spalle
sentì un flebile miagolio. Si voltò di scatto e vide, a pochi metri da lui, un
gatto che lo fissava attento: era ritto sulle quattro zampe e il pelo, che
probabilmente sarebbe dovuto essere bianco, era arruffato a ciuffi disordinati.
Gli occhi gialli, affilati in due strisce verticali, erano fissi in quelli di
Harry.
Harry
aveva già visto quel gatto diverse volte nel corso degli ultimi giorni: il
gatto del custode. Aveva pensato che la fissazione che Gazza aveva per Mrs.
Purr fosse una sua personale malattia e invece a quanto pareva insieme al posto
di custode, veniva il gatto.
Gli
occhietti gialli seguirono ogni mossa di Harry mentre saliva lentamente un
altro gradino. Non sapeva come, ma ogni volta che lo aveva incontrato, con
Mantello dell’Invisibilità o senza, il dannato felino sembrava sempre sapere
che lui non fosse davvero studente. Si guardò intorno per vedere se l’uomo che avrebbe
dovuto accompagnare sempre il gatto fosse nelle vicinanze ma, anche se non vide
nessuno, non volle tirare troppo la corda della sua fortuna e partì per una
folle corsa per i corridoi.
Peccato
che arrivato al sesto piano non riuscì a vedere, se non quando era ormai troppo
tardi, il ragazzo che stava sbucando da dietro l’angolo. Lo scontro fu
inevitabile, ma Harry riuscì nella caduta ad atterrare sulle quattro zampe,
come gli avevano insegnato nell’addestramento.
Rischiò
però di cadere di nuovo dalla sorpresa quando, alzando gli occhi, vide chi era
l’altra persona.
“Tu…”
sussurrò Tom nel vedere il volto dell’unica persona che aveva abitato i suoi
pensieri nell’ultima settimana. Era indubbiamente il ragazzo misterioso: stessi
arruffatissimi capelli neri come la pece, stessi occhi impassibilmente verdi,
stessa divisa dal taglio insolito e, notò con un certo interesse, stessa
posizione da combattimento.
Vide
l’espressione sorpresa del moretto svanire, lasciando posto ad un’aria
guardinga mentre si sollevava in piedi. ‘Ed ecco che ancora sembra mi
riconosca’ pensò Tom, ‘eppure io prima di qualche giorno fa non l’avevo mai
visto. Da dove viene tanta diffidenza, tanta paura?’
Nessuno
dei due stava parlando, erano entrambi fermi, in piedi, che si studiavano
silenziosamente. Anche se il suo viso era diventato impassibile, Tom riusciva a
leggere fin troppo bene gli occhi smeraldo del ragazzo di fronte, che
sembravano rispecchiargli l’anima. Sospetto, paura, rabbia, ostilità e…
curiosità?
Il
Serpeverde fu il primo a rompere il contatto visivo, distratto da una dei
calamai usciti dalla sua borsa, che era rotolato fino ai suoi piedi. Si chinò
per raccoglierlo, ma si bloccò quando vide che anche questo suo semplice
movimento aveva portato immediatamente l’altro a sfoderare la bacchetta, che
ora si trovava puntata direttamente contro di lui. Tom assottigliò gli occhi:
non gli piacevano per niente le minacce, ma non aveva dimenticato di che
riflessi era munito quel ragazzo.
“Posso
sapere, di grazia, perché ho una bacchetta puntata al petto?” decise
infine di rompere il silenzio, come minimo perché il pensiero di trovarsi a
raggio di maledizione non lo allettava parecchio.
Di
risposta l’altro lo guardò come se avesse detto qualcosa di immensamente
stupido.
“Sei
Tom Riddle” rispose, con una voce molto più profonda di quanto Tom non gli
avrebbe attribuito, “c’è davvero bisogno di un motivo per puntarti una
bacchetta contro?”
Beh,
ora almeno sapeva che i suoi sospetti erano fondati: sapeva decisamente più
cose quel ragazzo su di Tom che non Tom su di lui.
“Sembri
conoscermi bene,” continuò il Prefetto cauto, “posso sapere come, visto che non
mi sembra ci siamo mai presentati?”
Per
qualche motivo la domanda lo sembrò divertire.
“Oh
beh, a me sembra di conoscerti da una vita” fu la criptica risposta. Tom
naturalmente non riuscì a ricavarne un significato che avesse un minimo di
senso, ma non perse la pazienza: i misteri erano sempre stati le sue passioni.
“Perché
non sei a lezione?” gli chiese improvvisamente il ragazzo.
Tom
spostò lo sguardo sulla sua borsa ancora per terra e stette per qualche secondo
a ponderare se dirgli la verità o meno. Quando tornò a fissare quegli occhi di
giada però, vide per un attimo la curiosità sovrastare le altre emozioni e
decise che forse poteva essere usata come unica breccia.
“Dovrei
essere a Divinazione, stavo tornando al dormitorio perché mi si è rotta la
borsa.”
Lo
sguardo dell’altro vagò verso l’oggetto sul pavimento, senza però muovere per
un solo istante la bacchetta dalla sua posizione.
“Tu
invece, perché non sei a lezione?”
Lo
sconosciuto sembrò sinceramente stupito dalla domanda e, per la seconda volta
in dieci minuti, lo fissò come se avesse detto la cavolata del secolo.
Onestamente, era qualcosa che cominciava a dare un po’ sui nervi a Tom.
“Non
avrai davvero pensato che fossi uno studente?” chiese, più sorpreso che altro.
“No,
in effetti avevo i miei dubbi, ciò non toglie che indossi una divisa di
Grifondoro. Nessun particolare motivo? Tra l’altro se doveva essere un
travestimento è fatto anche piuttosto male, il taglio è completamente diverso.”
Chiese Tom alzando un sopraciglio.
“Perché,
cosa c’è di male in Grifondoro?” ribatté l’altro con tono leggermente irritato.
Tom
roteò gli occhi al cielo. “C’è anche solo bisogno di chiederlo?”
“C’è
bisogno di rispondere?”
“Sai
rispondere con qualcosa che non sia una domanda?”
“No,
tu?”
Tom
cominciava ad innervosirsi sul serio per tutte quelle risposte inconsistenti e
tentò di cambiar tattica.
“Visto
che conosci il mio nome, mi sembra semplicemente legittimo che anch’io conosca
il tuo.” Disse incrociando le braccia al petto stizzito.
L’altro
ragazzo non rispose subito, ma si potevano quasi vedere i meccanismi del suo
cervello girare per soppesare la risposta.
“Harry”
rispose dopo qualche secondo mordendosi un labbro, come se non fosse sicuro di
stare facendo la cosa giusta.
‘Harry.’
pensò Tom rigirandosi la parola sulla lingua, tastandone il suono. Era un nome
piuttosto comune e probabilmente di origine babbana, ma c’era un solo modo per
saperlo.
“Harry
e basta?” chiese, il suo sopraciglio sempre ben sollevato.
Purtroppo
la domanda sembrò suscitare l’effetto opposto a quello desiderato, perché il
moretto assunse nuovamente un’espressione sospettosa e ostile.
“Harry
è già tanto, ritieniti fortunato”
Ma
come osava…
“Cos’è,
sei uno sporco mezzosangue che se ne vergogna tanto da non voler nemmeno
pronunciare il suo cognome ad alta voce?” lo schernì Tom con un ghigno cattivo
stampato in volto.
Non
lo vide nemmeno muoversi, ma in un lampo il ragazzo gli si era lanciato addosso
e lo aveva sbattuto violentemente contro il muro del corridoio, tenendolo fermo
in una presa ferrea con un braccio, mentre con l’altro gli puntava la bacchetta
alla gola. Gli occhi smeraldo erano diventati incandescenti di rabbia e Tom
poteva sentire ogni suo muscolo tremare improvvisamente di furia. Non avrebbe
mai pensato di suscitare una simile reazione, né tanto meno che quel ragazzo
tanto più basso di lui potesse possedere tanta forza, sia fisica che magica:
quasi si tastava la magia che stava emanando intorno a sé.
“Non
– ti – azzardare” ringhiò ogni parola, ed erano così vicini che i loro nasi
quasi si sfioravano. Posizione che, aggiunta alla bacchetta, al braccio che
quasi lo soffocava e al respiro dell’altro che gli danzava sul collo, non
lasciava a Tom il tempo di pensare lucidamente.
Trovandola
essere l’unica cosa da fare, in qualche modo riuscì a recuperare dalla tasca la
propria bacchetta e lanciare al suo assalitore un Expelliarmus non verbale
che lo scaraventò dall’altro lato del corridoio, lanciando la sua bacchetta a
qualche metro di distanza.
Tom
ebbe appena il tempo di riprendere fiato che già il ragazzo dagli occhi verdi
era rotolato da un lato, aveva recuperato la propria bacchetta e innalzato uno
scudo intorno a sé.
‘È
davvero potente,’ pensò Tom osservandone i movimenti, ‘e anche un vero
Grifondoro.’ aggiunse vedendo che oltre a materializzare lo scudo, non aveva
dato altro segno di voler attaccare.
Si
ricompose e cercò di mostrarsi come se non fosse successo nulla. “Non ti
conviene iniziare un combattimento qui, nei corridoi” gli disse stirandosi la
camicia stropicciata e risistemando la cravatta verde-argento.
L’altro
non si mosse, né abbassò lo scudo.
“E
nemmeno io ho intenzione di farmi beccare, sono un Prefetto e ho una
reputazione da mantenere.” Continuò Tom, incoraggiandolo a modo suo a
rilassarsi. Davvero sarebbe stato più avventato del più stupido Grifondoro a
ingaggiare un duello con un avversario di cui sapeva così poco.
Finalmente,
dopo un’altra occhiata sospettosa e un momento di esitazione, il ragazzo
abbassò lo scudo e fece un passo avanti. Aveva appena aperto bocca, quando il
suono della campanella di fine ora risuonò per tutto l’edificio, annunciando il
cambio delle lezioni. I rumori delle sedie che si spostavano all’interno delle
aule crebbero sempre di più, come lo sguardo di panico negli occhi verdi.
Prima
che Tom potesse fermarlo, Harry era partito in una corsa frenetica.
“No,
aspetta!” gli urlò dietro il Serpeverde, ma senza risultati, e quando voltò a
sua volta l’angolo vide con sua somma delusione che dell’altro non vi era più
traccia.
“Maledizione”
sussurrò tra sé ritornando a raccogliere la borsa, mentre la massa di studenti
cominciava a riversarsi per il corridoio.
Inspiegabilmente
però, nonostante la riscomparsa dello pseudo Grifondoro, Tom si sentiva
stranamente soddisfatto, e più
rilassato di quanto non gli capitava da giorni. Aveva un nome ora: Harry.
“Ehi
Tom!”
Si
voltò e vide Orion scendere le scale e raggiungerlo di corsa. “Dov’eri finito,
perché non sei più tornato? Ho detto alla Carroll che ti eri sentito poco
bene.” Si avvicinò e, notando il leggero sorrisino sulle labbra del compagno di
casa, aggiunse: “Non ti sei sentito davvero male, vero?”
Il
sorrisino di Tom si allargò.
“Oh
no, mai stato meglio.”
A.N.:
Ce l’ho fatta ad aggiornare
anche stavolta! Un capitolo tutto Harry e Tom! E forse purtroppo sarà anche
l’ultimo prima di settembre (mi sento un po’ ripetitiva =_=).
Comunque,
visto che vado di fretta taglierò corto e passerò alle recensioni.
RISPOSTE:
Selvy:
ehehehe, imparerà ad amarlo ;)
gokychan:
oddio, grazie, sto diventando peperone XD
lake:
Orion sembra un pazzo furioso? Si, devo dire che hai ragione, ma è un personaggio
che mi fa continuamente morire dalle risate anche quando lo scrivo XD
kristin:
allora, per te ecco qua la lista (di quelli visti fin ora almeno)
Orion Black
Giselle Malfoy
Abraxas Malfoy (fratello
maggiore di Giselle)
Eileen Principe
Marcus Mulciber
Caleb Doholov
Heidi Rosier & Rudolf
Lestrange (la coppietta)
Madlene Avery (anche se non si è
vista davvero)
Michy90:
spero ti piaccia questa nuova interazione tutta Harry e Tom allora ^^! A
proposito del 7 libro… si, mi è piaciuto, anche se 5° e 3° rimarranno sempre i
miei preferiti. Ho trovato però alcune scene un po’ troppo spettacolarizzate
forse, come se la Bowling stesse un po’ pensando ai film mentre lo scriveva…