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Autore: Nagini996    22/01/2013    0 recensioni
E forse è arrivato il momento di riprendere le redini della mia vita e farle voltare direzione. Il cambiamento è ormai improrogabile e soprattutto dovrà essere irreversibile.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corsi ad aprire la porta a Giorgio non appena sentii i suoi passi sul marciapiede.
“Salve” disse sorridendomi “Cos’è, prevedi il mio arrivo?”
“Nah, ti ho solo sentito arrivare” risposi facendogli la linguaccia “Entra”
Gli feci strada per casa e lo condussi in camera mia.
“Benvenuto nel mio regno” dissi indicando la stanza.
Si mise a ridere.
“Che c’è di divertente?” chiesi io.
“Niente.. Ti facevo più il tipo super disordinato e invece guarda qua” rispose riferendosi alla stanza.
“Ma dai..” dissi avvicinandomi alla libreria per prendere i libri che ci sarebbero serviti.
Mi sedetti sul letto incrociando le gambe.
“Iniziamo?”
“Ehm.. Di solito si studia seduti composti su una sedia poggiandosi sulla scrivania” commentò scherzosamente.
“A casa mia si studia così invece” replicai indicandogli il posto di fronte al mio sul letto.
“E va bene..” disse lasciando lo zaino per terra dopo aver preso il libro di filosofia.
Si sedette di fronte a me e aprendo il libro su una pagina a caso mi chiese “Da dove iniziamo prof?”
Sentirmi chiamare così mi fece ricordare quei giorni in cui era tutt’altra persona a chiamarmi allo stesso modo. Una stretta prese il mio stomaco.
Mi calmai.
“Cos’è che non hai capito di quello che abbiamo fatto fin’ora?” domandai.
“Ehm.. Diciamo che la relazione tra me e Parmenide ha qualche problema” rispose sorridendo.
“La prima via, almeno quella, l’hai capita?” chiesi implorante.
Mi guardò con il fare di colui che non sa neppure di cosa stai parlando. Scoppiai a ridere.
“E va bene.. Partiamo dalle basi..” gli passai foglio e penna “E tu prendi appunti”
“Allora Parmenide fu il maggiore esponente degli Eleati, ossia della corrente filosofica nata ad Elea. Secondo Parmenide esistono tre vie, di cui parla nel suo trattato di cui ci sono giunti solo il proemio e parte del primo capitolo.
Egli descrive queste tre vie..”
Mi fermò.
“Frenaaa.. Di che trattato stai parlando?” chiese.
“Se avessi studiato un minimo sapresti che quasi tutti i presofisti hanno scritto un trattato intitolato “Sulla natura” dissi.
“Ehm, scusi la mia ignoranza prof ma, chi sono i presofisti?”
continuò lui.
Sgranai gli occhi.
“Davvero non sai chi sono i presofisti?” chiesi.
“Si?” disse lui titubante.
“Ma lo dice la parola stessa.. Pre, prima.. Sofisti.. Prima dei sofisti” spiegai brevemente.
“Aaaah..” rispose piegandosi per appuntarsi ciò che avevo appena detto.
Scossi la testa.
“Dicevo.. Parmenide descrive queste tre vie nel proemio della sua opera e ne parla descrivendole come tre enormi porte davanti cui lui si ritrova in seguito all’incontro con una divinità. Poi leggi sul libro, non mi ricordo la storia precisa.. Comunque ci sono queste tre vie ossia l’ Aletheia o strada della verità, la Doxa fallace e la D..” dissi prima che mi interrompesse per la seconda volta.
“La Doxa che?” obiettò.
“Sarebbe la strada che seguono coloro che danno retta ai cinque sensi senza usare la ragione, fermandosi quindi solo alla superficialità delle cose” dissi io.
“Ehm..ok” rispose.
“Hai capito? O devo rispiegartelo?”
“Veramente..Non c’ho capito niente” disse passandosi una mano tra i capelli.
“Ma sei scemo?” replicai scherzando “Mi fai parlare e non sai neanche che dico?”
Presi il cuscino che avevo alle spalle e glielo lanciai addosso.
“Scusa” implorò ricevendo la cuscinata.
Presi il mio quaderno di filosofia e  aprendolo sulla pagina con gli appunti su Parmenide glielo passai.
“Leggi e dimmi cosa non capisci” dissi disperata.
“Va bene capo” rispose prendendo il quaderno dalle mie mani.
Io ripresi il cuscino e, poggiandolo sulla testiera del letto, mi ci appoggiai rimanendo a guardare Giorgio che leggeva.
Dopo qualche minuto alzò gli occhi e mi sorrise, poi tornò a leggere.
Lesse per più di venti minuti tanto che ad un certo punto mi sorse il dubbio che potesse essergli venuto un Ictus per troppo studio. Risi tra me e me.
“Ho finito” disse finalmente.
“Bene, c’è qualcosa che non hai capito?” chiese sicura che non avesse compreso praticamente nulla.
“Si, una cosa.. Parmenide era sposato o comunque aveva una donna?”
Lo fissai con fare interrogativo.
“Non lo so” risposi “Penso di sì..Perché?”
“Bhè, se io fossi sposato o comunque stessi con qualcuna col cavolo che penserei a tutte ste coglionate, impegnerei il mio tempo in altri modi” disse.
“Non avevo dubbi” obiettai “Ma ora, seriamente, c’è qualcosa che non hai capito?”
“No, è tutto chiaro tranquilla..” mi rispose ridandomi il quaderno.
Vidi la sveglia poggiata sulla scrivania segnare le quattro e mezza.
“Ti va qualcosa?” gli chiesi prima di alzarmi.
“Birra?”
“Arriva” dissi mentre uscivo dalla stanza.
Passai dal salone e andai in cucina, non c’era nessuno in casa. Mia madre era andata dalla madre di Andrea e mio padre lavorava.
Presi due birre dal frigo e dopo averle stappate tornai in camera mia.
Trovai Giorgio in giro per la stanza a guardarsi intorno.
“Tieni” dissi avvicinandomi a lui e passandogli la birra.
“Che guardi?” domandai.
“Sei tu quella bambina?” chiese indicando una piccola fotografia sulla mensola.
Ritraeva me e mio padre vestiti si tutto punto appena tornati dallo stadio. Io avevo la maglia bianco-nera con il numero 10 più grande del mio viso e dei lunghi codini che mi cadevano sulle spalle invece mio padre sventolava una piccola bandiera della Juventus.
“Si proprio io” risposi fiera.
“Eri carina da piccola” disse.
Arrossii. Lui rimase a dare un’occhiata alla mia stanza mentre io andai a sedermi sul letto sorseggiando la birra.
Prese in mano un peluche rosso che reggeva tra le mani un cuore con stampato “Ti amo” e me lo mostrò ridendo: “Regalo di uno dei tuoi ammiratori?” chiese.
Gli sorrisi.
“No scemo, è un regalo di mio padre.. Lo ho da più di undici anni.. Mettilo giù, si rovina facilmente” dissi.
Continuò a girarselo tra le mani osservandolo.
“Che gli è successo al naso?” domandò d’un tratto “E’ tutto scolorito”
“Niente” risposi “Lo usavo per dormirci.. Si sarà scolorito a forza di abbracci”
Rimase a fissarmi per qualche istante come incredulo e poi scoppiò a ridere.
“Perché ridi?” replicai.
“No è che.. Non riesco ad immaginarti mentre abbracci un peluche, tutta dolce.. Non sei mai dolce, con nessuno..”
Abbassai lo sguardo bevendo un sorso di birra e poi gli diedi una risposta.
Dovetti riflettere per trovare il vero motivo per cui non ero dolce come ogni ragazza vivente su questo pianeta e non ne trovai uno vero e proprio. Ero semplicemente così da qualche tempo a questa parte. Qualche anno fa’, bhè ero tutta un’altra storia. Un’altra persona.
Ci scherzai su. “E con chi dovrei essere dolce, sentiamo”
“Boh, con tutti.. Sai non farebbe male né a te né agli altri..”
“Nah, non fa parte di me essere dolce.. Io sono così” risposi.
“Non ci credo.. Sicuramente con Francesco non eri così, ci scommetto la mia chitarra”
Evitai di guardarlo perché sapevo bene che avrebbe intuito la risposta da solo.
“Non vado bene così come sono?” chiesi.
“Bhè si a me sì però sarebbe bello conoscerti davvero.. Conoscere la vera ragazza che c’è dietro quell’armatura.. Magari mi piaceresti di più”
Lo fissai con fare interrogativo e lui continuò a parlare.
“Ad esempio, se ora ti chiedessi un abbraccio.. Come reagiresti?”
“Ora? Perché? Cioè, come? Ma.. No, niente da fare” risposi presa alla sprovvista.
“Calma” disse lui avvicinandosi a me “Sta ferma”
Non mi mossi. Ero troppo sconvolta dalla situazione per poter muovere un qualsiasi muscolo. Che diavolo stava facendo quel ragazzo?
Arrivò a pochi centimetri da me e mi abbracciò. Sentivo il calore del suo corpo diffondersi sul mio con la temperatura del ghiaccio.
Senza staccarsi disse “Vedi? Questo è un abbraccio”
Poi prese le mie mani e se le portò dietro la schiena facendomi ricambiare l’abbraccio.
“Ora mi stai abbracciando anche tu”
Senza pensarci poggiai la testa sulla sua spalla nascondendo il viso sotto il suo collo.
“Vedo che stai imparando in fretta Cath” disse.
“L’ho sempre saputo fare” obiettai a bassa voce senza lasciare il posto dove avevo preso dimora.
“Ah si? Dovresti prendere l’abitudine e farlo più spesso..” rispose Giorgio stringendo la presa delle sue braccia attorno alle mie costole.
“Sono cose inutili” replicai.
“No, servono a far capire alle persone quanto tieni a loro.. E a farle sentire bene. Non ti fa stare meglio essere abbracciata?” domandò.
In effetti aveva ragione, era come se tutti i problemi fossero scomparsi e davanti ai miei occhi si fossero presentate solo le cose più belle della vita.
“No, mi sembra tutto uguale” mentii. Non era da me far trapelare i miei sentimenti.
Il ragazzo si scostò e mi guardò negli occhi.
“Sicura?” chiese.
Annuii.
“Allora ti insegno un’altra cosa.. Se vuoi bene a qualcuno vuoi stargli sempre vicino e glielo dimostri con abbracci, carezze, prendendogli la mano, sussurrandogli parole dolci..” Smisi di ascoltarlo. Conoscevo bene tutte quelle smancerie.
pensai.
“..e alla fine ci sono i baci. E con questo la lezione è finita.” concluse lui.
Mi tirai su allontanandomi da lui e parlai.
“Ma non siamo qui per fare filosofia?” chiesi cambiando del tutto argomento.
“Sì” rispose lui “ma anche per capire cos’è successo alla vera Kath per essere arrivata al punto di nascondersi da tutto e da tutti”
Rimasi in silenzio. Avevo perso ogni speranza di poter fargli cambiare discorso.
“Segreto per segreto” disse dopo un silenzio che sembrava interminabile.
“Che vuol dire?” domandai.
“Che io ti racconto un mio segreto e tu mi spieghi cosa ti è successo”
“Ma non mi è successo niente” replicai.
“Ci dovrà pur essere un motivo per cui sei così” disse Giorgio ricomponendosi sul letto.
“Possiamo smettere di parlarne?” chiesi riprendendo in mano la birra che avevo poggiato sul comodino. La finii e poggiai per terra.
Giorgio non mi rispose. Si alzò e iniziò a rimettere le sue cose nello zaino che era ai piedi del letto.
“Cosa fai?” chiesi.
“Me ne vado” rispose lui senza neppure alzare lo sguardo.
“Perché?”
“Bhè, abbiamo finito filosofia..quindi io sono di troppo” disse prima di salutarmi e uscire dalla stanza.
Lo seguii nel salone.
“Resta” gli chiesi mentre lo vedevo avvicinarsi alla porta. Non capivo molto la sua reazione ma volevo solo che restasse. Era bello parlare con lui. Mi capiva.
“A domani Cath”
“Aspetta” lo supplicai ancora.
“Che c’è?” mi chiese voltandosi verso di me.
Mossi quattro passi nella sua direzione e quando ormai eravamo vicini dovetti impegnare tutti i muscoli e terminazioni nervose per fare quello che stavo per fare.
Lo abbracciai. Forte. E per la seconda volta sentii il suo calore scaldarmi capendo finalmente che tutto quello era felicità.
“Resta qui” ripetei.
“Era quello che aspettavo” rispose abbracciandomi a sua volta.
 
  
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