Buonasera a
tutti, spero abbiate passato una felice settimana :)
Spero inoltre che siate tutti pronti al 1 Febbraio e che abbiate
prenotato le vostre copie di Kuroko's Basket in fumetteria.
Personalmente l'ho fatto a Dicembre e ora che manca una sola settimana
sono ormai pronta al fangirling!
Comunque, come al solito ci tengo a ringraziare i recensori (Iria,
Gary
Hawkeye, susyko,
Rebychan,
Rota,
Skarry
e Meyu_;
è davvero un piacere per me leggere le vostre recensioni e
rispondervi!), i nuovi follower (Akiko_,
apple19, mayoko chan,
Meyu_,
Skarry
e susyko)
e anche i nuovi Preferiti/Ricordati (AKASHIsama,
briciolaFINE93,
Skarry
e _Lily).
Del capitolo non c'è molto da dire, a parte una cosa: un
evento di questo capitolo sarà importante in seguito.
Buona lettura!
►Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.
«Kagami-kun,
c'è qualcosa che ami più del basket?»
«Assolutamente no. Nulla potrebbe separarmi da questo
sport.»
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«Tiiiiiger!
È possibile che tu pensi solo ed esclusivamente a quello
stupido basket? Trovati un lavoro!»
«Ma io-»
«Mi ami, no? Allora fallo... fallo per me.»
«Uff, va bene...»
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“Di chi è stata la pessima idea di mettere la sveglia?!”
Taiga
non era certo felice di svegliarsi al suono di quell'insistente trillo
e constatare che erano solo le 6 e 45 del mattino, visto che aveva
dormito poco. Il discorso con Tatsuya la sera precedente l'aveva scosso
e gli aveva tolto il sonno per almeno mezza nottata, aveva
assolutamente bisogno di riaddormentarsi e poi magari anche picchiare a
sangue il genio che aveva deciso di far suonare la sveglia che stava
sul comodino.
Quando allungò il braccio verso l'oggetto, notò
che accanto vi era un foglio: piccolo, giallastro -era sicuramente un
post-it, ma il cervello di Taiga non era ancora abbastanza sveglio da
rendersene conto-, con una scritta a mano in una calligrafia semplice e
chiara, elegante. Era sicuramente di Himuro.
“Hikari e Mizu non
possono certo stare tutto il tempo in casa da soli. Qui vicino
c'è un asilo, i vicini ne parlano bene quindi credo sia un
buon posto.”
Sollevò
la testa reggendola con un braccio, ci mise diversi attimi a elaborare
il significato di quelle parole ma appena lo realizzò
spalancò gli occhi e si sollevò alla
velocità della luce, come se qualcuno gli avesse appena
buttato addosso un secchio d'acqua fredda.
Non ci aveva pensato affatto!
Ci
mise una decina di minuti a prepararsi, tra doccia-lampo e liti con le
valigie che ancora non aveva disfatto per trovare una maglia, una
giacca e un paio di pantaloni che non facessero necessariamente a pugni
tra loro.
Poi andò a svegliare anche i bambini, l'impresa fu
abbastanza semplice in realtà. Li aiutò a
prepararsi, soprattutto Hikari che era abituata ad essere vestita dalla
mamma a differenza di Mizu che era più indipendente anche
perché la madre spesso non lo notava neanche se era in
difficoltà e di conseguenza aveva imparato pian piano a
pensare a se stesso.
Kagami
scoprì così che mettere un vestitino carino,
bianco e rosa con tanto di gonna a pieghe, alla figlia poteva essere
una vera impresa, non tanto perché lei si ribellava -non le
faceva piacere, ma non lo odiava neanche- ma piuttosto
perché quei cosi, per lui, erano davvero assurdi da
infilare.
Così come era assurdo il comportamento della bambina, che
subito dopo era corsa a infilarsi una felpa rossa che con il vestito
carino non c'entrava proprio nulla, scompigliandosi i capelli rossi nel
gesto e costringendo quindi il padre a sistemarglieli. Soprassediamo
sulle dubbie capacità di Taiga in ciò,
considerato il trattamento che aveva riservato ai propri stessi capelli
qualche minuto prima limitandosi a tamponarli e strofinarli un po' con
l'asciugamano tanto per non farli gocciolare.
Ecco,
in certi momenti Taiga amava tantissimo Mizu.
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Si
sentiva leggermente in imbarazzo in quel momento, a camminare per
strada con una bimba sulle spalle che gli tirava i capelli e un bimbo
più piccolo in braccio che gli faceva domande assurde del
tipo “L'Idrogeno
non ha elettroni, quindi come fa a legarsi con l'Ossigeno per formare
l'acqua?”. Doveva smettere di comprargli tutti i
libri che destavano il suo interesse per una bella copertina senza
prima guardare cosa trattassero. Altrimenti poteva rischiare di fargli
leggere libri erotici per sbaglio, e non sarebbe stata un'ottima cosa.
Alla
fine, il trio raggiunse la destinazione prefissata senza problemi.
L'atrio dell'asilo non era molto grande, ma era molto colorato e
accogliente, alle pareti vi erano appesi diversi disegni e alcuni
nonostante fossero fatti da bambini la cui età massima
poteva raggiungere i cinque anni erano molto carini.
Kagami si avvicinò alla scrivania dove era seduta una
giovane donna dai lunghi capelli castani mossi sciolti sulle spalle,
probabilmente la segretaria o una maestra che svolgeva quella funzione.
Diede alla donna tutte le informazioni necessarie all'iscrizione,
cercando di essere il più cordiale possibile. A
ventitré anni aveva ancora qualche problema con le forme di
cortesia, inutile nasconderlo.
«Oh,
i suoi figli sono molto fortunati. Il sistema li ha inseriti entrambi
nella classe di Tetsuya-sensei! Senza offesa per gli altri, ma
è il maestro migliore che abbiamo.»
Il
cuore di Taiga mancò un battito.
“Tetsuya-sensei... no,
non può essere. Insomma, non è possibile che sia
lui, è ovvio che si tratti solo di qualcuno con lo stesso
nome!”
«Ovviamente
se vuole può conoscerlo, immagino che vorrà
sapere almeno che faccia ha la persona che qui dentro si
occuperà dei suoi bambini.»
Mentre
la ragazza parlava, il cellulare di Kagami vibrò nella tasca
dei pantaloni.
“From: Tatsuya Himuro
Subject: //
Text: Idiota, corri alla
stazione dei pompieri e completa il trasferimento. Atsushi dice che non
ti vuole nutrire a vita e sono d'accordo con lui perché a
mandarci in fallimento economico bastano le sue, di spese
alimentari.”
«Ne
sarei molto felice, ma ora ho un impegno improrogabile a quanto pare.
Grazie e arrivederci!»
Disse,
per poi salutare anche i figli e correre via. Erano questi i momenti in
cui gli allenamenti di Riko ai tempi del liceo mostravano i loro frutti.
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Hikari
entrò nell'aula con passo sicuro, seguita da un Mizu
dall'aria molto più timida, quasi completamente nascosto
dietro la sorella.
Lei si presentò ai nuovi compagni e corse a giocare con i
robot insieme a un gruppetto di ragazzi, il più piccolo
invece si limitò a mettersi in un angolo e affondare la
testa nel libro in Inglese che portava con se.
Pensava di passare la solita giornata di lettura senza essere notato,
ma una figura imponente -in realtà non così
imponente, ma lui era pur sempre un bimbo di tre anni- si mise davanti
a lui.
«Che
leggi, Mizu-chan?»
Il
bimbo sollevò la testa incuriosito e osservò il
ragazzo dai capelli azzurri e gli occhi blu che si era intanto chinato
alla sua altezza e lo aveva affiancato.
«Leggo
un libro di Arthur Conan Doyle. Ma è in Inglese, non so
ancora leggere la scrittura giapponese...»
Ammise
con un po' d'imbarazzo.
«E
ti piacerebbe imparare?»
Non
si aspettava una reazione simile, solitamente tutti lo guardavano
storto. Lui invece gli aveva sorriso e chiesto se voleva imparare a
leggere anche il Giapponese.
«Certo!»
Scattò
in piedi, mettendo il segnalibro alla pagina in cui era arrivato e
seguendo il maestro con aria felice.
Fu allora che lo vide, in un angolo, dimenticato da tutti.
«Tetsuya-sensei,
quello che cos'è?»
Tirò
il ragazzo per un dito, cercando di catturare la sua attenzione, mentre
con l'altra mano indicava un oggetto.
«Quello...
quello è un pallone da basket, ma qui nessuno dei bambini
sembra apprezzarlo, probabilmente perché la palla pesa
più di quella da calcio o perché per giocare
servono meno persone, o... sinceramente non so proprio
perché non piaccia, è uno sport
bellissimo.»
Mizu
non era un grandissimo osservatore, ma chiunque avrebbe notato che alla
parola "basket" gli occhi di Tetsuya-sensei avevano iniziato a brillare.
Proprio come quelli del suo papà quando gli raccontava di
quello sport.
Però non si era mai informato a sufficienza e sui suoi libri
non aveva trovato nulla, quindi non sapeva com'era a livello pratico
quello sport che tanto piaceva al suo papà.
«Tetsuya-sensei,
prima di imparare a leggere... mi può insegnare a giocare a
basket?»
Kuroko in quello sguardo, nonostante gli occhi del bambino fossero blu e non avesse le sopracciglia doppie -in realtà di esse vi era un piccolo accenno, ma era appena visibile-, ci vide il suo Kagami. Quello del liceo, il ragazzo innamorato del basket che aveva conquistato il suo cuore e che, dopo cinque anni, non era ancora riuscito a togliersi dalla testa.