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Autore: Neko    18/01/2013    3 recensioni
Sequel di "Da allievo a maestro" Sono passati anni da quando Kabuto ha combattuto nel suo covo contro i ninja della foglia e compiendo un gesto infimo ha rapito la figlia di Naruto appena venuta al mondo, ma esso non si arrende e continua la sua disperata ricerca con l'aiuto dei suoi amici.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Un capitolo molto discorsivo, dedicato completamente a Kumiko.

Spero possa piacervi e ho colto l’occasione per introdurre nuovamente un personaggio scomparso da capitoli.

Buona lettura e lasciatemi una recensioncina.

 

Capitolo 27: Felicità

 

 Pov Kumiko

 

Fu Naruto a svegliarmi quel giorno. Era passata una settimana circa da quando ero tornata in quella che avrebbe dovuto essere la mia vera casa.

Ora potevo dirlo con certezza. Non era un sogno. Impossibile altrimenti che durasse così a lungo. Inoltre, tutte le emozioni che provavo erano troppo intense perché potessero essere partorite dalla mia mente.

Mio padre mi blaterava qualcosa senza che lo stessi ad ascoltare. Ero troppo presa dai miei pensieri e pare rendersi conto della mia distrazione, perché sospirando mi disse di raggiungerlo in cucina quando fossi stata pronta.

La mia arrabbiatura nei suoi confronti non era passata, sebbene Naruto facesse di tutto

pur di starmi simpatico e forse in un contesto diverso lo avrei anche adorato, ma gli davo la colpa di quello che era successo.

Sei anni…sei anni buttati al vento cercando di piacere a un uomo che non gli importava niente di me. Mi veniva una grande rabbia al solo pensarci, mentre se fossi cresciuta qui in quell’ambiente meraviglioso, probabilmente al mio vero padre sarei piaciuta così come ero, con pregi e difetti.

La mamma era tornata a lavorare e Naruto era andato agli allenamenti con il suo team e noi figli rimanevamo o in casa o in giro per il villaggio. Mi piacevano molto quelle uscite, mi sentivo libera, sebbene sapessi che Kurama ci teneva sempre sotto controllo, non facendosi sempre vedere. Erano ossessionati dal fatto che poteva capitarci qualcosa.

Decidemmo di andare al parco quel giorno. Era giornate estive quindi non c’era scuola. Sarebbe cominciata fra qualche settimana, ma non sapevo cosa fare, se scegliere una scuola per civili o l’accademia ninja. Mia sorella a quanto pare aveva già le idee chiare…voleva essere una ninja.

Che stranezza è la vita, a vederci sembra che fra le due, la più litigiosa sia io e che quindi non  mi farei problemi a buttarmi nella mischia dei combattimenti. Invece, sebbene sapessi fare qual cosina, imparata osservando Kabuto e mia sorella, combattere non mi piaceva.

Ma una cosa che amavo c’era. Adoravo disegnare. Quante volte mi sono rinchiusa nella mia stanza impiastrare i pochi fogli che avevo, a volte arrivando a usare anche i muri. In quel modo, scaricavo tutta la mia frustrazione e la rabbia che provavo e non mi dispiaceva l’idea di intraprendere una carriera artistica. Una cosa mi seccava alquanto. Se mia sorella si faceva uccidere in battaglia, morivo anche io e viceversa. Due in una.

Non mi rassicurava molto sta cosa e speravo sinceramente che esistesse un metodo per eliminare questa possibilità, anche se probabilmente questo mio legame con Naho era stato per me un salvagente in questi anni, dato che Kabuto non avrebbe avuto problemi a eliminarmi.

Pensavo a tutto questo mentre stavo seduta sull’altalena del parco vicino casa. Mi piaceva il vento nei capelli e quella frescura sul viso.

Mia sorella invece preferiva giocare a nascondino con delle sue nuove amichette, mentre Akai e Daiki erano sulla sabbia a giocare a costruire i due castelli.

Mi meravigliavo sempre del bisogno che avevano l’uno dell’altro. Ok essere molto legati, ma mi sembrava strano che non provassero mai il bisogno di stare separati.

Però il loro momento di tranquillità finiva presto, perché gli altri bambini, inteneriti dall’aspetto di Akai, lo circondavano accarezzandolo, coccolandolo e  tirandogli la coda e le orecchie. Capitava talmente tanto spesso che un giorno, per liberarsi da quella tortura, Akai si trasformò…un secondo Daiki con i capelli rossi.

A mia madre prese un infarto, pensando che suo figlio avesse combinato qualcosa di assurdo tanto da colorarsi i capelli.

Akai però, a differenza di Naho, non amava stare in quelle sembianze e appena scappato pericolo, tornava a vestire i panni di cucciolo di volpe.

Un pomeriggio però mi stancai di stare al parco giochi. Volevo disegnato e mi allontanai con il mio quadernino viola. Me lo aveva regalato Naruto quando aveva scoperto che mi piaceva disegnare. Ammetto…era stato davvero carino, ma la mia diffidenza nei suoi confronti non sparì con quel piccolo gesto, anche se cominciò a scemare.

Mi spostai in un luogo più tranquillo e destino volle che capitassi accanto a un campo di allenamento. Vi era un insegnante intento a indicare gli esercizi da fare ai suoi allievi.

Mi incuriosii e mi misi alla ricerca del campo di allenamento di Naruto.

Non ci misi molto a trovarlo.

Stava ingaggiando una lotta corpo a corpo con il figlio di Sasuke, mentre la figlia di Shikamaru stava a guardare annoiata.

Mio padre non sembrava fare per niente fatica a parere i colpi del ragazzo e nel mentre gli spiegava dove correggersi e dove invece agiva nel modo corretto.

Mi stupii. A casa sembrava una persona diversa, era allegro, spensierato, quasi stupido e svampito, sul lavoro invece, mantenendo quella nota di allegria, diventava professionale e si capiva che quello che faceva gli piaceva.

Decisi di rimanere lì a disegnare. Mi piaceva le posizioni che assumeva Fugaku quando stava per attaccare e provai a rappresentarlo.

Quando lo scontro finì, fu il turno di Shiori che si era appisolata guardando le nuvole.

Lei era meno interessante da disegnare, la trovavo poco invogliata a combattere. Se avesse potuto, avrebbe continuato a dormire e mi o padre non si fece scappare una nota di rimprovero per questo.

Mi guardai in giro cercando qualcos’altro da disegnare e notai qualcuno che non avevo mai visto. Mi sembrava quasi una ninfa dei boschi. Una ragazzina dai capelli chiari e lunghi e occhi azzurri. Era molto bella e mi incuriosì il suo curiosare l’allenamento di mio padre.

Mi avvicinai e si spavento quando le rivolsi la parola.

“Ciao!” dissi semplicemente.

“Oh c-ciao!” mi guardò sbattendo le palpebre. Forse non si aspettava di vedere una bambina come me in quel luogo.

“Tu chi sei?” le chiesi. Aveva un bel nome “Merodi!”

“Io sono ehm…Rei, Kumiko…a seconda a chi lo chiedi!” dissi alzando le spalle, infatti mia sorella continuava a chiamarmi come era abituata e io non sempre rispondevo al nome Kumiko…ci mettevo un po’ a capire che ero interpellata “Sono la figlia di Naruto!”

Mi guardò sorpresa.

Ma…scusa se te lo chiedo, ma non eri stata rapita?”

Abbassai il capo “Lo ero…fino alla settimana scorsa!”

Mi sorrise dolcemente “Quindi il sensei è riuscito a trovarti, sono felice per voi!”

Storsi il naso “Si, ci ha messo solo sei anni!” dissi con sarcasmo e a quanto pare se ne accorse.

“Sei anni sono tanti, ma da quello che ho sentito, Naruto ha fatto i salti mortali pur di trovarti. Ha smesso anche di insegnare fino a pochi mesi prima di trovarti!”

Sussultai “Ma sembra piacergli così tanto!”

Merodi annuì.

Spostai il mio sguardo su mio padre. Aveva rinunciato a una cosa che amava per trovarmi. Aveva dato maggiore importanza a me. Sentii una morsa al cuore…non saprei dire se di tristezza o felicità…probabilmente la seconda.

“Ma allora se ha fatto tanto per cercarmi, perché non mi ha trovato prima. Insomma, secondo me se si fosse dato così tanto da fare, mi avrebbe salvato anni fa o addirittura impedito il mio rapimento!”.

Merodi scosse la testa “Non so risponderti, io so poco del sensei, ma so che il mondo è ingiusto e non sempre le cose vanno come vorremmo, ma di certo tuo padre non ha voluto il tuo rapimento, ne ha voluto che il tuo ritrovamento avvenisse così tardi. Non lo conosco bene come gli abitanti del villaggio, ma per quel poco che sono stata con lui, lo posso affermare con certezza! Lo vedo anche per quello che sta facendo per me!”

La guardai stranita.

“Cioè? Non mi pare ti stia allenando, infatti mi domandavo che ci facevi qua. Se è il tuo sensei perché non sei là ad allenarti?”

“Non sono più una sua allieva!” mi rispose con voce triste.

“Come?”

Mi sorrise tristemente “Bhe diciamo che è accaduto una cosa simile alla tua. Sono stata portata via da lui a causa del nove code e per quanti sforzi stia facendo per riavermi con la sua squadra, non riesce a riportarmi indietro!”

Guardai nuovamente Naruto, che in quel momento stava ridendo, vedendo Fugaku e Shiori  bisticciare per una sciocchezza.

“Però a me non sembra molto dispiaciuto. Non sembra senti la tua mancanza!”

Merodi scrollò le spalle “Che cosa deve fare? Non può mica mettersi in un angolino a commiserarsi, deve andare avanti, perché ci sono altre persone che dipendono da lui. Io non ci sono, ma i miei compagni hanno tutto il diritto di continuare ad allenarsi per diventare ninja, non credi?”

Ci pensai su “Si, credo di si! Ma non ti fa rabbia?”

Merodi scosse la testa “Si, ma non Naruto. Mi fa rabbia colui che ha portato a tutto questo…mio padre senza pensare al male che ha fatto!”

Guardai a terra e bisbigliai “Quindi io dovrei avercela con Kabuto!”

“Hai detto qualcosa?” mi chiese Merodi.

Scossi la testa e sospirai. Poi improvvisamente mi sentii sollevare da terra da due forti mani. Non mi aspettavo niente del genere e cominciai a scalciare, beccando qualcosa.

La presa si allentò e girandomi vidi mio padre piegato a metà e dolorante, con dei goccioloni enormi sugli occhi.

Capii che era stato lui a prendermi, forse nel tentativo di prendermi in braccio e io agitandomi lo avevo colpito nel suo punto debole.

Kumiko, se non volevi altri fratelli, mi sa che ci sei riuscita!” disse aprendo un occhio, ancora sofferente. Non capii cosa volesse dire…insomma che centrano altri fratelli?

“Ciao Merodi!” disse appena si fu ripreso “Dimmi che sei qua per qualche buona notizia!”

La sua allieva abbassò la testa e l’aria di mio padre si fece triste, ma ciò nonostante cercò di rincuorare Merodi.

“Vedrai che prima o poi tuo padre capirà, basta non arrendersi!” le disse facendole una carezza in testa, proprio come aveva cercato di fare come me, per dimostrarmi il suo affetto, sebbene non glielo avessi mai permesso.

Sensei, dato che c’è Merodi, possiamo fermarci qui? È da tempo che non passiamo più del tempo insieme!”

Lo vidi annuire per poi chiedermi se mi volessi unire a loro.

Andammo a mangiare in un localino carino e il pranzo fu veramente piacevole. Era la prima volta che facevamo qualcosa solo io e lui, senza i miei fratelli intorno.

Ne fui felice.

Lo vedevo sempre così legato a Naho, che nonostante le sue attenzioni, temevo mi trovasse noiosa o non so come.

Mi sono dovuta ricredere. Per tutti e tre i miei genitori, c’era spazio per tutti e forse potevo davvero cominciare a stare più tranquilla, senza lottare per avere l’attenzione di qualcuno.

Salutammo gli allievi di mio padre e noi due, uno accanto all’altro, ci incamminammo verso casa.

Alzai il mio sguardo. Papà era alto, così alto che mi sembrava irraggiungibile, ma qualcosa era alla mia portata. Allungai la mano e afferrando la sua, gliela strinsi, aspettando che ricambiasse la presa, cosa che con sommo piacere non tardò.

Per la prima volta potevo definirmi davvero felice.

 

 

 

 

 

 

  
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