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Autore: Follemente Me    22/01/2013    1 recensioni
Isabel ha sedici anni, anche se è molto più matura rispetto a ogni ragazza della sua età.
La sua vita è caratterizzata da una difficile situazione famigliare; suo padre è spesso via per lavoro, trattenuto in una qualche parte del mondo, mentre sua madre è...lei non c'è più.
E così, cercando disperatamente un modo per schivare altro dolore, Isabel si rifugia nelle cose che la fanno stare bene, che più ama.
E cosa più della musica che produce al pianoforte?
E così, dopo aver trovato un apparente equilibrio, insomma, un modo per soffrire meno, cioè rinchiudersi in un mondo che le fa da bolla, che la guida verso qualcosa di diverso e di nitido, dove tutto il dolore scaturito dalla mancanza della mamma, Isabel trova di nuovo il suo mondo sottosopra.
Qualcosa, qualcuno, apparirà nella sua vita per lasciare un indelebile traccia.
Per sempre.
P.S. Spero che piaccia. Ho 14 anni e scrivere è il mio sogno, oltre che il modo migliore che ho di esprimermi, e so di non essere eccezionale ma...ci provo almeno!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- A chi più amiamo, meno dire sappiamo - Quando ho detto a Jasly che papà sarebbe venuto da noi tra pochi giorni, lei ha cominciato a saltare per tutta casa dicendo :- Arriva! Arriva il papà!-, e ne sono stata prima contenta, vedendo quanto la notizia la rendeva felice, ma poi mi è piombata addosso la consapevolezza. Jasly avrebbe fatto milioni di disegni ben colorati, senza pieghe ai bordi, o sbavature, avrebbe cercato di scrivere bene il nome di papà, come le avevo insegnato io, e avrebbe fatto milioni di cuoricini nel cielo; si sarebbe messa i vestiti più belli, gli avrebbe tolto il piatto sporco dopo cena per non farlo alzare, gli avrebbe tenuto la mano ogni volta. Io riuscivo a vedere il luccichio nei suoi occhi mentre aspettava un bel gesto o una bella parola da papà, in risposta a tutte le sue attenzioni. Ma poi quel luccichio si sarebbe spento, deluso e rifiutato. Ma, conoscendo mia sorella, avrebbe ricominciato tutto da capo, diventando ancora più perfezionista. E so solo io quante volte tornava in camera a testa bassa e mi diceva che il papà aveva perso il disegno che gli aveva fatto. Jasly era alla continua ricerca di suo padre. Di sua mamma conosceva solo il nome; Rosalie. Sapeva che aveva i suoi stessi occhi, uguali poi anche ai miei, che amava suonare il pianoforte come me. Mentre le raccontavo qualcosa di lei, piccoli frammenti di ricordi che custodivo nella mia mente da molti anni, vedevo nei suoi occhi ancora quella scintilla curiosa e speranzosa. Mi osservava attenta, faceva domande. L'unica cosa che non le avevo mai detto è stata come la mamma sia morta. Non lo avevo ancora mai descritto a nessuno come era successo, perché quando ci provavo mi morivano le parole in gola e sentivo soffocare. ****** La mattina in cui era previsto l'arrivo di papà, mi svegliai ma non trovai Jasly nel suo letto. Anzi, guardandomi bene intorno, mi accorsi che la stanza era uno specchio, escludendo il mio letto. Scalciai le coperte e aprii la finestra, uscendo sul balcone. Era una bella giornata, il mare era placido e la risacca risuonava ritmica riempendo le cavità nella scogliera. Dopo essermi vestita, mi dedicai alla ricerca di Jasly. Iva stava spazzando nella mia stanza, quella con il pianoforte e il divano. - Dov'è mia sorella? Iva si voltò sorprese e mi diede il buongiorno. -E' con suo padre, che domande! Spalancai gli occhi. Papà era già qui? -Jasly!- gridai. Lei accorse dopo un po', con il fiatone. Come immaginavo; indossava il vestitino bianco che, non ricordo quando, papà aveva detto che le donava. Le accarezzai la guancia, ma lei era troppo eccitata per gustare la carezza così mi afferrò la mano e cominciò a tirarmi verso il giardino. -E' arrivato papà!- mi sorrise, -lo sai che ha detto che sono cresciuta?- disse. Era così entusiasmata. Arrivammo in giardino. Papà sedeva al tavolino con il computer portatile davanti. Quando arrivai, mi rivolse un saluto impacciato. E' così papà? Dopo settimane di assenza, è così che saluti tua figlia? Con un gesto della mano. Ora, chissà perché, non ho voglia più di di abbracciarti forte o farti vedere cosa faccio o come lo faccio. A me quel saluto va bene. Perché ormai l'ho capito, e sono passata in rassegna, papà. Tu sei fatto così, non lo fai di proposito a ignorarci, sta nel tuo DNA l'indifferenza verso le donne più importanti della tua vita? Ciao papà, come stai papà? Ti basta questo? DEVE BASTARTI. Accontentati. Io è una vita che lo faccio.
  
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