Harry davvero non sapeva con quale forza riuscisse ancora ad alzarsi la mattina, farsi la doccia, cercare di sembrare un essere umano.
Si
guardò allo
specchio, provando ribrezzo per sé stesso e quello che era
diventato. Si passò
una mano tra la barba incolta. Da quant’è che non
se la faceva? Due mesi? Tre
mesi? E quelle rughe schifose, che rappresentavano ogni sua sconfitta,
continuavano a ricordargli quanto il tempo scorresse
impietoso.
Voldemort, la
guerra, Hogwarts…tutto era lontano, sbiadito, come se quei
ricordi
appartenessero ad un'altra persona. E lui, in effetti, ormai era un
altro uomo.
Ricordava bene quanto lo facesse infuriare, da ragazzo, il fatto che la stampa disseminasse menzogne sul suo conto. Ricordava la bruciante sensazione d’impotenza, la voglia di gridare al mondo qual era la verità, perché si stavano tutti sbagliando.
Da quel punto di vista, qualcosa del ragazzo che era stato, sopravviveva ancora in lui. Solo che adesso non gli importava più che tutti sapessero come stavano realmente le cose.
Gli bastava che lo sapesse Lily.
E
Ginny.
Dio, era
più di un anno che non la vedeva. Le mancava da morire, ma
sapeva che la cosa
non era reciproca. Ogni tanto provava a mettersi l’anima in
pace, ma il
sentimento che lo legava a lei non era scomparso. Solo,
l’amore, l’affetto…si
erano trasformati in qualcosa di più malinconico. Era la
nostalgia a prevalere,
insieme a quel dolore sordo che provocano le perdite
irreversibili.
Non sarebbe
più tornata, era quella l’amara verità
che faticava ad accettare. Non sarebbe
più tornata, ma non poteva fare a meno di pensare a come
sarebbe stata la loro
vita, se le cose fossero andate in maniera diversa.
Doveva
smetterla, se ne rendeva conto. Era diventato patetico, lo leggeva ogni
giorno
negli occhi di James. Ma perché avrebbe dovuto prendersi la
briga di reagire,
di ricominciare a vivere, quando dentro di lui era tutto morto, spento?
Sapere che Lily era tornata a Londra aveva riacceso in lui una flebile speranza, ma dopo le sue ultime parole non ne era rimasta più traccia. Lily lo odiava e tutto per colpa di uno stupido articolo di giornale, che riportava l’accaduto con molta fantasia.
Secondo la stampa, che prima aveva fatto di lui un mito e poi l’aveva scaraventato nel fango senza esitazioni, la coppia del secolo era scoppiata perché lui aveva tradito Ginny con un’assassina. Gli veniva quasi da ridere –se solo ricordasse come si faceva- nel pensare a Tania come a un’assassina.
Già,
Tania…Chissà cosa stava facendo adesso, se era
riuscita a riscattarsi o se la
sua vita era stata irrimediabilmente rovinata come la sua.
Harry non
aveva mai creduto nel destino. Aveva sempre ritenuto Divinazione una
materia
insulsa, e chi ci credeva uno sciocco. Poi aveva scoperto che il suo
destino
era stato scritto prima ancora che lui nascesse, e una profezia
l’aveva fatto
ricredere. A quarantasette anni suonati, considerando che nella sua
vita
c’erano stati più dolori che gioie, gli sembrava
che fosse stato tutto già
scritto, già programmato e lui, insignificante burattino
nelle mani di un Dio
troppo crudele per pensare che esistesse davvero, non poteva far altro
che
attenersi al disegno assegnatogli.
Il riscatto
gli sembrava davvero al di fuori della sua portata. Come avrebbe fatto
a
spiegare tutta la verità a Lily, se quando ne aveva avuto
l’occasione le parole
gli erano morte in gola?
Forse avrebbe davvero dovuto mettere i suoi pensieri in una boccetta, impacchettarla e spedirla a Lily per Natale. Forse così avrebbe capito che la colpa non era interamente sua, ma da ripartire equamente tra lui e Ginny.
Poi, se
rifletteva
meglio, si rendeva conto che se ancora non l’aveva fatto, era
per evitare alla
figlia l’ennesima
sofferenza. Sapeva
quanto Lily avrebbe sofferto, colpevolizzandosi per ciò di
cui nessuno aveva
colpa, se non il destino sadico e bastardo.
Non aveva
il coraggio di infliggerle un altro duro colpo e forse era meglio
così, che lei
lo odiasse e che la verità morisse con lui.
***
Lily quella
mattina si svegliò fra le braccia di Alvin.
Per un
attimo le sembrò che si trattasse di Scorpius, salvo poi
ricordarsi che era impossibile
che si fosse materializzato lì, non dopo tutto quello che le
aveva detto, anche
se le sarebbe piaciuto.
Scorpius
non era un tipo orgoglioso e quel suo fare il sostenuto era
l’unico modo che
aveva per farle provare, almeno in minima parte, ciò che
doveva aver provato
lui nell’ultimo anno; questo Lily l’aveva capito.
Col senno di poi, si sentiva terribilmente sciocca per essere sparita dalla vita di Scorpius senza nemmeno una parola, come se lui fosse uno qualsiasi. Aveva creduto davvero, accecata dalla sua impulsività, che tagliare i ponti con tutti, lui compreso, avrebbe lenito le sue ferite. E per un po’ aveva anche funzionato, in compagnia di nient’altro che un centinaio di draghi e lo zio Charlie, ma se ci ripensava, si rendeva conto di essere stata soltanto un’illusa.
Se avesse avuto
un po’ più di sale in zucca si sarebbe resa conto
all’istante che, per quanto
lontano si possa scappare, non si scappa da sé stessi.
Osservò
distrattamente il profilo di Alvin, l’espressione serena di
chi non ha rimorsi
che gli corrodono la coscienza, e pensò che nonostante la
simpatia e la gratitudine
che provava per lui, non avrebbe mai potuto sostituire Scorpius.
Nessuno
avrebbe potuto farlo in ogni caso. Lui era il punto fermo in una vita
che
recava tanti, troppi punti di sospensione.
Non avrebbe saputo definire in alcun modo il loro rapporto. La parola “amicizia” appariva scialba e banale al confronto di ciò che li univa. Neanche “amanti” suonava bene, il loro adolescenziale tentativo di esserlo era durato una sola notte ed entrambi avevano poi seppellito il ricordo sotto tonnellate di imbarazzo. Si era chiesta spesso, nel corso degli anni, se quell’episodio significasse qualcosa, a parte che non reggeva molto bene l’alcool, ovvio.
L’idea
che tra
loro potesse esserci qualcosa di più la sfiorava, di tanto
in tanto, ma ciò che
era successo le aveva dato la chiara dimostrazione che non avrebbe mai
potuto
amare Scorpius . Del resto, come si può amare qualcuno se
non si pensa ad altro
che a sé stessi? L’amore non è egoismo.
Lei, semplicemente, forse di amare non era
capace.
-Buongiorno
Luna.- La voce di Alvin la riscosse dalla piega amara che stavano
prendendo i
suoi pensieri.
-Buongiorno.-
-E sorridi,
no? Che non è mica una malattia!-
Lily si
ritrovò, suo malgrado, ad abbozzare un sorriso. Poi si
alzò e si diresse verso
il bagno, lasciando Alvin a stiracchiarsi nel letto.
Si
sciacquò
la faccia, evitando accuratamente di guardarsi allo specchio. Non
voleva
leggersi la tristezza negli occhi. Si buttò sotto la doccia,
sperando che
l’acqua gelata arrestasse il corso dei suoi pensieri. Avrebbe
tanto desiderato
una tregua, ma la vita scorreva veloce e lei non riusciva a stare al
passo.
C’erano
mille cose che avrebbe voluto e dovuto fare, mille tasselli da
ricomporre e
risistemare, perché nulla era al proprio posto. Per esempio,
Scorpius avrebbe
dovuto essere al suo fianco e invece non c’era. Sua madre
avrebbe dovuto
esserci. Suo padre non avrebbe dovuto deluderla. E lei, cazzo, lei non
avrebbe
dovuto stare in una casa che non le apparteneva, a piangere sotto la
doccia
alle nove del mattino. Perché sì, stava piangendo
nuovamente.
-Fanculo!-
-Luna, hai
detto qualcosa?-
Luna, Luna,
Luna. Luna un cazzo!
Improvvisamente
la irritava anche Alvin. Si sentiva patetica. Non riusciva a sopportare
la
compagnia di nessuno, eppure aveva il terrore della solitudine.
C’era
una sola
persona con cui avrebbe voluto parlare in quel momento, peccato che si
trovasse
in Colombia, che - diamine! - lei non aveva neanche idea di dove si
trovasse
esattamente,
-Luna?-
Alvin stava bussando alla porta del bagno, preoccupato.
-Tutto a
posto. Senti…sai se da qualche parte cambiano i galeoni in
soldi babbani?-
-In soldi
babb…eh? Ma a che ti servono?-
Lily non
rispose. Un po’ si vergognava a spiegare il motivo.
-Comunque,
forse alla Gringott, ma sinceramente non lo so, Luna. Mi sembra una
richiesta
un po’ strana.-
-Bene.
Vado. –
Lily era
uscita dal bagno, sprigionando una nube di vapore. Si era vestita con
le prime
cose che le capitavano – un paio di shorts azzurri e una
canotta lunga, che la
faceva sembrare nuda – e si era asciugata i capelli con la
bacchetta. Erano ancora
un po’ umidicci, ma non se ne curò.
-Se vuoi,
puoi restare qui finché ti va, basta che poi chiudi e
sigilli tutto con qualche
incantesimo anti-intrusi. Ci vediamo stasera a lavoro. –
Disse, tutto d’un
fiato, mentre nello stesso momento si infilava le scarpe, prendeva
delle monete
da un salvadanaio a forma di gnomo e infilava la bacchetta in tasca.
Poi
inforcò
un paio di occhiali da sole, salutò sbrigativamente Marilou
e uscì, lasciando un
Alvin alquanto disorientato a interrogarsi sulle stranezze di Lily
Potter.
***
Lily non
era di buon umore. Per niente. Innanzitutto era terrorizzata, e poi si
sentiva
spaesata. Odiava sentirsi così a disagio, senza avere la
più pallida idea di
cosa fare.
Si trovava
all’interno di un centro commerciale babbano. Trovarlo non
era stato
complicato, ne aveva già visti diversi, prima
d’ora, ma non vi era mai entrata.
Ragazzini indisciplinati sfrecciavano sui loro skateboard fiammanti, facendosi beffe di un poliziotto in sovrappeso, che li inseguiva, tra un’imprecazione e l’altra, nel tentativo di recuperare il cappello che gli era stato sottratto.
Sciami di bambini urlanti si rincorrevano e si spintonavano tra loro, sordi ai rimproveri delle madri in apprensione.
Coppiette smielate passeggiavano mano nella mano, interrompendo di tanto in tanto la degustazione dei loro gelati per scambiarsi baci al sapore di panna e cioccolato.
Donne di una certa età entravano e uscivano dai negozi cariche di buste e di pettegolezzi.
Ragazzine
disinvolte ridacchiavano e si
esibivano in danze provocanti al ritmo delle hit del momento, che
venivano sparate
a palla dalle casse di un enorme altoparlante. Gli skater, che avevano
smesso
di infastidire il poliziotto, fischiavano in loro direzione, in segno
d’ammirazione.
Lily era semplicemente traumatizzata. Troppa gente, troppo rumore. E per di più si sentiva osservata come un elefante allo zoo. Si sentiva totalmente fuori posto e non aveva idea di dove andare.
Come facevano i
babbani a orientarsi in quel
posto? Ci avrebbe messo ore a trovare il negozio che stava cercando.
-Scusi,
signora. Dove l’ha comprato?- Chiese, indicando
l’aggeggio che la donna teneva
accostato all’orecchio.
Lei interruppe
la conversazione per guardarla piuttosto infastidita.
-Sì,
insomma, sa se qui dentro potrei trovarne uno simile?-
-Primo
piano, sulla sinistra.- Rispose la donna, seccata, prima di riprendere
la
telefonata.
Lily si
diresse verso le scale mobili, sempre più di malumore. Ma
perché gli era venuta
quella stupida idea di comprarsi un cellulare? Lei e la tecnologia
babbana non
avevano niente a che fare.
Entrò
in un
negozio che aveva l’aria di fare al caso suo. Gli scaffali
erano pieni di
apparecchi di cui lei faticava a immaginare l’utilizzo,
perciò dedusse che
doveva essere quello. Neanche il tempo di guardarsi intorno e un
giovane
commesso in divisa rossa – doveva avere all’incirca
la sua età- si avvicinò a
lei.
-Hai
bisogno di una mano?-
-Oh,
ehm…sì, direi di sì.-
Lui la
esaminò con lo sguardo, soffermandosi con interesse sulle
sue gambe scoperte.
Lily si sentì avvampare. Ma perché si era messa
quegli stupidi pantaloncini? Va
bene, era Agosto, ma non faceva neanche così tanto caldo. E
la maglietta era
così lunga che sembrava davvero che non avesse niente sotto.
-Cosa stavi
cercando, di preciso?- Chiese, dopo aver indugiato a lungo sul suo seno.
-Un…un
cellulare.- E meno male che Juniper le aveva spiegato cos’era
e come si
chiamava, altrimenti sarebbe stato davvero imbarazzante cercare di
farsi
capire.
-Vieni con
me.-
Lily lo
seguì tra i vari reparti. Da sola, dubitava che sarebbe
riuscita ad orientarsi.
-Allora,
come lo desideri? Volevi uno smartphone? Fotocamera da quanti
megapixel? Oh, e naturalmente bluetooth e connessione ad
internet, non ho neanche bisogno di chiedertelo, vero?
C’è lo sconto del venti per cento
sull’ultimo modello della Apple. È disponibile in
bianco, magenta o argentato.
Oppure preferisci un Samsung? Se lo acquisti hai la
possibilità di vincere un
viaggio alle Canarie.-
Lily lo
guardò come se stesse parlando arabo.
-Er…uno
semplice andrà bene. –
-Mmm, ho
capito. Non sei un’amante della tecnologia, eh? Ma al giorno
d’oggi è
indispensabile.- Disse il ragazzo, senza smettere di sorridere con
quell’aria
maliziosa.
Lei non
capiva perché si sentisse così a disagio di
fronte al suo sguardo. Era
consapevole di avere un certo fascino. Sapeva di essere una bella
ragazza e non
si era mai fatta problemi con i ragazzi, ma forse era passato troppo
tempo
dall’ultima volta che aveva concesso a qualcuno di guardarla
in quel modo.
-Vediamo di
sbrigarci.-
-Nervosetta…-
-Vorrei
concludere il mio acquisto e andarmene, se non ti dispiace. Grazie.
–
-D’accordo,
dolcezza. Qualche preferenza?-
-Fai
tu…uno
qualsiasi, basta che si possa telefonare, no?-
Il commesso
scoppiò a ridere. Non c’era più nessuno
che la pensasse in quel modo. Non
bastava più telefonare, no. Bisognava messaggiare, ascoltare
la radio, navigare in rete, condividere gli aggiornamenti, scattare
foto e
pubblicarle in tempo reale...
-Ok,
dolcezza, faccio io. Vediamo...questo penso possa fare al caso tuo.
Scegli: nero, grigio o blu?-
-Nero.
Chiamami di nuovo dolcezza e avrai qualche problemino a procreare.-
Jean
–così
c’era scritto sul cartellino – rise nuovamente.
-Te lo
porto in cassa, dolcezza.- Le fece l’occhiolino e si
dileguò, prima che Lily
potesse mettere in atto la sua minaccia.
Dopo
qualche problemino con i soldi -quelli che aveva cambiato alla Gringott
non
erano sufficienti e aveva dovuto Confondere il cassiere-
riuscì a pagare e ad
uscire da quel posto infernale.
Bene. E adesso?
Aveva il
cellulare, ma non aveva la più pallida idea di come
contattare Juniper.
Provò
a
digitare un po’ a caso, ma stava brancolando nel buio. Dopo
un po’ si stufò e
lo scagliò per terra. Non è che avesse risolto
qualcosa, anzi ora lo schermo
presentava un lungo graffio obliquo, ma almeno si era sfogata.
-Reparo.- Il graffio sparì.
Quell’incantesimo
era l’unico che padroneggiava con
sicurezza. Aveva rotto così tante cose, in tutti quegli
anni, che aveva dovuto
imparare per forza. Peccato che non esistesse un
“Reparo” per i rapporti con le
persone. Le fratture sarebbero state sanate, le ferite svanite, il
cuore
ricomposto. Sarebbe stato tutto più semplice, ma anche la
magia aveva i suoi
limiti.
***
Roxanne era stanchissima. Melissa non aveva fatto altro che piangere tutta la notte e lei non aveva chiuso occhio. Si sarebbe tranquillamente evitata di andare al negozio, ma suo padre stava male e non c’era nessuno che potesse sostituirlo, dato che Fred si occupava della sede di Hogsmeade.
Per fortuna (o
sfortuna, dal
punto di vista degli affari) quella mattina non si erano visti molti
clienti e
lei non si era dovuta stressare più di tanto. Melissa
dormiva serenamente nella
sua culla e lei avrebbe tanto voluto imitarla.
Soffocò
uno
sbadiglio, l’ennesimo, e si preparò ad accogliere
il cliente che si apprestava
ad entrare.
-Lily?!-
Esclamò, sbigottita, non appena vide la figura slanciata
della cugina.
-Roxanne?
Che ci fai qui?!- Chiese, stupita quanto lei.
-Ci lavoro,
forse?-
-Mi
aspettavo di trovare George.-
-Non
c’è.
Puoi rivolgerti a me, comunque.-
Cadde un
silenzio imbarazzante, durante il quale le due si studiarono a vicenda.
Lily era
tornata a Diagon Alley, per la seconda volta quel giorno, nella
speranza di
trovare George, la persona con cui andava più
d’accordo di tutta la famiglia.
Se avesse saputo che avrebbe incontrato Roxanne, non ci sarebbe mai
andata.
Parlare con lei era sempre sgradevole.
Roxanne non
sapeva cosa aspettarsi da quell’incontro. L’avrebbe
aiutata, certo. Non era da
lei cacciare un cliente, ma Lily era davvero l’ultima persona
che pensava di
incontrare lì. Era cambiata, e molto. Sembrava
più adulta, più consapevole. Ma
gli occhi avevano perso tutto il loro calore e sembravano nascondere
un’infinita tristezza. Si chiese per un istante, se fosse
quello guardarsi allo
specchio.
Lily
esitava. Non era certa di volere l’aiuto della cugina. Anzi,
la parte più
infantile di sé le suggeriva di girare i tacchi e andarsene.
Ma doveva
smetterla di voler continuamente scappare.
Roxanne
stava per dire qualcosa, quando Melissa si svegliò e
iniziò a piangere. Si
precipitò verso la culla per tranquillizzarla.
-Sssh,
tesoro. Cosa c’è? Non ti devi preoccupare di
niente, c’è la mamma adesso.-
Lily
osservò la scena senza parole. Roxanne aveva una figlia?
-Allora non
è vero che la vita di un Weasley è sempre
perfetta.- Disse, con un sarcasmo che
irritò da morire Roxanne.
-Sinceramente
Lily, non ci vediamo da anni e l’unica cosa che sai dire
è questa? Non “Ciao
Roxanne, anche se sono stata una stronza a sparire così, mi
dispiace e vorrei
che mi perdonaste”? Oh, già. Forse credevi che
fossimo felici che te ne fossi
andata? Hai sempre fatto tutto da sola, Lily. Non ti sei mai
preoccupata di
nessuno, eppure stavi sempre lì a piagnucolare e a
elemosinare attenzioni. Noi
abbiamo sempre fatto di tutto per cercare di avere un minimo di
rapporto con
te, ma tu hai sempre recitato la parte della vittima incompresa! Forse
è il
caso che cominci a capire che spesso si riceve quello che si
dà. Se non ricevi
nulla e perché non hai dato nulla. –
Sbottò, e in quelle parole c’era tutta la
sua amarezza per quella situazione che si era venuta a creare. Lily era
una
stupida. Continuava a credere che a nessuno nella famiglia importasse
di lei,
quando in realtà era lei la prima a non volerne sapere
niente.
Lily era
ammutolita. Era per questo che non sopportava Roxanne. Aveva sempre
quella
brutta abitudine di sbattere in faccia la verità alle
persone, anche quando
queste erano troppo cieche per accorgersene.
-Ho fatto
molti sbagli. Sono sempre stata un disastro, è vero. Voi
invece…voi siete sempre stati così schifosamente
perfetti, non è così? Secondo te
perché non
voglio avere nulla a che fare con voi? Perché mi ricordate
tutto quello che non
sono, tutto quello che non ho mai avuto, ecco perché! Un
padre e una madre,
Rox! Una famiglia normale! Una madre che ti ama e ti ascolta e ti
consola, non
una madre che ti abbandona! Nessuno di voi sa cosa si prova. Nessuno lo
sa! -
Roxanne
scoppiò in una risata che era tutto sarcasmo e niente
divertimento.
-Forse hai
ragione, Lily. Non lo so, perché grazie al cielo mia madre e
mio padre sono
ancora qui con me, ma guardami! Ho ventuno anni e anziché
andare a ballare la
sera, mi corico alle nove, perché sono esausta ed
è già tanto se Melissa mi
concede quelle tre-quattro ore di sonno a notte. Anziché
fare la vita che una
ragazza dovrebbe fare a quest’età, devo pensare a
crescere da sola mia figlia!
Perché sono sola, sono sola!
Melissa
aveva ricominciato a piangere e Roxanne si affrettò ad
abbassare la voce.
-C’è
sempre
un momento, nella vita di ognuno, anche nella vita dell’uomo
più fortunato del
mondo, in cui tutto sembra crollarti addosso. È il destino,
dicono. È il
destino, e tu non puoi farci niente. Sei sanissimo, fortunatissimo,
bellissimo,
felicissimo…e il giorno dopo hai un incidente e perdi una
gamba. Era destino,
doveva succedere, noi uomini siamo impotenti di fronte
all’immensità di chi ci
governa…tutte balle! È vero, ci sono alcune cose
che sono al di fuori della
nostra portata, che non possiamo fare niente per
modificare…ma possiamo sempre
scegliere se vegetare in un letto in attesa che ci amputino anche
l’altra gamba
o rialzarci e provare a camminare di nuovo, con la gamba che ci rimane!
Io
forse potevo evitare di rimanere incinta, ma di sicuro non ho colpe per
il
fatto che Mike se ne sia andato. Avrei potuto passare ore a piangere, e
ti
assicuro che l’ho fatto, ma poi un giorno ti alzi e capisci
che non ti puoi arrendere.
– Fece una breve pausa, il tempo di registrare con lo sguardo
l’ingresso di un
gruppo di ragazzini.
-Non avevo
nessuna preoccupazione, la mia vita era perfetta, come dici tu. Non
pensavo a
niente, solo a divertirmi, a uscire, a bere e ballare tutte le
sere…e adesso
guardami. La mia vita non è più la stessa, sono
una madre adesso. Ho delle
responsabilità ora, e Merlino solo sa quanto mi senta
sconfitta,
nell’affrontare tutto questo da sola. Ma non posso
deprimermi, lo devo fare per
lei, capisci? Mi sento una madre terribile a volte, perché
è la causa di tutta
la mia tristezza, perché se non fosse per lei Mike sarebbe
ancora qui con me…Ma
poi mi pento di questi pensieri orribili, perché lei
è l’unica cosa di buono
che ha fatto quel pezzo di merda, capisci? –
Roxanne osservò distrattamente i ragazzini che armeggiavano con le Bacchette Trabocchetto, non aveva la forza di dirgli di non mescolare la merce nei vari scaffali. In realtà aveva la mente altrove, lo sguardo perso verso momenti che solo lei poteva vedere.
Non
sapeva perché si era aperta così con Lily, la
riteneva soltanto una stupida
viziata che reclamava attenzioni e priva di qualsiasi coraggio,
perché ad
andarsene sono buoni tutti, ma è rimanere che è
difficile. Eppure se guardava i
suoi occhi rivedeva la disperazione che albergava nei propri, nei
momenti più
bui. Sentiva che doveva aiutarla, in qualche modo, e dirle
ciò che
avrebbe voluto dicessero a lei, prima che rimanesse incinta di Melissa.
-Senti
Lily…lo so che non ti sto simpatica e credimi, la cosa
è reciproca, ma un
consiglio te lo voglio dare lo stesso. Non ti angustiare
così tanto per tua
madre, o tuo padre…Lasciali perdere. Sei giovane, fatti la
tua vita, tu che
puoi. Realizza i tuoi sogni, i tuoi desideri, prima che sia troppo
tardi.
Perché potresti svegliarti un giorno, e scoprire che il tuo
tempo è passato,
che quando hai avuto l’occasione te la sei fatta sfuggire
perché eri troppo
impegnata a disperarti. Adesso tutto sembra difficile…ma
piano piano le cose
miglioreranno. Fra vent’anni tutto questo sembrerà
insignificante, così come
adesso sembrano ridicoli i problemi che ci affliggevano a otto anni. Io
quando
sarò vecchia voglio guardarmi indietro con
serenità, perché tutto ciò che
dovevo e potevo fare l’ho fatto. E tu, Lily? Vuoi lasciare
che il peso dei
rimpianti ti seppellisca?-
Lily
scrutò
attentamente il volto della cugina. Sembrava che non dormisse da
giorni, con
quei cerchi violacei sotto gli occhi. Aveva l’aria stanca, ma
non sconfitta e
nel suo sguardo brillava ancora la determinazione di chi non si lascia
sottomettere dalle ingiustizie della vita. Non riusciva ad afferrare
del tutto
il senso delle sue parole, forse l’ avrebbe capito appieno
soltanto in seguito,
eppure non le sfuggì il fatto che, nonostante tutto, Roxanne
stesse cercando di
aiutarla.
-Cosa stai
cercando di dirmi, esattamente?-
-Firma per
i Black Shadows.-
-Io…tu…come
lo sai?-
-Non leggi
i giornali?- Le porse una pagina de “
-Io…no,
ok,
non lo voglio neanche vedere.-
-Beh,
credevi forse che la sparizione di cinquanta giornalisti in un
quartiere babbano
sarebbe passata inosservata? Il Profeta era furioso.- Disse Roxanne,
sinceramente divertita, per la prima volta da quando era iniziata la
loro
conversazione.
Lily si era
chiesta spesso, negli ultimi due giorni, se avesse preso la decisione
giusta.
Non voleva ripensarci, però. Aveva il terrore di scoprire di
aver gettato al
vento l’occasione della sua vita. Si affrettò a
cambiare discorso.
-Quanto
ha?- Chiese, indicando la piccola, che aveva ripreso a dormire.
-Due mesi.
Sì, so cosa stai pensando. Avrei potuto lasciarla a nonna
Molly, ma ultimamente
non fa altro che piangere e si tranquillizza solo se mi vede vicina.-
-Diventerà
peggio dello zio George, allora, se già a
quest’età respira l’atmosfera dei
Tiri Vispi…-
Roxanne
ridacchiò.
-Allora, non credo che tu sia venuta qui per una chiacchierata, giusto?-
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Bene, ormai non mi fermo più :)
Mi dispiace non aver trovato neanche una recensione allo scorso capitolo, ma anche se non ha molto seguito, questa storia la voglio portare a termine.
Allora, Harry rinuncia definitivamente a dire tutta la verità a Lily. Cosa è successo veramente? E chi è Tania? Lo so che non ho fornito molte spiegazioni e che finora è tutto poco chiaro, ma prima della fine verrà svelato tutto.
Lily incontra dopo tanto tempo Roxanne. E' un primo timido riavvicinamento alla sua famiglia, a cui non è detto che ci sia un seguito, però di sicuro le sue parole la faranno riflettere.
E poi, qui si scopre che Lily e Scorpius hanno avuto un "trascorso", chiamiamolo così. Ve lo aspettavate?
Comunque, mi dispiace aver troncato il capitolo così, ma stava venendo un po' troppo lungo e ho pensato fosse meglio dividerlo.
Spero che qualcuno voglia lasciare un commentino, mi rendereste molto felice :)
Ciaooo,
Bastii.