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Autore: spongebobina    07/08/2007    0 recensioni
Un luogo può nascondere ben altro da ciò che sembra all'apparenza...
Josephine lo proverà sulla sua pelle quando una sera, durante un temporale, entrerà in quello che credeva un bosco "normale", rendendosi conto di quanto poco conosca quel posto e di quante insidie esso nasconda...
LA MIA PRIMA STORIA...VI PREGO COMMENTATE E CRITICATE SE CE N'E' BISOGNO!! LASCIATE TANTE RECENSIONI, VOGLIO SAPERE CIO' CHE PENSATE PER MIGLIORARE!! GRAZIE MILLE!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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7. VIAGGIO PER MERINDOR

I

n quello che restava della notte, dopo la discussione avuta con Fedora, Josephine ebbe qualche difficoltà a riprendere sonno, con il risultato che al risveglio era stanchissima, con la testa che le faceva male e due occhiaie da far paura.

- Dormito bene Josephine? – aveva chiesto Drusilla  - Hai un’aria così stanca…sei sicura di voler andare a Merindor? Guarda che se sei stanca, la puoi rimandare…

- No! – forse Fedora aveva un po’ esagerato nell’intervento, destando i sospetti delle altre due sorelle. – No, cioè, volevo dire che le farebbe bene una bella passeggiata a Josephine dopo più di due settimane che è rimasta chiusa in casa…

- Appunto perché è stata tutto questo tempo ferma che magari non dovrebbe fare sforzi eccessivi. – disse Ofelia. Fedora non sapeva che dire.

- Sto bene, sul serio… - intervenne Josephine - è poi me lo disse anche Finn che prima ricominciavo a camminare, meglio era.

Drusilla e Ofelia si guardarono con aria interrogativa, Fedora mandò uno sguardo di gratitudine a Josephine, che contraccambiò con un occhiolino.

- Beh, allora se avete deciso così, vi preparo qualcosa da mangiare durante il viaggio. - disse Drusilla, sorridendo nuovamente. Ofelia rimase con aria di chi sospetta qualcosa. Josephine e Fedora, invece, fecero colazione con aria innocente.

Dopo essersi preparate, aver preso le bisacce con le provviste e qualche coperta per coprirsi dal freddo (nel caso avessero dovuto dormire all’aperto), finalmente verso le dieci di mattina le due ragazze uscirono di casa.

– Allora buon viaggio! – augurarono le altre due sorelle. – E salutami Philip e Cordelia. – aggiunse in tono acido Ofelia.

- Sospetta qualcosa! – disse Josephine con un sussurro a Fedora. Le due sorrisero e salutarono con la mano.

 

La prima parte del viaggio risultò piuttosto noiosa. Josephine, che dopo l’incidente non aveva avuto occasione di percorrere lunghe distanze, iniziò a sentire dolore alla gamba già dopo un paio d’ore di cammino. Inoltre né lei né Fedora aprirono bocca.

- Fedora, ti prego ci possiamo fermare? – il tono di Josephine era supplichevole.

- Ti fa male la gamba? – disse Fedora ritornando indietro dove la ragazza si era bloccata per massaggiarsi la coscia. Annuì.

- Va bene, mangiamo anche qualcosa, tanto a occhio e croce dovrebbe essere l’una passata.

Si sedettero sull’erba, accarezzate da un lieve venticello.

Consumarono un pranzo costituito da qualche panino, un po’ di carne avanzata dalla sera precedente, qualche pomodoro secco e un pezzo di crostata alle more che Drusilla aveva preparato loro appositamente per il viaggio.

Proprio come il resto del viaggio, anche il pranzo venne consumato nel più assoluto silenzio.

L’unico rumore, il cinguettio degli uccelli.

Decisero di non ripartire subito dopo mangiato, per permettere a Josephine di riposarsi un po’, così si godettero quel sole primaverile, che ti riscalda ma non eccessivamente.

- Questa è la collina di Edrev. – esordì finalmente Fedora interrompendo il silenzio che aveva aleggiato fino a quell’istante . – E quella laggiù, - e indicò una cupa boscaglia verso ovest – è la Foresta della Nebbia. Lo sai cosa si trova lì?

Josephine scosse la testa. – Una colonia di centauri.

- Ma è fantastico! – disse stupita Josephine. Non avrebbe mai e poi mai, neanche nei suoi sogni più reconditi, immaginato di avere un’intera popolazione di centauri a un passo da lei, né tanto meno pensato di parlarne come se fosse una cosa naturale, così come se affermasse che il cielo è azzurro. - È lì che abita….come si chiama quel tuo amico centauro?

- Marcus.

- Già Marcus. Ma io ho letto che i centauri non sono propriamente…ospitali...

- Beh, sono creature molto sagge e chiedono semplicemente il rispetto che si meritano.

La landa era deserta e l’erba incolta dondolava al fresco venticello che aveva soffiato quella stessa notte, facendo sembrare il prato un enorme mare verde acceso.

Josephine avrebbe voluto restare lì per tutto il resto del pomeriggio, a godersi quella calma e quiete che nel suo vero mondo non aveva mai trovato, nonostante abitasse fuori città.

Un’ora dopo, però, Fedora si alzò in piedi. – Andiamo, è meglio ripartire e non perdere ulteriore tempo.

Arrivarono in prossimità del fiume Feern quando il sole stava calando. Un grande ponte di pietra tagliava il torrente nella sua lunghezza, per consentire alle persone di attraversarlo senza difficoltà.

Una barca solitaria, con un pescatore a bordo, navigava pigra nell’acqua cristallina lucente nella luce aranciata del tramonto. Sparse in mezzo ai campi appena arati, qua e là, campeggiavano piccole case di pietra grigia o marrone, ma come aveva detto Fedora, la maggior parte della popolazione di trovava a Merindor, dove c’era il grande castello.

Il sole sparì dietro le montagne e l’aria cominciava a rinfrescarsi, condensandosi leggermente a ogni sospiro.

- Non mi pare il caso di dormire qua fuori stanotte, - assentì Fedora - è meglio cercare una buona taverna. Proviamo lì a Berna. – e indicò un piccolo cumulo di case poco distanti da loro.

Arrivarono nel paesino di Berna dopo un’altra ora di cammino, quando una linea violacea colorava i profili delle alte montagne e le prime stelle cominciavano a fare capolino.

Berna era un paesino piccolo, con case di pietra e una piazzetta circolare in cui solitamente si riunivano due o tre banchi che commerciavano per lo più pesce e cacciagione (per il grande mercato bisognava recarsi a Merindor). C’era un’unica locanda, sempre straripante di persone, e la sera la musica del locale si diffondeva per tutta la quiete del paese.

Quando arrivarono Josephine e Fedora, i banchi del mercato stavano chiudendo.

La ragazza notò che diverse persone salutavano cordialmente la sua amica, fermandosi talvolta anche a scambiare qualche parola (non senza guardare inuriositi Josephine).

La locanda era calda e accogliente, con un ottimo odore di cibo e spezie.

Sulla destra c’era un bancone di legno scuro lucidissimo, con sette sgabelli intorno. Altri tavoli, che andavano da due a più persone, campeggiavano in mezzo alla sala, e in fondo c’era un piccolo palco dove giacevano addormentati gli strumenti dell’orchestra.

Il barista salutò con la mano Fedora.

- Ciao Ben, come va?

- Come sempre Fedora…ehi, ma quella tua amica? È nuova? – chiese mentre puliva in maniera maniacale un boccale.

- Sì, è nuova. Ti presento Josephine.

La ragazza sorrise. – Non ci posso credere! Tu sei quella di cui tutti parlano? Beh, benvenuta a Doorn mia cara! – strinse cordialmente la mano della ragazza. – Piacere mio. – rispose. Adesso capiva perché fosse così famosa.

- Vorremmo qualcosa da mangiare e poi una stanza se è possibile. – aggiunse Fedora.

- Ma certo, prego accomodatevi dove volete, manderò Tarla a prendere l’ordinazione.

Le due ragazze ringraziarono e andarono a sedersi dall’altra parte della sala, in un tavolino da due. Come il bancone, anche i tavoli erano di un bel legno lucido.

- Ben è un fanatico della pulizia e della “lucidità”. – disse sorridendo Fedora, notando che Josephine studiava attentamente il tavolo.

Tarla, una ragazza sui venticinque anni, un po’ in carne e dal viso paffuto e roseo, arrivò cinque minuti dopo per prendere l’ordinazione.

Per essere una che stava in cucina aveva il grembiule immacolato. Evidentemente Ben era un maniaco anche nella pulizia dei vestiti.

- Cosa vi porto? – chiese con voce dolce. – Vi posso consigliare la specialità del giorno: zuppa al pomodoro con funghi e carne di capra. - aggiunse prima che le altre potessero aprire bocca. Alcuni boccoli dorati ricadevano dalle forcine incastrate nei capelli.

- Ehm…per me va bene la specialità. – disse Josephine.

Fedora assentì – E da bere portaci due boccali di birra – aggiunse. Tarla sorrise e si allontanò districandosi tra un tavolo e l’altro.

- Ma io non bevo birra.

- Non preoccuparti, sono sicura che ti piacerà.

Non ci impiegò molto tempo prima che la locanda si riempisse di gente, e ben presto una musica allegra iniziò a suonare.

Fedora aveva proprio ragione, la birra di Doorn era buonissima, ma soprattutto scendeva giù come acqua. A sera tarda, quando il locale si stava svuotando, ma specialmente al terzo boccale di birra che Josephine richiedeva, Fedora trovò saggio andare a letto.

- Dai, andiamo. Domattina ci aspetta l’altra metà del viaggio.

Tra una risata e l’altra andarono su in camera, e tra vari mugolii e strane frasi che elogiavano la birra di Doorn, Josephine si addormentò.

 

  
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