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Autore: Ukki    20/01/2013    5 recensioni
Shirou Fubuki, il mite albino con un sorriso dolce perennemente stampato sul viso...
Terumi Afuro, il biondino incapace di fidarsi delle persone e di accettare i propri sentimenti...
Atsuya Fubuki, un fratello iperprotettivo con cui non è facile avere a che fare, ma con un cuore più grande di quel che sembra...
Shinobu Takanashi, un personaggio che nella serie animata appare solo per un battito di ciglia... le andrà bene essere così sottovalutata?
Questo non è un racconto d'avventura, non è un fantasy e neanche un giallo: è solo la storia di quattro ragazzi coinvolti in situazioni più grandi di loro.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Shawn/Shirou, Sue/Shinobu
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Terumi seguiva con sguardo piatto K che camminava avanti e indietro per la stanza, rigirandosi i documenti tra le mani con evidente soddisfazione.

- Hai fatto un buon lavoro, Afuro-chan - ghignò macabro.

Certo, lui non era capace di sorridere, quelle sue labbra esangui riuscivano a distendersi solo in una specie smorfia da cadavere.

- Non mi chiamare Afuro-chan - ribatté il ragazzo, stizzito.

K si sedette alla scrivania davanti a lui e iniziò a giocherellare con un tagliacarte.

- E come dovrei chiamarti? Figliolo? Mi sembrava avessi detto che non dovevo assolutamente, perché per te non sono un padre e altre sciocchezze simili -

Terumi sbuffò con fastidio malcelato.

- Infatti. Potresti semplicemente evitare di chiamarmi - sibilò, accavallando le gambe.

- Ma come siamo bruschi oggi, non è la tua giornata, eh? - rise l'uomo.

Si tolse gli occhiali e pulì accuratamente le lenti scure con un fazzolettino di seta ricamata.

Il biondo non aveva mai avuto molte occasioni di guardare il padre negli occhi, e quando queste gli si presentavano le sfruttava fino all'ultimo momento. Era il suo modo per dirgli che, dopotutto, non era così terrorizzato da lui.

Quella volta però le sue iridi scarlatte si posarono su qualcos'altro.

- Sai quanti soldi è costato quello a mamma? Sai quanti sacrifici le è costato quel piccolo quadrato di seta!? -

Balzò in piedi, rovesciando la sedia su cui stava seduto.

- Ma lei lo desiderava tanto, perché tutte le sue amiche ne avevano uno, e sentiva che senza non l'avrebbero mai accettata. Si è consumata le mani a forza di lavorare per comprarlo, e ora tu lo usi per pulire quei tuoi occhiali del cazzo? Razza di bastardo... - sputò fuori, schiumante di rabbia.

L'espressione di K non cambiò di una virgola.

- Non dovresti parlarmi così, lo sai -

- Che ho da perdere? - ridacchiò il ragazzo con scherno.

- Il tuo caro dolce albino, per esempio -

A Terumi parve di udire qualcosa spezzarsi. Il suono argentino di uno specchio che cade a terra. O almeno, fu così che si sentì udendo quelle parole. Un fulmine a ciel sereno.

- Pensavi che non ti avrei seguito? Che mi sarei fidato così tanto di te da lasciarti agire tutto da solo? Non ti facevo così scemo -

- Che gli hai fatto? -

A Terumi non piaceva affatto girare intorno agli argomenti come faceva quell'uomo che sosteneva di essere suo padre.

- Morto. Sapeva troppo - rispose K con una semplicità disarmante.

Il ragazzo non provò niente. Il vuoto più totale. Nessuna lacrima, neanche un goccio di quella tristezza che il padre si era aspettato.

Poi la sentì. Cresceva, divorava e ribolliva, come lava nel cratere di un vulcano. Rabbia. Tutta la collera che aveva accumulato nel corso degli anni, tutta l'ira che covava nel cuore, tutta la furia repressa che aveva solo aspettato un'occasione per fuoriuscire e mostrarsi al mondo.

E quale occasione era migliore di quella?

Strappò il tagliacarte dalle mani di K e glielo piantò nel palmo, sperando vivamente di fargli sentire tutto il dolore che aveva provato lui.

Il sangue fuoriuscì zampillando, inzuppò tutto, anche quei documenti così importanti. Gli ululati sofferenti dell'uomo riempivano la stanza.

Terumi, animato da una muta soddisfazione, fissò gli occhi in quel volto deformato dal dolore.

Un brivido gli fece inarcare la schiena, sentì come una scossa, poi più niente.

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Morto? Shirou non era morto, anzi, non si era mai sentito più vivo di quando rinvenne e si ritrovò sdraiato sul divano.

Tutto un sogno? Che sciocchezza. Era abbastanza intelligente da intuire cosa fosse accaduto mentre schiacciava il suo sonnellino condizionato, e comunque, anche un idiota avrebbe fatto due più due davanti alla porta dello studio scassinata e ai fogli sparsi per tutta la stanza. Non serviva Sherlock Holmes.

A questo punto chiunque lo conoscesse si sarebbe aspettato di vederlo scoppiare in lacrime da bravo ragazzo sensibile, accasciarsi disperato contro il muro e magari anche suicidarsi sgozzandosi con un coltello da cucina.

Ebbene, Shirou Fubuki non fece niente di tutto questo, perché il dolce mite albino si era solennemente stufato di starsene con le mani in mano senza fare niente a parte riflettere sulla propria morte e su quella del fidanzato.

Se lui era ancora vivo, perché per Terumi sarebbe dovuto essere diverso?

Aveva osato fino a quel momento, niente gli impediva di osare ancora. E poi sentiva la necessità vitale di prendere a calci K.

"Strana sensazione" pensò, seduto a gambe incrociate in mezzo al tappeto del salotto. Non era certo da lui provare istinti omicidi verso qualcuno, ma il "lui" di prima dell'inizio della scuola poteva benissimo essere scomparso.

Era cresciuto tanto, in quelle settimane, ed era arrivato alla seguente conclusione: condivideva il detto tanto amato dalle madri "Sii sempre te stesso e gli altri ti ameranno", un po' meno quello "Sii sempre te stesso e il tuo ragazzo finirà assassinato dal suo stesso padre".

Eh no, se il suo "sé stesso" gli intimava calorosamente di rimanersene a casa, chiamare la polizia e aspettare i risvolti della situazione con le dita incrociate, allora non lo avrebbe ascoltato.

Tuttavia gli rimaneva quel briciolo di lucidità sufficiente a fargli ricordare che non poteva trovare Terumi se non sapeva dove cercare, quindi afferrò il cellulare e compose rapidamente un numero.

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Atsuya maledisse più e più volte il momento in cui sentì il telefono squillare.

Shinobu ridacchiò e si rimise il vestitino attillato, poi iniziò a ravviarsi i capelli.

- Rispondi, magari è importante -

Il rosa controllò il display.

- È Shirou -

Dunque era importante.

- Sì? Pronto? Shirou? - chiese Atsuya con il volto teso.

La ragazza seduta davanti a lui assistette a un'interessante trasformazione: gli occhi dorati scintillarono, le mani strinsero convulsamente il cellulare, la bocca si storse, persino i capelli parvero gonfiarsi. E il suo fidanzato si tramutò nel demone che conosceva, un demone pronto a esplodere.

- Ma sei pazzo!? - gridò dritto nell'apparecchio.

Shinobu temette per l'incolumità dei poveri timpani di Shirou. Andava incontro a una sordità precoce, il povero albino.

- No, non se ne parla neanche. Scordatelo - insisteva Atsuya perentorio.

- Cosa? Sì, è con me. No, prima tu devi spiegarmi... va bene, te la passo -

Il ragazzo le porse il cellulare e Shinobu lo accostò all'orecchio.

- Ciao Takanashi-kun! - la salutò Shirou dall'altro capo del filo. Nella sua voce aleggiava un'ilarità alquanto bizzarra data la situazione in cui si trovavano.

- Ciao Shirou, cosa macchini? - domandò lei controllando la tenuta dello smalto scarlatto sulle unghie.

E anche Shinobu subì la stessa trasformazione del fidanzato quando le venne riferito tutto ciò che frullava nella mente dell'albino.

In realtà, più che le parole da lui pronunciate, la lasciò sbigottita il tono con cui le spiegò i suoi piani. Una calma tale da far pensare che gli fosse saltata qualche rotella. Doveva essere così.

- Fammi capire, tu vuoi che noi torniamo a casa, così io ti do le coordinate del nostro quartier generale e tu vai a riprenderti Afuro? -

Quel progetto era incredibile, non c'era altra definizione.

- Esattamente - confermò Shirou e la ragazza fu quasi certa che in quel momento l'albino stesse sorridendo.

- È una pazzia -

- Non è la prima. Ti prego, Takanashi-kun! - piagnucolò lui con un tono da cucciolo offeso.

- No! Assolutamente no! - ribatté Shinobu sotto lo sguardo stupito di Atsuya. Si calmò e continuò ad esporre le sue ragioni.

- Allora, io sono cosciente che tu sia scosso, ma non puoi semplicemente andare lì e pretendere che ti ridiano Afuro come si fa con un pacchetto, quelli ti ammazzano! Ti fanno arrosto! Ti... -

- Ti preeeeeeegooooooo! - le urlò Shirou in un orecchio.

- Oddio, piantala di usare questo tono da bambino. Va bene, basta che la smetti di fare il lupacchiotto ferito! - si arrese Shinobu.

Ma quanto sapeva essere insistente quel ragazzo? Non si poteva resistere quando decideva di fare l'adorabile cucciolo smarrito.

Quello che Shirou voleva, Shirou otteneva. La cosa la inquietava non poco.

- Grazie, Takanashi-chan! - esclamò lui solare.

- Non mi chiamare Takanashi-chan! Saremo lì in un paio d'ore. Non fare scemenze, non giocare con i soprammobili e soprattutto non andartene a chiacchierare con la vicina! Rimani in casa buono buono e aspettaci! -

Quando riattaccò notò che Atsuya la fissava a bocca aperta.

- Gli hai detto di sì? - domandò lui con la mascella a rischio slogatura.

- Certo che gli ho detto di sì! Cos'altro potevo rispondergli? Stava facendo il bimbo offeso! Ma lo sai quanto è difficile dire di no a tuo fratello quando decide di essere più adorabile di quanto già non sia per natura? -

Atsuya rimase in silenzio. Certo che lo sapeva: quegli occhioni grigi e quel faccino candido lo avevano sempre fregato. In cuor suo, ringraziò che Shirou fosse davvero il bravo ragazzo che sembrava, perché in caso contrario avrebbe seriamente avuto in mano tutte le armi necessarie ad assoggettare l'intero pianeta.

Andare contro all'incarnazione della dolcezza non era un compito facile per nessuno.

 

Angolo dell'autrice:
Eccomi qui! Kouri ha aggiornato! Ukki Ukki!

Atsuya: E ora che centra questo "Ukki Ukki"?

Nulla, è che quando sono felice dico Ukki Ukki (anche quando sono triste o commossa, se è per questo). Spero che questo capitolo sia stato meno deprimente dei precedenti!

Ho giocato abbastanza con la rabbia... devo dire di aver provato una certa assuefazione quando Teru-chan ha trafitto la mano di K... :3

Atsuya: Mi rode ammetterlo, ma anche io -.-

Recensite se volete! La fic è giunta ai capitoli finali, non riesco a crederci TwT

Kisses a tutti ♥

Kouri

PS Iris44, questo capitolo è dedicato a te! ♥

Mi sono impegnata per farlo meno lacrimevole, spero di essere riuscita nell'intento, e ancor di più spero che ti sia piaciuto almeno un po'.

Sei una grande amica ♥

Kisses da Cuccy ♥

  
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