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Autore: Son Ken    19/01/2013    9 recensioni
«Kuroko, mi sono fidanzato. Dopo il diploma tornerò negli Stati Uniti e mi sposerò.»
«Spero siate felici insieme, Kagami-kun.»
Quel giorno, qualcosa si ruppe.
Ma, forse, quel qualcosa poteva ancora essere riparato.

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Kagami si è sposato subito dopo la fine del liceo, e solo dopo cinque anni e due figli si è reso conto di aver fatto un tremendo errore e decide di ricominciare la sua vita tornando nuovamente in Giappone.
Ciò che non si aspetta, è di ritrovare l'anima gemella che aveva sempre avuto accanto ma non aveva mai notato prima.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera, sono tornata con il primo capitolo :)

Innanzitutto, per la felicità di chi si lamentava, questo capitolo è decisamente più lungo rispetto al prologo! Non è lunghissimo in realtà, ma io e le cose lunghe proprio non andiamo d'accordo.
Senza anticiparvi troppo, vi dico che in questo capitolo inizierò a torturare Kagami-kun e... fateci l'abitudine, vah. Più si va avanti, più problemi avrà a comprendere i propri sentimenti. Però è un bravo ragazzo, su.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito (Iria, Emy Kuran, susyko, Gary Hawkeye, Vitzi e Rebychan) e inserito la storia tra i Preferiti (Emy Kuran, Mugiwara no Marimo, Rota e v_chan) e le Seguite (BeyondTheLimit, darkalexandra85, EWILAN, HaruHaru, Iria, La_Marie, MingFu2, MirakoKodomo, Natsume, Nihiliz, Piccolo essere, Rebychan, Rika86, Vitzi e Wrong - oddio, siete 15 persone!), e ovviamente ringrazio anche chi ha letto solamente, è gratificante vedere un numero alto nel contatore delle visite (ma anche quello delle recensioni e dei preferiti/seguite)! <3

Detto questo, vi auguro buona lettura! <3


Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.

The beauty of life is made of shadow and light

«Taiga, ti consiglio di non farlo. Non sposare quella ragazza.»
«Perché? Io la amo e lei mi ricambia...»
«Ne sei sicuro? Sinceramente, non credo ti ami davvero. Tsubaki-san sta cercando di cambiarti, e non certo in meglio. Non ti riconosco più.»
«Non sto affatto cambiando, Tatsuya. Smettila di preoccuparti, non sei mia madre. E neanche mio fratello maggiore.»
«Poi non dire che non ti avevo avvertito.»

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Il trillo del campanello annunciò il loro arrivo nella grande villa in cui viveva Himuro, pochi attimi dopo la porta venne aperta e Kagami si trovò a dover piegare il collo verso l'alto per introdursi al gigantesco ragazzo che aveva davanti.
Due metri e otto centimetri di infantilismo e cocciutaggine, con in mano un ovvio pacchetto di patatine alla paprika dolce.

«Tatsuya mi ha detto che potevo venire, quindi...»
«Oh, già, Muro-chin ha detto che ti sei lasciato con la ragazza o una cosa del genere... entra pure, Ka-chin

Nonostante fossero passati ormai diversi anni da quando Tatsuya e Atsushi si erano messi insieme e di conseguenza aveva deciso di entrare in buoni rapporti con quest ultimo, Kagami rimaneva sempre un po' sorpreso nel sentire quel "Ka-chin" con cui ormai era stato ufficialmente soprannominato.

«Mizu-chin, vuoi una patatina?»

Ecco un'altra cosa a cui non si sarebbe mai abituato.
Murasakibara aveva l'aria infantile e costantemente seccata, ma con i bambini era davvero bravo. Diventava simpatico addirittura.

“Probabilmente si trova bene con gente la cui età biologica corrisponde alla propria età intellettuale” era stato il primo pensiero di Taiga a riguardo.

Il bimbo, che fino ad allora stava accoccolato al petto del padre, si sporse leggermente verso il pacchetto colorato.

«Grazie mille, Atsushi-san.»

Era strano sentire parlare Mizu Kagami.
Aveva una voce dolce e sottile, davvero delicata. Era appena udibile, gentile ed educato, tranquillo con appena una nota di timore quando parlava con una persona molto più imponente di lui o qualcosa lo spaventava particolarmente.

Dopo avergli sorriso e accarezzato una guancia, l'ex giocatore dello Yosen si rivolse alla bambina che affiancava Taiga tenendolo per mano.

«Tu invece preferisci la cioccolata, vero Pikari? Tieni, questa l'ho presa apposta per te.»

Si abbassò al livello della bimba e gli porse una barretta di cioccolato bianco, che aveva scoperto qualche mese prima essere molto apprezzato dalla simpatica testolina rossa.

Poi tornò a Taiga, facendogli cenno di trovare una scusa per allontanare i più piccoli. Doveva parlargli.

«Hikari, Mizu, perché non andate di sopra a vedere le vostre stanze? Sono sicuro che Atsushi ve le ha già preparate!»

Grazie al tono allegro che aveva usato non destò alcun sospetto ai piccoli, che corsero verso le scale appena ricevettero le indicazioni necessarie per raggiungere le camere in cui avrebbero alloggiato.

Appena rimasti soli, Kagami non tardò a rivolgersi al suo coetaneo.

«Siamo soli. Che devi dirmi, Murasakibara?»
«Perché sei tornato in Giappone? Per allontanarti dalla vipera bastava cacciarla di casa, no?»

Aveva un tono severo, assolutamente lontano dal suo solito atteggiamento. Era preoccupato per lui?

«È pur sempre la madre dei miei figli, non sono così stronzo da lasciarla di punto in bianco senza un tetto sulla testa.»
«Ma non hai risposto alla mia domanda: perché sei tornato in Giappone invece di restare in America?»

Taiga non sapeva che rispondere. “Me ne torno in Giappone” era stato il suo primo pensiero nel momento in cui aveva deciso di divorziare, non si era chiesto neanche lui perché volesse tornare lì.
Lo diceva il suo cuore, e lui agiva sempre d'istinto, seguendolo.

«Perché sentivo di doverlo fare.»

Murasakibara lo guardò storto, non capendo pienamente quelle parole. Kagami lo notò, ma non sapeva proprio come spiegare ciò che voleva dire.

«C'entra per caso il fatto che in Giappone ci sia Kuro-chin? Ieri mattina dopo la tua telefonata Muro-chin l'ha ipotizzato.»

Non sapeva perché, ma quel “Kuro-chin” gli fece sentire qualcosa dentro, precisamente una dolorosa fitta al cuore.
Kuroko che c'entrava in tutto quello?
Lui non aveva assolutamente sentito l'impulso di tornare in Giappone per rivederlo, proprio no!
O forse sì?
No, non poteva proprio essere.
O almeno, Kagami cercava di convincersi in ogni modo che non fosse così. Per fortuna aveva davanti Murasakibara e non Himuro, il ventiquattrenne avrebbe sicuramente capito quale tempesta di quesiti senza risposta e sentimenti contrastanti stava attraversando la mente del rosso in quell'istante.

«Comunque non mi importa, se hai deciso di tornare hai i tuoi motivi e non devo mica farmi i fatti tuoi... tanto a quello ci pensa Muro-chin. La tua stanza è al primo piano, seconda porta a sinistra, subito dopo il bagno. Quelle di Mizu-chin e Pikari sono vicine alla tua. Buon riposo, Ka-chin!~»

Dopo aver insidiato il dubbio in Kagami, l'aveva liquidato come nulla per andare a svaccarsi sul grande divano del soggiorno, davanti alla tv, in compagnia di ogni tipo di schifezza reperibile a Tokyo e dintorni.

“Certo che è un tipo strano.”

Taiga non poté che prendere le valigie che aveva appoggiato precedentemente a terra e dirigersi verso la stanza indicata, non senza gettare una fugace occhiata nelle stanze dei suoi bambini per trovarli addormentati sul loro letto con ancora tutti i vestiti addosso per la stanchezza. Dodici ore di viaggio erano pesanti per chiunque, figuriamoci per due bambini piccoli.

Gettati i borsoni in un angolo si gettò sul letto anche lui, senza però riuscire a chiudere occhio.

Stava pensando a Tetsuya, non riusciva a levarselo dalla testa.

Ricordava di aver avuto lo stesso problema quando si era fidanzato con Kinoko: per logica sarebbe dovuta essere lei il centro di tutti i suoi pensieri, invece non poteva fare a meno di pensare al proprio compagno di squadra, in ogni istante della giornata.
A quei tempi la prese molto alla leggera, era assolutamente convinto di amare la sua fidanzata sopra ogni altra cosa, che il problema potesse essere risolto semplicemente vedendo di meno Kuroko. Fu anche per questo che quando la ragazza gli chiese di trasferirsi a Los Angeles, perché a lei il Giappone proprio non piaceva, acconsentì subito.

E in effetti il problema sembrava risolto, aveva smesso di pensare al ragazzo dai capelli azzurri e si era sposato. Aveva anche avuto una figlia poco tempo dopo, tutto andava per il meglio.
Poi nacque Mizu, e il problema si ripresentò appena questi fu in grado di mostrare qualche tratto della propria personalità. Tranquillo, riflessivo, quasi invisibile ai propri coetanei. Il collegamento con lui fu inevitabile.
E ora il suo istinto lo portava in Giappone appena firmate le carte del divorzio.

E tutto gli sembrava fin troppo giusto.

«Taiga?»

Una voce irruppe nel silenzio della stanza, destando il ragazzo in questione che era perso nei propri pensieri ormai da qualche ora. Questi si sedette quindi sul letto, invitando l'altro a entrare.

«Scommetto che sei qui per farti i fatti miei, Murasakibara mi aveva avvertito.»

Sospirò, rassegnato. Non si sentiva pronto ad affrontare la situazione, ma sapeva che Himuro non l'avrebbe risparmiato per questo.

«Non proprio. Sono qui solo per avere una conferma di ciò che ho cercato di farti capire per anni.»

Aveva il tono seccato di chi ha ripetuto lo stesso discorso per decine di volte senza che il proprio interlocutore sia riuscito a capirci una parola.
Sembrava un po' una presa per i fondelli, ma Kagami cercò di non farci caso.

«Di cosa si tratterebbe?»
«Del fatto che tu non abbia mai amato Tsubaki, ovviamente.»
«Ma che stai-»
«Eri innamorato di un'altra persona e lo sei tuttora.»

Definirlo sconcertato era riduttivo. Era stato sposato con quella ragazza, l'aveva sicuramente amata!

«Non dico che tu non abbia provato nulla per lei, ma non era amore. Il vero amore ce l'avevi sotto il naso e non sei riuscito a vederlo nonostante tutto.»

Parlava come se fosse certo di tutto ciò da anni e non fosse mai riuscito a dirlo, e forse era davvero così.

«E chi sarebbe?»

Gli era venuto naturale chiederlo, perché se Tatsuya credeva ciò che aveva appena detto aveva sicuramente un nome da dire.

«Questo non te lo dico, anche perché se ci pensi bene riuscirai a risponderti da solo.»

E se n'era andato, esattamente come aveva fatto il suo ragazzo qualche ora prima.
Avevano intenzione di farlo impazzire con tutte quelle domande senza risposta che lo stavano spingendo a porsi.


   
 
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