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Autore: DarkLucifer    22/01/2013    3 recensioni
Una nuova ditta di spedizione, una ciurma di anime perdute,un nuovo implacabile nemico...l'equilibrio di potere a Roanapur sarà messo in pericolo?
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il bravo barista, oltre a saper servire adeguatamente qualsiasi bevanda richiesta, si sa, deve soprattutto avere un orecchio comprensivo e paziente, per ascoltare gli avventori di ogni genere: quelli tristi, quelli arrabbiati oppure quelli che semplicemente vogliono che la loro storia sia udita da qualcuno più che loro stessi.
Bao, il barista di origine vietnamita dello Yellow Flag, sapeva che a Roanapur la cosa che il bravo barista doveva avere era un bancone a prova di bomba, letteralmente, ed un Winchester sempre carico a portata di mano.
Quel pub, uno dei più noti e frequentati, era stato fatto saltare in aria almeno 15 volte nella sua storia, a causa dell’animosità dei vari avventori che si erano avvicendati; a detta di Bao, la pistolera della Lagoon deteneva il record per il maggior numero di risse scoppiate lì dentro, che avevano portato alla distruzione del bar.
Bao era un uomo duro, chiuso e a volte rude, ma a conti fatti, se lo si paragonava alla marmaglia che frequentava quel posto o in generale al popolo di Roanapur, era quasi una brava persona.
Da buon mestierante, intratteneva buoni rapporti con tutti i suoi clienti fissi, senza mai esporsi in prima persona nelle varie questioni ma contrabbandando le informazioni che raccoglieva, tenendo sempre presente a chi le dava e chi esse potessero infastidire, ovviamente.
Un’altra abilità che la vita a Roanapur gli aveva dato, era quella di capire al volo quando una serata richiedeva un certo livello di attenzione, e quella era certamente una di esse.
Il bar era strapieno, ogni associazione malavitosa in città era in fermento, e lo Yellow Flag era un ottimo posto per discutere di ciò che succedeva in città, e tutti ciarlavano a voce alta su come si potesse evolvere la situazione.
In un tavolo parzialmente in ombra, ad un lato del bar, erano seduti gli stranieri: la causa principale di tutto quel vociare e discutere.
Era la prima volta che li si vedeva tutti insieme, ed avevano davvero quell’aria così pericolosa di cui tutti parlavano e che li aveva aiutati a raggiungere quel grado di timore reverenziale e rispetto in così poco tempo.
Erano in quattro: l’irlandese, con un basco verde e marrone calato sugli occhi verdi, la bionda, che al suo ingresso aveva fatto voltare mezzo bar, la punk, con una serie di borchie e punte sui vestiti lisi, con modi bruschi e violenti, ma soprattutto, il pezzo grosso, l’asiatico con la cicatrice sull’occhio, in tutta la sua imponenza fisica e psicologica.
Quando aveva fatto il suo ingresso nel bar, aveva ricordato a Bao i periodi in cui Balalaika ancora frequentava lo Yellow Flag: appena era entrato, tutte le urla e gli schiamazzi che c’erano, si erano abbassati d’intensità, fino a trasformarsi in un basso mormorio.
Quell’uomo, però, sembrava fregarsene dell’effetto che aveva sugli altri, e dopo aver detto qualcosa all’irlandese, si era seduto nel posto più in ombra del tavolo: ora di lui si scorgeva a malapena il profilo delle gambe sotto il tavolo, mentre tutto il resto spariva nell’ombra del bar.
Anche le due ragazze si erano sedute, dopo un veloce scambio di battute con l’irlandese e le due ragazze avevano iniziato a discutere, concitatamente ma sottovoce, mentre il loro compagno si dirigeva baldanzoso verso il bancone.
Bao registrò tutte quelle informazioni oculatamente, senza mai smettere di svolgere le sue mansioni, evitando di far insospettire e simulando indifferenza verso l’uomo che si dirigeva verso il bancone.
Arrivato, l’irlandese si tolse il cappello, rivelando i fluenti capelli rossi, e calò con forza la mano piatta sul bancone, producendo un gran frastuono che fece trasalire gli avventori distratti.
“Ehi, Charlie!” (Il nome con cui gli americani chiamavano i combattenti vietnamiti  durante la Guerra del Vietnam ndr.) strepitò con tagliente ironia “Chi bisogna uccidere qui, per essere serviti?”.
Bao lo fissò senza scomporsi.
“Cosa ti servo, straniero?” chiese.
“Voglio una bottiglia di Bushmills, amico, con tre bicchieri, un piccolo bicchiere di vodka liscia e due birre per le mie amiche. Pensi di riuscirci prima della fine dell’anno?”
Con un muto cenno d’assenso, Bao raccolse la vecchia bottiglia un po’ impolverata, che nessuno gli ordinava da un po’, e stava per prendere i tre bicchieri, quando l’avventore gliela strappò di mano, l’aprì in fretta e diede un gran sorso, con evidente soddisfazione.
Sbatté poi la bottiglia sul bancone, esclamando gioviale:
“Aah, il profumo di casa! Sai muso giallo, sei il primo stronzo di questa città che fa veramente il suo lavoro!”
“Ecco il resto che hai ordinato, simpaticone” rispose Bao, consegnandogli quanto richiesto.
“Grazie, bello” rispose l’irlandese, portando tutto verso il tavolo.
Bao tese l’orecchio per poter sentire fin lì.
“Finalmente cazzo!” esclamò la punk con impazienza “Sembrava che le stessi pisciando tu, da quanto ci mettevi!”
“Solo per te, zuccherino …” rispose lui, rimarcando l’ultima parola.
Per tutta risposta, la punk gli strappò con violenza la sua birra dalle mani, ridendo degli sforzi dell’uomo per non far cadere il resto.
“Daya, Drive, finitela, non fate i bambini … “ disse la bionda con fastidio, prendendo la sua birra e bevendone metà con un solo sorso.
Bao, mentre lavorava, analizzava più e più volte la situazione, sperando che non sopraggiungesse niente a peggiorarla, ma sapeva già che con un cliente come l’irlandese c’era da aspettarsi di tutto: bastava guardarlo negli occhi per capire che la cosa che cercava di più in quel momento era una rissa, o comunque un po’ di casino.
“Maledizione” pensava Bao “è la serata perfetta per arrivare alla sedicesima ricostruzione … spero che almeno non arrivi … “.
Il destino, incarnato nella conosciuta voce di Revy, che strillava di iniziare a versare rhum, seguita a ruota dal resto della comitiva, interruppe i pensieri del barista. Il tempismo del caso, a volte, è veramente ironico.
La Lagoon Company al completo si stava accomodando sugli sgabelli davanti al bancone di Bao, incuranti delle reazioni che il loro ingresso aveva suscitato negli altri clienti: alcuni, infatti, si erano sbrigati a scolarsi il contenuto del bicchiere, per alzare velocemente i tacchi, mentre altri si erano messi comodi ed avevano iniziato a mezza voce a scommettere sulla piega che quella serata sembrava voler prendere.
Benny, Rock e Revy si sedettero subito, discutendo tra loro, mentre Dutch si sporse sorridente verso Bao: portava la pistola, cosa che non faceva mai se non stava lavorando o se c’era qualche problema.
“Dutch …” lo avvertì subito Bao a mezza voce “ non so se ti sei già reso conto della situazione, ma … forse è meglio che non bevete qui, per stasera.”
Dutch, con somma calma, diede un’occhiata panoramica al locale, soffermandosi un paio di secondo in più sul tavolo della HSC, per poi tornare sul barista, sempre con la medesima calma.
“Invece, amico mio, sento che è la serata giusta per tirar fuori il tuo miglior rhum.
Anzi, offrine un bicchiere a tutti da parte mia,non si possa dire che la Lagoon Company non è ospitale”.
Bao era sconcertato.
Dutch non era ne’un pivello ne’ uno sconsiderato, ma sembrava trovarsi completamente a proprio agio, seduto com’era su quella polveriera: sembrava anzi intenzionato a fumarsi pure una sigaretta!
“Allora, Benny” diceva intanto Rock, ancora ignaro della situazione “quando arriva Jane in città?”.
“Domani” disse Benny con un sorriso sognante, bevendo un sorso poi per ritrovare un contegno.
Rock allora fece uno sguardo ammiccante e rincarò la dose:
“Immagino dovremo fare a meno di te per un giorno o due eh? Vedi di non tornare in tre però”
“Ma piantala!!” esclamò Benny un po’ imbarazzato “non amo parlare di queste cose … e poi proprio tu parli! Almeno io la donna ce l’ho lontana dal lavoro” aggiunse a voce più bassa.
Rock sputò quello che aveva appena bevuto, quasi strozzandosi.
“M-ma cosa vai dicendo???” replicò febbrilmente, visibilmente arrossito “Non sparare certe stronzate, non è assolutamente …”
“Ehi Benny-boy” li interruppe Revy “chi è la bionda che non fa altro che fissarti? Non ti toglie gli occhi di dosso da quando ci siamo seduti.”.
Non appena Benny e Rock si furono girati e capirono chi Revy gli indicasse, realizzarono immediatamente di chi si trattasse, ed in che situazione si erano cacciati andando a bere quella sera.
“Sono loro … non è vero?” chiese Rock, nervoso.
Benny rivolse un cenno di saluto con la testa alla bionda, che rispose con uno strano sorriso e alzando il bicchiere che teneva in mano.
“L’importante è mantenere la calma …” disse Benny, cercando di non cambiare espressione “Sono ancora tutti girati dall’altra parte. Dutch! Dobbiamo organizzarci, prima che …”.
“Ehi, troia! Vuoi una foto per caso??” la voce, aspra e dura, veniva proprio dal tavolo della HSC: la punk dai corti capelli neri, si era improvvisamente girata verso Revy, che stava ispezionando con lo sguardo i membri di quel tavolo.
Bao si inquietò velocemente, ed iniziò a prepararsi ai guai: insultare Two Hands in quel modo era un modo sicuro per creare discussione o una rissa, ma sapendo chi fossero i componenti dei rispettivi gruppi, c’era da preoccuparsi di ben altro che di parolacce o botte.
“Perché dovrei volere una tua foto, scherzo della natura?” rispose Revy ridendo.
“Forse perché non fai altro che fissarmi, muso giallo. Non mi va’ di bere con i tuoi occhi a mandorla del cazzo fissi addosso, quindi vedi di girarti e non rompere, se non vuoi guai”.
Revy iniziò a digrignare i denti e stringere il bicchiere che aveva in mano.
“Sono americana, brutta stronza. Forse hai delle borchie anche in quello schifo di cervello che ti ritrovi e non ti è chiara la situazione, straniera. Io fisso chi voglio, per quanto cazzo mi pare, e se la cosa non ti sta bene, vengo lì e finisco il lavoro che ha iniziato tua madre facendoti assomigliare del tutto ad un uomo!”.
La punk svuotò in un sorso quello che rimaneva nel bicchiere e si alzò in piedi di scatto, rovesciando fragorosamente la sedia.
“Forza, troietta, vieni qua, che ti faccio sputare le ovaie a forza di calci”.
Revy sorrise, svuotò anche lei il suo bicchiere e si alzò, flettendo il collo rumorosamente.
“Perché non ci provi, britannica figlia di puttana? Dovrebbero cambiare le parole di quella canzone in Codardia nel Regno Unito!”
A quel punto le due contendenti si avvicinarono e Benny, Rock, e la bionda dell’altro tavolo si alzarono per fermarle.
Rock si frappose tra le due, fissando Revy con le braccia spalancate, dicendo:
“Mantieni la calma, non essere avventata”
“Taci, coglione!” ringhiò Revy di rimando “Devo insegnare come girano le cose qui a Roanapur a questo rifiuto umano!”
La bionda aveva messo una mano sulla spalla dell’altra, ma sembrava più interessata ad osservare gli altri che bloccare l’amica.
Intanto l’irlandese aveva iniziato a ridere sguaiatamente, seguendo la scena in estasi: era palese che si trovasse a suo agio in una situazione del genere.
“Togliete quel finocchio da lì!” strepitava a gran voce “Fermare una rissa tra donne dovrebbe essere un reato punibile con la morte. Ehi, giapponesino! Levati un po’ dai coglioni e lascia combattere quel bocconcino! Voglio vedere se la nostra Daya riesce a farle abbassare la cresta!”
Intanto, anche Benny si era aggiunto a Rock nel tentare di calmare Revy.
“Dutch!” disse, poi “ fai ragionare Two Hands o qui è un casino!”
Bao si volse verso il capo della Lagoon, che stava per intervenire, ancora con il bicchiere mezzo pieno in mano.
Prima che potesse dire anche solo una parola, però, l’irlandese scoppiò di nuovo a ridere e lo osservò con tanto d’occhi.
“Guarda un po’ quanto è piccolo il mondo! Cioccolatino, ti sono mancato?? Sei il capo dei due froci in camicia e del peperino dagli occhi a mandorla? Perché non porti i due bimbi al parco giochi, mentre qui ci divertiamo?”.
Dutch sospirò, infastidito.
“Perché invece non prendi le tue amiche e lasciamo che questa sera finisca in pace? Non fraintendermi” aggiunse poi con un sorriso “nulla mi farebbe più piacere che dare una lezione a quella tua testa di cazzo, ma credimi, se ti dico che nei prossimi giorni non mancheranno certo queste occasioni!”
Bao credette di aver visto un movimento alle spalle dell’irlandese, ma tutto sembrava calmo, così ritornò sugli altri contendenti.
L’irlandese aveva appoggiato il cappello sul tavolo e allargato le braccia in gesto di sfida:
“Perché non qui e ora, eh? Mi hai stancato con le tue chiacchiere! Let’s go!!”
Senza preavviso, si era gettato a tutta velocità contro Dutch.
Dutch posò il bicchiere e si girò verso di lui.
Pochi secondi prima dell’impatto, il capo della Lagoon, con una rapidità notevole per un uomo della sua stazza, era saltato in piedi, aveva afferrato con la grande mano scura la testa rossa dell’irlandese e, praticamente sollevandolo di peso, l’aveva sbattuta sul bancone di Bao, mentre con l’altra mano estraeva la Smith and Wesson e la puntava alla testa dell’avversario, facendolo smettere di divincolarsi.
Revy, come sempre in grande sintonia con Dutch, aveva estratto le Cutlass e le aveva puntate ognuna su una delle due ragazze della compagnia rivale, mentre Benny e Rock si spostavano dalla traiettoria.
Inaspettatamente, però, la bionda si era lanciata di lato, estraendo dai pantaloni una Beretta nera, puntandola verso la pistolera della Lagoon prima che avesse il tempo di reagire.
Approfittando di quell’attimo di distrazione, la punk si era lanciata con uno scatto felino verso Revy, estraendo un coltello da caccia da un risvolto dei pantaloni militari che indossava.
 
Fu istintivo, viscerale.
Bao vedeva benissimo il viso di Rock, e non c’era traccia di altre emozioni al di fuori della determinazione di salvare Revy.
Si fece avanti, sbarrando la strada alla punk e cercando di intercettarle il polso con il coltello.
Il gesto era eroico, senza dubbio, e se fosse stato in un altro luogo avrebbe anche avuto buon fine, ma a Roanapur, eroismo senza talento equivale ad una sconfitta sicura.
Veloce come un fulmine, la punk agguantò il polso del ragazzo con la mano libera, torcendolo e tirando il malcapitato davanti a lei, come fosse uno scudo umano, puntandogli il coltello alla gola.
Erano tutti fermi in quella posizione di apparente stallo, quando il rumore di una m92 caricata e con il colpo in canna gelò tutti i componenti della Lagoon Company.
L’arma era nelle mani del capo della HSC, il quale la puntava dritta contro la testa di Dutch, troneggiando dietro di lui.
Nessuno l’aveva visto o sentito muoversi, sia per il trambusto dell’azione che per la rapidità dei suoi movimenti.
“Mi deludi, signor Dutch, capo della Black Lagoon Company” disse l’afghano con voce profonda e un’ombra di vera delusione negli occhi “Mi hanno detto così tante belle cose sul tuo conto, e commetti l’errore di voltarmi le spalle?”
“Posso sempre … improvvisare!” Dutch non aveva ancora finito di pronunciare l’ultima sillaba, che aveva letteralmente lanciato l’irlandese contro il nuovo avversario, prendendolo anche sotto tiro con la sua pistola.
Per nulla stupito, l’avversario si scansò con agilità, tenendo sempre la pistola puntata contro l’afroamericano, ma senza sparare, con un’espressione soddisfatta negli occhi.
“Ed ora?” chiese Dutch, una volta valutata la situazione.
“Ora? Ora facciamo due chiacchiere!” disse l’altro con semplicità, mentre i clienti uscivano dal pub per non essere coinvolti in eventuali scontri a fuoco.
Bao, che dal canto suo già sapeva che sarebbe andata così, pensò con amarezza:
“Beh, almeno il bar è ancora in piedi … per il momento”.
 
 
 
 
L’angolo dell’autore
Ci siamo gente! Finalmente lo scontro non è più solo nell’aria, iniziamo a vedere i primi veri e propri lampi e tuoni =)
Spero vi piaccia e non sto a ringraziarvi sempre, sapete già quanto apprezzi il vostro disturbo ^^
Alla prossima!
  
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