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Autore: bastii    20/01/2013    1 recensioni
Londra, 2027.
Lily Potter è appena tornata in Inghilterra, dopo un anno trascorso in Romania.
Non ha neanche vent'anni e la vita non le è mai sembrata più difficile.
Suo padre non è più l'eroe di nessuno, men che meno il suo, sua madre sembra scomparsa senza lasciare traccia e i rapporti con i suoi fratelli sono tesi come una corda prossima a spezzarsi. Quando anche Scorpius, l'amico di sempre, sembra volersi allontanare da lei, la sua vita precipita in una spirale di depressione e autocommiserazione.
Ma il destino ha altri progetti per lei e quando, sorprendendo anche sé stessa, diventerà una stella luminosa nel firmamento del Quidditch britannico, capirà che le prove che la vita le ha riservato sono appena all'inizio.
Dal cap. 14: "Osservò distrattamente il profilo di Alvin, l’espressione serena di chi non ha rimorsi che gli corrodono la coscienza, e pensò che nonostante la simpatia e la gratitudine che provava per lui, non avrebbe mai potuto sostituire Scorpius. Nessuno avrebbe potuto farlo in ogni caso. Lui era il punto fermo in una vita che recava tanti, troppi punti di sospensione."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Harry davvero non sapeva con quale forza riuscisse ancora ad alzarsi la mattina, farsi la doccia, cercare di sembrare un essere umano. 

Si guardò allo specchio, provando ribrezzo per sé stesso e quello che era diventato. Si passò una mano tra la barba incolta. Da quant’è che non se la faceva? Due mesi? Tre mesi? E quelle rughe schifose, che rappresentavano ogni sua sconfitta, continuavano a ricordargli quanto il tempo scorresse impietoso. 

Voldemort, la guerra, Hogwarts…tutto era lontano, sbiadito, come se quei ricordi appartenessero ad un'altra persona. E lui, in effetti, ormai era un altro uomo.

Ricordava bene quanto lo facesse infuriare, da ragazzo, il fatto che la stampa disseminasse menzogne sul suo conto. Ricordava la bruciante sensazione d’impotenza, la voglia di gridare al mondo qual era la verità, perché si stavano tutti sbagliando. 

Da quel punto di vista, qualcosa del ragazzo che era stato, sopravviveva ancora in lui. Solo che adesso non gli importava più che tutti sapessero come stavano realmente le cose. 

Gli bastava che lo sapesse Lily. 

E Ginny.

Dio, era più di un anno che non la vedeva. Le mancava da morire, ma sapeva che la cosa non era reciproca. Ogni tanto provava a mettersi l’anima in pace, ma il sentimento che lo legava a lei non era scomparso. Solo, l’amore, l’affetto…si erano trasformati in qualcosa di più malinconico. Era la nostalgia a prevalere, insieme a quel dolore sordo che provocano le perdite irreversibili. 

Non sarebbe più tornata, era quella l’amara verità che faticava ad accettare. Non sarebbe più tornata, ma non poteva fare a meno di pensare a come sarebbe stata la loro vita, se le cose fossero andate in maniera diversa.

Doveva smetterla, se ne rendeva conto. Era diventato patetico, lo leggeva ogni giorno negli occhi di James. Ma perché avrebbe dovuto prendersi la briga di reagire, di ricominciare a vivere, quando dentro di lui era tutto morto, spento?

Sapere che Lily era tornata a Londra aveva riacceso in lui una flebile speranza, ma dopo le sue ultime parole non ne era rimasta più traccia. Lily lo odiava e tutto per colpa di uno stupido articolo di giornale, che riportava l’accaduto con molta fantasia. 

Secondo la stampa, che prima aveva fatto di lui un mito e poi l’aveva scaraventato nel fango senza esitazioni, la coppia del secolo era scoppiata perché lui aveva tradito Ginny con un’assassina. Gli veniva quasi da ridere –se solo ricordasse come si faceva- nel pensare a Tania come a un’assassina. 

Già, Tania…Chissà cosa stava facendo adesso, se era riuscita a riscattarsi o se la sua vita era stata irrimediabilmente rovinata come la sua.

Harry non aveva mai creduto nel destino. Aveva sempre ritenuto Divinazione una materia insulsa, e chi ci credeva uno sciocco. Poi aveva scoperto che il suo destino era stato scritto prima ancora che lui nascesse, e una profezia l’aveva fatto ricredere. A quarantasette anni suonati, considerando che nella sua vita c’erano stati più dolori che gioie, gli sembrava che fosse stato tutto già scritto, già programmato e lui, insignificante burattino nelle mani di un Dio troppo crudele per pensare che esistesse davvero, non poteva far altro che attenersi al disegno assegnatogli.

Il riscatto gli sembrava davvero al di fuori della sua portata. Come avrebbe fatto a spiegare tutta la verità a Lily, se quando ne aveva avuto l’occasione le parole gli erano morte in gola?

Forse avrebbe davvero dovuto mettere i suoi pensieri in una boccetta, impacchettarla e spedirla a Lily per Natale. Forse così avrebbe capito che la colpa non era interamente sua, ma da ripartire equamente tra lui e Ginny. 

Poi, se rifletteva meglio, si rendeva conto che se ancora non l’aveva fatto, era per evitare alla figlia l’ennesima sofferenza. Sapeva quanto Lily avrebbe sofferto, colpevolizzandosi per ciò di cui nessuno aveva colpa, se non il destino sadico e bastardo.

Non aveva il coraggio di infliggerle un altro duro colpo e forse era meglio così, che lei lo odiasse e che la verità morisse con lui.

 

 

 

 

***

 

 

 

Lily quella mattina si svegliò fra le braccia di Alvin.

Per un attimo le sembrò che si trattasse di Scorpius, salvo poi ricordarsi che era impossibile che si fosse materializzato lì, non dopo tutto quello che le aveva detto, anche se le sarebbe piaciuto.

Scorpius non era un tipo orgoglioso e quel suo fare il sostenuto era l’unico modo che aveva per farle provare, almeno in minima parte, ciò che doveva aver provato lui nell’ultimo anno; questo Lily l’aveva capito.

Col senno di poi, si sentiva terribilmente sciocca per essere sparita dalla vita di Scorpius senza nemmeno una parola, come se lui fosse uno qualsiasi. Aveva creduto davvero, accecata dalla sua impulsività, che tagliare i ponti con tutti, lui compreso, avrebbe lenito le sue ferite. E per un po’ aveva anche funzionato, in compagnia di nient’altro che un centinaio di draghi e lo zio Charlie, ma se ci ripensava, si rendeva conto di essere stata soltanto un’illusa.

Se avesse avuto un po’ più di sale in zucca si sarebbe resa conto all’istante che, per quanto lontano si possa scappare, non si scappa da sé stessi. Scorpius, che le voleva bene ma non era un santo, gliel’aveva brutalmente ricordato.

Osservò distrattamente il profilo di Alvin, l’espressione serena di chi non ha rimorsi che gli corrodono la coscienza, e pensò che nonostante la simpatia e la gratitudine che provava per lui, non avrebbe mai potuto sostituire Scorpius. Nessuno avrebbe potuto farlo in ogni caso. Lui era il punto fermo in una vita che recava tanti, troppi punti di sospensione.

Non avrebbe saputo definire in alcun modo il loro rapporto. La parola “amicizia” appariva scialba e banale al confronto di ciò che li univa. Neanche “amanti” suonava bene, il loro adolescenziale tentativo di esserlo era durato una sola notte ed entrambi avevano poi seppellito il ricordo sotto tonnellate di imbarazzo. Si era chiesta spesso, nel corso degli anni, se quell’episodio significasse qualcosa, a parte che non reggeva molto bene l’alcool, ovvio. 

L’idea che tra loro potesse esserci qualcosa di più la sfiorava, di tanto in tanto, ma ciò che era successo le aveva dato la chiara dimostrazione che non avrebbe mai potuto amare Scorpius . Del resto, come si può amare qualcuno se non si pensa ad altro che a sé stessi? L’amore non è egoismo. Lei, semplicemente, forse di amare non era capace.

-Buongiorno Luna.- La voce di Alvin la riscosse dalla piega amara che stavano prendendo i suoi pensieri.

-Buongiorno.-

-E sorridi, no? Che non è mica una malattia!-

Lily si ritrovò, suo malgrado, ad abbozzare un sorriso. Poi si alzò e si diresse verso il bagno, lasciando Alvin a stiracchiarsi nel letto.

Si sciacquò la faccia, evitando accuratamente di guardarsi allo specchio. Non voleva leggersi la tristezza negli occhi. Si buttò sotto la doccia, sperando che l’acqua gelata arrestasse il corso dei suoi pensieri. Avrebbe tanto desiderato una tregua, ma la vita scorreva veloce e lei non riusciva a stare al passo.

C’erano mille cose che avrebbe voluto e dovuto fare, mille tasselli da ricomporre e risistemare, perché nulla era al proprio posto. Per esempio, Scorpius avrebbe dovuto essere al suo fianco e invece non c’era. Sua madre avrebbe dovuto esserci. Suo padre non avrebbe dovuto deluderla. E lei, cazzo, lei non avrebbe dovuto stare in una casa che non le apparteneva, a piangere sotto la doccia alle nove del mattino. Perché sì, stava piangendo nuovamente.

-Fanculo!-

-Luna, hai detto qualcosa?-

Luna, Luna, Luna. Luna un cazzo!

Improvvisamente la irritava anche Alvin. Si sentiva patetica. Non riusciva a sopportare la compagnia di nessuno, eppure aveva il terrore della solitudine.

C’era una sola persona con cui avrebbe voluto parlare in quel momento, peccato che si trovasse in Colombia, che - diamine! - lei non aveva neanche idea di dove si trovasse esattamente, la Colombia. 

La comunicazione via camino e le materializzazioni intercontinentali non erano il massimo della sicurezza, per una strega mediocre come lei. La soluzione però non tardò ad arrivarle. Chissà quanto avrebbe riso Juniper!

-Luna?- Alvin stava bussando alla porta del bagno, preoccupato.

-Tutto a posto. Senti…sai se da qualche parte cambiano i galeoni in soldi babbani?-

-In soldi babb…eh? Ma a che ti servono?-

Lily non rispose. Un po’ si vergognava a spiegare il motivo.

-Comunque, forse alla Gringott, ma sinceramente non lo so, Luna. Mi sembra una richiesta un po’ strana.-

-Bene. Vado. –

Lily era uscita dal bagno, sprigionando una nube di vapore. Si era vestita con le prime cose che le capitavano – un paio di shorts azzurri e una canotta lunga, che la faceva sembrare nuda – e si era asciugata i capelli con la bacchetta. Erano ancora un po’ umidicci, ma non se ne curò.

-Se vuoi, puoi restare qui finché ti va, basta che poi chiudi e sigilli tutto con qualche incantesimo anti-intrusi. Ci vediamo stasera a lavoro. – Disse, tutto d’un fiato, mentre nello stesso momento si infilava le scarpe, prendeva delle monete da un salvadanaio a forma di gnomo e infilava la bacchetta in tasca.

Poi inforcò un paio di occhiali da sole, salutò sbrigativamente Marilou e uscì, lasciando un Alvin alquanto disorientato a interrogarsi sulle stranezze di Lily Potter.

 

 

 

***

 

 

 

Lily non era di buon umore. Per niente. Innanzitutto era terrorizzata, e poi si sentiva spaesata. Odiava sentirsi così a disagio, senza avere la più pallida idea di cosa fare.

Si trovava all’interno di un centro commerciale babbano. Trovarlo non era stato complicato, ne aveva già visti diversi, prima d’ora, ma non vi era mai entrata.

Ragazzini indisciplinati sfrecciavano sui loro skateboard fiammanti, facendosi beffe di un poliziotto in sovrappeso, che li inseguiva, tra un’imprecazione e l’altra, nel tentativo di recuperare il cappello che gli era stato sottratto. 

Sciami di bambini urlanti si rincorrevano e si spintonavano tra loro, sordi ai rimproveri delle madri in apprensione. 

Coppiette smielate passeggiavano mano nella mano, interrompendo di tanto in tanto la degustazione dei loro gelati per scambiarsi baci al sapore di panna e cioccolato.

Donne di una certa età entravano e uscivano dai negozi cariche di buste e di pettegolezzi. 

Ragazzine disinvolte ridacchiavano e si esibivano in danze provocanti al ritmo delle hit del momento, che venivano sparate a palla dalle casse di un enorme altoparlante. Gli skater, che avevano smesso di infastidire il poliziotto, fischiavano in loro direzione, in segno d’ammirazione.

Lily era semplicemente traumatizzata. Troppa gente, troppo rumore. E per di più si sentiva osservata come un elefante allo zoo. Si sentiva totalmente fuori posto e non aveva idea di dove andare. 

Come facevano i babbani a orientarsi in quel posto? Ci avrebbe messo ore a trovare il negozio che stava cercando. Forse avrebbe dovuto salire su quelle specie di scale che si muovevano, che dovevano essere una sorta di versione babbana delle scale di Hogwarts. All’improvviso però una donna destò la sua attenzione. Discuteva animatamente al telefono. Forse lei avrebbe saputo dirle…

-Scusi, signora. Dove l’ha comprato?- Chiese, indicando l’aggeggio che la donna teneva accostato all’orecchio.

Lei interruppe la conversazione per guardarla piuttosto infastidita.

-Sì, insomma, sa se qui dentro potrei trovarne uno simile?-

-Primo piano, sulla sinistra.- Rispose la donna, seccata, prima di riprendere la telefonata.

Lily si diresse verso le scale mobili, sempre più di malumore. Ma perché gli era venuta quella stupida idea di comprarsi un cellulare? Lei e la tecnologia babbana non avevano niente a che fare.

Entrò in un negozio che aveva l’aria di fare al caso suo. Gli scaffali erano pieni di apparecchi di cui lei faticava a immaginare l’utilizzo, perciò dedusse che doveva essere quello. Neanche il tempo di guardarsi intorno e un giovane commesso in divisa rossa – doveva avere all’incirca la sua età- si avvicinò a lei.

-Hai bisogno di una mano?-

-Oh, ehm…sì, direi di sì.-

Lui la esaminò con lo sguardo, soffermandosi con interesse sulle sue gambe scoperte. Lily si sentì avvampare. Ma perché si era messa quegli stupidi pantaloncini? Va bene, era Agosto, ma non faceva neanche così tanto caldo. E la maglietta era così lunga che sembrava davvero che non avesse niente sotto.

-Cosa stavi cercando, di preciso?- Chiese, dopo aver indugiato a lungo sul suo seno.

-Un…un cellulare.- E meno male che Juniper le aveva spiegato cos’era e come si chiamava, altrimenti sarebbe stato davvero imbarazzante cercare di farsi capire.

-Vieni con me.-

Lily lo seguì tra i vari reparti. Da sola, dubitava che sarebbe riuscita ad orientarsi.

-Allora, come lo desideri? Volevi uno smartphone? Fotocamera da quanti megapixel? Oh, e naturalmente bluetooth e connessione ad internet, non ho neanche bisogno di chiedertelo, vero? C’è lo sconto del venti per cento sull’ultimo modello della Apple. È disponibile in bianco, magenta o argentato. Oppure preferisci un Samsung? Se lo acquisti hai la possibilità di vincere un viaggio alle Canarie.-

Lily lo guardò come se stesse parlando arabo.

-Er…uno semplice andrà bene. –

-Mmm, ho capito. Non sei un’amante della tecnologia, eh? Ma al giorno d’oggi è indispensabile.- Disse il ragazzo, senza smettere di sorridere con quell’aria maliziosa.

Lei non capiva perché si sentisse così a disagio di fronte al suo sguardo. Era consapevole di avere un certo fascino. Sapeva di essere una bella ragazza e non si era mai fatta problemi con i ragazzi, ma forse era passato troppo tempo dall’ultima volta che aveva concesso a qualcuno di guardarla in quel modo.

-Vediamo di sbrigarci.-

-Nervosetta…-

-Vorrei concludere il mio acquisto e andarmene, se non ti dispiace. Grazie. –

-D’accordo, dolcezza. Qualche preferenza?-

-Fai tu…uno qualsiasi, basta che si possa telefonare, no?-

Il commesso scoppiò a ridere. Non c’era più nessuno che la pensasse in quel modo. Non bastava più telefonare, no. Bisognava messaggiare, ascoltare la radio, navigare in rete, condividere gli aggiornamenti, scattare foto e pubblicarle in tempo reale...

-Ok, dolcezza, faccio io. Vediamo...questo penso possa fare al caso tuo. Scegli: nero, grigio o blu?-

-Nero. Chiamami di nuovo dolcezza e avrai qualche problemino a procreare.-

Jean –così c’era scritto sul cartellino – rise nuovamente.

-Te lo porto in cassa, dolcezza.- Le fece l’occhiolino e si dileguò, prima che Lily potesse mettere in atto la sua minaccia.

Dopo qualche problemino con i soldi -quelli che aveva cambiato alla Gringott non erano sufficienti e aveva dovuto Confondere il cassiere- riuscì a pagare e ad uscire da quel posto infernale.

Bene. E adesso?

Aveva il cellulare, ma non aveva la più pallida idea di come contattare Juniper.

Provò a digitare un po’ a caso, ma stava brancolando nel buio. Dopo un po’ si stufò e lo scagliò per terra. Non è che avesse risolto qualcosa, anzi ora lo schermo presentava un lungo graffio obliquo, ma almeno si era sfogata.

-Reparo.- Il graffio sparì. 

Quell’incantesimo era l’unico che padroneggiava con sicurezza. Aveva rotto così tante cose, in tutti quegli anni, che aveva dovuto imparare per forza. Peccato che non esistesse un “Reparo” per i rapporti con le persone. Le fratture sarebbero state sanate, le ferite svanite, il cuore ricomposto. Sarebbe stato tutto più semplice, ma anche la magia aveva i suoi limiti. Però forse avrebbe potuto far funzionare quel maledetto arnese.

 

 

 

***

 

 

Roxanne era stanchissima. Melissa non aveva fatto altro che piangere tutta la notte e lei non aveva chiuso occhio. Si sarebbe tranquillamente evitata di andare al negozio, ma suo padre stava male e non c’era nessuno che potesse sostituirlo, dato che Fred si occupava della sede di Hogsmeade. 

Per fortuna (o sfortuna, dal punto di vista degli affari) quella mattina non si erano visti molti clienti e lei non si era dovuta stressare più di tanto. Melissa dormiva serenamente nella sua culla e lei avrebbe tanto voluto imitarla.

Soffocò uno sbadiglio, l’ennesimo, e si preparò ad accogliere il cliente che si apprestava ad entrare.

-Lily?!- Esclamò, sbigottita, non appena vide la figura slanciata della cugina. 

-Roxanne? Che ci fai qui?!- Chiese, stupita quanto lei.

-Ci lavoro, forse?-

-Mi aspettavo di trovare George.-

-Non c’è. Puoi rivolgerti a me, comunque.-

Cadde un silenzio imbarazzante, durante il quale le due si studiarono a vicenda.

Lily era tornata a Diagon Alley, per la seconda volta quel giorno, nella speranza di trovare George, la persona con cui andava più d’accordo di tutta la famiglia. Se avesse saputo che avrebbe incontrato Roxanne, non ci sarebbe mai andata. Parlare con lei era sempre sgradevole.

Roxanne non sapeva cosa aspettarsi da quell’incontro. L’avrebbe aiutata, certo. Non era da lei cacciare un cliente, ma Lily era davvero l’ultima persona che pensava di incontrare lì. Era cambiata, e molto. Sembrava più adulta, più consapevole. Ma gli occhi avevano perso tutto il loro calore e sembravano nascondere un’infinita tristezza. Si chiese per un istante, se fosse quello guardarsi allo specchio.

Lily esitava. Non era certa di volere l’aiuto della cugina. Anzi, la parte più infantile di sé le suggeriva di girare i tacchi e andarsene. Ma doveva smetterla di voler continuamente scappare.

Roxanne stava per dire qualcosa, quando Melissa si svegliò e iniziò a piangere. Si precipitò verso la culla per tranquillizzarla.

-Sssh, tesoro. Cosa c’è? Non ti devi preoccupare di niente, c’è la mamma adesso.-

Lily osservò la scena senza parole. Roxanne aveva una figlia?

-Allora non è vero che la vita di un Weasley è sempre perfetta.- Disse, con un sarcasmo che irritò da morire Roxanne.

-Sinceramente Lily, non ci vediamo da anni e l’unica cosa che sai dire è questa? Non “Ciao Roxanne, anche se sono stata una stronza a sparire così, mi dispiace e vorrei che mi perdonaste”? Oh, già. Forse credevi che fossimo felici che te ne fossi andata? Hai sempre fatto tutto da sola, Lily. Non ti sei mai preoccupata di nessuno, eppure stavi sempre lì a piagnucolare e a elemosinare attenzioni. Noi abbiamo sempre fatto di tutto per cercare di avere un minimo di rapporto con te, ma tu hai sempre recitato la parte della vittima incompresa! Forse è il caso che cominci a capire che spesso si riceve quello che si dà. Se non ricevi nulla e perché non hai dato nulla. – Sbottò, e in quelle parole c’era tutta la sua amarezza per quella situazione che si era venuta a creare. Lily era una stupida. Continuava a credere che a nessuno nella famiglia importasse di lei, quando in realtà era lei la prima a non volerne sapere niente.

Lily era ammutolita. Era per questo che non sopportava Roxanne. Aveva sempre quella brutta abitudine di sbattere in faccia la verità alle persone, anche quando queste erano troppo cieche per accorgersene.

-Ho fatto molti sbagli. Sono sempre stata un disastro, è vero. Voi invece…voi siete sempre stati così schifosamente perfetti, non è così? Secondo te perché non voglio avere nulla a che fare con voi? Perché mi ricordate tutto quello che non sono, tutto quello che non ho mai avuto, ecco perché! Un padre e una madre, Rox! Una famiglia normale! Una madre che ti ama e ti ascolta e ti consola, non una madre che ti abbandona! Nessuno di voi sa cosa si prova. Nessuno lo sa! -

Roxanne scoppiò in una risata che era tutto sarcasmo e niente divertimento.

-Forse hai ragione, Lily. Non lo so, perché grazie al cielo mia madre e mio padre sono ancora qui con me, ma guardami! Ho ventuno anni e anziché andare a ballare la sera, mi corico alle nove, perché sono esausta ed è già tanto se Melissa mi concede quelle tre-quattro ore di sonno a notte. Anziché fare la vita che una ragazza dovrebbe fare a quest’età, devo pensare a crescere da sola mia figlia! Perché sono sola, sono sola! Apri gli occhi Lily! Non esistono vite perfette, i problemi ci sono per tutti. Esistono solo persone che riescono ad affrontarli e persone che sprecano il loro tempo a piangersi addosso, anziché rialzarsi e combattere!-

Melissa aveva ricominciato a piangere e Roxanne si affrettò ad abbassare la voce.

-C’è sempre un momento, nella vita di ognuno, anche nella vita dell’uomo più fortunato del mondo, in cui tutto sembra crollarti addosso. È il destino, dicono. È il destino, e tu non puoi farci niente. Sei sanissimo, fortunatissimo, bellissimo, felicissimo…e il giorno dopo hai un incidente e perdi una gamba. Era destino, doveva succedere, noi uomini siamo impotenti di fronte all’immensità di chi ci governa…tutte balle! È vero, ci sono alcune cose che sono al di fuori della nostra portata, che non possiamo fare niente per modificare…ma possiamo sempre scegliere se vegetare in un letto in attesa che ci amputino anche l’altra gamba o rialzarci e provare a camminare di nuovo, con la gamba che ci rimane! Io forse potevo evitare di rimanere incinta, ma di sicuro non ho colpe per il fatto che Mike se ne sia andato. Avrei potuto passare ore a piangere, e ti assicuro che l’ho fatto, ma poi un giorno ti alzi e capisci che non ti puoi arrendere. – Fece una breve pausa, il tempo di registrare con lo sguardo l’ingresso di un gruppo di ragazzini.

-Non avevo nessuna preoccupazione, la mia vita era perfetta, come dici tu. Non pensavo a niente, solo a divertirmi, a uscire, a bere e ballare tutte le sere…e adesso guardami. La mia vita non è più la stessa, sono una madre adesso. Ho delle responsabilità ora, e Merlino solo sa quanto mi senta sconfitta, nell’affrontare tutto questo da sola. Ma non posso deprimermi, lo devo fare per lei, capisci? Mi sento una madre terribile a volte, perché è la causa di tutta la mia tristezza, perché se non fosse per lei Mike sarebbe ancora qui con me…Ma poi mi pento di questi pensieri orribili, perché lei è l’unica cosa di buono che ha fatto quel pezzo di merda, capisci? –

Roxanne osservò distrattamente i ragazzini che armeggiavano con le Bacchette Trabocchetto, non aveva la forza di dirgli di non mescolare la merce nei vari scaffali. In realtà aveva la mente altrove, lo sguardo perso verso momenti che solo lei poteva vedere. 

Non sapeva perché si era aperta così con Lily, la riteneva soltanto una stupida viziata che reclamava attenzioni e priva di qualsiasi coraggio, perché ad andarsene sono buoni tutti, ma è rimanere che è difficile. Eppure se guardava i suoi occhi rivedeva la disperazione che albergava nei propri, nei momenti più bui. Sentiva che doveva aiutarla, in qualche modo, e dirle ciò che avrebbe voluto dicessero a lei, prima che rimanesse incinta di Melissa.

-Senti Lily…lo so che non ti sto simpatica e credimi, la cosa è reciproca, ma un consiglio te lo voglio dare lo stesso. Non ti angustiare così tanto per tua madre, o tuo padre…Lasciali perdere. Sei giovane, fatti la tua vita, tu che puoi. Realizza i tuoi sogni, i tuoi desideri, prima che sia troppo tardi. Perché potresti svegliarti un giorno, e scoprire che il tuo tempo è passato, che quando hai avuto l’occasione te la sei fatta sfuggire perché eri troppo impegnata a disperarti. Adesso tutto sembra difficile…ma piano piano le cose miglioreranno. Fra vent’anni tutto questo sembrerà insignificante, così come adesso sembrano ridicoli i problemi che ci affliggevano a otto anni. Io quando sarò vecchia voglio guardarmi indietro con serenità, perché tutto ciò che dovevo e potevo fare l’ho fatto. E tu, Lily? Vuoi lasciare che il peso dei rimpianti ti seppellisca?-

Lily scrutò attentamente il volto della cugina. Sembrava che non dormisse da giorni, con quei cerchi violacei sotto gli occhi. Aveva l’aria stanca, ma non sconfitta e nel suo sguardo brillava ancora la determinazione di chi non si lascia sottomettere dalle ingiustizie della vita. Non riusciva ad afferrare del tutto il senso delle sue parole, forse l’ avrebbe capito appieno soltanto in seguito, eppure non le sfuggì il fatto che, nonostante tutto, Roxanne stesse cercando di aiutarla.

-Cosa stai cercando di dirmi, esattamente?-

-Firma per i Black Shadows.-

-Io…tu…come lo sai?-

-Non leggi i giornali?- Le porse una pagina de “La Gazzetta del Profeta”.

-Io…no, ok, non lo voglio neanche vedere.-

-Beh, credevi forse che la sparizione di cinquanta giornalisti in un quartiere babbano sarebbe passata inosservata? Il Profeta era furioso.- Disse Roxanne, sinceramente divertita, per la prima volta da quando era iniziata la loro conversazione.

Lily si era chiesta spesso, negli ultimi due giorni, se avesse preso la decisione giusta. Non voleva ripensarci, però. Aveva il terrore di scoprire di aver gettato al vento l’occasione della sua vita. Si affrettò a cambiare discorso.

-Quanto ha?- Chiese, indicando la piccola, che aveva ripreso a dormire.

-Due mesi. Sì, so cosa stai pensando. Avrei potuto lasciarla a nonna Molly, ma ultimamente non fa altro che piangere e si tranquillizza solo se mi vede vicina.-

-Diventerà peggio dello zio George, allora, se già a quest’età respira l’atmosfera dei Tiri Vispi…-

Roxanne ridacchiò.

-Allora, non credo che tu sia venuta qui per una chiacchierata, giusto?- 

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Bene, ormai non mi fermo più :) 

Mi dispiace non aver trovato neanche una recensione allo scorso capitolo, ma anche se non ha molto seguito, questa storia la voglio portare a termine.

Allora, Harry rinuncia definitivamente a dire tutta la verità a Lily. Cosa è successo veramente? E chi è Tania? Lo so che non ho fornito molte spiegazioni e che finora è tutto poco chiaro, ma prima della fine verrà svelato tutto. 

Lily incontra dopo tanto tempo Roxanne. E' un primo timido riavvicinamento alla sua famiglia, a cui non è detto che ci sia un seguito, però di sicuro le sue parole la faranno riflettere.  

E poi, qui si scopre che Lily e Scorpius hanno avuto un "trascorso", chiamiamolo così. Ve lo aspettavate? 

Comunque, mi dispiace aver troncato il capitolo così, ma stava venendo un po' troppo lungo e ho pensato fosse meglio dividerlo. 

Spero che qualcuno voglia lasciare un commentino, mi rendereste molto felice :)

Ciaooo, 

Bastii.

  
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