7. VIAGGIO PER
MERINDOR
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n quello che restava della notte,
dopo la discussione avuta con Fedora, Josephine ebbe qualche difficoltà a
riprendere sonno, con il risultato che al risveglio era stanchissima, con la
testa che le faceva male e due occhiaie da far paura.
- Dormito bene Josephine? – aveva
chiesto Drusilla - Hai un’aria così
stanca…sei sicura di voler andare a Merindor? Guarda che se sei stanca, la puoi
rimandare…
- No! – forse Fedora aveva un po’
esagerato nell’intervento, destando i sospetti delle altre due sorelle. – No,
cioè, volevo dire che le farebbe bene una bella passeggiata a Josephine dopo più
di due settimane che è rimasta chiusa in casa…
- Appunto perché è stata tutto
questo tempo ferma che magari non dovrebbe fare sforzi eccessivi. – disse
Ofelia. Fedora non sapeva che dire.
- Sto bene, sul serio… - intervenne
Josephine - è poi me lo disse anche Finn che prima ricominciavo a camminare,
meglio era.
Drusilla e Ofelia si guardarono con
aria interrogativa, Fedora mandò uno sguardo di gratitudine a Josephine, che
contraccambiò con un occhiolino.
- Beh, allora se avete deciso così,
vi preparo qualcosa da mangiare durante il viaggio. - disse Drusilla, sorridendo
nuovamente. Ofelia rimase con aria di chi sospetta qualcosa. Josephine e Fedora,
invece, fecero colazione con aria innocente.
Dopo essersi preparate, aver preso
le bisacce con le provviste e qualche coperta per coprirsi dal freddo (nel caso
avessero dovuto dormire all’aperto), finalmente verso le dieci di mattina le due
ragazze uscirono di casa.
– Allora buon viaggio! – augurarono
le altre due sorelle. – E salutami Philip e Cordelia. – aggiunse in tono acido
Ofelia.
- Sospetta qualcosa! – disse
Josephine con un sussurro a Fedora. Le due sorrisero e salutarono con la
mano.
La prima parte del viaggio risultò
piuttosto noiosa. Josephine, che dopo l’incidente non aveva avuto occasione di percorrere lunghe
distanze, iniziò a sentire dolore alla gamba già dopo un paio d’ore di cammino.
Inoltre né lei né Fedora aprirono bocca.
- Fedora, ti prego ci possiamo
fermare? – il tono di Josephine era supplichevole.
- Ti fa male la gamba? – disse
Fedora ritornando indietro dove la ragazza si era bloccata per massaggiarsi la
coscia. Annuì.
- Va bene, mangiamo anche qualcosa,
tanto a occhio e croce dovrebbe essere l’una passata.
Si sedettero sull’erba, accarezzate
da un lieve venticello.
Consumarono un pranzo costituito da
qualche panino, un po’ di carne avanzata dalla sera precedente, qualche pomodoro
secco e un pezzo di crostata alle more che Drusilla aveva preparato loro
appositamente per il viaggio.
Proprio come il resto del viaggio,
anche il pranzo venne consumato nel più assoluto silenzio.
L’unico rumore, il cinguettio degli
uccelli.
Decisero di non ripartire subito
dopo mangiato, per permettere a Josephine di riposarsi un po’, così si godettero
quel sole primaverile, che ti riscalda ma non
eccessivamente.
- Questa è la collina di Edrev. –
esordì finalmente Fedora interrompendo il silenzio che aveva aleggiato fino a
quell’istante . – E quella laggiù, - e indicò una cupa boscaglia verso ovest – è
Josephine scosse la testa. – Una
colonia di centauri.
- Ma è fantastico! – disse stupita
Josephine. Non avrebbe mai e poi mai, neanche nei suoi sogni più reconditi,
immaginato di avere un’intera popolazione di centauri a un passo da lei, né
tanto meno pensato di parlarne come se fosse una cosa naturale, così come se
affermasse che il cielo è azzurro. - È lì che abita….come si chiama quel tuo
amico centauro?
- Marcus.
- Già Marcus. Ma io ho letto che i
centauri non sono propriamente…ospitali...
- Beh, sono creature molto sagge e
chiedono semplicemente il rispetto che si meritano.
La landa era deserta e l’erba
incolta dondolava al fresco venticello che aveva soffiato quella stessa notte,
facendo sembrare il prato un enorme mare verde acceso.
Josephine avrebbe voluto restare lì
per tutto il resto del pomeriggio, a godersi quella calma e quiete che nel suo
vero mondo non aveva mai trovato, nonostante abitasse fuori
città.
Un’ora dopo, però, Fedora si alzò in
piedi. – Andiamo, è meglio ripartire e non perdere ulteriore
tempo.
Arrivarono in prossimità del fiume
Feern quando il sole stava calando. Un grande ponte di pietra tagliava il
torrente nella sua lunghezza, per consentire alle persone di attraversarlo senza
difficoltà.
Una barca solitaria, con un
pescatore a bordo, navigava pigra nell’acqua cristallina lucente nella luce
aranciata del tramonto. Sparse in mezzo ai campi appena arati, qua e là,
campeggiavano piccole case di pietra grigia o marrone, ma come aveva detto
Fedora, la maggior parte della popolazione di trovava a Merindor, dove c’era il
grande castello.
Il sole sparì dietro le montagne e
l’aria cominciava a rinfrescarsi, condensandosi leggermente a ogni sospiro.
- Non mi pare il caso di dormire qua
fuori stanotte, - assentì Fedora - è meglio cercare una buona taverna. Proviamo
lì a Berna. – e indicò un piccolo cumulo di case poco distanti da
loro.
Arrivarono nel paesino di Berna dopo
un’altra ora di cammino, quando una linea violacea colorava i profili delle alte
montagne e le prime stelle cominciavano a fare capolino.
Berna era un paesino piccolo, con
case di pietra e una piazzetta circolare in cui solitamente si riunivano due o
tre banchi che commerciavano per lo più pesce e cacciagione (per il grande
mercato bisognava recarsi a Merindor). C’era un’unica locanda, sempre
straripante di persone, e la sera la musica del locale si diffondeva per tutta
la quiete del paese.
Quando arrivarono Josephine e
Fedora, i banchi del mercato stavano chiudendo.
La ragazza notò che diverse persone
salutavano cordialmente la sua amica, fermandosi talvolta anche a
scambiare qualche parola (non senza guardare inuriositi Josephine).
La locanda era calda e accogliente,
con un ottimo odore di cibo e spezie.
Sulla destra c’era un bancone di
legno scuro lucidissimo, con sette sgabelli intorno. Altri tavoli, che andavano
da due a più persone, campeggiavano in mezzo alla sala, e in fondo c’era un
piccolo palco dove giacevano addormentati gli strumenti
dell’orchestra.
Il barista salutò con la mano
Fedora.
- Ciao Ben, come
va?
- Come sempre Fedora…ehi, ma quella
tua amica? È nuova? – chiese mentre puliva in maniera maniacale un boccale.
- Sì, è nuova. Ti presento
Josephine.
La ragazza sorrise. – Non ci posso
credere! Tu sei quella di cui tutti parlano? Beh, benvenuta a Doorn mia cara! –
strinse cordialmente la mano della ragazza. – Piacere mio. –
rispose. Adesso capiva perché fosse così famosa.
- Vorremmo qualcosa da mangiare e
poi una stanza se è possibile. – aggiunse Fedora.
- Ma certo, prego accomodatevi dove
volete, manderò Tarla a prendere l’ordinazione.
Le due ragazze ringraziarono e
andarono a sedersi dall’altra parte della sala, in un tavolino da due. Come il
bancone, anche i tavoli erano di un bel legno lucido.
- Ben è un fanatico della pulizia e
della “lucidità”. – disse sorridendo Fedora, notando che Josephine studiava
attentamente il tavolo.
Tarla, una ragazza sui venticinque
anni, un po’ in carne e dal viso paffuto e roseo, arrivò cinque minuti dopo per
prendere l’ordinazione.
Per essere una che stava in cucina
aveva il grembiule immacolato. Evidentemente Ben era un maniaco anche nella
pulizia dei vestiti.
- Cosa vi porto? – chiese con voce
dolce. – Vi posso consigliare la specialità del giorno: zuppa al pomodoro con
funghi e carne di capra. - aggiunse prima che le altre potessero aprire bocca.
Alcuni boccoli dorati ricadevano dalle forcine incastrate nei capelli.
- Ehm…per me va bene la specialità.
– disse Josephine.
Fedora assentì – E da bere portaci
due boccali di birra – aggiunse. Tarla sorrise e si allontanò districandosi tra
un tavolo e l’altro.
- Ma io non bevo
birra.
- Non preoccuparti, sono sicura che
ti piacerà.
Non ci impiegò molto tempo prima che
la locanda si riempisse di gente, e ben presto una musica allegra iniziò a
suonare.
Fedora aveva proprio ragione, la
birra di Doorn era buonissima, ma soprattutto scendeva giù come acqua. A sera
tarda, quando il locale si stava svuotando, ma specialmente al terzo boccale di
birra che Josephine richiedeva, Fedora trovò saggio andare a
letto.
- Dai, andiamo. Domattina ci aspetta
l’altra metà del viaggio.
Tra una risata e l’altra andarono su
in camera, e tra vari mugolii e strane frasi che elogiavano la birra di Doorn,
Josephine si addormentò.