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Autore: Ram92    19/01/2013    1 recensioni
La storia dell'arrivo dei malandrini ad Hogwarts e delle loro prime avventure.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Ram’s corner
E ora cominciano i guai. Quella che avete letto sinora era una ff che avevo scritto almeno un paio di anni fa, bloccandomi però sul sesto capitolo. Ho provato a recuperare la storia, ma non sono onestamente del tutto convinta. Non amo mendicare commenti, ma mi piacerebbe sapere che ne pensate e se avete consigli e/o critiche da questo punto in poi, perché credo di averne bisogno. Vi ringrazio comunque per l’attenzione e (spero) l’apprezzamento, Ram.
 
 
Capitolo sesto.
 
- Remus, prego accomodati.
L’ufficio del professor Melian si mostrava accogliente. La luce pallida del mattino accarezzava le rilegature consunte dei numerosi libri disposti fittamente nella biblioteca di legno massiccio e le pergamene sparse sulla grande scrivania al centro della stanza. Una grande valigia di pelle giaceva in un angolo, mentre in una piccola vetrina accanto alla porta erano disposti ingredienti per pozioni, boccette colorate e piccoli strumenti lucenti. Remus sedette alla grande scrivania guardandosi intorno con curiosità. Il professore intanto armeggiava con un piccolo mortaio e un pestello di pietra. Poco lontano giacevano resti di erbe e una boccetta di liquido scuro.
- Allora Remus, andiamo direttamente al sodo.- disse infine Melian riponendo il pestello. – Vorrei che tu mi dicessi come hai vissuto le tue notti di luna piena sino ad ora. E’ necessario che io sappia esattamente che cosa potrebbe accadere nella Stamberga Strillante, anche e soprattutto nel peggiore dei casi. Non ho alcuna intenzione di giudicarti, qualunque cosa tu possa aver fatto. Grandi maghi stimati in tutto il mondo sono arrivati a compiere gesti atroci sotto l’influsso della luna piena e, per quanto ne so, non dovrebbe essere questo il tuo caso. Quanto dirai rimarrà un segreto tra me e te, non è necessario che lo sappia neppure il professor Silente. Sono stato abbastanza chiaro, Remus?
Remus annuì in silenzio, lo sguardo basso intento a studiare la superficie levigata del tavolo.
- Perfetto, allora cominciamo. Sei diventato un licantropo quando eri ancora molto piccolo, riesci a ricordarti di quando Grayback ti ha morso o degli anni precedenti?
Remus deglutì amaramente. Non aveva ricordi precisi da raccontare, si trattava per lo più di una sensazione, una fitta allo stomaco lo prendeva ogni volta che tentava di tornare con la memoria a quel momento. I suoi genitori non ne parlavano mai, ma per molti anni il nome di Grayback era risuonato nei sussurri di suo padre e nei singhiozzi di sua madre.
- Io… non ricordo molto. So soltanto che vivevamo in una bella casa in un piccolo paesino. Mia madre mi accompagnava sempre a giocare con gli altri bambini in piazza e a volte, d’estate, nei campi. Poi… - istintivamente portò la mano alla spalla sinistra, dove una profonda cicatrice ancora doleva. – Poi mi ricordo mia madre che piangeva al San Mungo e io che non riuscivo a muovermi… E poi la casa dove vivo adesso, isolata nella radura di un bosco.
- Che misure adottavano i tuoi genitori nelle notti di luna piena? Ti legavano solamente o preparavano anche qualche pozione?
- Si sono sempre limitati ad incatenarmi in cantina.
- E questo è bastato? Non sei mai uscito?
- Non che io sappia… - rispose Remus a disagio.
Il professore prese la boccetta dal tavolo e versò il liquido in un piccolo calderone accendendo una debole fiamma azzurrognola con un gesto della bacchetta.
- Quella che sto preparando è una pozione Antilupo, non molti maghi ne sono a conoscenza. Non può evitare del tutto la trasformazione, ma può aiutarti a controllarla. Anche se ancora non hai fatto danni è bene che ti abitui a controllare la tua forza da lupo. Crescendo acquisirai una forza sempre maggiore e corde e catene non basteranno più trattenerti. – disse Melian cominciando a sminuzzare radici di Calendula su un piccolo tagliere. – Oltretutto dobbiamo scoprire come il tuo corpo reagisce alle varie componenti della pozione. Ogni uomo, e anche ogni mannaro quindi, è diverso dall’altro e le pozioni migliori sono quelle create “su misura”. Faremo un po’ di tentativi nei prossimi mesi, se non ti dispiace.
Remus scosse leggermente la testa osservando affascinato i movimenti rapidi e precisi del professore.
- Come ti trovi a pozioni, Remus? – chiese Melian in tono disinvolto.
- Beh, piuttosto bene…
- Sei modesto. Il professor Lumacorno ha detto che hai ottime capacità. In effetti il professore è molto contento della classe di quest’anno. Sproloquia già di futuri pozionisti.
 Remus non poté fare a meno di sorridere ripensando ai piccoli esperimenti di James e Peter la sera precedente.
- E’ un bene che tu sia portato per la materia. Cerca di osservare attentamente quello che faccio, Remus, perché dal prossimo mese ti chiederò di aiutarmi e poi, piano piano, di imparare a fare da solo. Non posso rischiare di lasciarti istruzioni al riguardo, non vorrei che le trovassero i tuoi compagni. Pensi di ricordare tutto a memoria?
- Penso di sì...
- Certo, a meno che tu non abbia deciso di parlarne con i tuoi amici…
Remus sentì un brivido percorrergli la spina dorsale. Il professore lo osservava con la coda dell’occhio mentre metteva gli ultimi ingredienti nel calderone e cominciava a mescolare.
- Io non… non credo di volerne parlare. – balbettò il giovane grifondoro.
- Questa è una tua scelta. Però, Remus, dovresti iniziare a considerare l’idea che un giorno qualcuno potrebbe scoprire che qualcosa non quadra.
Remus deglutì più volte, sentiva un gran nodo alla gola e quasi aveva voglia di piangere.
- Ad ogni modo – riprese il professore cambiando tono. – mi pare che tu ti sia scelto una buona compagnia. Non posso nascondere di aver sempre avuto simpatia per i ragazzi di Grifondoro, ma quest’anno mi sembrate un gruppo piuttosto… interessante, diciamo. Vuoi passarmi per favore quel mazzetto di foglie di radicchio, per favore?
Il ragazzo si mosse sollecitamente e presto venne coinvolto dalla disinvolta conversazione del professore. Le parole di poco prima sembrarono  svanire poco a poco, lasciandosi dietro solo una vaga consapevolezza che lo avrebbe tormentato di tanto in tanto, nelle notti più agitate.
 
Non era passata che una settimana dall’arrivo ad Hogwarts e già lo svolazzare maldestro dei cuscini e delle piume non sembrava fargli più alcun effetto, pensava James sonnecchiando sprofondato in una delle grandi poltrone della sala comune. Gli studenti più grandi erano quasi tutti ad Hogsmeade e la mattinata si prospettava lunga. Poco più in là Peter e Thomas cercavano di far levitare gli oggetti più disparati, Sirius si intestardiva con l’ennesimo tentativo con i compiti di pozioni e Samuel leggeva svogliatamente il nuovo capitolo di Storia della magia, con il fratello che ronfava al suo fianco.
James raddrizzò faticosamente la schiena, guardandosi intorno.
- Dov’è finito Remus?
- Si è alzato presto, ha detto che andava in biblioteca a studiare. – borbottò Samuel cercando di non distogliere lo sguardo dal libro.
- Io non capisco dove trovi tanto da studiare, è sempre in biblioteca.
- Non che Samuel sia da meno. – borbottò Gerald guardando il libro tra le mani del fratello con aria schifata.
Improvvisamente James si alzò in piedi.
- Ragazzi, non è possibile! – sentenziò dando un’occhiata ai suoi compagni. – Non possiamo rimanercene tutto il giorno in Sala Comune a rimestar pozioni! Siamo ad Hogwarts, ad Hogwarts!
- Tu che proponi di fare? – chiese calmo Samuel, abbandonando nuovamente il capitolo sul ruolo delle streghe nel paleolitico.
- Beh, mi sembra ovvio... – continuò James. – Andare a dare un’occhiata in giro, no?
In quel momento un maleodorante sbuffo si levò dal calderone di Sirius, momentaneamente distratto, con un gorgoglio poco invitante.
- Io ci sto. – disse il ragazzo allontanandosi schifato dalla sua stessa creazione.
- Bene. – sorrise trionfante James. – Voi altri?
- Io passo. – disse Samuel tornando alla sua lettura.
- Mi secca, ma mi unisco a mio fratello. – sbadigliò Gerald. – Tanto abbiamo sette anni per trovare qualcosa di particolarmente interessante.
- Thomas? – chiese speranzoso James.
- No, James, proprio non posso. Io non sono come voi, insomma, un nato mago, intendo. E questo i professori non lo tengono proprio in conto.
- E tu, Peter? – continuò James testardo, appellando a se’ la piuma che vacillava debolmente davanti alla bacchetta dell’amico.
- Io… - balbettò Peter. – Anche io non posso. Domani vado a Diagon Alley con mia madre, sai, per la bacchetta, e con compiti… beh, sono indietro. – aggiunse lanciando un’occhiata preoccupata alla montagna di pergamene in sua attesa sul tavolo.
- Come volete. – sospirò James. – Ma non sapete quel che vi state perdendo. Andiamo, Sirius?
Sirius fece evanescere quel che restava della sua pozione maleodorante e raggiunse l’amico che si allontanava a grandi passi.
 
Peter guardò allontanarsi i due grifondoro e si sentì un vigliacco. Però, del resto, non era il solo a scegliere di non andare. In fondo anche rifiutarsi era una forma di coraggio, no? E poi non poteva assolutamente restare indietro, non adesso che sua madre contava su di lui.
- Quei due si cacceranno sicuramente nei guai. – borbottò Gerald, continuando a fissare l’uscita dalla Sala Comune.
Anche questo era probabile. Non era il momento per cacciarsi nei guai, come suo solito, pensò ancora Peter tornando a concentrarsi sulle sue piume. Non si decidevano a muoversi dal tavolo. Ma come cavolo aveva fatto James ad appellarne una tanto velocemente?
 
- Dunque dove andiamo?- chiese Sirius, non appena usciti dalla torre.
- Beh, direi… in giro, no? Qualcosa troveremo.
- A destra o a sinistra?
- Per ora… andiamo nella Stanza Grande. – sentenziò James, mettendosi in marcia.
Stavano giusto scendendo l’ultima rampa di scale, quando Sirius sentì una voce conosciuta e trattenne il compagno facendogli segno di tacere.
- Dov’eri finita! – strillò una voce femminile. – Ti avevo detto di raggiungermi nella Sala Comune almeno un’ora fa!
- Mi dispiace… - mugugnò un’altra voce piagnucolosa. – Io… ho avuto un problema…
Sirius sorrise all’amico che lo guardava interrogativo.
- Quelle sono Dorotea Selwyn e Antoinette Bulstrode. Amiche di famiglia. – sussurrò sghignazzando. – La Bulstrode è in assoluto la persona più stupida che si possa sperare di incontrare.
- Che problema? – incalzò Dorotea ad una sempre più rossa ed impacciata Antoinette.
- Con il muro… io… - balbettava questa con voce sempre più lamentosa. – Io ho dimenticato la parola d’ordine e quel posto… le segrete…
- Zitta! – le intimò l’amica.
- Beh, quel posto lì, mi fa paura, ecco.
Dorotea guardò la compagna con severità, poi il suo sguardo si addolcì e prese dalla borsa un piccolo pezzo di pergamena e dell’inchiostro. Scrisse velocemente qualcosa appoggiandosi al muro e lo porse a Antoinette che tirava su col naso.
- Tieni. – disse con voce severa. – E vedi di non lasciarlo a giro, mi raccomando.
- Stai pensando anche tu quello che sto pensando io? – sussurrò in quel momento James.
Sirius gli rispose con un ghigno.
Antoinette si era ficcata il biglietto in tasca e seguiva l’amica che a lunghi passi si dirigeva verso la Sala Grande.
- Accio biglietto. – mormorò James, felice che l’allenamento con le tazzine avesse dato i suoi frutti.
 
Remus non riusciva a studiare. Quando il professore lo aveva congedato era sgattaiolato rapidamente in biblioteca nel caso in cui gli altri lo avessero cercato. In effetti Melian aveva ragione, lo avrebbero sicuramente scoperto prima o poi. Le sue continue fughe mattutine, la malattia e l’aspetto che avrebbe avuto in seguito ad ogni luna piena…
In quel momento i suoi pensieri furono interrotti da una risatina discreta alle sue spalle. Si voltò e vide la ragazzina del treno, Lily, e il suo amico di Serpeverde. Stavano facendo svolazzare pezzi di pergamena e piccoli oggetti e la ragazza aveva creato una piccola acconciatura di piume attorno alla testa del suo amico, che sorrideva imbarazzato. Fu lui ad incontrare per primo lo sguardo di Remus, arrossendo e tornando serio e truce in volto.
Remus fece un cenno con la mano, come a salutare, ma il ragazzo sussurrò qualcosa alla sua compagna e si alzò andando in cerca di un altro posto. Lily guardò perplessa Remus, la mano ancora a mezz’aria, e gli sorrise imbarazzata, poi seguì il serpeverde.
 
- Beh, almeno potrò dire ai miei genitori di aver messo piede nelle fogne dei serpeverde. – sussurrò Sirius, muovendosi con una certa sicurezza nel labirinto dei sotterranei.
James lo seguiva guardandosi attorno, cercando di cogliere più punti di riferimento possibile per non perdersi.
- Senti un po’, ma com’è che vai tanto spedito, tu?
- Ero destinato alla casata delle serpi, no? Con i loro amici, i miei genitori avranno rievocato queste “amate segrete” almeno un centinaio di volte. Oltre a questo ho intravisto un paio delle mappe di mia cugina Bellatrix che indicavano tutta una serie di passaggi segreti nelle vicinanze.
Avevano aspettato l’ora di pranzo per ridurre al minimo la possibilità di incontrare qualcuno, anche se questo aveva fatto sì che di tanto in tanto il gorgogliare dello stomaco di James risuonasse per i tetri corridoi.
- Cavolo, sicuramente anche mio padre avrà delle vecchie mappe di Hogwarts da qualche parte.- meditò a bassa voce James. -Dovremmo cercare di impossessarcene in qualche...
- Ssh! – gli intimò in quel momento Sirius ed entrambi tesero le orecchie e trattennero il respiro. 
Erano appena giunti in una stanza circolare, debolmente illuminata dalle torce che fungevano da unico ornamento alle spoglie pareti.
- Sirius, che cosa…?
Ma un quieto frusciare, leggero come un sospiro e gelido come la morte, lo zittì, facendogli gelare il sangue nelle vene. Quello era sicuramente il Barone Sanguinario, il più temibile fantasma di Hogwarts e, quel che era peggio, il guardiano della casa dei serpeverde. Si appiattirono alla parete e James sentì che il muro alle sue spalle non era gelido e liscio come sembrava. Lo sfiorò con le dita e si accorse che era… legno.
 
 Sirius cercava di pensare in fretta, il fantasma doveva essere vicino e presto li avrebbe scoperti, e lui non riusciva assolutamente a ricordare quello slargo circolare nelle mappe della cugina. Il Barone, il terribile Barone che aveva popolato tante volte i suoi incubi di bambino, si muoveva senza fretta, gemendo appena e i suoi sospiri si avvicinavano sempre più. L’erede dei Black ebbe appena il tempo di sorprendersi per tanto sentimentalismo da parte di un serpeverde che sentì James tirarlo vigorosamente per la manica e trascinarlo dentro una cavità nel muro giusto un attimo prima dell’arrivo del fantasma.
 
  
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