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Autore: Gerugber    18/01/2013    2 recensioni
Tutti si ricordano il proprio diciottesimo compleanno.
Chi per cose brutte, chi per cose belle, ma tutti se lo ricordano.
E io mi ricordo il mio.
Era marzo ed ero fidanzato, ed ero felice, troppo felice.
Una felicità che sarebbe svanita poco a poco, per poi tornare alla vita di tutti i giorni.
Tutti hanno problemi con la propria anima gemella,
tutti hanno problemi a scuola.
Ma fidatevi quando vi dico che per un diciottenne gay è tutto più difficile.
Ed ecco la mia storia...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una cosa che amavo era svegliarmi la domenica, con calma, senza la fretta di dover andare a scuola.
Quella domenica ero particolarmente felice perchè era un giorno speciale, era il mio compleanno.
Ma non un compleanno come tutti gli altri, era il mio diciottesimo compleanno. 
Mi svegliò un raggio di sole che filtrava dalle tende, e che mi colpì il viso. Sembrava la scena di un film, mancava il canto degli uccelli di sottofondo, se no sarebbe stato uguale. Altro che il solito risveglio che comprendeva sempre la caduta del cellulare e di almeno una testata alla scrivania.
Mi ci volle un po’ per rendermi conto che finalmente ero maggiorenne, ero libero di fare quello che volevo, andare dove volevo,  e con chi volevo. Almeno così pensavo… ma come cambiai opinione è un’altra storia che magari un giorno vi racconterò.
Quando il cervello cominciò a funzionare di nuovo in modo normale un sorriso ebete mi si stampò sul volto.
Ero maggiorenne.
Scesi con un balzo dal mio letto matrimoniale. Eh si, dormivo in un letto matrimoniale, da solo. Lo so è una cosa triste ma io ci stavo comodo e potevo dormire come volevo, anche se era una mia abitudine dormire in un angolo del letto con la testa sotto la scrivania per sentire meglio la sveglia. Ecco spiegate le testate alla scrivania la mattina.
Mi diressi verso la specchio dall’altra parte della stanza e guardai il mio riflesso. Mi dissi “Mi chiamo Alex, ho diciotto anni e posso fare quello che voglio.”
Avevo ancora un sorriso stampato in faccia, e poi guardai il riflesso del mio volto. Avevo i capelli neri afflosciati da un lato. Era quello che era rimasto della pettinatura della sera precedente quando andai a festeggiare il compleanno con i miei amici. Ma il festeggiamento migliore doveva ancora venire. Poi guardai il resto del viso, le guance, gli occhi marroni scuro, la fronte e in fine il naso. Quanto odiavo il mio naso, non lo sopportavo, era l’unica cosa che veramente disprezzavo di me. Era enorme, e visto che finalmente avevo diciotto anni potevo finalmente rifarmelo con un’operazione chirurgica. Ma solo che il mio ragazzo non voleva… ah si mi sono dimenticato di dirvelo, sono gay. Eh già, proprio così, un gay fidanzato da quattro anni con un ragazzo che tutti chiamavano Max. 
Max è nato e cresciuto nella mia stessa città, fino ai suoi diciotto anni, poi si è trasferito in Inghilterra. Non chiedetemi della sua storia, è una lunga storia. Va beh, rimane il fatto che lui viveva in Inghilterra e io rimasi lì in quella città dove ci conoscemmo. Lui era un anno più grande di me, ma non ci è mai pesata più di tanto la differenza d’età.
Fatto sta che il regalo più bello me lo avrebbe fatto lui.
Sarebbe tornato dall'Inghilterra una settimana per stare con me!
Quando me l’ha detto non volevo crederci.
Ma c'era ancora tempo, sarebbe arrivato la domenica del mio compleanno, e sarei andato a prenderlo alla stazione della città.
Presi il cellulare dalla scrivania e lessi "25 nuovi messaggi". E tutti dicevano la stessa cosa: auguri, auguri auguri.
Iniziai a rispondere a tutti con la solita frase fatta "grazie mille", e poi mi iniziai a vestire.
Mi misi una T-Shirt nera, un cardigan bordeaux e un paio di jeans blu scuro. Dopo mi rimisi a letto e iniziai a guardare il soffitto. 
Erano passate da poco le dieci e quindi in tutta casa risuonavo i rumori di mamma che lavorava, probabilmente per cucinare una torta, e la voce di Giammi mio fratello che urlava "Mamma non trovo il cellulare!" "Mamma non trovo i pantaloni!" "Mamma...mamma...mamma!", era una delle poche che sapeva dire quando gli serviva qualcosa, mamma.
Il tempo di chiudere gli occhi e mi arrivò un messaggio. Era da parte di Max e mi sfuggì un sorriso, che scomparve quasi subito:
 
Max: "Ma dove piffero sei finito?"
 
E lì ricordardai che la domenica del mio compleanno, era proprio quel giorno.
  
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