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Autore: SignorinaEffe87    11/08/2007    7 recensioni
Quando le rose sfioriscono, restano le spine e Danny e Lindsay lo stanno apprendendo, loro malgrado, in balia di una crisi che, all'apparenza insanabile, li sta inesorabilmente allontanando. Tuttavia, proprio quando tutto sembra perduto, l'irrompere di un insolito Cupido potrebbe ribaltare le sorti della vicenda.
Riusciranno Danny e Lindsay, perdendosi fra le strade di New York, a ritrovare se stessi?
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Messer, Lindsay Monroe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In attesa che qualcuno si accorga che ho aggiornato "Cinque Lune", ho sentito il bisogno di rimediare ad una grave mancanza della sezione "CSI NY" di questo sito, ovvero la totale mancanza di fic dedicate al pairing Danny/Lindsay. Non avendone trovata nessuna degna di essere tradotta dall'inglese, ho deciso di cimentarmi io stessa, nella speranza di riuscire a rendere come si deve questi due stupendi personaggi.
La storia si colloca qualche mese dopo gli eventi narrati nell'episodio finale della terza stagione, "Snow Day", con riferimenti ad episodi precedenti che non oserei definire spoiler; la coppia stessa, in Italia, è uno spoiler!^^*



Atto primo
Se non uccide, fortifica


"La volpe biasima la trappola, non se stessa."
W. Blake, "Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno"




"Gentili signore e signori, quanti fra voi saprebbero dirmi cos'è il SaiPH?".
Lindsay diede un rapido e discreto sguardo al resto della sala, gremita di persone in abito da sera, per controllare se qualche animo impavido, o improvvido, avrebbe osato alzare la mano dinanzi a quella domanda, posta dal conferenziere impomatato per puro amore della retorica. Come prevedibile, nessuno si dimostrò tanto ingenuo da reputare vero quell'interrogativo, anzi, la maggior parte degli astanti assunse un'espressione inebetita che lasciava fin troppo eloquentemente intendere la loro pressochè totale ignoranza in materia; alcuni, addirittura, cercarono rifugio dietro le tende o i propri compagni di tavolo, quasi fossero appena stati catapultati al liceo, durante la lezione di un insegnante particolarmente propenso a sadiche domande-trabocchetto.
Inutile dire che lei conosceva la risposta e, forse, sarebbe riuscita ad illustrare la questione nel dettaglio meglio di quanto non potesse fare quel logorroico ometto con il microfono, ma preferì evitare di porsi al centro dell'attenzione ed atteggiarsi a prima della classe. Anche perchè ciò avrebbe significato, sciaguratamente, calamitare gli sguardi dei presenti su Danny, il quale, incurante della conferenza, delle affettazioni stilistiche del relatore e delle opinioni dell'uditorio, stava sonnecchiando senza il benchè minimo ritegno sulla sedia accanto alla sua.
D'accordo, un anonimo omicida avrebbe potuto evitare di uccidere in maniera efferata la futura moglie del candidato favorito alla carica di governatore, in un sordido motel di Harlem, proprio la sera del Congresso Annuale di Criminologia della Columbia University.
D'accordo, Mac avrebbe potuto essere un po' meno brusco nell'ordinare a lei e Danny di sostituire lui e Stella alla conferenza, per scongiurare qualsiasi diatriba con il supervisore dei piani alti di turno, in fremente attesa di un passo falso della squadra.
D'accordo, il negozio di abiti in affitto avrebbe potuto scegliere dei capi un po' meno vintage, cosicchè gli ospiti non avrebbero impegnato i tre quarti d'ora del buffet a segnarli a dito come "quelli saltati fuori da un film degli anni Trenta".
Nessuno di questi eventi, tuttavia, le sembrava fornire un valido pretesto al comportamento inqualificabile del suo collega e compagno: se proprio non voleva mantenere un atteggiamento composto per il bene della squadra, avrebbe potuto sforzarsi a farlo per lei.
"Si da' il caso che il SaiPH sia un polimero di recentissima invenzione, il quale è in grado di rilevare, se miscelato con un comune reagente e spruzzato su un qualsiasi tipo di superficie, tracce organiche anche a distanza di lunghi periodi di tempo...".
Wow, il prossimo peggiore incubo dei criminali e delle aziende di detergenti.
Danny avrebbe commentato le parole dell'oratore più o meno con una frase del genere, sussurrata in tono complice con le labbra che sfioravano il suo orecchio, se soltanto non si fosse trovato immerso in uno dei più bei sogni della propria vita, a giudicare dal sorrisetto compiaciuto che gli aleggiava sul volto.
Lindsay amava il suo peculiare senso dell'umorismo, insieme ad almeno un altro miliardo di insignificanti, imprescindibili dettagli della sua persona, ma, ultimamente, non aveva avuto molte occasioni per ridere delle sue battute.
Anzi, a dirla tutta, non aveva avuto molte occasioni per ridere. Punto.
Benchè agli occhi di tutti fossero ormai una coppia consolidata, benchè avesse scorto anche il meno smaliziato degli analisti di laboratorio lanciare loro occhiatine eloquenti ogniqualvolta entravano insieme in caffetteria, le cose fra lei e Danny non andavano così bene come entrambi si affannavano a far credere.
Certo, era perfettamente conscia del fatto che due persone mature e responsabili non possono e non devono crogiolarsi a lungo nell'ebbrezza sentimentale dei primi giorni, quando la testa vaga con allegra incoscienza sopra le nuvole, quando si vive d'aria e d'amore, quando si approfitta di ogni momento propizio per scambiarsi effusioni e sbaciucchiamenti, alla stregua di liceali infatuati. Però, non avrebbe mai immaginato che, al termine di quella parentesi di estatica, fantastica insania, il loro rapporto si sarebbe appiattito in maniera a dir poco avvilente, e che l'atmosfera di caloroso idillio sarebbe divenuta algida come una pianura alaskana battuta dai gelidi venti invernali.
Infatti, da quando era uscito, pesto e claudicante, da quello stramaledetto magazzino, nel quale, peraltro, avrebbe dovuto trovarsi lei, in Danny pareva essersi risvegliata la vecchia avversione per i legami sentimentali, la pervicace convinzione che avrebbe fatto meglio a tenere lontano da sè chiunque gli fosse stato a cuore, un odioso retaggio del suo passato che lei si era illusa di aver debellato.
Tutti portano una storia, più o meno dolorosa, sulle spalle e Danny, dopo averla aiutata a fare i conti con la sua, stava finendo per farsi marchiare dalla propria.
Il lato frustrante della vicenda stava nel fatto che lei, purtroppo, riusciva soltanto a stare a guardare l'uomo che amava ripiombare di nuovo negli abissi di se stesso, senza poter fare nulla per scongiurare questa odiosa, insostenibile eventualità.
Per quanto ancora poteva attendere, in silenzio ed in disparte, prima di espoldere e, inevitabilmente, pregiudicare in maniera irrecuperabile la situazione?
"E' fuor di dubbio che la rivoluzione della criminologia sia ormai imminente e che il SaiPH sia il primo piccolo, grande passo sul glorioso sentiero del progresso scientifico...".
Davvero toccante, pensò Lindsay con una smorfia ironica stampata su ogni singolo lineamento del volto, infischiandosene di ciò che avrebbero pensato di lei i vicini di tavolo, quando un russare soffuso, simile alle fusa di un gatto, le riportò alla mente l'indegna condizione del compagno. Per un breve, folle istante, meditò una serie di perfide e giocose angherie che avrebbe potuto infliggergli per svegliarlo nel modo più brusco possibile, mentre occhieggiava al profilo tentatore del vaso di fiori recisi poggiato fra il portatovaglioli ed il posacenere, quando il trillo inatteso del cellulare catturò la sua attenzione.
Subodorando qualcosa di ben più sgradevole ed urgente di quella noiosissima conferenza, rovesciò con malagrazia il contenuto della borsetta sul tavolino e scorse il numero del detective Flack pulsare sul display del telefono.
Sgradevole, urgente e criminoso: un ottimo modo per concludere quella serata degna dell'oblio perpetuo.
Prima ancora di avere il tempo di rispondere a parole, la voce dell'interlocutore le snocciolò in tono serio: "Abbiamo una bambina scomparsa al numero 142 di San Remo, in corrispondenza dell'incrocio fra la Settantaquattresima e Central Park West, e tu e Messer siete gli unici disponibili, Linds...".
Precisazione superflua: Flack sapeva benissimo che lei non avrebbe protestato dinanzi ad un caso del genere neppure se l'avesse scomodata durante un bagno di sole su un atollo corallino al centro esatto del Pacifico; non sarebbe riuscita a reprimere il brivido di disagio che l'aveva trapassata al solo udire "bambina" e "scomparsa" nella medesima frase fino a quando non avrebbe visto con i propri occhi la piccola, incolume, fra le braccia dei suoi genitori.
"Siamo già lì." replicò recisamente lei, riagganciando il telefono, quindi prese a raccogliere in fretta e furia tutto ciò che era stato rigurgitato dagli oscuri recessi della sua borsetta poco prima.
"Montana, cosa è successo? Chi era?" s'informò Danny con voce impastata dal sonno, svegliato di colpo dalla collisione fra uno specchietto tascabile e la sua fronte.
"Buongiorno, pulcino." fu sul punto di commentare sarcasticamente Lindsay, prima di stabilire che la gravità della situazione rendeva del tutto fuori luogo osservazioni pungenti e liti fra fidanzati, o presunti tali, e comunicargli, laconica: "Ce ne andiamo: Flack ha bisogno di noi per rintracciare una bambina al San Remo.".
"Brutto affare.".
"No, tesoro, decisamente orrendo.".



"La mia piccola Kitty...".
La signora Heywood si tamponò il volto, nel vano tentativo di asciugare le lacrime che sgorgavano copiose dai suoi occhi gonfi e colmi di apprensione, quindi tacque e pregò il detective con un'occhiata silenziosa, affinchè proseguisse l'interrogatorio, senza tuttavia riuscire ad incrociare il suo sguardo. Appoggiata contro lo stipite della porta che collegava il salotto al disimpegno, Lindsay tentava di reprimere un palpabile fremito d'impazienza e l'irritante sensazione di essere del tutto inutile, risvegliati in lei dall'impossibilità di accompagnare Danny sulla scena del crimine: Flack le aveva cortesemente chiesto di assistere alla conversazione fra lui e la madre della bambina, in qualità di silenziosa e rassicurante presenza femminile, e lei teneva in sufficiente considerazione i buoni rapporti con il poliziotto e le capacità investigative del collega per non declinare la proposta. Tuttavia, entrambi sapevano che i singhiozzi di quella donna non si sarebbero placati soltanto perchè poteva aggrapparsi allo sguardo di empatica partecipazione emotiva di un'agente della Scientifica.
"Signora Heywood, quando si è accorta che sua figlia non era più nella sua stanza?".
Torturando il fazzolettino di carta che aveva fra le mani, la madre spiegò: "Ho accompagnato a letto Kitty alle nove e mezza, al termine della videochiamata giornaliera di suo padre. Vede, detective, mio marito Joseph lavora come ingegnere su una piattaforma petrolifera, al largo delle coste della Nigeria, da diversi mesi, ma ogni sera si mette in contatto con noi via web-cam per leggere a Kitty un capitolo di "Zanna Bianca"... E' il suo libro preferito.".
Esitò, mentre il pallido riflesso di un sorriso increspava le sue labbra, al pensiero di quel quadretto di perfetta armonia familiare; Flack, a disagio come Lindsay credeva di non averlo mai visto prima durante un'indagine, proseguì, seppur larvatamente titubante, con le domande di rito: "Signora Heywood, lei e suo marito avete dei nemici? Qualcuno che potrebbe aver rapito vostra figlia per rancore nei vostri confronti o per chiedere un riscatto?".
La donna sospirò, in tono mesto, prima di stringersi nelle spalle: "Ci siamo trasferiti a New York da poco, perchè i miei suoceri potessero darmi una mano ad occuparmi della bambina durante l'assenza di Joseph: abitano nell'appartamento di fronte, ma questa sera avevano la prima di un concerto di musica classica al Carnagie Hall... Beh, effettivamente, il padre di mio marito è un uomo facoltoso, ma non riesco ad immaginare chi potrebbe odiarci a tal punto da...".
"Montana, puoi venire un momento?".
Lindsay ebbe un sussulto di sorpresa, preferendo ignorare se questa reazione fosse stata causata in lei dall'inaspettato mormorio di Danny o dal tocco delle sue dita, ancora meno prevedibile, sulla pelle della propria spalla, lasciata scoperta dalla stola dell'abito da sera, quindi, dopo aver tacitamente comunicato a Flack che si sarebbe allontanata dal salotto, si lasciò scortare dal collega nella stanza di Kitty.
Non appena ebbe varcato la soglia della cameretta, il suo naso venne aggredito da un intenso, rivoltante aroma di chewing-gum alla fragola, di quello gommoso, filaccioso e tenace alla stregua di colla per carta da parati: quella bambina doveva essere una consumatrice industriale del prodotto in questione, se il profumo delle gomme impregnava l'ambiente anche in sua assenza. Poi, una prima, sommaria occhiata esaminatrice al resto della camera le tratteggiò un chiaro ritratto mentale della piccola, ancora prima che una bambina di circa sei anni, dai grandi occhi scuri ed una zazzera ribelle di corti capelli biondo cenere, le rivolgesse un sorriso un po' sdentato da una foto appesa sopra la testiera del lettino: una cesta per i giocattoli gremita di modellini di qualsiasi automezzo esistente sulla faccia della Terra, una palla da baseball autografata da un giocatore degli Yankees e un armadio di sole magliette e pantaloni, ad eccezione di un abitino da cerimonia di seta azzurro cielo, erano spie lampanti del fatto che Kitty fosse un maschiaccio con i fiocchi, e con un amore viscerale per i lupi. Quest'ultimo particolare Lindsay lo dedusse dalla miriade di foto, disegni e poster, di tutte le dimensioni, che occupavano ogni centimetro delle pareti lasciato libero dalla mobilia, raffiguranti quel nobile animale in una vasta gamma di livree ed espressioni facciali che non avevano nulla da invidiare a quelle umane.
"Ci si sente osservati, eh?" commentò Danny, occhieggiando ai musi dei lupi tutt'attorno a loro, prima che la freddezza distaccata con cui lei fece cadere quell'inopportuna uscita lo rimpiombasse in modo alquanto rude nei propri panni di investigatore.
A prescindere dal non trascurabile particolare che la situazione non era delle più adatte alle battute estemporanee del signor Messer, Lindsay detestava che lui buttasse lì un'asserzione divertente solo perchè era quello che lei si aspettava da lui, con una mancanza di convinzione tale da urtare i nervi, quasi che si trattasse di uno scomodo, ma dovuto, favore personale.
Tanto per mettere le cose in chiaro, lei adorava la sua vena comica, ma voleva che fosse qualcosa di spontaneo, di sincero, come quando erano solo colleghi e amici; se doveva essere un atteggiamento compassato ed insofferente, allora poteva esimersi dall'essere faceto in sua presenza.
"La stanza non presenta segni di colluttazioni, il letto è sfatto perchè la madre ha messo a letto la bambina, prima di spegnere la luce, chiudere la porta e tornare al pianterreno: ci sono diverse impronte, ma non mi stupirei più di tanto se fossero soltanto delle due; lo stesso dicasi per i capelli e le altre tracce organiche..." elencò diligentemente Danny, quindi, aggiunse in tono sibillino: "Ora, passiamo ai dettagli che non mi convincono.".
Indicò una delle due ante dell'armadio: "L'ho trovata aperta, esattamente come la vedi, e non ho idea di cosa reggesse l'unico appendiabiti vuoto, ma sono pronto a scommettere il mio prossimo, misero stipendio che si tratta di una felpa o di una giacca a vento. Questo perchè..." e, girando elegantemente sui tacchi, si volse in direzione della finestra: "... anche quella era già spalancata e, indovina un po'? Le tracce indicano che non è stata forzata e, soprattutto, che è stata aperta dall'interno.".
Tutti quegli elementi portavano ad una conclusione troppo assurda per corrispondere alla verità; tuttavia, dopo aver notato il corrimano della scala antincendio a neppure una spanna di distanza dal davanzale della finestrella, Lindsay azzardò, non più così incredula: "Credi che Kitty sia sgattaiolata fuori dalla stanza di propria volontà?".
"Da una marmocchia dei quartieri alti che riesce ad acchiappare un fuoricampo di Nat Frobisher mi aspetto anche di peggio..." sentenziò Danny in tono compunto, giocherellando con la palla da baseball, quando un sussiegoso colpo di tosse spostò le attenzioni di entrambi su Don Flack, materializzatosi sul vano della porta con un'espressione poco promettente.
"Questo non migliora di certo la situazione: ora abbiamo una bambina di sei anni, sola ed indifesa, a spasso di notte per le strade di una delle metropoli più estese e pericolose del globo, perdipiù del tutto ignorante della lingua...".
"In che senso?".
"Gli Heywood hanno vissuto in Romania, per motivi di lavoro, dalla nascita della bambina fino a sei mesi fa, quando il padre di Kitty è stato mandato a supervisionare la realizzazione di una nuova piattaforma petrolifera nel delta del Niger; è stato lui ad insistere perchè la moglie e la figlia, in sua assenza, risiedessero accanto alla sua famiglia. Per quanto si siano sforzati di renderla bilingue, però, la bambina ha sempre rifiutato di imparare l'inglese, o almeno, di parlarlo: sua madre sostiene che è in grado di capire quello che le viene detto, ma non sa formulare neppure frasi elementari... E' per questo che Kitty esce raramente di casa.".
Scese un silenzio greve sui tre, prima che lo stesso detective riprendesse: "Io mi occuperò di rintracciare tutte le persone che hanno avuto a che fare con la piccola nelle ultime ventiquattro ore, e di diramare una sua foto fra le pattuglie in circolazione. Voi due, invece, fareste meglio a tornare in laboratorio ad esaminare le prove che avete raccolto: magari, ne uscirà qualcosa di utile...".
Mentre marciavano fuori dall'appartamento, Lindsay evitò di incontrare lo sguardo della signora Heywood, perchè la donna non leggesse nei suoi occhi una tacita, rassegnata impotenza.



"Come siamo taciturni stasera, Montana!".
Diamine, l'ultima voce della lista interiore dei suoi desideri per quella serata disgustosamente indimenticabile contemplava la possibilità che Danny si mettesse a fare il pagliaccio nel bel mezzo di uno dei peggiori ingorghi stradali che avesse mai afflitto la città di New York. Bastavano le amare considerazioni sul fosco destino della loro relazione, l'angosciante prospettiva di una bambina introvabile quanto il proverbiale ago nel pagliaio e la snervante certezza che, attraversando Manhattan a causa dell'ennesima deviazione per lavori in corso, sarebbero giunti in laboratorio alla vigilia del pensionamento obbligatorio per precipitarla in un mutismo burbero e corrucciato. Pertanto, cercò di lasciar cadere la provocazione, rannicchiandosi nella stola e fingendo di provare uno sconfinato interesse per un punto imprecisato fra i grattacieli a lato della strada, oltre il vetro del finestrino, ma il collega non parve capire l'antifona ed insistette, ilare: "Taciturno è un aggettivo ricercato che si utilizza per indicare una persona silenziosa, poco propensa alla facondia; facondia è un nome comune che definisce...".
"Danny, io odio Lemony Snicket!" ringhiò soffusamente, mostrandosi più stizzita del necessario perchè la conversazione iniziasse e finisse sedutastante.
Di nuovo, il compagno affermò, imperterrito: "Oh, non sapevo che questo fosse il suo stile di scrittura: avevo sentito questa battuta in un film ed ho pensato di...".
"Riciclarla." concluse lei di rimando, in atteggiamento impietoso, quindi, intuendo che non lo avrebbe zittito con l'ostilità passiva, si sporse in avanti con l'intenzione di procurarsi un valido alleato nell'autoradio. Tuttavia, prima che le sue dita potessero sfiorare il tasto di accensione, lui esordì, ad un tratto serio e titubante: "Ahem, Montana...".
Il cuore di Lindsay compì una lugubre piroetta e precipitò inesorabilmente sotto la suola delle sue scarpe, mentre un'allerta simultanea di tutti i sensi tentava di prepararla alle più odiose ed impensate evenienze.
Perchè Danny aveva iniziato una frase con quell'interiezione, "Ahem", e lei aveva appreso, per esperienza, che un simile attacco non era mai foriero di buone nuove da parte del collega; nel frangente di stasi sentimentale in cui si erano arenati, non era necessaria una smisurata arguzia per indovinare dove sarebbe andato a parare il discorso.
Infatti, costui trasse un profondo respiro, come se fosse sul punto di gettarsi in nelle acque gelide e tumultuanti dell'Hudson, quindi decretò, malinconico: "Viste e considerate le circostanze, io direi che... forse... sarebbe meglio... prendersi una piccola... pausa di riflessione.".
Tre semplici, odiose, aberranti parole.
Se si fosse trovata accoccolata sul divano, dinanzi allo schermo della televisione a guardare il suo telefilm preferito, e il protagonista maschile avesse proferito quella frase rivolto al personaggio femminile che era palesemente stato creato per trascorrere tutta la vita al suo fianco insieme ad una frotta di graziosi pargoletti, avrebbe impiegato qualche secondo per bofonchiare un'imprecazione contrariata, impugnare il telecomando e cambiare canale.
Se.
Ma nella vita vera non esiste l'ipotesi, bensì unicamente la realtà, e quella, per quanto detestabile ed ingiusta, era vita vera, in cui non si poteva optare per stazioni da mutare o televisori da spegnere, solo adeguarsi al corso degli eventi e recitare la propria parte, per quanto insopportabile fosse.
Affranta, avvertì, senza avere la forza di appigliarvisi, ancora una volta, forse l'ultima, gli occhi blu di Danny posarsi su di lei, in attesa della risposta che avrebbe scritto l'epilogo di quella struggente, meravigliosa avventura.
Per inerzia la sua voce avrebbe formulato la replica attesa, per amore la sua mente gli avrebbe detto addio...
... prima che nell'abitacolo risuonasse un sonoro ed inatteso: "ETCI'!".





Argh, spero di non aver messo troppa me stessa in questa Montana!
Non avendo potuto seguire la seconda stagione perchè trasmessa la sera in cui ero in palestra per il tiro con l'arco, mi sono dovuta basare sull'impressione che del personaggio mi hanno dato le fanfiction americane e qualche AMV su YouTube. Ditemi che sono riuscita a renderla IC, vi scongiuro!
Ora, qualche noticina esplicativa di quanto scritto:
1) Saiph è il nome di una delle sette stelle che compongono la celeberrima costellazione di Orione e l'unico nome vagamente adatto per una molecola che la mia testolina bacata sia riuscita a trovare (questo la dice lunga sulla mia ignoranza totale di chimica organica e non...).
2) San Remo dovrebbe essere un quartiere di appartamenti eleganti, nei pressi di Central Park, preso dal libro di Judith Krantz "La Figlia di Mistral" (grazie, mamma!). Non essendo io mai stata a New York, mi trovo in grande imbarazzo a delinearne la geografia, quindi non aspettatevi alte vette d'ingegno.
3) In Romania dovrebbe esserci una nascente industria di estrazione petrolifera, dato che un ingegnere civile amico dei miei vi ha risieduto per diversi anni per occuparsi, appunto, di raffinerie e simili.
4) Nat Frobisher non ha mai giocato negli Yankee, dubito persino che esista una persona con quel nome in questo universo mondo.
5) La battuta su Lemony Snicket è presa da una puntata del telefilm "Giudice Amy".
6) Il magazzino da cui Danny sarebbe uscito pesto e dolorante, sorretto da Lindsay, sarebbe la scena del crimine dell'episodio "Snow Day", in cui succede un gran macello che non vi racconto per non spoilerare: vi basti sapere che Montana avrebbe dovuto essere al suo posto, se non avessero scambiato i turni di lavoro, dopo aver trascorso la notte insieme (la scena del risveglio è da puccioso-overdose!).
Ok, spero di non aver dimenticato nulla; in caso contrario, provvedete a farmelo notare e vi chiarirò ogni dubbio!
Grazie per aver letto (e, soprattutto, recensito), ci risentiamo al secondo atto!^^*
   
 
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