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Autore: Gerugber    19/01/2013    1 recensioni
Tutti si ricordano il proprio diciottesimo compleanno.
Chi per cose brutte, chi per cose belle, ma tutti se lo ricordano.
E io mi ricordo il mio.
Era marzo ed ero fidanzato, ed ero felice, troppo felice.
Una felicità che sarebbe svanita poco a poco, per poi tornare alla vita di tutti i giorni.
Tutti hanno problemi con la propria anima gemella,
tutti hanno problemi a scuola.
Ma fidatevi quando vi dico che per un diciottenne gay è tutto più difficile.
Ed ecco la mia storia...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel bacio fu fantastico. 
Fidatevi quando vi dico che non poter neanche toccare la persona che amate per mesi è frustrante.
Dopo quel bacio passammo il resto della mattina a letto, a parlare del più e del meno. Lui mi raccontò del college dove stava studiando. Sembrò tutto così perfetto... sembrò esattamente come si vedeva nei film o nelle serie TV. Un giorno ci sarei andato anche io. Ma ero ancora in terza superiore, mi bocciarono il primo anno per le troppe assenze. Motivazioni di salute.
Il tempo volò e io non riuscì a raccontare niente a Max, ma non mi importò, avevamo un’intera settimana per parlare.
Quando mamma chiamò per il pranzo Max preferì rimanere a dormire, viaggiò tutta la notte e non si reggeva in piedi. E quella sera doveva rimanere sveglio fino a tardi perché ci sarebbe stata la mia festa di compleanno!
Non vedevo l’ora, io, la mia famiglia, alcuni amici e Max. Sembrò quasi un sogno ma era vero. Poi iniziai a pensare “Come mi vesto? Se mi chiedono di fare un discorso non so cosa dire, sono la persona più timida del mondo. Starò zitto e diventerò rosso e… oddio che vergogna. Ma no intanto lo sanno tutti che non so parlare in pubblico, nessuno mi chiederà niente. Se qualcuno ci prova gli arriva la torta in faccia.”
La giornata passo velocemente e aiutai Max a disfare la valigia in camera mia, avremmo dormito nello stesso letto (eh eh).
Poi il tempo di ancora due discorsi ed era già ora di prepararsi. Andò prima Max a farsi la doccia, e ci stette anche un bel po’. Meglio, così io ebbi il tempo di decidere cosa mettermi. Anche se in realtà non ebbi tanta scelta perché mamma mi impose di mettermi uno smoking nero, una camicia nera, e un papillon. Per fortuna riuscii ad averla vinta sui pantaloni e sulle scarpe. Mi lasciai i jeans blu scuro che mi misi quella mattina e un paio di Vans. Sembra ridicolo come abbinamento detto così, ma visto di persona non era poi così male.
Se fosse stato per mia madre mi sarei vestito per un funerale, non per un compleanno.
Quando uscì Max dalla doccia entrai io.
Ci fu un momento in cui ci incontrammo per il corridoio e lui era in accappatoio e non so perché avvampai. Penso che se fosse mancata la luce avrei potuto illuminare tutta casa.
Lo so che eravamo fidanzati ma arrossivo ogni volta che lo vedevo in situazioni… “strane”.
Ad esempio non riuscivo mai a vederlo quando si cambiava, mi imbarazzavo troppo e uscivo dalla stanza.
Entrai in bagno, chiusi la porta e girai la chiave nella serratura. Presi l’Ipod che avevo in tasca e scelsi una canzone. Era un’abitudine farmi la doccia con la musica.
Scelsi “Mine” di Taylor Swift. Amavo quella cantante.
Mi iniziai a spogliare e aprii l’acqua calda.
Quando rimasi completamente nudo mi girai verso lo specchio sopra il lavandino.
“Sono Alex, ho diciotto anni, posso fare quello che voglio e sono fidanzato con il ragazzo più figo dell’interna città” pensai.
Dio che pena era vedermi nudo, nell’ultimo periodo ero ingrassato di quindici chili e non potevo vedermi. In fondo il naso non era l’unica cosa mostruosa di me.
Entrai dentro la doccia e l’acqua calda mi bagnò tutto. Amavo farmi le docce, era una delle mie cose preferite, mi rilassavano sempre.
Mentre mi insaponai iniziai a cantare le parole che uscivano dall’Ipod:
 
You said, “I remember how we felt sittin’ by the water
And every time I look at you, it’s like the first time
I fell in love with a careless man’s careful daughter
She is the best thing that’s ever been mine”

 
E partì l’acuto di Taylor. Evitai di farlo per non fare figuracce con Max nella stanza affianco.
Nel frattempo che mi sciacquai finì la canzone e iniziò "Our Song" sempre di Taylor Swift e iniziai a cantarla con tutto me stesso, me la dedicò Max qualche anno prima, l’amavo.
Uscii dalla doccia e mi misi l’accappatoio.
Inizia ad asciugarmi i capelli e cercai di metterli come meglio potevo, e iniziai a domandarmi “Da che parte lo metto il ciuffo, destra o sinistra? Ci metto il gel? Ci metto la lacca? Ci…”
Dopo dieci minuti riuscii a farmi una pettinatura decente con il ciuffo sparato in alto a destra e avevo optato per non mettermi nessun tipo di prodotto sui capelli.
Mi tolsi l’accappatoio e mi guardai di nuovo allo specchio, e questa volta il mio sguardo si fermò su un particolare in più, un particolare che faceva male al solo ricordo, un particolare che mi sarei portato dietro per tutta la vita… le cicatrici causate dalle lamette sulle mie braccia. 
  
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